Come svelare i misteri della Cabala /14

Studi Biblici

Facciamo un breve percorso da Ur a Gerusalemme prendendo i riferimenti biblici. Tratteremo il divenire di un paese dal punto di vista storico, dandogli alcune interpretazioni di senso mistico. Saranno due modi di leggere uno stesso testo senza per ciò voler stabilire come unica spiegazione possibile quella che qui daremo.

Come svelare i misteri della Cabala /14

di Anonimo – Traduzione da testo spagnolo a cura di Giuseppe Barbone

Verso l’umanità

Facciamo un breve percorso da Ur a Gerusalemme prendendo i riferimenti biblici. Tratteremo il divenire di un paese dal punto di vista storico, dandogli alcune interpretazioni di senso mistico. Saranno due modi di leggere uno stesso testo senza per ciò voler stabilire come unica spiegazione possibile quella che qui daremo.

Diceva Maimonide nell’introduzione di “Guida per perplessi” che: “Le parabole non valgono per loro stesse gran cosa, bensì contribuiscono solo a rendere appena intellegibili le parole della Santa Legge… Il senso più profondo è come una perla, mentre l’interpretazione letterale di una figura, come pietra senza valore”… Fa anche riferimento a Salomone che così si esprime in relazione al senso nascosto di una parola o di una frase: “Come mele d’oro di filigrana d’argento, con piccoli spiragli, così è la parola propriamente detta”. Anche altri autori ci fanno notare i problemi nell’interpretazione e ci raccomandano di non soffermarci al senso letterale, bensì di cercare il nascosto, riformularlo prendendo tutti i suoi nomi; alcuni amici della Bibbia non si discostano minimamente dal senso letterale, non accettano nessun altro senso. Bisogna tener presente che i testi originali ebraici, nell’essere tradotti dal greco, non incorporarono il loro senso nascosto, perché questo si trova unicamente nella versione e mentalità ebraica.

Tra Ur e Gerusalemme c’era una distanza di circa 200 chilometri in linea d’aria.  Verso Gerusalemme viaggiano i figli di Dio ed i figli degli uomini (Gen. 1-4). Detto viaggio lo inizia Abram prima di essere Abramo. Siccome ogni viaggio, è pieno di varie tappe coi suoi rispettivi riposi, noi andremo più rapidi e ci soffermeremo un po’ su Geremia.

Abbiamo indicato già dove si diresse la discendenza di Abramo, di Esaú (gli edomiti) e quella di Abramo (Chetura). Focalizzeremo la nostra attenzione su quella di Isacco dalla quale, come sappiamo, viene Giacobbe. Narra la Bibbia che come Dio cambiò il nome a suo nonno, Abramo, fece la stessa cosa con lui, chiamandolo Israele.

Il nome Israele ha, secondo il mio intendimento, tre radici ebraiche che spiegherò alla mia maniera e senza ricorrere alla Masorah (l’insieme delle tradizioni ebraiche inerenti la corretta lettura dei testi delle Sacre Scritture). La prima radice perse la h nella traduzione, ecco perché corrisponde ad Ish, uno dei nomi di “uomo”. La seconda, “ra”, l’interpreto come la polarità positiva di Dio, una qualità o forza che deriva da Lui. Mentre il suffisso “El”, vuole dire Dio. “Egli” lo troviamo nella maggioranza dei nomi di arcangeli: Gabriel, Mikael, Rafael, Uriel, etc.

