Prefazione al testo di A. D'Alonzo Genealogia dell'immaginazione
Antonio D'Alonzo, per i tipi dell'Editrice LUZ, ha scritto un lungo saggio su un argomento di notevole attualità nella storia del pensiero moderno. Il nuovo millennio ha perso le convinzioni, gli entusiasmi, gli impulsi del novecento, che vediamo come oggi un labirinto immenso e bellissimo dove l'umanità non è riuscita a trovare né il centro né l'uscita. Il vaso di Pandora, pur aperto, non lascia ancora uscire lo zefiro primaverile della speranza. Ma il vento di Borea, nella sua hibrys generativa, spande un nuovo polline fecondante nuove ragioni e nuove emozioni. La fisica coincide sempre di più con la metafisica, l'immaginario collettivo di massa contempla paradigmi antichi e nuovissimi assieme, il pop-magic divampa fra il colto e l'incolto, la realtà oggettiva e quella soggettiva si armonizzano e si conciliano, in una scienza che, sempre di più, unisce l'empirico all'onirico. L'usignolo della religione ha trovato la gabbia ormai aperta e canta nei cieli aperti il suo “canto libero”. La superstizione e il dogma di teologie e ideologie obsolete tentano l'ultima difesa, arroccandosi in inutili fortezze dove le mura sono diroccate da tempo. L'umanità torna ai suoi problemi reali e irrisolti, la solitudine, la sofferenza e il male, l'assenza o la degenerazione dell'amore. Sappiamo ormai che non esistono teologie o ideologie che possano risolvere gli eterni problemi dell'umanità. La scienza e la tecnica, eccezionali strumenti dell'ansia di conoscere, hanno già superato la concezione materialista e positivista della storia, salvando la logica razionale, e armonizzandola con l'analogia dell'irrazionale o, meglio, del superrazionale. Nella sua Premessa, D'Alonzo scrive:
“Se, come ricorda Verdeggerà, la tecnica è il destino della storia occidentale e non un mero prodotto della società moderna, a essa si devono porre le domande per procurarsi un «nuovo» inizio. La tecnica non deve essere pensata come una malattia dello spirito moderno, ma piuttosto come un antidoto che possiede al proprio interno gli anticorpi per scardinare il nichilismo. Seguendo questa traiettoria non ha più senso pensare la tecnica soltanto come un orizzonte autoreferenziale e sostanzialmente privo di significato. Al contrario, la tecnica diventa lo sfondo dove l'immaginazione può cercare nuovi sentieri: a condizione che quest'ultima sia pensata come dimensione «immaginale» e non come mera rêverie priva di forza e contenuti. L'immaginazione diventa quindi il medium che, nell'era della tecnica, può traghettare fuori dal nichilismo scavando nuovi percorsi. Si chiarisce, dunque, che cosa ci si possa aspettare da una genealogia dell'immaginazione: non una definizione dottrinale fissata una volta per sempre, ma un'idea-che-diviene aprendo nuove possibilità, nuovi sentieri. Non una «verità» imperitura, ma una visione work in progress che si servirà ancora dei materiali del passato, del rimosso e dell'impensato. In ogni caso difficilmente nuove avventure intellettuali o spirituali potranno prescindere dall'immaginazione e dall'invasivo sfondo tecnocentrico in cui siamo arenati e da cui occorre ripartire”.
Ma il progresso dell'umanità, la sua evoluzione materica non coincide ancora con le necessità evolutive dell'essere umano verso l'ultra-uomo, e le sue inquietudini e sofferenze non sono diverse da quelle espresse quattromila anni fa dalla prima letteratura tramandataci. Quella felicità, la cui ricerca fu affermata come un diritto dell'uomo dalla rivoluzione americana, non si trova nei sistemi religiosi o sociali, la cui imperfezione è quella stessa dell'umanità.
La sapienzialità ebraica afferma che “senza farina non vi è Thorà”. Il soddisfacimento dei bisogni essenziali è indispensabile e la terra, nonostante che sia straziata e depauperata, sarebbe ancora sufficiente a nutrire e proteggere un'umanità equilibrata, cosciente, sapiente. Lentamente, la coscienza dell'uomo saprà rifiutare i bisogni artificiali che la logica del profitto impone, e la procreazione cosciente responsabile non farà più nascere schiavi destinati a produrre per il profitto altrui, e a consumare secondo le suggestioni imposte dal potere economico.
