Le esperienze dolorose possono aiutare a rivedere i comportamenti. Perchè, se tutto ciò che ferisce, addolora e impaurisce … respinge, sottrarsi agli errori diventa una fonte di educazione.
Per correggersi ed auto-educarsi bisogna sviluppare intelligenza e senso critico.
Le esperienze dolorose possono aiutare a rivedere i comportamenti. Perchè, se tutto ciò che ferisce, addolora e impaurisce … respinge, sottrarsi agli errori diventa una fonte di educazione. Per correggersi ed auto-educarsi bisogna sviluppare intelligenza e senso critico. Prendendo come insegnamenti gli errori, propri ed altrui. Questo nella visione realistica. Nella versione drammatica, invece, il dolore diventa punizione. Un pagamento di tributo preteso dall’alto per ogni colpa commessa. Questa visione giustizialista nasce da un pessimismo, distante dal pensiero per cui non esiste altra punizione che non siano le conseguenze dell’errore stesso. Uno scetticismo che nasce dall’idea del corpo come strumento di contaminazione spirituale. Nella speranza di redenzione disincarnata, le sue carni e le sue emozioni vanno punite e mortificate. Un giudizio assai distante dall’idea di Dio quale principio di assoluto amore. Più fiducioso nell’intelligenza divina è chi ravvisa nel corpo fisico e nella coscienza i veicoli attraverso cui l’anima può muoversi nella materia. Veicoli imperfetti finché resta forte il divario tra mente fisica ed anima. Ma quel divario è superabile, adattando passo dopo passo la mente all’energia dell’anima.
Sono visoni distanti. Per gli apostoli del dolore la vita è solo una lunga penitenza da sopportare. Per i discepoli della luce, invece, l’esistenza (ch’è più di una vita) è un progetto cosmico in cui anche l’uomo fisico può guadagnarsi il diritto di partecipare. Per i primi la vita è l’inferno, per i secondi l’esistenza è un futuro di continue trasformazioni. «…adempiere i compiti dell’opera personale (dharma), senza sfuggire al proprio destino (karma), è il contegno più rispondente al concetto di Iniziazione.» Karma e Dharma e commento di Sarvepalli RadhakrishnanL’antica filosofia braminica ha compilato i fondamenti dei principi chiamati Karma (legge di causa ed effetto che consegue più vite) e Dharma (l’azione di assolvere ai doveri stabiliti dal karma). Il karma è il divenire del progetto individuale, ha il compito accessorio di liberare l’uomo dall’accumulo di colpe per mezzo di processi di riparazione. Secondo una successione di correzioni che, più tardi, l’occidente ha rimodellato nel concetto di metamorfosi interiore. Di vita in vita, attraverso il dharma l’uomo affronta gli effetti karmici, che lo seguono sino a che ogni compito non sia compiuto ed ogni debito assolto. Assolvere ai propri compiti è il fondamento della liberazione e dell’illuminazione. Nella filosofia orientale i dolori e gli ostacoli che si affacciano alla vita, non sono punizioni ma la conseguenza di azioni precedenti. “Giustizia” è un precetto universale, perchè, riequilibrare ciò che è stato disordinato vale per ogni scala di valori. Per questo armonia e disarmonia sono principi cosmici e non solo umani. Per la giustizia karmica tutto quello che di bene o di male accade all’uomo ha il solo scopo di rafforzarlo. Meriti e demeriti, perciò, sono i sostegni dell’azione karmica atta a trasformare l’istinto e l’impulso passionale in forza, intelligenza creativa e assennato giudizio. Nel commento alla Bhagavad Gîtâ di Sarvepalli Radhakrishnan, il Dharma è il campo d’adempimento della giustizia karmica. Il campo di battaglia dei guerrieri spirituali e non l’occasionale teatro d’un racconto di guerra. Scrive Radhakrishnan: «… è prerogativa dell’uomo stabilire che cosa sia giusto o dharma. La fame, il sonno, il timore, il sesso sono cose comuni agli uomini ed agli animali. Ciò che distingue gli uomini dagli animali è la capacità di poter giungere a distinguere il retto dal falso. Il mondo è dharmaksetra cioè il campo di battaglia di una lotta morale tra bene e male (per la religione ebraica l’Armageddon). L’esito finale dipende dall’animo umano, in cui queste battaglie sono combattute ogni giorno e ogni ora. L’ascesa dalla terra al cielo, dal dolore alla realizzazione spirituale, si attua attraverso il Sentiero del Dharma. Il campo di battaglia è chiamato dharmaksetra o campo della rettitudine, perché il Signore supremo, protettore del dharma d’ogni essere, vi è sempre presente. Dio come Terribile, è un aspetto che si presenta alla visione ad Arjuna solo sul campo delle prove. La vita è tutta una battaglia, una “guerra” per trasmutare il male della natura umana. Per questo il vero mistico non odia il male, perché in esso non si cela nessun Principio maligno.» |