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Lame di Rasoio: Il Diavolo – XV Lama
Argomento:L'Opera al Rosso

L'Opera al RossoIl percorso sephirotico corrispondente alla XV Lama è il 260 e conduce dallo Splendore (Hod) alla Bellezza (Thipheret). L'assimilazione di questo percorso al Diavolo, entità analogica al male, ne indica la particolare difficoltà e pericolosità. Prima di percorrere assieme questo sentiero, è necessario specificare perché questi due bellissimi termini (Splendore/Bellezza) possano qualificarsi come il “sentiero del diavolo”.

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Il Diavolo – XV Lama

di Vittorio Vanni

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La Notte:

Rabbi Loew, perché è così facile fare il male? E perché è quasi impossibile fare il bene? Perché gli uomini lo amano tanto?

Il doppio Leone:

Il percorso sephirotico corrispondente alla XV Lama è il 260 e conduce dallo Splendore (Hod) alla Bellezza (Thipheret). L'assimilazione di questo percorso al Diavolo, entità analogica al male, ne indica la particolare difficoltà e pericolosità. Prima di percorrere assieme questo sentiero, è necessario specificare perché questi due bellissimi termini (Splendore/Bellezza) possano qualificarsi come il “sentiero del diavolo”.

Ogni Sephira è l'aspetto di una particolare emanazione del Divino nella materia, qualità o essenza di Dio, ontologicamente posta su due concetti teogonici diversi, e gradienti verso una maggiore etericità.

Splendore è l'attributo della Luce che nel suo apparire produce immediatamente la sua sigizia, l'ombra. Appartiene quindi al mondo della polarità: è un attributo più materico e demiurgico, della divinità.

La Bellezza si considera come un Ente in se, increata e quindi emanata, senza opposti, appartenendo all'unità assoluta dello spirito. È la teoria platonica della trinità delle Idee preesistenti ed increate, il Vero, il Bello, il Giusto.

La Notte:

Lo splendore e la bellezza sono attributi del giorno, della luce del sole. Perché quindi li cerchi nel mio grembo, perché allora mi evochi quando la stella della sera è già spuntata? Perché i tuoi pensieri sono notturni ed oscuri?

Il doppio Leone:

Il percorso spirituale dallo Splendore alla Bellezza consiste in una gradienza dallo spesso al sottile, dal materico allo spirituale, dal creato all'emanato. “Diabolus Est Deus Inversus” affermavano gli antichi cabalisti.

Il Diavolo, nel nostro piano materico, è la sintesi simbolica d'ogni entità o energia negativa che si oppone (o contrasta) al nostro desiderio (personale o collettivo) di bene, relativamente al nostro centro psichico d'osservazione. Se afferro l'oscurità, è per cercarvi la luce preziosissima, il Sole di Mezzanotte, nascosto dall'abbagliare del sole diurno. Nella tua forma vedo quindi la Luce, energia informe e indifferenziata. Per poter comprendere, ho bisogno di forme visibili o immaginabili. Il mondo spirituale è puramente energetico e quest'energia ci può sembrare positiva, negativa o neutra secondo le nostre necessità, materiali, sensoriali o psichiche che siano.

Il sole, o la pioggia, sono dei fenomeni naturali e neutrali di per sé, o, per così dire, indifferenti nei confronti dell'umanità, ma assumono aspetti positivi e negativi secondo i tempi, i modi e il luoghi dell'aspettativa umana. Il Diavolo è l'imperfetta soluzione umana all'eterno ed irrisolto (teologicamente) problema del male, che non si può e non si deve attribuire a Dio ed alla sua Legge.

La Notte:

I tuoi pensieri ti consolano, ma non risolvono il tuo male. Anche tu preghi: “Nume, soffro, sollevami”. Io vedo, con i miei infiniti occhi di stelle, gli infiniti dolori degli uomini e non so risolverli ne dargli consiglio.

Il doppio Leone:

In realtà il problema del male si può risolvere solo nella visione unitaria dello spirito. Essendo però l'uomo immerso nella natura e nella materia, non può non soffrirne l'aspetto negativo. Quando Gabriele suonerà la tromba del giudizio (XX Lama), i buoni oppressi dal peso del fato e della materia gioiranno.

