L’iniziazione ai culti femminili nei Misteri del mondo antico /1

Letture d'EsoterismoNel mondo antico si riteneva che l’aspetto Isiaco, luminoso, sapienziale e trasformatore, fosse presente come possibilità in ogni donna, ma che esso dovesse essere risvegliato con l’iniziazione ai Misteri. Di più, come vedremo, l’iniziazione ai Misteri metteva i neofiti a contatto con le potenze della fertilità e della rigenerazione attraverso un passaggio per la morte e l’oltretomba.

L’iniziazione ai culti femminili nei Misteri del mondo antico

di Alessandro Orlandi

Nel mondo antico si riteneva che l’aspetto Isiaco, luminoso, sapienziale e trasformatore, fosse presente come possibilità in ogni donna, ma che esso dovesse essere risvegliato con l’iniziazione ai Misteri. Di più, come vedremo, l’iniziazione ai Misteri metteva i neofiti a contatto con le potenze della fertilità e della rigenerazione attraverso un passaggio per la morte e l’oltretomba.

L’iniziazione ai Misteri giocava un ruolo fondamentale nell’esistenza di chi vi si avvicinava e il fatto che, in tanti secoli di iniziazioni (da Eleusi, ai Misteri di Dioniso, da quelli isiaci, a quelli di Cibele e Mithra), nessuno sia mai venuto meno al voto di segretezza formulato nell’atto di ricevere l’iniziazione, testimonia quanto sacra essa dovesse essere considerata. In effetti, il pochissimo che sappiamo è il frutto di un collage attento tra una miriade di frammenti scollegati tra loro, molti dei quali sono commenti di cristiani preoccupati soprattutto di svalutare e ridimensionare i Misteri. Aristotele, Platone, Plutarco, Sofocle e Euripide, per citare i più noti, ci dicono che chi riceveva l’iniziazione era destinato, dopo la morte, a un destino luminoso, completamente diverso da quello dei comuni mortali. D’altra parte numerose testimonianze di persone iniziate ai Misteri parlano di un’esperienza indescrivibile a carattere miracoloso che trasformava in modo irreversibile chi vi prendeva parte.

Ci aiuteremo con alcuni dei miti  che venivano raccontati agli iniziati, che sono giunti fino a noi – che ai loro occhi dovevano acquistare un senso diverso – e con il poco che sappiamo del culto. Cercheremo di ricostruire quale potesse essere questo destino luminoso e attraverso quale percorso l’anima giungesse a trasformarsi in modo così radicale.

Misteri eleusini

Le prime testimonianze archeologiche risalgono all’ottavo secolo a.C. mentre la distruzione  del santuario di Eleusi da parte dei Goti può datarsi verso la fine IV sec d.C. (ma il culto era stato già proibito qualche anno prima dall’imperatore Teodosio). Il culto era dedicato alle due dee Demetra e Persefone. La radice del nome “Demetra” sarebbe “Madre Orzo”, il che la collega  significativamente al ciclo delle spighe e della Natura.

L’etimologia di Persefone è stata invece fatta risalire a fero e foneuo oppure a ferbo e foneuo, nel primo caso “colei che porta la distruzione”, nel secondo “colei che tutto nutre e tutto uccide”. Demetra, la Cerere latina, non era solo una dea delle messi e del rinnovarsi della natura, come generalmente si crede. Sacerdoti di Cerere a Roma erano gli edili o costruttori, che amministravano anche il diritto (Bachofen, 3.18, 22, 23).

Dice Calvo: “Demeter assegnò le sacre leggi, unì nella notte i corpi degli amanti e fondò le grandi città“.


