Allo stato delle nostre conoscenze non è ancora possibile definire concettualmente cosa sia l’ipnosi. Qui di seguito tenterò di passare in rassegna le teorie più comuni su questo fenomeno che appare più facile da descrivere che da spiegare.
Ipnosi / La Storia, la Teoria ed il Metodo
di Guglielmo Gullotta
«Ogni confutazione dovrebbe essere considerata come un grosso successo; non semplicemente dello scienziato che ha confutato la teoria, ma anche quello dello scienziato che ha creato la teoria confutata e che in questo modo ha suggerito in prima istanza, anche se solo in modo indiretto, l’esperimento che l’avrebbe confutata». – Karl Popper
Capitolo IV / Paradigmi teoretici del fenomeno Ipnosi
Sommario: 1. Introduzione. — 2. Teorie fisiologiche. — 3. Ipnosi come sonno lucido. — 4. Risposta condizionata. — 5. Dissociazione. — 6. Teoria dei tre fattori. — 7. Sonno base. — 8. Particolare stato psicofisico. — 9. Labilizzazione del campo percettivo. — 10. Comportamento diretto ad uno scopo in uno stato alterato della persona. — 11. Transfert e riattivazione del complesso di Edipo. — 12. Riduzione delle frontiere dell’Io. — 13. Reazione psicosomatica. — 14. Autoesclusione dell’Io. — 15. Regressione al servizio dell’Io. — 16. Perdita dell’orientamento generalizzato della realtà. — 17. Teoria dello sviluppo interattivo. — 18. Teoria neo dissociativa. — 19. La logica della trance. — 20. Role-enactment. — 21. Teoria cognitivo-comportamentale. — 22. I paradigmi nella scienza. — 23. Il paradigma tradizionale — 24. Il paradigma alternativo. — 25. Punti di contatto tra i due paradigmi. — 26. Ipnotizzabilità: tratto o capacità?. — 27. Ipnosi ed altri stati di coscienza.
1 – Introduzione
Allo stato delle nostre conoscenze non è ancora possibile definire concettualmente cosa sia l’ipnosi. Qui di seguito tenterò di passare in rassegna le teorie più comuni su questo fenomeno che appare più facile da descrivere che da spiegare. Forse all’ipnosi è applicabile quello che Bertrand Russel diceva della matematica «una scienza sulla quale non sappiamo di cosa stiamo parlando e se quello che stiamo dicendo è vero» (1).
Esistono essenzialmente due tipi di approccio allo studio dell’ipnosi da Sutcliffe denominati in modo ormai famoso «credulo» l’uno e «scettico» l’altro (2). Il punto di vista credulo assume a priori una distinzione tra il comportamento della trance e quello frutto di simulazione ed accetta la testimonianza del soggetto circa la genuinità del fenomeno ipnotico. Gli Autori che possono farsi rientrare in questo punto di vista ritengono che l’ipnosi attui delle reali alterazioni percettive, regressioni d’età, anestesie, ecc. L’altro punto di vista, quello scettico, non considera il comportamento ipnotico come distinguibile dalla simulazione dello stato ipnotico. Molto spesso ha poi dimostrato che ogni fenomeno ipnotico, può essere prodotto anche senza il rituale dell’induzione della trance e che i fenomeni prodotti sono spesso una inconsapevole risposta alle aspettative dell’ipnotista, allo scopo di compiacerlo.
Le teorie sull’ipnosi possono essere distinte in due gruppi differenti: quelle fisiologiche, che vedono lo stato ipnotico come uno stato particolare del cervello, e quelle psicologiche, che lo descrivono in termini intrapsichici o interpersonali, con una terminologia di tipo prettamente psicologico. Talune di queste teorie psicologiche hanno poi matrice psicoanalitica. Qualche teoria combina l’aspetto fisiologico a quello psicologico, di solito mantenendo una netta distinzione tra le due parti della teoria. Un sottotipo delle teorie psicologiche è rappresentata da quelle che negano allo stato ipnotico una individuazione caratteristica rispetto allo stato di coscienza diciamo normale (3).
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(1) RUSSEL B., Mysticism and Logic and Other Essays, Longmans, London, 1916. (torna al testo)
(2) SUTCLIFFE J. P., Credulous and Skeptlical Views of Hypnotic Phenomens: a Review of Certain Evidence and Methodology, in Int. J. of Clin. Exp. Hyp., 1960, 73. Credulous and Skeptical Views of Hypnotic Phenomens: Experiments on Esthesia. Hallucination and Delusione, in J. Abn. Soc. Psychol, 1961, 189. (torna al testo)
(3) Per un esame delle teorie sull’ipnosi (a parte quelle contenute nei manuali di lingua italiana, come quelli di Granone, Guantieri, di Pavesi e Mosconi) si veda: BRENMAN M., GILL I., Hypnoiherapy, I.U.P., New York, 1947, 91; PATTIE T., Theories of Hypnosis, in DORCUS R., Hypnosis and its Therapeutic Applications, McGraw-Hill, New York, 1956, 1. (torna al testo)
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2 — Teorie fisiologiche
Vediamo dapprima quelle di tipo fisiologico. Lo stesso Mesmer credeva in una teoria essenzialmente organica. Chiamò «magnetismo animale» la forza che produceva gli effetti ipnotici (4). Sebbene il magnetismo animale di Mesmer sia caduto in discredito, vi è una concorde indagine speculativa sui termini di correlazione fisiologici dell’ipnosi.
Crasilneck e Hall (5) hanno introdotto il termine «ipnosi neutra» per designare lo stato ipnotico, prima che siano date specifiche suggestioni di cambiamento. Essi hanno riferito di non aver riscontrato nell’ipnosi neutra alterazioni statisticamente rilevanti nelle pulsazioni, nella pressione arteriosa e nella frequenza del respiro. Sempre Crasilneck (6) riporta un importante caso clinico che reca un solido sostegno alla base neurofisiologica dell’ipnosi. Una paziente sottoposta ad anestesia tanto ipnotica quanto chimica del cuoio capelluto si risvegliò improvvisamente quando il neuro chirurgo toccò la regione dell’ippocampo. Fu subito reipnotizzata, ma interruppe di colpo l’ipnosi quando venne nuovamente toccato l’ippocampo.
Fu ripetuta l’induzione ipnotica e l’operazione continuò. Ovviamente si pensò che in qualche modo la stimolazione meccanica della regione dell’ippocampo avesse un’influenza immediata sullo stato ipnotico, avvalorando chiaramente l’ipotesi che l’ippocampo sia interessato in qualsivoglia circuito neurale che sia sotteso all’ipnosi. Lieberson, Smith e Stern (7) effettuarono degli esperimenti «sulla ipnosi animale» nelle cavie trovando che gli ippocampogrammi erano utili come indicatori del grado di attività interna dell’animale.
