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Sulla Morte: Morte: la grande avventura - Parte III
Argomento:Letture d'Esoterismo Orientale

Letture d'Esoterismo OrientalePerché non accettare lietamente la Transizione? Impara a compiacerti dell'esperienza che è il dono della saggia età avanzata e guarda avanti verso la Grande Avventura che ti aspetta. Tu sai bene - nei tuoi momenti di elevazione - che questa Transizione significa realizzazione senza alcuna limitazione del piano fisico.

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Morte: la grande avventura - Parte III

a cura di Adriano Nardi

prodotto per Esonet.it


Dagli scritti di Alice A. Bailey e del Maestro D. K.

 

Parte III

Perché non accettare lietamente la Transizione? Impara a compiacerti dell'esperienza che è il dono della saggia età avanzata e guarda avanti verso la Grande Avventura che ti aspetta. Tu sai bene - nei tuoi momenti di elevazione - che questa Transizione significa realizzazione senza alcuna limitazione del piano fisico.

 

Le ragioni per le quali un discepolo deve per lo meno cercare di non rilassarsi troppo e procedere, nonostante la fatica (fatica degli anni di vita), i crescenti «scricchiolii» del meccanismo umano e l'inevitabile tendenza proveniente dal servizio costante e dal continuo contatto con gli altri, potrebbero essere elencate così:

1.

Deve sforzarsi di mantenere il ritmo di servizio e di vita produttiva quando - libero dal corpo fisico - sta dall'altra parte del velo. Non deve esserci alcuna interruzione in quel servizio.

2.

Deve sforzarsi, per quanto è possibile, di mantenere la continuità della sua coscienza come discepolo attivo e non permettere alcuna interruzione fra il suo attuale punto di tensione e quello che sopravviene dopo l'esperienza della morte.

3.

Deve sforzarsi di chiudere l'episodio dell'esperienza di questa vita, in modo da evidenziare che egli è un membro di un Ashram; non deve permettere che avvengano fratture nei rapporti instaurati o che venga a cessare - suo tramite - l'afflusso di vita ashramica sul mondo degli uomini. Non è questa un'attività facile, dato il naturale e normale deterioramento del veicolo fisico che invecchia; richiede una precisa concentrazione nello sforzo, aumentando così la tensione nella quale vive sempre un discepolo.

I discepoli del mio Ashram hanno la duplice responsabilità di mantenersi saldi nel preservare il riconoscimento, se così posso esprimermi. Questa fermezza non deve essere allentata in nessun modo quando si avvicina la vecchiaia e non deve scomparire con la transizione della morte stessa. Il Maestro di un Ashram opera mediante il pensiero cosciente ed ininterrotto di un gruppo congiunto di discepoli. Il servizio esterno attivo di un gruppo di discepoli non è di principale importanza (benché abbia necessariamente uno scopo vitale) come il coerente e integrato pensiero di gruppo, così potente nell'effettuare cambiamenti nella coscienza umana.

Il problema particolare della crisi mondiale attuale e gli straordinari riadattamenti nella coscienza umana, inerenti all'inaugurazione di una nuova cultura, civiltà e religione mondiali, giustificano la mia offerta di tale opportunità ai membri del mio Ashram (e ai gruppi affiliati come il tuo) di mantenere intatte e scevre da ogni deterioramento il loro «stato mentale» lungo i rimanenti anni di vita, durante il processo di dissoluzione, fino alla libertà dall'altra parte del velo. Non è un compito facile mantenere l'integrità di coscienza; si richiede comprensione e uno sforzo molto deciso.

… … …

Quando si saprà la vera natura del Servizio, lo si intenderà come un aspetto di quella divina energia che obbedisce al distruttore, in quanto demolisce le forme per ridare libertà. Esso è una manifestazione del Principio di Liberazione, che si palesa in due modi: come morte e come servizio. Entrambi infatti salvano, liberano e affrancano, a vario livello, le entità imprigionate.