La produzione oculata e mirata dei beni di consumo, la ridistribuzione del plus-valore ottenuto a ogni essere umano, la soddisfazione e la serenità che da ciò deriverà, potrà dare impulso alla ricerca dei valori interiori, ancor oggi prevaricatoriamente e pervicacemente affermati come concezioni spirituali legate a fattori religiosi, mentre in realtà sono espressioni del più atroce materialismo e aggressione sociale. L'evoluzione non potrà eludere dalla trasformazione e tramutazione della psiche, in cui si sono aggrumati millenni di errori, inibizioni, frustrazioni, fino a che la liberazione dal dolore - autogeno o indotto che sia - la faccia coincidere con l'eterno Nous, l'Intelletto, che nella realtà psichica è la sintesi e la conciliazione dell'apollinea e razionale volontà di potenza e il dionisiaco desiderio del piacere.
La Genealogia dell'Immaginazione nell'analisi attraverso i tempi del potere catartico e creativo assieme dell'immaginare, porta fuoco e materia prima a quell'Opera al Rosso che è l'apice di quelle trasmutazioni ermetiche necessarie all'evoluzione umana.
In D'Alonzo, una delle analisi della Genesi – fra Anima del Mondo ed Eros, definisce già la tesi fondamentale che il potere dell'immaginare è legato indissolubilmente all'Eros:
“[…] Amore richiama bene l'idea di un superamento mistico degli opposti nel connubio dell'unione sessuale. Ma non soltanto. Eros, in quanto forza propulsiva che congiunge il soggetto desiderante all'oggetto desiderato, non è soltanto orizzontale, limitato alla sola dimensione biologistico-evolutiva. L'oggetto del desiderio concerne anche qualità morali o beni spirituali, fino a configurarsi come anelito verso l'ente supremo dell'amore mistico, Dio. Eros possiede una dimensione orizzontale-terrena e una dimensione verticale-celeste. Ma l'atto di desiderare l'oggetto estrinseco al proprio Sé è anche e soprattutto un atto d'immaginazione creatrice, oltre che di volontà. Amore non è soltanto brama, ma immaginazione, elaborazione, costruzione. Mentre l'animale è guidato dall'istinto dell'accoppiamento e si muove secondo codici di comportamento rigidamente determinati, l'uomo elabora culturalmente le pulsioni sessuali nell'erotismo, nella castità o nelle perversioni. L'amore umano è cultura, non natura: inevitabile, dunque, che l'attrazione sessuale metta in movimento l'immaginazione. Per quanto riguarda l'Anima del Mondo, già in nuce l'«Anima» rimanda alla capacità di mediare tra la dimensione sensibile (il «Mondo») e l'intelletto del neoplatonismo. Non a caso per Varrone (in Agostino, De Civ. Dei, VII, 14) l'Anima del Mondo è simboleggiata da Zeus e da Nettuno. Il primo risiede nel regno superiore dell'etere, il secondo in quello inferiore delle acque. Nel neoplatonismo, l'Anima del Mondo assume da subito il ruolo di mediatrice tra l'alto e il basso, tra la prima ipostasi spirituale dell'intelletto e la mera negatività materiale. In molte tradizioni l'anima è la potenza formatrice del corpo sottile o immaginale […]”.
Eros, il più antico degli Dei, è nel contempo l'archetipo dell'Anima Mundi in un rapporto di affinità e unità fra l'Amato e l'Amante .
“[…] Eros è una forza trascendente, un desiderio di possesso del corpo dell'amato, che però- utilizzando quest'ultimo come un medium- si rivela come una tensione continua verso un ordine superiore, verso l'idea del Bene. Nella tradizione platonica, l'Anima del Mondo è un'immagine diurna contrapposta alla Madre Terra, immagine notturna. Lo stoicismo trasvaluta questa polarità elaborando una visione materialista e notturna dell'Anima del Mondo ed equiparandola al pneuma universale, al soffio immanente al cosmo, alla ragione seminale dell'universo . Nel platonismo il lato diurno dell'Anima del Mondo è speculare al ruolo di mediatrice tra il mondo intelligibile e il mondo sensibile […]”.
Eros illumina l'anima a discernere la verità, è il primo iniziatore ai Misteri, e induce a intravedere la Bellezza divina attraverso quella sensibile.
Eros è la forza più forte di ogni forza, secondo il detto ermetico, l'energia primigenia e potentissima della vita, quella stessa del Mercurio filosofale degli alchimisti.
È a questa forza che attinge la sua facoltà creatrice l'in-maginare . L'etimologia deriva da in-mag, una radicale indo-europea che esprime un'idea di grandezza (= magnus, magister) ma anche di magia, potenza che influisce sulla psiche propria e altrui, creando così il reale dall'in-maginario.
Ma vi è un'antinomia fra il “potere” immaginativo di Eros - soltanto potenziale - e la sua applicazione.