Benché non sia del tutto chiaro il rapporto fra ipnosi animale e ipnosi umana, posteriori studi sul funzionamento del cervello potrebbero mostrare che durante l’ipnosi vi è qualche evidente alterazione neurofisiologica. Bartlett (8) ha avanzato l’ipotesi che l’ipnosi possa alterare il rapporto della comunicazione corticale e subcorticale, interessando particolarmente l’ipotalamo, la formazione reticolare ed il sistema limbico. La possibilità di modelli ipnotici del sistema nervoso centrale è stata considerata anche da Granone (9) e da Rey-her (10). Più volte in questo testo si dirà come i neuropsicologi moderni attribuiscano, nel processo ipnotico, grande importanza alla differenza di funzioni collegate ai due emisferi cerebrali.
Anche nelle teorie che equiparano l’ipnosi al sonno e nel modello del riflesso condizionato elaborato dai pavloviani è evidente il fondamento fisiologico. L’osservazione clinica più concorde ed impressionante, una di quelle che avvalorano le teorie fisiologiche, riguarda il fatto che l’aspetto dei soggetti in stato sonnambulico di trance è identico ovunque, nonostante le enormi differenze di «ruolo» e di presupposti culturali.
In buoni soggetti ipnotici provenienti da più culture diverse, appare spesso un pallore periorale ai margini delle labbra. In Italia Pinelli (11) con accurati studi sperimentali ha potuto affermare che «nella trance ipnotica profonda può verificarsi una duplice attivazione; anzitutto qualcosa di analogo a quanto sperimentalmente si realizza con l’eccitamento del sistema talamico intrinseco di Morrei e Jasper; vale a dire una attivazione di fondo molto intensa di settori corticali circoscritti (possiamo parlare dello sfondo dell’ipnosi). In secondo luogo, su questo sfondo, vengono facilitati alcuni modelli interni: il contenuto dell’ipnosi».
I maggiori rappresentanti della concezione dell’ipnosi come risultato di un fenomeno neurale patologico, sono stati Charcot ed i suoi allievi. Charcot riteneva che l’isteria e l’ipnosi fossero entrambe originate da un disturbo del sistema nervoso, ponendo l’accento su un supposto sostrato neurale delle due condizioni.
Recentemente è stata avanzata l’ipotesi che l’induzione di ipnosi, soprattutto quale manipolazione dell’attenzione può anche essere intesa come un mezzo per impegnare l’emisfero dominante del cervello che presiede alle attività razionali e alle attività linguistiche (quello sinistro per i destrimani) e per accedere a quello non dominante che presiede alla attività immaginativa e fantastica (12).
Per Ornstein (13) sia la struttura che la funzione di queste due metà del cervello in una certa misura sottolineano i due modi di coscienza che coesistono simultaneamente all’interno di ciascuno di noi. Sebbene ciascun emisfero condivida il potenziale di molte funzioni, e sebbene entrambi i lati partecipino a molte attività, nella persona normale i due emisferi tendono a specializzarsi.
L’emisfero sinistro si occupa prevalentemente del pensiero analitico, logico, specialmente nelle funzioni verbali e matematiche. La sua modalità di funzionamento è principalmente lineare. L’emisfero destro pare sia specializzato nel lavoro mentale olistico. La sua capacità di linguaggio è limitata. Questo emisfero risponde soprattutto al nostro orientamento nello spazio, al lavoro d’arte, d’artigianato, all’immagine del corpo (14).
Se l’EEG è registrato in entrambi gli emisferi di una persona normale, durante azioni di manipolazione della informazione verbale o spaziale risultano diversi modelli di «onde cerebrali» (15). Durante un’azione verbale il ritmo alfa nell’emisfero destro aumenta rispetto al sinistro, e in un’azione spaziale l’alfa aumenta nell’emisfero sinistro rispetto al destro. Quasi come per ridurre le interferenze tra i due modi di operazione in conflitto nei suoi due emisferi cerebrali, il cervello tende a mettere fuori circuito il lato non usato in una situazione specifica (16).
Forse è su questa base che si può spiegare l’analogia tra i fenomeni che si producono nell’ipnosi, nello yoga, nello zen, nel training autogeno, le istruzioni di un «guru» (T.M.) ecc, dove in uno stato di rilassamento e di manipolazione si riscontra un aumento della suggestionabilità.
Reyher ricorda che rispetto al linguaggio l’emisfero cerebrale sinistro effettua una selezione voluta e difficile tra «bit» differenti di informazione (le parole) e le dispone secondo una sequenza particolare (sintassi) a secondo di certe regole allo scopo di comunicare (17).
Questo processo rappresenta una trasformazione del linguaggio da analogico in digitale. A differenza di un’immagine visiva la parola infatti è un simbolo, il che significa che esiste una relazione semantica tra la sua struttura grafica o fonetica ed il suo referente. I significati emergono dall’ordinamento sintattico delle parole a formare delle frasi. Reyher chiama l’operazione di scegliere le parole a seconda dei loro significati e di formulare le frasi come «il sistema espressivo semantico-sintattico di elaborazione informativa». L’ascoltare coinvolge un sistema di conversione da digitale ad analogico, conversione che si suppone debba essere mediata da una precisa area corticale».
Poiché l’ascolto ed il discorso linguistico rappresentano parecchie vie di elaborazione semantico-sintattica, non possono procedere simultaneamente senza qualche interferenza reciproca, che raggiunge il massimo quando si parla ed ascolta insieme (per esempio si perde il filo del discorso, si dimentica cosa si voleva dire, ecc). Normalmente poi questa situazione si verifica per le parole che entrano nei reciproci discorsi e per le regole implicite della conversazione, che mantiene la relazione come a due vie. Ma la situazione è ben distinta per chi ascolta in silenzio e acriticamente chi parla, come avviene appunto nell’ipnosi, training autogeno, ecc.
Perciò la conversione da digitale ad analogico è mediata dal sistema recettivo semantico-sintattico, ed è incorporata nella sottostante funzione cerebrale di sintesi, che rende possibile alle suggestioni di influenzare i processi percettivi, cognitivi e neurofisiologici. Dunque la suggestionabilità aumenta quando c’è un’interruzione dell’esprimersi del sistema espressivo semantico-sintattico che si verifica nelle situazioni sopra viste. In altre parole nella attesa acritica i modelli sintattico-semantici dell’emisfero sinistro sono soppressi ed il modello sintetico analogico incorpora le istruzioni, attraverso il modello semantico sintattico in una sintesi.