Col Primo libro di Cronache possiamo riassumere facilmente la discendenza da Adam fino a Giacobbe (Jacob, Israele), mentre la distribuzione delle tribù, o dodici figli di Giacobbe, possiamo trovarla in varie fonti bibliche. Tutte queste tribù, dopo il loro vagabondare per i vari luoghi della Mesopotamia si stabilirono in Egitto. Dove le trovò Mosè, la cui storia, certamente nota, evitiamo di riportare. Menzioneremo l’uscita dall’Egitto, quando, guidati da Mosè, gli ebrei si avviarono verso il deserto, dove passano quaranta anni. È questo il tempo necessario per costruire l’idea di nazione tra le tribù? Ogni tribù aveva una diversa idea religiosa. Il Dio chiamato Yahveh (la traduzione Geova non è esatta) che si imporrà, è il Dio della tribù di Giuda. Il fatto che Mosè si adirò col suo popolo quando scese dal Sinai con le tavole, fu perché adoravano il vello d’oro, una rappresentazione del dio Baal. La cosa più importante del racconto sembra essere il passaggio del Mar Rosso. La Bibbia non dice che gli ebrei attraversarono il Mar Rosso grazie alla separazione delle acque, ma dice chiaramente che fu Israele ad attraversare le acque.

Quando guardiamo le cose da un altro punto di vista, vediamo che Israele esiste come idea molto prima dell’esistenza di un paese, nazione o territorio. Ishrael è l’umanità cosciente del Signore che ha intrapreso una strada dalla sfera del Padre e che a Lui deve ritornare. Questa strada si realizza per mezzo delle acque, cioè, tra l’acqua di sopra e l’acqua di sotto. Le due acca del nome di Yahveh, scritto JHVH (le vocali non esistono nel nome ebraico) indicano questa separazione delle acque. La V rappresenta il punto di unione. È il bacio del Santo che si trova tra i due mondi, mentre la J, è la yod che indica il “principio”, in questo modo IHVH ci sta indicando che nel Principio, il mondo di sopra ed il mondo di sotto avevano un punto di unione. Questo punto è intimamente legato al passaggio d’Israele in mezzo alle acque del Mar Rosso. L’acqua di sopra e l’acqua di sotto, e nel mezzo Israele.

Con la vendita di Giuseppe e la vocazione sacerdotale della tribù di Levi, man mano che avanzano durante il tragitto verso Gerusalemme, continuano a spartirsi le terre che conquistano tra tutti i discendenti di Giacobbe, eccetto quelli menzionati. Arrivarono altri discendenti di altre tribù per completare le dodici. Da quella di Levi abbiamo il maggiore legislatore di tutti i tempi, Mosè, che scrive 613 precetti i quali si raggruppano in 14 categorie. Anche Aronne e dopo Azaria provengono da Levi. (Azaria sarà il sacerdote del Tempio di Salomone). Dalla tribù di Giuda usciranno i principali re del paese, eccetto il primo, Saul, che discende da Simeon. Con Saul si stabilisce l’unità jahvica, perché per la prima volta abbiamo il paese ebraico riunito con a capo una sola persona che possiede il potere politico e religioso. David e Salomone discendono da Giuda-Efrain. Il primo è il fondatore del culto di Dio. Salomone da parte sua, è il costruttore della casa di Dio e contemporaneamente il fondatore del culto nel tempio. Secondo il Primo libro di Cronache, dalla tribù di Benjamin uscirà Ezechiele e dai suoi figli, i guardiani del Tempio.

Il luogo ideale per stabilire l’insediamento del paese doveva essere un luogo che non appartenesse a nessuna delle tribù. La conquista di Sion, una montagna ai cui piedi venne eretta la città sacra e nel mezzo il tempio; questa città doveva dare il sostrato di unità che aveva cominciato con la figura del re.

Rispetto al re raccogliamo le impressioni di distinti storiografi che ci raccontano che “lo jahvismo si realizzò definitivamente dalla monarchia, la quale realizzò l’unità nazionale”. La regalità stabilì la base concreta e storica. Israele, smise di essere un’idea per trasformarsi in un paese reale.

La figura del re

Nel Talmud, il re messia viene ad essere il restauratore dell’esilio, della crisi. Ricordiamo che Ishrael passando attraverso le acque, separò i mondi ed ora deve unirli in consapevolezza. La figura del re rappresenta l’unione dell’apparente separazione. Restauratore, reintegratore o salvatore, concettualmente parlando sono sinonimi. Si riferiscono al Messia. Nello Zohar, Messia significa uomo autorealizzato. Sarà quello l’uomo capace di riunire gli opposti che sono rappresentati dalle colonne del Tempio di Salomone che si chiamano Jakin e Boaz.