… … …

Notate che esamino la morte in quanto sopravviene per malattia o vecchiaia, e non per incidente, suicidio o violenza. Queste ultime modalità di morte, e altre ancora, seguono un processo interamente diverso; in guerra, ad esempio, la morte non implica neppure il karma né il destino individuale: moltissimi allora sono i caduti, ma ciò non ha nulla a che fare con la Legge di Causa ed Effetto nello sviluppo dell'individuo. La morte in tal caso non è una restituzione predisposta dall'anima nello svolgersi del destino individuale. La morte, nel processo distruttivo della guerra, è governata dalla volontà, direttiva e ciclica, del Logos planetario, elaborata nel Concilio di Shamballa. Gli Esseri che colà reggono le sorti del mondo sanno quando il rapporto fra il male planetario e le Forze della Luce o del Bene è in fase di «antagonismo esplosivo», e allora occorre dargli libero sfogo, se si vuole che il proposito divino si attui senza arresti. L'esplosione è dunque permessa, ma sempre controllata, anche se l'uomo non se ne accorge. Quegli Esseri (Che attuano la volontà divina) non sono per nulla identificati con la forma, e quindi possono valutare con giustezza l'importanza relativa di vivere in una forma, la cui distruzione non è, per Essi, la morte quale intesa dall'uomo, ma un puro e semplice processo di liberazione. La paura della morte è sempre alimentata dalla ristrettezza di vedute di chi si identifica con la forma. L'epoca attuale ha visto la massima distruzione di forme umane verificatasi sul pianeta: ma non un solo uomo è andato perduto. Notate queste parole. Proprio grazie a questo colossale processo distruttivo l'umanità ha compiuto un gran balzo verso un atteggiamento più sereno di fronte alla morte. Ciò non è ancora evidente, ma fra non molto sarà apprezzabile, e la paura della morte a poco a poco scomparirà dal mondo. Tutto ciò sarà anche dovuto, in gran parte, alla migliore capacità reattiva dell'organismo umano, con il conseguente riorientarsi all'interno della mente, ed effetti imprevedibili.

La causa di qualsiasi guerra si annida sempre nel senso di separazione. E' un individualismo radicale, un isolazionismo deliberato e compiaciuto che scatena le cause secondarie della guerra: avidità, che sconvolge l'assetto economico; odio, che genera attrito fra i popoli e al loro interno; crudeltà, che causa sofferenza e distruzione. Profonde sono dunque le radici della morte; nel senso comune, essa annienta il ciclo di separazione proprio dell'individuo fisico, e quindi riunifica . Se sapeste penetrare alquanto l'argomento, vedreste che la morte sprigiona la vita individuale in un'esistenza meno confinata e contratta, e - quando agisce su tutti e tre i veicoli - la restituisce all'universale. E questo è un livello di indicibile beatitudine.

… … …

A proposito del prolungamento della vita, ottenuto dalle conquiste scientifiche del secolo scorso, vi faccio notare che le vere tecniche e le possibilità dell'azione integrata dell'Anima sono sempre parodiate e falsamente espresse a livello fisico da attività scientifiche precedenti, che hanno giusti intenti, ma non sono che un simbolo, esteriore, dell'azione futura dell'anima. La durata della vita sarà un giorno abbreviata o prolungata dall'anima consapevole di servire, che impiega il corpo come strumento per attuare il Piano. Oggi accade sovente che si tengano in vita forme vecchie e giovani cui invece sarebbe meglio accordare la liberazione. Esse non servono uno scopo utile, e con ciò si causa molto dolore e sofferenza a forme che la natura (se lasciata a se stessa) non userebbe più, ed estinguerebbe. Notate questa parola. Ipervalutando la vita della forma, per il generale terrore della morte, - quel grande trapasso che attende ciascuno - per l'incertezza sull'immortalità dell'anima, e per l'attaccamento radicato alla forma, l'uomo tende ad arrestare i processi naturali e a trattenere la vita, che invece lotta per svincolarsi, costretta in corpi ormai inadatti ai fini dell'anima. Non fraintendetemi. Non voglio affatto incoraggiare il suicidio. Ma affermo con enfasi che la Legge del Karma è sovente violata quando si preservano in espressione coerente forme che invece andrebbero distrutte, perché inutili. Nella maggior parte dei casi ciò avviene per volontà del gruppo, e non del paziente stesso, che sovente è un invalido, incosciente, vecchio, con un apparato reagente ormai imperfetto, o è un bimbo anormale. Questi sono esempi di precisa «interferenza nel karma».

 

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