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(4) CRASILNECK H. B., HALL J. A., Ipnosi clinica, Astrolabio, Roma, 1977, 34 s. (torna al testo)
(5) CRASILNECK H. B., HALL J. A., Physiological Changes Associated with Hypnosis: A Review of the Literature since 1948, in Int. J. din. Exp. Hypnosis, 1959, 50; CRASILNECK H. B., HALL J. A., Blood Pressure and Pulse Rates in Neutral Hypnosis, in Int. J. Clin. Exp. Hyp., 1960, 137 s. (torna al testo)
(6) CRASILNECK H. B., Me CRANIE E. G., JENKINS M. T., Special Indications for Hypnosis as a Method of Anesthesia, in /. Ani. Med. Assoc, 1956, 162, 1606 s. (torna al testo)
(7) LIEBERSON W. T., SMITH R. W., STERN M. A., Experimental Studies of the Prolonged «Hypnotic Withdrawal» in the Guinea Pig, in J. Neuropsychiatry, 1961, 28 s. (torna al testo)
(8) BARTLETT E. E., A Proposed Definition of Hypnosis with a Theory of its Mechanism of Action, in Am. J. Clin. Hyp., 1968, 69 s. (torna al testo)
(9) GRANONE F., Trattato di ipnosi (Sofrologia), Boringhieri, Torino, 1972. (torna al t
esto)
(10) REYHER J., Brain Mechanisms, Intrapsychic Processes in Behavior: A Theory of Hypnosis and Psychopathology, Am. J. Clin. Hyp., 1964, 7, 107 s. (torna al testo)
(11) PINELLI P., Il tests di Shagass nell’ansia e nella trance ipnotica, in Rass. di Ipnosi e Med. Psicosomatica, 1976, 32, 868. (torna al testo)
(12) LEVY J., Psychobiological Implication of Bilaterai Asymmetry in He- mìsphere Function in Human Brain, Wiley, New York, 1974; DENES F., UMILTÀ C. (a cura di), / due cervelli; neuropsicologia dei processi cognitivi, II Mulino, Bologna, 1978. (torna al testo)
(13) ORNSTEIN R. E., La psicologia della coscienza, Angeli, Milano, 1978. 70 s. (torna al testo)
(14) Kinsbourne, dell’Università di Duke, ha compiuto esperimenti che confermano la specializzazione differenziata dei due emisferi. Se si chiede ad una persona di tenere in equilibrio un bastone di legno sull’indice di ciascuna mano, una mano alla volta, chiedendogli anche di parlare mentre compie questa azione, il tempo di equilibrio della mano destra diminuisce, visto che l’aggiungersi di questo compito interferisce con l’azione in corso. Ma il tempo di equilibrio della mano sinistra aumenta con l’aggiungersi di questa azione di verbalizzazione. La mano destra è controllata dall’emisfero sinistro. Quando questo è occupato dal discorso, il suo controllo sulla mano destra ne soffre. Ma se questo lavoro è fatto dalla mano sinistra, l’emisfero sinistro ha la possibilità di interferire con il suo lavoro. Cfr. KINSBOURNE M., COOK J., Generalized and Lateralized Effects of Concurrent Verbalization on a Unimanual Skill, in Quarterly J. of Exp. Psychology, 1971, 341. (torna al testo)
(15) GALIN D., ORNSTEIN R., Lateral Specialization of Cognitive Mode: An EEG Study, Psychophysiology, 1972. (torna al testo)
(16) Per una disamina dei rapporti dei due emisferi con l’ipnosi, cfr. HILGARD E. R., Divided Consciousness: Multiple Controls in Human Thought and Action, Wiley, New York, 1977, 109 ss.; e GRINDER J., DE LORIER J., BANDER R., Patterns of the Hypnotic Techniques of Milton H. Erickson M. D., Meta Cupertino, voi. II, 1977, 34 ss., i quali esemplificano come il movimento degli occhi possa segnalare utilmente il tipo di emisfero impegnato e il tipo di vissuto del soggetto. Per una estensione dell’argomento alla psicoterapia in generale cfr. WATZLAWICK P., The Language of Change, Basic, New York, 1979. (torna al testo)
(17) REYHER J., Clinical and Experimental Hypnosis: Implications for Theory and Methodology, in EDMONSTON W. (a cura di), Conceptual and Investigative Approaches to Hypnosis and Hypnotic Phenomena, Academy of Science, New York, 1977. (torna al testo)
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3 — Ipnosi come sonno lucido
L’abate Faria definì l’ipnosi come un sonno lucido. Anche Pavlov con la sua teoria dei riflessi condizionati sembra accreditare questa ipotesi.
Egli notò che la ripetizione di uno stimolo condizionato senza alcuna presentazione di stimoli non condizionati, cioè senza rinforzo, causava uno stato letargico e sonnolente negli animali, qualcuno addirittura si addormentava. Ne deduceva che quella parte del cervello che era più direttamente attaccata dallo stimolo condizionante diveniva il centro di un processo inibitorio che si irradiava in altre parti del cervello stesso, fino a che lo stimolo era presentato in modo monotono. La parte finale di questa inibizione era il sonno, gli stadi precedenti al sonno erano chiamati ipnosi.
Pavlov (18) spiegava perciò l’ipnosi, come sonno parziale provocato dall’inibizione degli emisferi cerebrali, originata da diversi stimoli: presenta così gradi diversi di estensione ed intensità, lasciando però dei punti vigili in alcune zone che rimangono sveglie ed attive. Per lui l’ipnosi provoca una dissociazione delle funzioni del cervello: il soggetto ipnotizzato pur comprendendo ciò che gli si dice, perde il controllo dei suoi muscoli; pur volendo non può cambiare la posizione di nessuna parte del corpo.
Questa prima manifestazione, la catalessia, risulta da una inibizione isolata della zona corticale motoria, che però non scende nei centri motori situati più in basso negli emisferi, che infatti possono funzionare normalmente.
Una seconda manifestazione da Pavlov individuata è l’automatismo.
I soggetti ipnotizzati riproducono in maniera stereotipata le azioni compiute dall’ipnotizzatore davanti ad essi oppure compiono correttamente movimenti difficili e complessi. Nell’ipnosi si produce il riflesso di imitazione che durante l’infanzia ha permesso a tutti di elaborare il comportamento individuale e sociale. Inoltre, come già detto, in ipnosi rimangono «punti vigili» nella corteccia cerebrale che permettono il contatto tra soggetto ed ipnotista, mentre altre zone sono inibite. Questi punti vigili sono estremamente recettivi alle parole, che agiscono in modo più intenso ed immediato di altri fattori esterni reali. La parola è collegata esperienzialmente a tutti gli stimoli esterni ed interni che pervengono al cervello. La suggestione è il riflesso condizionato più semplice, e il più tipico dell’uomo. La parola suggestiva, concentrando la stimolazione in una zona ristretta degli emisferi, esclude altre stimolazioni per cui assume una particolare forza, sia durante che dopo l’ipnosi.