Demetra e Persefone con Trittolemo

Il Mito

Persefone, figlia di Demetra e di Zeus, viene rapita da Ade, che la porta agli inferi col suo carro alato, mentre raccoglie narcisi (o papaveri) in un campo [dove, in alcune versioni, perde un sandalo]. Non vedendola tornare Demetra la cerca disperata. Elios (o Ecate o Eubuleo) la avvertono del rapimento e allora vaga sulla terra munita di fiaccola alla ricerca della figlia perduta. Travestita da donna anziana e velata  giunge ad Eleusi, nel regno del re Celeo, dove le viene proposto di diventare nutrice di Demofoonte, figlio del re. La solleva dalla malinconia la serva Jambe [1] con lazzi osceni e battute di spirito (secondo altre versioni  a farla ridere è la panciuta Baubo col marito Dysalules, e Baubo le mostra anche il fanciullo Iacco che fa capolino tra le sue cosce come se venisse partorito in quell’istante). La regina le offre del vino ma Demetra rifiuta e prepara invece una bevanda a base d’acqua, farina e crusca di orzo, il kikeion, poi destinata agli iniziati ai suoi Misteri. Viene scoperta mentre purifica Demofoonte nel fuoco per renderlo immortale e si rivela, imponendo l’edificazione di un tempio in suo onore. Rinchiusa nel suo dolore impedisce alla terra di dare frutto finché Ermes, inviato da Zeus, non convince Ade a lasciare che Persefone torni da sua madre. Ma Ascalafo, giardiniere degli Inferi, convince Persefone a mangiare 7 chicchi di melograno [2], per cui la fanciulla dovrà tornare ogni anno nell’Ade durante i mesi invernali. Secondo altre versioni è Trittolemo, “il triplice guerriero” fratello di Eubuleo (entrambi figli di Dysaules e Baubo), a riportare Persefone sulla terra, ragione per cui Demetra istituisce i Misteri e rivela agli uomini come coltivare il grano. Trittolemo nel mondo sotterraneo è identificato con Dioniso e si parla di nozze sotterranee di Dioniso con Persefone e il fanciullo sacro Brimo, che nasce da queste nozze, è anch’esso identificato con Dioniso. Dice inoltre un frammento di Eraclito: “In verità Dioniso ed Ade sono lo stesso dio”.

I misteridelle due dee avevano luogo in due diversi momenti dell’anno: nel mese di Antesterione (equinozio di primavera) avevano luogo “i piccoli misteri”, durante i quali gli iniziati venivano preparati alla successiva rivelazione e apprendevano alcuni particolari del mito di Demetra e Persefone, conseguendo la condizione di mystai. Nei piccoli misteri, dopo il sacrificio di una scrofa, gli iniziati venivano sottoposti alle prove dei quattro elementi. I “grandi misteri” si svolgevano nel mese di Boedromione (equinozio d’autunno) ed erano riservati a quelli che erano destinati ad avere la visione trasformatrice, gli epoptai.

L’iniziazione aveva luogo in una stanza sotterranea del tempio detta Telesterion; gli iniziati erano detti mystagogoi [3]. Subito prima di entrare nel Telesterion veniva somministrato il kikeion e si pensa che la bevanda potesse avere un effetto allucinogeno per la presenza della segale cornuta, un fungo che infesta le spighe di orzo.

Porfirio riferisce che le cerimonie eleusine si chiudevano con la pronunzia della frase “Konx om pax”. [4]

I Grandi  Misteri si svolgevano in questo modo: il ghenos degli Eumolpidi sceglieva il miglior sacerdote, lo hierophantes, che si occupava della “visione”, cioè della rappresentazione del rapimento di Persefone da parte di Ade e del loro matrimonio; seguiva l’annuncio della nascita di Iacco-Dioniso. I nomi dei  sacerdoti che officiavano non potevano essere pronunciati, venivano incisi su tavole di bronzo o di piombo e poi affidati alle profondità del mare. Anche i portatori di fiaccola facevano parte di una stessa famiglia.  Successivamente gli iniziandi marciavano verso la baia del Falero, dove si tuffavano per purificarsi, riprendendo il tuffo iniziatico di Eumolpo, eroe fondatore del culto, gettato in mare dalla sua stessa madre.

Il giorno successivo aveva luogo la processione, alla quale partecipava tutta la popolazione.

Gli iniziandi e gli iniziati usciti dal Telesterion mostravano gli oggetti sacri.

Oggetti sacri al culto erano:

    • – la fiaccola di Demetra,
    • – la spiga d’orzo,
    • – una misteriosa scatola che spesso Kore stringe tra le mani (su cui torneremo parlando del mito di Amore e Psiche),
    • – un ramo d’oro per placare Cerbero,
    • – il melograno,
    – un porcellino.

Le Tesmoforie in onore di Demetra Thesmophoros (Thesmos: le leggi antiche. Iniziatrice delle leggi, mediante l’agricoltura che aveva portato alla vita civile) erano invece feste che si svolgevano in autunno e a cui solo le donne sposate con ateniesi potevano partecipare. Era impedito agli uomini di entrare nel loro intimo svolgimento segreto. Erano le feste della dell’identità femminile. [5]

I Misteri Eleusini erano un rito di trasformazione che coinvolgeva molteplici aspetti: fisici, psicologici, spirituali.