Nella Genesi vi è una rivisitazione del pensiero platonico che può illustrare questa asincronia fra potenziale e potenziato:
“Quando arriva il suo turno di parlare, Socrate riporta il discorso con cui la sacerdotessa Diotima di Mantinea lo ha apparentemente confutato e istruito. Verosimilmente, come sostiene Giovanni Reale, si tratta di un artificio dialettico. Sotto la maschera di Diotima si nasconde il «vero» Socrate che finge di confutare «Socrate»: in realtà una seconda maschera sotto cui si proietta la persona di Agatone con la sua concezione errata di Eros. In altre parole, il dialogo tra Diotima e Socrate è un gioco di maschere sotto cui si cela la confutazione di Socrate («Diotima») alla vuota arte retorica di Agatone (il «Socrate» messo in difficoltà dal discorso di «Diotima»). La sacerdotessa di Mantinea ricorre alla sapienza misterica e arcana. Diotima distingue diversi gradi d'iniziazione: una fase «preliminare» ( mýen ) e un «guardare sopra» ( epoptéia ) che richiama i misteri Eleusini e l'antica arte cara ad Apollo. Diotima presenta Eros come un demone - figlio di Póros , «risorsa», «espediente» e di Pènia , «povertà» - che agisce da intermediario tra il mondo sensibile e quello intelligibile. Pénia simboleggia l'indeterminatezza, la materia indistinta, il chaos preformale, l'abisso senza fondo. Póros al contrario è figlio di Métis , la vivacità e l'acutezza intellettuale. Eros è desiderio del bene e del bello perché ne è privo; per questo non può essere considerato un dio, ma un demone che desidera ciò di cui è privo; mentre è impossibile che un dio sia privo di bellezza o di bontà; inoltre proprio perché desidera le cose di cui è carente, oltre a non essere un dio, non può essere nemmeno bello e buono. Nel suo stato di carenza e di desiderio, Eros deve essere identificato con l'amante (il soggetto anelante), piuttosto che con l'amato (l'oggetto anelato) come erroneamente pensava Agatone. Eros è desiderio di procreare nel Bello, a livello fisico e spirituale, anche se la priorità concerne il secondo tipo di generazione. Eros è « coincidentia oppositorum , una sintesi instabile, un insieme di contrari solidali »: è « filo-sofo » perché è sempre in uno stato intermedio tra sapienza e stoltezza”.
Si potrebbe definire Eros come il “desiderio del piacere”. Come demone intermedio fra i mortali e gli dei superni, tramite fra l'umano e il divino, è quindi filosofo, capace di far progredire dal mondo del contingente a quello delle essenze.
Ma anche nel filosofo, il desiderio si deve tramutare in volontà di potenza interiore, volontà che è l'unico tramite fra l'Anima Mundi - concetto che potremmo confrontare con quello junghiano di inconscio collettivo - e l'Uno, che è principio primo, il Dio assoluto.
Secondo le considerazioni di D'Alonzo, l'Anima Mundi è ordine, armonia, equilibrio, che l'essere umano perde nel caos del contingente e ritrova quando si avvicina all'Eros, come via unica per il divino:
“Tuttavia, l'armonioso ordine introdotto dall'Anima del Mondo non deve essere confuso con l'Uno, con il Principio Primo, il Dio assoluto. L'Anima del Mondo non produce le teofanie, ma si limita a riceverle e a distribuirle su molteplici piani della manifestazione. Essa non deve quindi essere confusa con l'Uno. Molte volte nel platonismo, l'Anima del Mondo si manifesta sotto tre forme: come armonia e fonte d'armonia, come luce diafana simboleggiata da Helios-Sole, come legame richiamato dal potere attrattivo di Eros, il primo nato tra tutti gli dei. Il cristianesimo ha intravisto nell'Anima del Mondo il pericolo di una divinizzazione del mondo sensibile, una sacralizzazione neopagana della Natura, un'estetizzazione del corpo e del piacere. L'Anima del Mondo ha assunto le sembianze di un idolo fittizio, un survivals di quella Dea Madre faticosamente riplasmata nella figura di Maria Vergine. Soprattutto l'Anima del Mondo è apparsa come un dio cosmico che richiede nuovi ditirambici encomi verso il mondo «apparente», il mondo sensibile, mentre il cristianesimo supponeva il disprezzo del mondo visibile a vantaggio dell'aldilà. L'ascetica cristiana ha spesso considerato il mondo generato dalla Caduta come un luogo d'esilio per l'anima personale, da abbandonare prima possibile. Non è un caso che i primi martiri, con grande scandalo dei Greci e dei Romani, accettavano la sofferenza con gioia in vista della salvezza promessa da Dio: ricordiamo il «prete asceta» delle indimenticabili pagine della Genealogia della Morale di Nietzsche”.
D'Alonzo, nella sua stringata e affascinante analisi dell'immaginazione e del suo potere creativo, rivaluta l'aspetto sacrale e metafisico della donna, negato, ridicolizzato, perseguitato da duemila anni di cristianesimo. È il femminino eterno, la madre che non giudica, non condanna, ma esalta la gioia e il piacere, è la Ninfa che nell'antro ama e ispira Numa, è la parte della coppia sacra che nella grotta del Buontalenti a Boboli celebra il rito dell'eterna copula.