Dalle ricerche di Pavlov sull’ipnosi si riscontra che dal punto di vista fisiologico, ipnosi e sonno si differenziano tra loro per il grado di irradiazione dell’induzione, per la localizzazione e per la misura delle differenziazioni (estensione ed intensità dei processi di eccitazione ed inibizione della corteccia cerebrale).
Contro la teoria che equipara l’ipnosi al sonno militano gran parte delle prove che oggi abbiamo, come i riflessi plantari, la respirazione, l’attività cardiaca, la circolazione cerebrale, l’encefalogramma, la resistenza elettrica della pelle, del metabolismo basale, che sono sempre differenti nell’ipnosi e nel sonno.
I risultati delle indagini dimostrano che l’ipnotismo è più vicino ad uno stato di veglia piuttosto che ad uno stato di sonno. In taluni esperimenti è stato dimostrato che quando il soggetto viene ipnotizzato col metodo della fissazione oculare e facendogli chiudere gli occhi, l’elettroencefalogramma è lo stesso che nella situazione, diciamo, di veglia comune, ma quando vengono date suggestioni specifiche per la produzione del sonno, allora vi sono delle caratteristiche encelafografiche che si avvicinano al sonno fisiologico (19).
Evans (20) in base a suoi esperimenti afferma però che la capacità di raggiungere un profondo grado di ipnosi e l’abilità di addormentarsi facilmente, hanno in comune almeno qualche meccanismo. È stato ipotizzato che questo meccanismo coinvolge differenze individuali nella capacità di mantenere un controllo sul livello di funzionamento corporeo o di stato di coscienza che a quella persona sembra opportuno al momento.
In apparenza questo meccanismo di controllo coinvolge l’abilità di passare prontamente da un tipo di stato psicologico o di attività ad un altro tipo; cioè mantenere l’elasticità nel variare l’assetto psicologico. Il tipo di controllo che permette ad una persona di scegliere di entrare in ipnosi, o di addormentarsi o di raggiungere diversi stati di coscienza può essere una capacità più ampia, generale, appannaggio di alcune persone e può manifestarsi in un gran numero di circostanze. Le persone che hanno questa abilità possono sviluppare una varietà di strumenti o modi di affrontare la realtà e di funzionare a differenti livelli psichici.
Nel numero delle possibili condizioni psicologiche in cui un individuo può decidere di entrare, quelle scelte dipendono da capacità che egli possiede o meno. Per esempio molti individui hanno la capacità di addormentarsi in qualsiasi momento lo desiderino, mentre altri non hanno il necessario controllo del meccanismo per addormentarsi prontamente, possono avere difficoltà a raggiungere il sonno, o aver bisogno di tutta una varietà di rituali o una rigidità di abitudini temporali per aumentare la probabilità di ottenere il sonno. D’altra parte la capacità di sperimentare lo stato ipnotico è una capacità ancora meno diffusa. Ma il fatto che un individuo possieda una notevole «flessibilità» nel modificare il proprio assetto psicologico, è irrilevante se non possiede altre «capacità» o non ha motivazioni a sperimentare l’ipnosi.
Se una persona possiede un buon meccanismo per addormentarsi può avere le doti indispensabili per provare l’ipnosi, ma può anche non averle. Cioè ipnosi e sonno non sono interscambiabili o funzionalmente equivalenti, piuttosto l’abilità di raggiungere stati diversi è «classificata» sotto gli stessi meccanismi di controllo, che includono anche la capacità di modificare il proprio modello psicologico, il grado di concentrazione, i diversi livelli di veglia.
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(18) PAVLOV L., / riflessi condizionati, Boringhieri, Torino, 1966 e VENTURINI R. (a cura di), / livelli di vigilanza, Bulzoni, Roma, 1973. (torna al testo)
(19) Per un esame aggiornato delle differenze tra sonno ed ipnosi cfr., EVANS F., Hypnosis and Sleep: Techniques for Exploring Cognitive Activity during Sleep, in FROMM E., SHOR R., Hypnosis: Research, Developments and Perspective, Aldine, Chicago, 1972, 43; cfr. anche PINELLI P., Sonno, sogno, ipnosi e stati patologici di inibizioni cerebrali, Cortina, Padova, 1958. (torna al testo)
(20) EVANS F., Hypnosis and Sleep: The Control of Altered States of Awareness, in EDMONSTON W. (a cura di), Conceptual and Investigative Approaches to Hypnosis and Hypnotic Phenomena, cit., 171. (torna al testo)
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4 — Risposta condizionata
Strettamente connesse alla teoria del sonno quelle così dette ideomotorieo di risposta condizionata.
Secondo James, sostenitore della teoria ideomotoria, ogni idea di movimento risveglia in qualche grado il movimento concreto di cui è oggetto, e questa evocazione è tanto maggiore quanto più non vi è una rappresentazione antagonistica simultanea nella mente, non deve esistere cioè una situazione conflittuale. Modernamente chi sostiene questa teoria, sottolinea che il principio ideomotorio, consiste nel fatto che la ripetizione frequente di un antecedente di un atto, può divenire uno stimolo condizionante dell’atto stesso e le parole possono essere stimoli condizionati delle azioni.
Questa teoria è stata sostenuta soprattutto da Hull (21). Esso però non riesce a spiegare come mai questi stimoli verbali e simbolici rappresentati dall’ipnotista siano più efficaci di quelli che il soggetto eventualmente potrebbe rappresentarsi da solo. Perché, per esempio, il soggetto in trance eteroindotta è più abile che in stato di autosuggestione nell’inibire certe risposte emozionali e somatiche, come risposta alla stimolazione dolorosa?
Teniamo conto tra l’altro che come Sarbin ha potuto dimostrare, taluni soggetti entrano in ipnosi senza il bisogno di questo stimolo ripetitivo e monotono, cioè, dicendo ad un soggetto, che era andato da lui per farsi ipnotizzare, stia comodo su questa poltrona, la lascio per cinque minuti e lei si rilassi, quando tornerò conterò fino a 10 e lei entrerà nel sonno ipnotico, il che puntualmente accadeva.