Con Saul, il primo re ebreo, la monarchia stabilisce l’idea di unità del paese. Sarà JHVH, partendo da quel momento, il Dio di tutte le tribù. Ma eccetto David, tutti i re peccarono, motivo per il quale Dio mandò piaghe ed eserciti stranieri a distruggere le città ebree. Il re che pecca significa che la cosa una torna a disunirsi, questo è il peccato, benché nel senso storico possa avere un’altra spiegazione: l’opposizione fra i suoi sudditi ed i seguaci dei profeti, perché sono i profeti ad affermare che il re peccò. È la stessa idea religiosa che abbiamo visto all’inizio quando dicevamo che il peccato di Adam fu il divorzio di AT. Partendo dai fatti storici, si deduce che la convergenza e la divergenza segnano una divisione. Dal punto di vista mistico lo si può intendere come la separazione dell’uomo dall’Unità. Tutte le allusioni alla distruzione del Tempio di Salomone, sembrano andare nella stessa direzione.

Il cabalista Louria introduce l’idea del Ticun che è commentata da G. Scholem. Ci indica che tutto ciò che si riempie si rompe, i suoi pezzi viaggiano per lo spazio fino a riunirsi di nuovo in un punto dove torna a riempirsi di nuovo, e così via. Attraverso questa idea comprendiamo l’esilio e la restaurazione. Nell’ortodossia ebrea, l’idea della circoncisione è la preparazione alla moltiplicazione o riunione dei pezzi che devono percorrere la via del ritorno. Mangiare il pesce di venerdì era considerato un simbolo di fecondità. Un’altra idea di restaurazione è quella che ci perviene attraverso le alleanze.

La strada è lunga e pesante, ma lungo tutto il viaggio, compreso l’esilio, la Shej’nah, la presenza di Dio, è sempre presente. Qualcosa che è della cosa Cosmica non esula da ciò. L’Essere è sempre l’Essere. Solo la consapevolezza umana è quella che si trova in esilio. La reintegrazione, restaurazione o salvazione, non è altro che riprendere consapevolezza dell’unità.

I simboli dell’allontanamento o di esilio, sono quelli relativi all’espulsione di una regina o della figlia del re per mano di suo marito o di suo padre. Anche quando vediamo una separazione del maschile dal femminile, dell’uomo da Dio, del tempio dalla Shej’nah. Nella cabala di Safed l’espulsione o esilio si interpreta come la separazione della consapevolezza. Essere coscienti dell’esistenza delle due colonne del Tempio è essere separati. A noi corrisponde unire gli opposti, stabilire la congiunzione, essere uno nel Tutto, così come lo indica il significato ebraico di tempio.

Dettaglio della costruzione del tempio simbolico

Nel Re VI (dal versetto 7 al 31) troviamo i dettagli della costruzione del Tempio: “Quando si costruì la casa di pietre coltivate, durante l’edificazione, non si udì un sol colpo di martello, né di piccone, né di nessun altro strumento di ferro”. Il tempio bisogna alzarlo con pietre già intagliate. In questo passaggio si evince che le pietre siamo noi. L’assenza di tagli significano i concetti attuali, il nostro modo di pensare, l’ira, la meschinità, etc. ognuna di queste calamità sono le teste del drago che bisogna tagliare.