È la signora della vita e della morte, colei che non discrimina, dalle ricchezze inesauribili e della creazione continua. Nelle acque del sogno e dell'immaginazione, dona giovinezza eterna ed eterna felicità.
È la parte destra del cervello maschile, repressa e rinnegata con le sue componenti di intuitività, istintività, emozionalità, vibrazione e sensibilità sottile.
Ma “l'inganno satanico del mondo sensibile” ha pure la sua forza disgregante che porta verso il molteplice e quindi allontana dall'Uno.
“Los, il tempo, il principio maschile, genera Enitharmon, lo spazio, il polo femminile, che genera a sua volta una nuova forma maschile. È iniziato il processo del concepimento terrestre perché il primo uomo mortale è venuto alla luce. «Urlante di Gelosia» perché aspira a quel senso di totalità, a quel dimorare-presso-gli-dei che la Caduta ha allontanato: perché la reintegrazione possa avvenire, perché sia possibile superare le categorie dello spazio-tempo e riunirsi al divino, è necessario potenziare la vis immaginativa e superare l'inganno satanico del mondo sensibile, le sue effimere lusinghe. I contrapposti «energia-ragione», «anima-corpo», sono entrambi necessari, perché senza di essi non c'è progresso: ma solo sul piano storico. Sul piano messianico, viceversa, le dicotomie devono essere superate in favore della facoltà dell'immaginazione attiva e creatrice, la sola in grado di accelerare il compimento di quel processo che avverrà comunque”.
D'Alonzo dimostra infine la sua capacità di sintesi, dopo un'ampia e geniale analisi, che transita in oltre tremila anni di storia del pensiero e delle sue concezioni metafisiche, nel capitolo Metafisica e cibernetica.
“Pochissimi individui, oggi, mostrano interesse per la metafisica. Siamo ormai abituati a etichettare la metafisica come una sorta di pensiero inattuale, anacronistico, superato nella sua pretesa di universalizzare la «verità». Nel postmoderno si pensa la ragione non più come uno specchio capace di riflettere una presunta verità oggettiva, ipostatica, intelligibile, ma come - la definizione è di Richard Rorty, filosofo statunitense recentemente scomparso - una «rete», uno strumento fallibile con cui a volte si riesce a catturare qualche significato, ma molte volte si rimane a bocca asciutta. La filosofia non può più ambire a rinverdire i fasti del passato, ma deve limitarsi a essere considerata una delle tante «voci» del mondo che articolano l'interpretazione, operando una scelta tra il presentare se stessa come una sorta di tuttologia dilettantesca o, viceversa, subordinando il suo ruolo e il suo antico prestigio al servizio ancillare nei confronti delle scienze umane, meglio qualificate per indagare con metodologie aggiornate le sfaccettature della società o i comportamenti individuali”.
Questa definizione pessimistica del ruolo della filosofia nel mondo contemporaneo, per quanto abbia una sua ragione d'essere nella caduta dei sistemi epistemologici che riflettono una schematicità dogmatica oggi superata, può essere comunque superata nella considerazione che proprio il post-moderno riafferma la filosofia come pratica, forse ancillare, della vita quotidiana.
Se si considera, d'altro canto, l'esoterismo come un figlio scapestrato della metafisica, vediamo come - anche se in forme volgarizzanti - questa stia diventando un paradigma sempre più pregnante della cultura di massa.
Anche lo storicismo, che tende a un determinismo dialettico immanente alla storia stessa, e che considera il passato come una via irrimediabilmente chiusa, e il futuro da ciò indotto ineludibile, è al tramonto.
Si apre oggi una via che oppone dialetticamente lo “storico” al “metastorico”, il tempo cronologico come una variabile temporale al tempo “eonico” o mitico.
Ciò che è stato non è dato, ma è reinterpretabile e trascendente ad ogni nuova generazione. Ciò che sarà non è storicamente delimitabile, ed è quindi superabile, in grado di riproporsi in forme nuove in una ragionevole eternità, in una dialettica non esauribile e prevedibile.
Se l'utopia di una nuova era, determinata dall'eterno ritorno di cicli cosmici non è razionalmente probabile, è comunque metafisicamente possibile.
Si affaccia all'alba della nuova storia un'antichissima conoscenza: la realtà oggettiva è modificabile dalla volontà di una moltitudine di realtà soggettive volte a un unico fine.
E la chiave di volta di questa volontà evolutiva consiste nell'immaginazione creatrice, che Eros stimola e induce, quegli “eroici furori” che in Giordano Bruno possano muovere l'universo stesso. 