Pavlov, di cui abbiamo già parlato, riteneva che la parola sia uno stimolo che provoca riflessi condizionati di natura fisiologica, questi riflessi sarebbero copia di innati riflessi organici. Secondo questi autori, la suggestione sarebbe un tipico riflesso condizionato e per questa ragione non c’è nessuna funzione che non possa essere facilitata, inibita o cambiata attraverso mezzi verbali. Per Eysenck la suggestione è la risultante di due forze: azione ideomotrice e inibizione (22). Non è chiaro però come l’ipnosi possa essere considerata un processo di condizionamento se talvolta la si può produrre quasi immediatamente.
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(21) HULL C, Hypnosis and Suggestibility, Appleton, New York, 1933. (torna al testo)
(22) Per una interessante discussione parzialmente a sostegno delle teorie di Pavlov e di Hull, cfr. EDMONSTON W., Stimulus: Response Theory of Hypnosis, in GORDON J., Hand-book of Clinical and Experimental Hypnosis, MacMillan, New York, 1967, 345. (torna al testo)
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5 — Dissociazione
Un’altra teoria è quella della dissociazione.
Storicamente sostenuta da Pierre Janet e da Morton Prince si basava sul fatto che molti fenomeni di tipo isterico e di personalità multipla, possono essere facilmente imitati o riprodotti per mezzo dell’ipnosi. Questa teoria sostiene che l’ipnosi consiste nella produzione di una secondaria coscienza dissociata, cioè nella formazione di un gruppo di inconscie memorie ed attività che temporaneamente prendono il posto della coscienza. La profondità dello stato ipnotico dipenderebbe quindi dal grado di dissociazione. Oggi il concetto di stato dissociato è stato ripreso da alcuni per spiegare l’ipnosi.
Secondo McDougall il soggetto non riesce a compiere un certo movimento non solo perché non vuole o non ha sufficiente motivo per farlo, ma perché muscoli antagonistici entrano in gioco e prevengono i movimenti. Questa teoria pur suggestiva non spiega però come mai è poi piuttosto semplice in ipnosi, togliere, scotomizzare, il suono di una voce particolare e non di altre, nell’amnesia consentire di ricordare certi fatti e non altri. In questi casi come applicare la teoria della dissociazione della personalità?
Si dovrebbe ammettere la possibilità di selezionare le dissociazioni all’interno delle dissociazioni; McDougall riconosce che questo è un problema piuttosto oscuro. È stato d’altronde notato come quei sistemi che si suppone debbano essere dissociati o isolati, partecipano notevolmente nella determinazione del comportamento ipnotico, per esempio, in una allucinazione negativa di certe carte rispetto ad altre carte, è chiaro che in qualche modo le carte che devono essere allucinate negativamente debbono essere selezionate.
6 — Teoria dei tre fattori
Quella dei tre fattoriè una teoria eclettica avanzata da Weitzenhoffer (23) basata sul verificarsi di tre processi separati: «omoazione», «generalizzazione di suggestionabilità» e uno «stato alterato di consapevolezza».
Uomoazione è riferita alla efficacia progressiva delle suggestioni. Se l’ipnotista ad esempio, insiste nell’affermare che le palpebre diventano pesanti, la risposta iniziale a questa suggestione, anche se limitata, facilita le risposte successive, cosicché prontezza e adeguatezza di esse aumentano. Le procedure ipnotiche creano appunto una situazione che favorisce l’omoazione.
Weitzenhoffer spiega il comportamento omoattivo utilizzando la fisiologia neuromuscolare. La suggestione iniziale di pensare di muovere un muscolo comporta una risposta all’inizio impercettibile del muscolo. Con l’aumento dell’eccitazione la possibilità di una aperta contrazione muscolare aumenta.
Il secondo processo è quello della generalizzazione di suggestionalità o eteroazione, che è un ampliamento del principio di generalizzazione dell’apprendimento. Una risposta appresa in rapporto ad uno stimolo particolare, può essere provocata anche da uno simile a quello originario. Lo stesso vale se anziché ad uno stimolo ci si riferisce ad una situazione, con ciò si spiega la tendenza a dare una risposta in una data situazione, in quanto viene nel suo insieme associata con la risposta.
Poiché il soggetto durante l’ipnosi è sollecitato a dare risposte che gli vengono rinforzate dalla approvazione dell’ipnotista, le suggestioni di per sé agiscono come una base di generalizzazione. Così il soggetto tende a dare le risposte suggerite anche quando da sole non si sarebbero verificate. Mentre la omoazione aumenta, la situazione è fissata dal processo di generalizzazione della suggestionabilità. L’ipnosi è definita uno stato di ipersuggestionabilità eteroattiva, in cui eteroazione significa che una risposta ad una suggestione tende a facilitare la risposta a suggestioni differenti.
Il terzo processo, quello di consapevolezza limitata(ristretta), comporta che il soggetto agisca nel modo che per lui è l’unico possibile secondo la sua percezione dell’ambiente circostante. Tale processo è dovuto al fatto che l’induzione ipnotica isola il soggetto dall’ambiente. Il soggetto è cosciente solo della voce dell’ipnotista a cui risponde, che sostituisce la consapevolezza normale.
Weitzenhoffer attraverso l’analisi delle caratteristiche dell’induzione ha cercato di studiarne gli effetti sulle risposte ipnotiche individuando i tre processi sopra visti. Da essi dipende la discontinuità del comportamento del soggetto una volta ipnotizzato. In particolare l’automaticità delle risposte è dovuta al processo di restrizione della sfera consapevole, l’amplificazione delle risposte all’omoazione, quando vi è un leggero stato ipnotico, all’eteroazione quando questo è moderato; dalla consapevolezza ristretta dipendono infine i comportamenti con caratteristiche dissociate che sono per lo più associati a stati profondi di ipnosi. Ma rimangono inspiegate però, le differenze di risposta da individuo ad individuo; così l’autore non giustifica il perché un soggetto mostra solo risposte omoattive, mentre un altro tutte le risposte. Si può arguire solo che ciò può dipendere dal diverso grado di sensibilità all’induzione e alla conseguente capacità di esperire i cambiamenti interni suggeriti.
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(23) WEITZENHOFFER A. M., Hypnotism, Wiley, New York, 1953. (torna al testo)
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7 — Sonno base
Benussi (24) ha studiato i fenomeni suggestivi ed ipnotici teorizzando l’esistenza di un sonno base cioè lo stato basale di quiete mentale «privo di pensieri e di immagini», caratterizzato da una forma respiratoria specifica, su cui è possibile innestare suggestivamente situazioni emotive diversissime. Queste situazioni, che partono tutte da quello stato di piacevole estinzione intellettiva che è il sonno base, vengono considerate come situazioni emotive pure, prive cioè di qualsiasi interferenza con altri stati emotivi o intellettivi.