Nel Sepher Yetzirah le pietre sono le lettere con le quali si costruiscono case, le parole. Scolpire e coltivare sono verbi molto frequenti che la citata opera usa come imperativo. C’è una permutazione del numero sette quando dice:

2 pietre edificano 2 case

3 pietre edificano 6 case (3×2)

4 pietre edificano 24 case (4×6)

5 pietre edificano 120 case (5×24)

6 pietre edificano 720 case (6×120)

7 pietre edificano 5040 case (7×720)

Vediamo che qualunque numero moltiplicato per zero dà zero, niente di niente. Prima dell’uno non si può contare. Il S. Yetzirah chiama “nul” il nostro zero, perché in ebraico lo zero non esiste. Uno per zero = zero. Aleph ul = Nul. Con questa formula non si può iniziare la creazione. Aleph per aleph è uguale ad alef (1×1=1). Come vediamo, non si può costruire partendo da una sola pietra, pertanto, neanche non si può iniziare la creazione con questa formula, ma se moltiplichiamo alef per bet è uguale a bet (1×2=2). Per questo motivo la formula per iniziare la creazione è questa. La creazione comincia con la B di Berechit, parola che in greco si traduce in Genesi. Nel caso del Sepher Yetzirah le pietre del costruttore si riferiscono alle parole che formano frasi, mentre le pietre del Tempio di Salomone si riferiscono al materiale umano. Relativamente alle parole, due pietre, due lettere, costruiscono due case (parole). Equivale a dire che con le lettere AD e B, potremo costruire due parole: AB e BA. Tre pietre costruiscono sei case. Vuole dire che con le lettere A, B e C, possiamo costruire sei parole: ABC, ACB, BAC, BCA, CAB e CBA. Se continuiamo ad aggiungere pietre, una per volta, sette lettere combinate danno il risultato di 5040 parole. Pertanto, le 5040 case si producono con la permutazione del 7.

Possiamo, nonostante, continuare ad aggiungere una lettera per volta fino a completare le 22. Il risultato sarebbe come qualcosa di più di mille trilioni di parole, cifra che bene potrebbe essere il simbolo dell’incommensurabilità delle cose create nell’universo tangibile. A proposito di questo, si dice che tutta la legge è l’estensione del sacro nome di Dio IHVH. Si dice anche che il nome di Dio è impronunciabile ed inaudibile. Orbene, nessun essere umano ha una vita tanto longeva che gli permetta di pronunciare più di mille trilioni di parole, non ci sarebbe un udito che possa durare tanto per ascoltarle, sarà per questo motivo che si dice che il nome di Dio è impronunciabile ed inaudibile? Il Sepher Yetzirah in chiusura a proposito delle permutazioni delle lettere dice: “A partire da qui sali e calcola quello che la bocca non può dire e l’udito non può sentire.”

Altri dettagli della costruzione sono: “Aveva la casa che Salomone edificò a JHVH sessanta cubiti di lunghezza, venti di larghezza e venticinque di altezza… L’Ulam del Hekal (“tutto in Lui”), aveva venti cubiti per dieci, ed il devir 20x20x20… Tre gallerie percorrevano il Tempio: l’inferiore era di cinque cubiti di larghezza, l’intermedia di sei e la superiore di sette di larghezza…. Dispose dentro, nella parte più interna della casa, il devir, l’Arca dell’alleanza di JHVH… Fece un altare di legno di cedro posto davanti al santuario e lo ricoprì d’oro puro”. Secondo un passaggio dello Zohar, i cedri rappresentano la terra. Poi continua narrando la costruzione delle colonne, cioè, della dualità. “All’entrata del santuario fece una porta con due foglie… l’architrave e gli stipiti avevano cinque punte.”

Col tempio costruito tutto è pronto per conseguire l’Unità, la restaurazione avviene. I cabalisti di Safed commemorano questo evento tutti i venerdì al calar del sole, che considerano come il principio del sabato. Essi escono vestiti di bianco, in campo aperto ricordando il campo di meli dove arriva la Shej’nah. L’uscita processionale ha il significato di andare all’incontro con la fidanzata. Mentre camminano continuano a cantare allegri salmi ed inni alla fidanzata. Uno di essi dice: “Vengo amore mio, all’incontro con la fidanzata, la faccia del sabato riceviamo”. Gli ebrei che sperano ancora nel Messia, continuano a cantare nelle sinagoghe gli inni che alludono alla restaurazione.

