L’Udjat e l’enigma dell’Hequat

Letture d'EsoterismoIl segreto che Thot confidava agli iniziati permetteva loro di ricostruire l’intero Hequat e, quindi, l’intero occhio di Horus, leggendo così, attraverso l’Udjat, l’unità del cosmo.

L’Udjat e l’enigma dell’Hequat (Occhio per occhio)

di Alessandro Orlandi

Gli antichi egizi raffiguravano le frazioni dell’Hequat, l’unità fondamentale per la misura della capacità (utilizzata per cereali, agrumi o liquidi) con le sei parti dell’Udjat, l’occhio di Horus, figlio di Iside e Osiride.

Ad ogni parte dell’Udjat corrispondeva una frazione che aveva come numeratore 1 e come denominatore una potenza di 2. L’Udjat recava anche inferiormente due tratti colorati, caratteristici del falco pellegrino, animale sacro ad Horus.

Narrava la leggenda che dalla luce presa alla luna (1/72 della luce lunare vinto durante una partita a dadi con la luna stessa) Thot, l’Hermes degli egiziani che insegnò loro linguaggio, scrittura, scienze ed arti magiche, dio dalla testa di ibis, fabbricò cinque figli, partoriti da Nut, dea del cielo.

I cinque figli erano Osiride, Haroeris, Seth, Iside e Neftis, che rappresentavano i cinque giorni aggiunti all’ultimo mese dell’anno, che era diviso in 12 mesi da 30 giorni ciascuno (12 x 30 = 360).

Tra Osiride, che divenne il primo sovrano d’Egitto e Seth, dalla testa d’asino, malvagio e crudele, vi fu sin dall’inizio un odio implacabile.

Per combattere Osiride Seth radunò 72 complici, fabbricò un cofano tempestato di pietre preziose che aveva esattamente le misure del fratello e lo convinse con l’inganno ad entrarvi, avendo promesso di regalarlo a colui che fosse riuscito a riempirlo perfettamente col suo corpo. Quindi sigillò il baule con del piombo fuso.

Iside, sorella e moglie di Osiride, tentò invano di liberare il dio, ma Seth smembrò il corpo di Osiride in 14 pezzi (i 14 giorni che impiega la luna a passare da piena a nuova o viceversa, perdendo o acquistando 14 frazioni della sua luce), che vennero dispersi nel Nilo. Cominciò allora una lunga ricerca durante la quale la dea, aiutata da Thot, da Anubis, il dio dalla testa di sciacallo, e da un pesciolino del Nilo, l’ossirinco, recuperò 13 dei quattordici pezzi del corpo di Osiride, fatta eccezione per il membro virile che, divorato da tre pesci, restò nelle acque del Nilo rendendole feconde. Il membro virile di Osiride venne rimpiazzato da un fallo ligneo.

Iside concepì dal suo sposo Osiride un figlio postumo, Horus, che venne cresciuto in segreto e a cui fu insegnato che avrebbe dovuto vendicarsi di Seth.

Quando Horus fu cresciuto si scontrò ripetutamente con Seth. Durante uno di questi duelli Seth cavò un occhio ad Horus e lo smembrò in sei pezzi, spargendoli per la terra d’Egitto. Queste sei parti erano le sei parti dell’Udjat ed, anche, le sei frazioni dell’Hequat.

Horus si vendicò di Seth evirandolo (evidentemente un vizio di famiglia) ed in seguito fu fatto re dell’Egitto, mentre Seth divenne il dio del Male.

Il tribunale divino incaricò allora Thot di riunire le parti dell’occhio di Horus (ossia di ottenere l’intero Hequat) assegnando a ciascuna parte la frazione dell’intero che le competeva.

I maestri scribi dell’antico Egitto rispondevano a chi faceva loro notare che la somma delle frazioni era 1/2 + 1/4 + 1/8 + 1/16 + 1/32 + 1/64 = 63/64 che Thot avrebbe dato ai suoi protetti il 64esimo mancante. L’insegnamento nascosto in questo enigma diviene più intelligibile se si visualizzano le frazioni dell’hequat su una scacchiera che, come è noto, è costituita da 64 scacchi bianchi e neri.

Prendere dunque 1/2 + 1/4 + 1/8 + 1/16 + 1/32 di scacchiera significa lasciare liberi solo due scacchi (evidentemente, per come gli scacchi sono disposti, uno bianco e uno nero). Prendere ancora 1/64 significa operare una scelta tra lo scacco bianco e il nero. Ma allora ci si ritrova di fronte alla situazione iniziale, anche se in scala ridotta. L’unico scacco rimasto, infatti, riproduce esso stesso la scacchiera in miniatura.