Il metodo suggestivo, e le forme respiratorie, diverse per ogni singola situazione emotiva animata in sonno base, e raggruppabili in serie secondo le analogie formali esistenti tra le singole situazioni lo provano, può darci lo stato emotivo puro. Il fatto che sia possibile animare situazioni emotive in forma pura, che cioè situazioni come quelle di tristezza, felicità, dolore fisico, simpatia, odio, ecc. possano insorgere e sussistere senza alcuna base o giustificazione, o motivo di ordine intellettivo, è una prova per Benussi che al concetto di unità della coscienza, quale si era inteso e si intende abitualmente, si deve sostituire quello di collegamento armonico tra le varie funzioni di coscienza.
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(24) BENUSSI V., La suggestione e l’ipnosi come mezzi di analisi psichica del reale, in Suggestione e psicoanalisi, Principato, Messina, s.d.; Cesare Musatti ha recentemente ripreso gli studi di Benussi che fu suo maestro e ne ha promesso la pubblicazione di una edizione commentata, cfr. MUSATTI C, Il linguaggio ed i fenomeni ipnosuggestivi, in MOSCONI G., WEILBACHER R., Atti del V convegno nazionale medico di studi sull’ipnosi clinica, Milano 11-12-13 novembre, Ed. AMISI, Milano, 1979. (torna al testo)
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8 — Particolare stato psicofisico
Per Granone (25) l’ipnotismo è la possibilità di indurre in un soggetto un particolare stato psicofisico che permette di influire sulle condizioni psichiche, somatiche e viscerali del soggetto stesso per mezzo del «rapporto» creatosi fra questo e l’ipnotizzatore, e l’ipnosi rappresenta uno stato di coscienza particolare che presenta una modificazione di natura psichica che riguarda la coscienza e la volontà e a tali modificazioni seguono quelle di ordine somatico, viscerale e umorale. Nonostante le lunghe discussioni per mostrare come queste modificazioni si manifestino e si rilevino, a Granone non interessa esaminare se tali manifestazioni si possano ottenere senza un’induzione ipnotica preventiva.
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(25) GRANONE F., Trattato, op. cit., 321 ss. (torna al testo)
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9 — Labilizzazione del campo percettivo
Per Melica (26) i dinamismi ipnotici – che di solito, in un qualunque soggetto sono avviati su processi di progressiva labilizzazione della trama connettiva del campo percettivo, ma che a tali processi non sono assolutamente legati da necessità – consistono nella costruzione di un tipo di realtà, cosiddetta ipnotica, operata apparentemente dall’esterno, a spese di quella, cosiddetta normale, in qualche modo già costruita dal soggetto. Tali dinamismi sono caratterizzati da una sintomatologia fisica peculiare dei processi di progressiva labilizzazione del campo percettivo, con varianti dovute solo al tipo di processi all’uopo prescelti e messi in atto, comunque non assolutamente correlata di necessità alla più o meno contemporanea progressiva riduzione delle dimensioni dell’io normale, al soggetto proprio in quel momento, ed al concomitante progressivo aumento compensativo di un io ipnotico coerente.
Coerenza «sui generis» comunque derivante dal permanere, con modalità altrettanto «sui generis» ma reali, della efficienza del meccanismo di verifica del reale, tanto che il soggetto non si avvede di vivere una realtà diversa, entro l’ambito della quale gli è agevole il raggiungimento di certezze, il patimento di conflitti, la assunzione di comportamenti, la attuazione di prestazioni per lui normalmente eccezionali, di solito quali reazione di tipo impellente ed, infine, dal fatto che si tratta di dinamismi labili e reversibili che possono cessare quando e come si voglia, con il ripristinarsi dei rapporti «quo ante» con la realtà normale, salvo in alcuni casi, o forse in tutti, il residuare di nuclei di rappresentazioni di frazioni di quella realtà ipnotica, strutturati, agenti o non agenti secondo il meccanismo della difesa.
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(26) MELICA V., Una ipotesi sui dinamismi ipnotici, Cadtnos, Milano, 1974; e più essenzialmente in La realtà ipnotica, in Dispense del I Corso di insegnamento della Scuola di Ipnosi dell’AMISI, Milano, 1977, 45. (torna al testo)
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10 — Comportamento diretto ad uno scopo in uno stato alterato della persona
L’ipnosi è stata considerata anche come un comportamento diretto ad uno scopo in uno stato alterato della persona.
È stato sostenuto nel 1941 da White (27) con un approccio di tipo motivazionale. Secondo l’Autore, lo scopo dell’ipnotizzato sarebbe quello di ottenere di dirigere il proprio comportamento verso gli scopi che l’ipnotista si prefigge, in particolare l’ipnotismo sarebbe un comportamento significativo diretto ad uno scopo, che in linea generale sarebbe quello di comportarsi come una persona ipnotizzata, il che è definito continuamente dall’operatore, cioè l’ipnotista, e accettato dal soggetto. Poiché questo, secondo l’Autore, non potrebbe spiegare comunque tutti i fenomeni ipnotici, White dice che il tutto avviene in uno stato alterato della persona. La debolezza di questa teoria sta nel fatto che non chiarisce in che cosa consista questo stato alterato della persona.
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(27) WHITE R., A Preface to the Theory of Hypnotism, in Moss S., Hypnosis in Perspective, MacMillan, New York, 1965, 118. (torna al testo)
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11 — Transfert e riattivazione del complesso di Edipo
Talune spiegazioni del fenomeno ipnotico poi hanno una matrice psicoanalitica.
Normalmente l’interpretazione psicoanalitica dell’ipnosi la considera una forma di transfert, attraverso il quale si riattiverebbe una forma di rapporto tipico del genitore (ipnotista) nei confronti del figlio (ipnotizzato).
Questo approccio ha il merito di enfatizzare l’aspetto relazionale dell’ipnosi ma, come ho già detto nel secondo capitolo, rappresenta la reificazione di una metafora che non aiuta a distinguere ciò che l’ipnosi ha di peculiare riguardo ad altre situazioni interpersonali, in cui è in gioco un alto grado di affettività.
Ferenzi considerò il rapporto ipnotico come una riattivazione del complesso di Edipo in cui l’ipnotizzato nei confronti dell’ipnotista è come un bambino nei confronti di un genitore, e differenzia l’ipnosi materna da quella paterna, la prima basata sull’amore, la seconda sulla paura (28).
Freud, in accordo di fondo con Ferenzi, equipara l’ipnosi all’essere innamorati, osservando come ci sia la stessa umile sottomissione, la stessa complicità, la stessa assenza di critica (29).
L’ipnotista si pone come Io ideale così il senso della realtà diventa alterato in accordo con quanto suggerisce l’ipnotista; per Freud l’ipnosi è un gruppo di due e la suggestione è una condizione che non è basata sulla percezione e sul ragionamento, ma sul legame erotico sottostante a questo rapporto interpersonale.