La Notte:

Ma chi sono i buoni? “Solo il Padre è buono” diceva Gesù. Ma è così? Omar Kayam, un grande poeta ed astronomo persiano che mi amava, non lodava il vasaio dell'umana argilla. E se il vaso si imbeve del suo stesso vino e si rompe al primo urto, chi è ubriaco, il vaso od il vasaio? L'imperfezione della nostra natura umana è l'imperfezione stessa del suo creatore.

Il doppio Leone:

Da ciò che hai detto n acque il concetto gnostico di Demiurgo. Quando questi creò la Luce, e nel contempo l'ombra, si credette Dio increato. Nella sua imperfezione, rispetto all'ineffabile Emanante, ideò una materialità umana imperfetta, che pure recava in sé il soffio primigenio di Colui che è di là dall'Essere.

Da questo primo artefice e creatore discende, dalle più sottili alle più spesse, infinite miriadi di creature, fino alla più materica, l'uomo, che pur nella sua miseria e nella sua prigione di carne e sangue, nella sua imperfezione d'origine è unico e similare al Primo Ente. La creatura non può esser uguale o superiore al creatore ed è per questo che il Demiurgo non può nel contempo esser spirito e materia se non assimilandosi, negandosi, annullandosi in essa.

La Notte:

Vuoi solo ingannarti, non resistendo al pensiero che il Padre ha in sé bene e male assieme. Hai avuto un padre? Saprai allora che ti ha dato vita, più facilmente può darti morte. Più la luce è forte e più produce ombra. La materia umana tende intensamente e dolorosamente allo spirito, da esso provenendo, ma è in sé stessa esiliata. Nello stesso tempo, le miriadi spirituali sono attratte dalla materia e dalla sensorialità, di cui godono gli aromi più sottili, ma da cui sono esclusi inesorabilmente. Se vi è soffio divino nella materia non può non avere i suoi opposti caratteri. La forma che attribuisci a Dio è la sublimazione di quella di tuo padre. Ma anche un padre può dare un pane amaro.

Il doppio Leone:

Non saremmo figli di Dio se non fossimo Figli dell'Uomo. La gelosia e l'odio del Demiurgo nei nostri confronti nasce dal mistero di una creatura, insondabile ai suoi occhi, che ha una qualità di cui esso non potrà mai avere coscienza, il soffio e la scintilla del Primo Fuoco. Il Diavolo, Princeps huius mundi, è il massimo aspetto demiurgico nel nostro piano. La sua laida raffigurazione nei Tarocchi è un'analogia perfetta. La testa ed il piede caprini, la sua restante forma antropomorfa, è la sarcastica rappresentazione di ciò che vi è di più bestialmente fisico nell'uomo. La sua androginia bestemmia e scimmiotta quella spirituale dell'uomo. Il gesto della sua destra levata nell'irriverente parodia dell'affermazione trinitaria del Bello, del Vero, del Giusto, nega ciò che non potrà mai comprendere.

La Notte:

Le mie veglie notturne conoscono bene l'afrore del capro che è la corda che lega i suoi schiavi, maschi e femmine. È la legge di polarità o di binarietà che rende l'umanità schiava, sofferente, disperata, situazione esistenziale cui crede di sfuggire con gli egoismi ed i vizi che sono il piacere ed il nutrimento del Diavolo, quest'impotente e crudele voyer.

L'eccitare l'uomo al vizio ed al male donano un solletico vano alla sua brama di carnalità e sensorialità, di cui non potrà mai, come l'uomo, gustare il succo dolce ed amarissimo insieme.

La sua sinistra regge la fiaccola di Lucifero, signore della logica, della razionalità, dell'intelletto, della scienza, di tutto ciò con cui l'uomo crede di poter dominare una natura imperfetta per vizio d'origine.

L'uomo, tuttavia, possiede in sé una scintilla di Luce increata e, con essa, la possibilità di utilizzare gli stessi strumenti del Demonio per il suo riscatto, trasformando la polarità dello splendore della materia, ombra della Luce, nell'assoluta unicità della Bellezza preesistente. Ma come farle splendere, il vero problema.