Passando quindi alla potenza di due successiva, 1/128 = 1/2 x 1/64 si ricomincia da capo la suddivisione 1/2 + 1/4 + 1/8 + 1/16 + 1/32 + 1/64 nella nuova scacchiera, il che condurrà ad una nuova scacchiera ancor più piccola, e cosi via all’infinito.

Dal punto di vista del moderno calcolo infinitesimale la questione è risolta e la soluzione dell’enigma si presenta come ricerca del limite della somma delle prime n potenze di 1/2 con n che tende all’infinito e tale limite vale proprio 1.

Il segreto che Thot confidava agli iniziati permetteva loro di ricostruire l’intero Hequat e, quindi, l’intero occhio di Horus, leggendo così, attraverso l’Hudjat, l’unità del cosmo.

L’enigma doveva probabilmente essere svelato quando si trattava di scegliere l’ultimo 64esimo, ossia al momento della scelta tra lo scacco bianco e quello nero e la soluzione evitava di prolungare all’infinito la suddivisione.

Storia del dente della reliquia e del dente del cane (Dente per-dente)

La vicenda, narrata da Alexandra David – Neel in “Mistici e maghi del Tibet”, si svolge nel Tibet di due secoli fa. La storia narra di una famiglia in cui il padre si era gravemente ammalato senza una spiegazione apparente. Dopo aver consultato tutti i medici della regione senza alcun esito si decise che uno dei tre figli sarebbe partito in pellegrinaggio alla volta di Lhasa per ottenere la benedizione del Lama Norbu e per chiedergli una reliquia da portare al padre, troppo ammalato per poter pensare di mettersi in viaggio.

La scelta cadde su Khando, il minore dei tre figli. Tutto si svolse come progettato, Khando ottenne udienza dal Lama e questi gli affidò in un magnifico cofano d’argento un dente proveniente dal teschio di un sant’uomo, conosciuto per i miracoli compiuti dalle sue reliquie.

Ma la sfortuna si accanì contro Khando il quale, attraversando un fiume, cadde da cavallo e perdette in acqua il prezioso cofano. Dopo lunghe ricerche riuscì a ritrovare il cofano d’argento sul fondo del fiume, ma del dente del santo non c’era più traccia. Sconsolato, bagnato e infreddolito Khando guadagnò allora la riva del fiume e si sedette in terra con la testa tra le mani, pensando a come avrebbe dato la terribile notizia del fallimento della sua impresa alla famiglia. Mentre era immerso in quei cupi pensieri lo sguardo gli cadde sul teschio di un cane, che giaceva in terra poco lontano da lì.

Subito un’idea gli balenò nella mente. “Perché non sostituire il dente del santo col dente del cane?” – si disse – “Chi mai se ne accorgerà?”, “Tutti guarderanno soprattutto il prezioso cofano e si preoccuperanno di pregare il dente e nessuno sarà così empio da sottoporre una reliquia ad un esame anatomico”. Khando non stette a pensarci troppo, svelse un dente dal teschio del cane, lo avvolse in un pezzo di lino e lo chiuse nel cofano d’argento. Al suo arrivo ricevette una accoglienza trionfale e subito in casa fu allestito un altare e i membri della famiglia si alternarono in preghiera davanti alla sacra reliquia.

Nel giro di tre giorni il padre di Khando guarì e i sintomi della misteriosa malattia scomparvero completamente. La notizia della miracolosa guarigione e della reliquia che l’aveva provocata si sparse in un baleno e la casa di Khando cominciò a diventare mèta di pellegrinaggi: malati di ogni genere e persone disastrate e colpite dal gravi disgrazie venivano a pregare la reliquia e ad impetrare favori e guarigioni. Quasi nessuno di quelli che sostavano in preghiera davanti al dente restava deluso, in breve i miracoli compiuti dalla santa reliquia divennero tanto numerosi che solo quelli veramente importanti furono ricordati. Nel giro di pochi anni il clero buddista acquistò la casa di Khando e al suo posto edificò un tempio che esiste ancora oggi ed è mèta di innumerevoli pellegrinaggi.

Questa vicenda è all’origine di un proverbio tibetano che dice: “anche un dente di cane, se sufficientemente venerato, fa miracoli”.

torna su