Schilder e Kauders (30) hanno approfondito questo tema insistendo che il rapporto tra ipnotizzato e ipnotista è di natura erotica, tanto è vero che il primo spesso accusa il secondo di aggressioni sessuali nei suoi confronti. L’ipnotizzato si identifica con l’ipnotista che vede come un aggressore, condividendone così infantilmente l’onnipotenza operativa.
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(28) FERENZI S., Introjection and Transference, in First Contributions to Psychoanalysis, Hogarth, London, 1952, 58. (torna al testo)
(29) FERENZI S., Psicologia delle masse e analisi dell’Io, in Opere, cit., Boringhieri, Torino, 1977, 257. (torna al testo)
(30) SCHILDER P., KAUDERS O., Hypnosis, in Nervous Meritai Disease Monogr., Washington, 1927 e in SCHILDER P., The Nature of Hypnosis, I.U.P., New York, 1956. (torna al testo)
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12 — Riduzione delle frontiere dell’Io
In un articolo molto significativo, Kubie e Margolin (31) pur tenendo conto di fattori relativi al transfert enfatizzano insieme ad altri aspetti psicodinamici anche talaltri di tipo fisiologico. Questi Autori distinguono il processo ipnotico dallo stato ipnotico ritenendo che quest’ultimo sia distinto in tre fasi.
Nella prima fase vi è una progressiva eliminazione dei canali comunicazionali con l’ambiente rimanendo salvi solo quelli che stabiliscono un rapporto tra il soggetto e l’operatore; la condizione che ne deriva è quella di un sonno parziale nei confronti del quale l’ipnotista diviene l’unico rappresentante della realtà esterna, proprio come per il bambino in tenera età i genitori sono l’unica realtà pregnante.
Nella seconda fase aumenta la riduzione delle frontiere dell’Io, del soggetto in connessione alla riduzione dei rapporti con la realtà che producono una specie di stato di fusione tra l’ipnotista e l’ipnotizzato, così che le parole del primo non sono per il soggetto più distinguibili dai propri pensieri.
Da un punto di vista fisiologico il processo appare una estensione del normale processo di attenzione che si risolve in una focalizzazione concentrata di eccitazione nel sistema nervoso centrale, cui è correlata, in senso pavloniano, un’area di inibizione; ciò avverrebbe essenzialmente attraverso l’immobilità, la monotonia, il ritmo. Secondo questi due Autori da un punto di vista psicologico ciò porterebbe poi ad un acquietamento dell’ansia e di altre difese.
Nella terza fase si verifica una parziale riespansione delle frontiere dell’Io attraverso la quale il soggetto può comunicare più ampiamente con l’ambiente esterno avendo, tra l’altro, incorporato frammenti dell’immagine dell’ipnotista nell’ambito stesso delle frontiere dell’io. L’ipnotista diviene così una componente inconscia della nuova personalità del soggetto che emerge dal loro rapporto in questa fase. Ciò avviene, per proseguire il parallelismo tra la ipnosi e il naturale processo di sviluppo, esattamente come per il bambino che in un certo stadio del suo sviluppo ha introiettato nella sua personalità le immagini parentali. L’ipnosi dunque sarebbe una specie di ricapitolazione dello sviluppo infantile.
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(31) KUBIE L., MARGOLIN S., The Process of Hypnotism and the Nature of Hypnotic State, in The Nature of Hypnosis, op. cit., 217. (torna al testo)
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13 — Reazione psicosomatica
Direttamente collegata con questa teoria è quella di Wolberg (32) per cui l’ipnosi è una complessa reazione psico-somaticaprodotta sia da fattori fisiologici che psicologici. Questo Autore ritiene che l’ipnosi consista in un’espansione di inibizione verso i più alti centri corticali.
L’ipnosi rimuoverebbe le barriere fra aree corticali e sub-corticali in modo analogo alla situazione che esiste nell’infante prima della mielinizzazione dei neuroni. Così nell’ipnosi si avrebbe un tipo di regressione, che metterebbe in gioco aree del sistema nervoso centrale, che normalmente non sono accessibili al soggetto allo stato di veglia; ciò spiegherebbe perché si possono stabilire dei riflessi condizionati più facilmente che nella veglia.
In questa inibizione corticale per il quale il soggetto sperimenta una regressione generalizzata, il suo senso del tempo è alterato, i legami tra l’Io e il mondo esterno non sono nettamente delimitati e possono produrre un’insicurezza, che spinge il soggetto ad identificare l’ipnotista col genitore, onde ritrovare sicurezza.
L’ipnotizzabilità è caratterizzata dal bisogno di soddisfare una carenza di sicurezza e di autostima riproducendo uno stadio di sviluppo infantile; con questo processo regressivo si ha quella inibizione dei più alti centri corticali di cui si è detto. La dipendenza diventa il più importante meccanismo per acquisire sicurezza e l’ipnotista diventa il sostituto del genitore.
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(32) WOLBERG L., Medicai Hypnosis, Grune and Stratton, New York, 1960. (torna al testo)
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14 — Autoesclusione dell’Io
Talune teorie sull’ipnosi si ancorano su quella corrente psicoanalitica che va sotto il nome di «Psicologia dell’Io».
Secondo Bellak (33) l’ipnosi è un fenomeno di autoesclusione dell’Ioche per Hartmann, Kris ed altri, rappresenta una delle funzioni dell’Io stesso consistente nella possibilità di escludere o diminuire le altre funzioni. Per es., nell’addormentarsi l’Io esclude le funzioni cognitive, ciò avverrebbe analogamente ed in modo più parziale nell’ipnosi, che sarebbe anzi un caso speciale di autoesclusione.
L’Io per raggiungere taluni scopi deve, attraverso la concentrazione, mettere a fuoco taluni oggetti, col risultato che altri ne scoloriscono. Si pensi al caso dello scienziato preso dai suoi problemi che è poi così ridicolmente distratto.
Nell’ipnosi talune funzioni dell’Io sono delegate all’ipnotista ed il grado di autoesclusione dell’Io varia in relazione alla profondità dello stato ipnotico, comunque non è così completa come nel sonno in quanto è mantenuta la cognizione della presenza dell’ipnotista (anche nel sonno comunque possiamo avere la consapevolezza di taluni specifici rumori, si ricordi, per es., il fenomeno della «vigilanza» per cui la madre si sveglia se il figlio si muove, o la sentinella si desta se qualcuno si avvicina). Secondo questa teoria le persone non ipnotizzabili non sono in grado di escludere talune funzioni dell’Io, così come le persone che soffrono di insonnia. Si verifica una regressione di tipo topologico della percezione conscia alla funzione preconscia simile a quei comportamenti che abbiamo per routine, per es., guidare l’automobile, e che sono automatizzati.