Il doppio Leone:

Fra le vie che l'uomo deve percorrere per arrivare alla Corona dei Saggi, la conoscenza di sé e quindi dell'Ente Primo, è inevitabile passare, prima o poi, per gli immondi sentieri del Diavolo, risolvendo in sé tutto ciò che è stato creato in tutto ciò che è stato emanato, superando l'orrore dell'inferno stesso della sua materia.

Senza viatico d'acqua e cibo, senza calzari e tunica di ricambio, la sua nudità spirituale attraverserà, senza guida o compagno, un sentiero gelido, fra le crepe riarse di una terra arida, sotto un cielo torbidamente nero.

La Notte:

Io conosco me stessa e la mia brillante oscurità. Io conosco i sentieri notturni degli uomini nel primo astrale. Nel breve giro d'orizzonte di una terra desolata vi è un albero secco solitario, in cui sarebbe grato riposare fra i suoi aridi rami, sognando e ricordando antiche e labili gioie, obliando i diuturni ed innumeri dolori.

Ma il sonno dello spirito è peggiore della morte fisica, e la coscienza di sé comporta inevitabilmente dolore e sofferenza.

La Bellezza immaginata e ricercata è lontana, ad una distanza incommensurabile o forse, più semplicemente, non è.

Ma questo pensiero è insopportabile agli uomini, ed al solo dubbio di ciò si apre un pozzo dalle profondità infinite in cui cade e si perde tutto ciò che non sia un atroce perdita dell'Io.

Nel vuoto, vi è solo un desiderio lancinante della propria essenza, e, nel contempo, coscienza del proprio volto diabolico, della propria natura d'infante avvolto nella placenta ingannatoria della natura, di neonato felice del latte che sgorga dalle mammelle del Demiurgo.

Poi, ancora, il senso di una Bellezza lontana ritorna, la conoscenza remota di un mondo spirituale prevale, l'Io ritorna al suo centro, l'abisso si chiude.

Ma l'orizzonte permane scuro e vuoto, la terra non ha sentieri. Nasce allora, nel luogo senza speranza, il desiderio che la preghiera attivi per noi i Mysteria ed i Magnalia di un Dio remoto; che il nudo lombrico umano possa trovare, nelle aspre zolle di un ansimante andare; una creta più molle e meno dura, un raggio di sole che scaldi e guidi.

Il doppio Leone:

Ma chi sentirà una flebile voce orante, chi sveglierà il Dio neghittoso? In questa via dove la coscienza di sé è intollerabile, è ben facile cadere, lasciarsi portare dalle ali cheratinose e vellose dell'Angelo del Male, verso l'illusione che la morte sia sereno oblio, nulla senza tempo e luogo. Ma è su questa via che si apprende la visione una, che si apprende che nella gioia vi è il seme del dolore, che in questo vi è la pozione benefica della gioia, che bene e male sono una sola Luce senza ombra.

Solo attraverso lo Splendore della Natura creata e della sua legge demiurgica di sofferenza e di male s'intravede quella Bellezza sconosciuta, indimenticata ed indimenticabile che è il nostro vero destino.

Solo aggrinfiandosi alle setole del Diavolo e superando la nausea del suo orrido vello caprino si troverà, fra le sue corna ormai inani, quella Corona destinata all'uomo, per il suo esser essenza materica e spirituale assieme. Materica perché Divina, Divina perché materica.

La Notte:

Non a caso Rabbi, ti chiamano il Doppio Leone, il Verde Leone delle praterie eteriche, e il Leone Rosso dei cieli astrali.

Ma in te non vi è consolazione, e troppa sapienza produce inquietudine e dolore.

Per questo mi chiami quando sorge la stella della sera e ti addormenti in pace quando sorge quella del mattino. Solo nell'oblio e nella notte vi è riposo. Solo in me gli opposti si ricongiungono e si annullano. Vieni da me. Io sono la madre e la sorella, sono la donna e la dea. Dalle mie mammelle sgorga il latte felice della quiete, nella mia veste vi è l'aroma della vita.

Nel tuo sonno, schiaccerò la testa dell'aspide, muterò il tuo Male nel tuo Bene.

 

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