Ma l’esercito del re di Babilonia si scagliò contro Gerusalemme. Nabuzardan, capitano della guardia di Nabucodonosor, bruciò la casa del Signore e la casa del re e tutte le case di Gerusalemme. Distrussero il tempio e tutte le sue mura, eccetto la parete occidentale che si trasformò nel Muro del Pianto. Così nell’anno 586 a.C., terminò il periodo conosciuto tra gli ebrei come Primo Tempio, il re Joaquin fu deportato e gli ebrei mandati di nuovo in esilio. Geremia predice il tema delle brocche rotte nel regno del re Joaquin. Nota che Israele dimentica JHVH e chiama Babilonia frusta di Dio. Ma dice anche che tornerà Giacobbe darà nuove speranze attraverso la promessa di restaurazione.

L’esilio di Babilonia è rimasto recensito in un salmo: “Vicino ai fiumi di Babilonia, lì ci sedemmo e piangemmo ancora, conciliandoci con Sion. Sui salici, in mezzo a lei, appendevamo le nostre arpe. E quelli che ci avevano reso prigionieri, ci chiedevano allegria, dicendo: cantate gli inni di Sion; come potremo cantare le canzoni del Signore in terra straniera?”. Ma la speranza di ritornare a Gerusalemme non abbandonò mai Israele che si lamentava da lontano. Un profeta dovette alzare lo spirito del paese; fu quello che vicino al fiume Kebar proclamò la visione delle “ossa secche” come promessa di riposo nella terra promessa (Ezechiele).

Ciro, re persiano, conquistò Babilonia nell’anno 539 a.C. e permise che gli ebrei ritornassero a Gerusalemme e ricostruissero di nuovo il tempio. Questa fu la prima volta che si usò il termine “ritorno a Sion”, è il principio dell’era conosciuta come Secondo Tempio, che si concretizzò nell’anno 516 a.C. … Nel 515 si completa la ricostruzione del tempio, le cui fondamenta erano state disposte in precedenza. Da allora, Israele, la nazione, non sarà liberata dallo straniero praticamente fino ai nostri giorni. Gerusalemme è stata nelle mani degli Imperi di Oriente e di Occidente. Se un invasore permetteva agli ebrei di vivere secondo le loro credenze, capitava che il conquistatore successivo eliminava i privilegi concessi. Il Tempio di Salomone passò per varie mani. Fu dedicato a Zeus, profanato dal punto di vista ebraico. Giuda Macabeo, figlio di Matatias, rivoluzionario, conquistò Gerusalemme nel 164 a.C. … Purificò e ristabilì il sacrificio, la tromba che chiede a Dio che il bene prevalga. Con questo atto comincia la festività ebraica di Hanukkà che è stata incorporata in altri mezzi quando ogni anno si commemora la ricostruzione simbolica di un tempio. Nell’anno 63 a.C. Pompeo conquista Gerusalemme ed annulla l’indipendenza ebraica. Subito abbiamo la nascita di Gesù, Yehoshua ben Yoseph dal punto di vista ebraico. Gesù figlio di Giuseppe.

Nel frattempo, gli ebrei si erano sollevati contro i romani. Le conseguenze di questa ribellione fu la creazione del “Beit Midrash”, edificio con porte aperte a chiunque volesse studiare la Torah e la nascita di un gruppo chiamato Esseni. Gesù vide una nuova distruzione del tempio. Questo avvenne dopo alcuni anni, nel 70 d.C. … Vespasiano e suo figlio Tito, assediarono Gerusalemme e la conquistarono. Il tempio fu distrutto totalmente e gli ebrei esiliati di nuovo. Si dice che questo fu l’esilio totale dal paese ebraico, dalla loro terra. Ci furono poi molte ribellioni che furono di volta in volta schiacciate, stabilendo il principio della diaspora attorno al 135 d.C. … Con ciò si accresce l’idea del ritorno, che instaura la “alyah”, parola che significa ascendere ed anche peregrinazione.