Per Bellak tutti i fenomeni prodotti nell’ipnosi sono in pratica controllati dall’Io, attraverso l’autoesclusione; anche l’ipermnesia, si può interpretare come una diminuzione dei controlli dell’Io, e nello stesso senso la perdita della percezione del dolore e della fatica.
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(33) BELLAK L., An Ego-Psychological Approach to Hypnosis, in The Broad Scope of Psychoanalysis, Grane and Stratton, New York, 1967, 85. (torna al testo)
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15 — Regressione al servizio dell’Io
Secondo Gill e Brenman (34) l’ipnosi è una forma di regressione adattiva al servizio dell’Io. Essi distinguono la fase dell’induzione in cui l’Io perde il suo controllo e gran parte della sua autonomia, da quella della trance vera e propria. In quest’ultimo status, l’Io diventa potenzialmente capace di riguadagnare il controllo e l’uso dei suoi apparati, intervenendo così, in luogo della deautomatizzazione provocata dall’induzione, una reautomatizzazione.
Per usare la terminologia di Hartmann, l’ipnotista durante la induzione, canalizzando l’attenzione dell’ipnotizzato, tende a deautomatizzare apparati precedentemente automatici. L’atto della deautomatizzazione fa sprecare delle energie, che prima venivano adoperate per altri usi e principalmente per mantenere la funzione sintetica dell’Io per gran parte automatizzato.
Disturbata la funzione sintetica dell’Io, l’Io stesso deve adattarsi a forme più antiche di assestamento e quindi a stati pregressi che reciprocamente aumentano la perdita del potere di controllo delle strutture dell’Io e aumentano le cariche pulsionali dell’Es.
Oltre a questa attività di deautomatizzazione, l’ipnotista opera in altri due sensi che diminuiscono grandemente in via principale l’autonomia primaria dell’Io; da un lato egli tende a diminuire il nutrimento proveniente da informazioni (in senso lato) dall’esterno, che, anche se difficilmente ce ne possiamo rendere conto, sostengono le strutture dell’Io, dall’altro crea una pulsione molto forte attraverso le «suggestioni» e i comandi da lui operati verbalmente (35).
Quando il soggetto raggiunge la trance vera e propria, «l’Io diventa potenzialmente capace di riguadagnare il controllo e l’uso dei suoi apparati, intervenendo così in un luogo della deautomatizzazione, provocata dall’induzione, una reautomatizzazione».
L’Io ipnotico che si viene così a creare non è l’«Ego» in senso metapsicologico, ma è un subsistema dello stesso, al servizio dell’Io vero e proprio o Io totale (over-all Ego), che ha il controllo dell’apparato reautomatizzato.
La sua natura è regressiva e rappresentativa in modo selettivo di tutta la personalità ed ha pertanto contenuti dell’Es, dell’Io e del Super-Io. Si è detto che questo sistema ha natura regressiva, ma non in senso vero e proprio; si tratta di una «regressione a favore dell’Io» secondo la terminologia di Kris, perché mentre nella regressione vera e propria le cariche sono ritirate da certe funzioni e distribuite tra le funzioni dell’Io a scopo di difesa, nella regressione a favore dell’Io le cariche sono ritirate dalle difese ed impiegate per costruire un subsistema, il cui mantenimento richiede alcune delle controcariche trattenute dall’Io. È soltanto questo subsistema, per Gill e Brenman, che è sotto il controllo dell’ipnotista, ed è in virtù di questo controllo, che l’ipnotista, che capitalizza il transfert, può manipolare o dirigere gli apparati».
Se non che l’Io lascia il controllo di se stesso all’ipnotista in modo soltanto temporaneo, in quanto il così detto «Io totale» (over-all Ego) mantiene il controllo della situazione, anche se può capitare che la regressione adattiva sfugga per così dire dalle mani dell’Io totale, invadendolo.
Questa teoria, che ottiene molto credito presso gl’ipnotisti di orientamento psicoanalitico, non spiega adeguatamente le ragioni per le quali l’Io nell’ipnosi dovrebbe adottare meccanismi adattivi, che si instaurano naturalmente nel soggetto in condizioni che derivano da decisioni di altri quale è l’ipnotista. Nella produzione artistica o nell’umorismo, due casi tipici di regressione adattiva a favore dell’Io, quest’ultimo produce, delle condotte per così dire regressive che lo arricchiscono senza incatenarlo a stadi pregressi dello sviluppo psichico in quanto sono strumentali, limitati nel tempo e reversibili. Ma quale è per l’Io la strumentalità, lo scopo adattivo, nel caso di chi, per esempio in un salotto, venga richiesto ed accetta di essere ipnotizzato?
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(34) GILL M., BRENMAN M., Hypnosis and Related States, IUP, New York, 1959. Questa teoria è stata controllata sperimentalmente da GRUENEWALD D., FROMM E., OBERLANDER M., Hypnosis and Adaptive Regression: an Ego Psychological Inquiring, in FROMM E., SHOR R., op. cit., 495; e da LEVIN L., Hypnosis and Regression in the Service of the Ego, in Int. J. din. Exp. Hypnosis, 1976, 400. È risultato secondo gli Autori che in taluni soggetti l’ipnosi favorisce l’attività mentale inconscia, in particolare i processi che in psicoanalisi vengono chiamati primari. (torna al testo)
(35) Cfr. HARTMANN H., Psicologia dell’Io e problemi dell’adattamento, Boringhieri, Torino, 1966.
La tesi di Hartmann è che, mentre precedentemente in psicoanalisi tutte le strutture erano considerate come di origine conflittuale e difensiva, vi sono percezioni, intenzionalità, comprensione, pensiero, linguaggio, memoria e produttività che costituiscono apparati di autonomia primaria dell’Io facenti parte di una sfera libera dai conflitti, la cui origine in un primo tempo è indifferenziata dall’Es. ma che nel corso dello sviluppo diventa peculiare dell’Io.
Questi apparati funzionanti anche indipendentemente dai conflitti possono essere al loro servizio. È vero d’altronde anche il contrario, e che cioè processi originati nella sfera conflittuale cioè l’Es, possono più tardi fare parte della zona libera dei conflitti, e anche divenire attività di controllo dell’Io. Nello stesso senso, ma da un altro punto di vista, un comportamento originato come difesa contro una pulsione può modificarsi divenendo una struttura automatizzata operante in modo indipendente dalle pulsioni originarie. Tale processo è denominato cambiamento di funzione, questa relativa indipendenza che ne deriva è chiamata autonomia secondaria. (torna al testo)