L’idea di peregrinare fino a Gerusalemme, città della pace, punto corrispondente per il ritorno all’Unità, indica che siamo come scintille di luce emanate dal Padre, che persero la consapevolezza di totalità ed acquisirono l’individualità; che è necessario un punto d’incontro o di riunione per volgere insieme lo sguardo verso la risalita. Questo punto è Gerusalemme. Per questo motivo si dà a questa città il doppio significato: Gerusalemme della terra e Gerusalemme del cielo.

Con la profanazione ci allontaniamo dall’unità. Ma Geremia ci dà la notizia che attraverso il calice ed il Messia possiamo pensare di raggiungerla di nuovo. Ezechiele visiona il nuovo tempio, stabilisce le misure e descrive gli ornamenti. Il soggiorno del sanctum è quadrato. Preparato l’ambiente JHVH ritorna al tempio, a casa sua: “La gloria di IHVH entrò nella casa per il portico che guarda ad Oriente… È qui che la gloria di Dio riempiva la casa.”

Abbiamo percorso molta strada saltando molte cose nelle quali potremmo intrattenerci, con le quali questo racconto diverrebbe eterno. Abbiamo solo voluto dare un accenno storico di un paese e la sua corrispondenza con l’aspetto nascosto della narrazione, che può confermare come ai testi originali furono aggiunte scritture rabbiniche che configurano un doppio significato. Ma abbiamo voluto anche basarci sull’asse centrale delle narrazioni bibliche, che girano attorno alla spiegazione della creazione, stabiliscono l’idea di unità in entrambi i contesti, lo storico e l’esoterico. Narrazione che ci spiega come viveva l’uomo prima di ottenere una multicoscienza, quello che deve fare per recuperare l’idea di Unità, che guarda alla costruzione del tempio con la parola. Ci parla di una Gerusalemme fisica e della nostra Gerusalemme celeste. Con l’uso delle lettere e dei loro valori ghematrici, ci accompagna per mano affinché si possa dare un nuovo significato al tempo che sviluppiamo mentalmente e spiritualmente.

Credo che i profeti e i sacerdoti abbiano fatto un gran lavoro. Tuttavia, sono pochi quelli che per il momento possono approfittare di questo complicato “montaggio”. Va detto anche che l’evoluzione umana è qualcosa che coinvolgerà tutti nel tempo, e non è imprescindibile conoscere le cose per raggiungere la consapevolezza di unità, perché la conoscenza sarà data non appena sentiremo la necessità di acquisirla.

Per coloro che non possono stare senza occupare la mente con pensieri complessi ed impervi, lo studio della cabala sarà appassionante. Ma attenzione, l’uso di una sola via di studio crea trappole ingegnose dalle quali uno tarda ad uscire. Abbiamo proposto l’uso di una doppia via, l’intellettuale e la meditativa. Studiare un simbolo e dopo distruggerlo. Camminare e fermarsi. Le pause della mente sono l’attività del nostro inconscio.

Se date allo studio un senso religioso personale, se stabilite una comunicazione tra voi e la natura o tra voi e quelle cose che trascendono il nostro ambiente, sarete gradevolmente sorpresi, in altre occasioni attoniti e vi rallegrerete dell’unione interiore. Il piacere personale di aver unito la cosa slegata dentro il vostro cuore si manifesterà come Pace Profonda. Tutti possiamo realizzare questo stato mistico di coscienza.

Di seguito aggiungiamo un disegno del Tempio di Salomone. Lo stesso contiene un simbolismo che è in relazione con la costruzione di noi stessi come tempio. Questa casa di IHVH, che storicamente segna un periodo conosciuto come Primo Tempio e la cui costruzione viene dettagliata nel Primo Libro dei Re, deve considerarsi come simbolo e non come un tempio fisico. In realtà questa casa non ha lo stesso significato di quella ricostruita attorno all’anno 500 a.C. La Prima Casa si costruisce “con pietre intagliate, perché non si odono colpi di piccone e di nessun oggetto tagliente.”

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