Si trattava anzitutto di un Rito di Passaggio dall’adolescenza (Kore) all’età matura (Demetra), attraverso il quale le donne prendevano coscienza del loro potere di creare la vita e di suscitare e risvegliare il desiderio. Questo rito di passaggio non aveva tuttavia carattere solo individuale: l’intera Natura seguiva il destino di Kore, rapita da Ade negli Inferi e s’inabissava sotto terra durante l’autunno e l’inverno. La nascita di Iacco – Dioniso nel segreto del Telesterion non segnava soltanto una transizione tra la condizione di fanciulla e quella di donna. Venivano coinvolte nel rito tutte le forze femminili della natura, le forze della crescita e della rigenerazione,  la donna riconosceva in se stessa la medesima scintilla che ogni anno si riaccende nel mondo al solstizio invernale, la scintilla che spinge la linfa a salire nel tronco degli alberi, i fiori a sbocciare, gli animali a desiderarsi, accoppiarsi e procreare, il raccolto a dare frutto, il clima a diventare più caldo e le ore di luce a superare quelle di buio. Il culto di Demetra, però, non si riferiva soltanto al rinnovarsi ciclico della Natura.

Punto fondamentale di questa trasformazione, di questo capovolgimento, di questa presa di coscienza dell’immenso potere del femminile, era l’esperienza della morte, la discesa nell’Oltretomba e il contatto con l’aspetto divino della morte che culminava nell’Epopteia, la visione trasformatrice.

Beato colui che ha visto!”  – dice l’inno omerico e nel suo trattato sull’anima Plutarco dice che la morte e i suoi orrori si trasformano in beatitudine dell’anima e che l’iniziato passato attraverso la visione non dubita più del proprio destino di salvezza mentre gli altri, i non iniziati, sono dannati.

Nel suo Eracle furente Euripide fa affermare allo stesso Eracle, che ha sconfitto Cerbero ed è tornato sano e salvo dagli inferi: “Sono stato capace di tanto perché ho visto le sacre azioni di Eleusi“.

Qual era dunque la misteriosa visione destinata agli iniziati nel segreto del Telesterion? Da Clemente Alessandrino sappiamo che l’iniziato doveva pronunciare questa frase: “Ho digiunato, ho bevuto la pozione, ho preso dalla cesta, dopo aver manipolato ho riposto nel canestro e quindi nella cesta“.

Poi la visione, l’epopteia, al termine della quale lo Ierofante, il miste appartenente al ghenos degli eumolpidi che conduceva il rito, mostrava all’iniziato in silenzio una spiga di grano. Quindi la nascita di Iacco – Dioniso – Brimos, un fanciullo divino nato dall’unione di Persefone con Dioniso (o con Trittolemo), o di Demetra con Zeus o Trittolemo, annunciato con le parole: “La regina Brimo ha partorito il sacro fanciullo Brimos (il furente)”. [6]

Cosa conteneva la cesta? Walter Otto osserva che la struttura del Telesterion, pieno di colonne, e i libri contabili eleusini escludono qualsiasi forma teatrale che non fosse di estrema semplicità e ipotizza che gli iniziati assistessero ad un vero e proprio miracolo: ad una epifania di Persefone (Apollodoro riferisce che nell’istante in cui veniva evocata la Kore lo ierofante percuoteva un gong di bronzo, detto echeion, che spalancava il regno dei morti) , al subitaneo maturare di una spiga sotto gli occhi stupefatti degli astanti e, come vedremo tra poco parlando della villa dei Misteri di Pompei, si può ipotizzare che la cesta di cui riferisce Clemente Alessandrino contenesse un fallo di legno e che questo, attingendo alle energie degli iniziati, si levasse da solo nell’aria, contro ogni legge di gravità, prefigurando il risveglio delle forze della Natura e del ghenos. [7] Se poi questi “miracoli” fossero il frutto di trucchi sapienti o di reale irruzione del sacro, questo non ci è dato saperlo.

Amplifichiamo ora alcuni aspetti del mito e di quel che sappiamo del rituale che accompagnava i Misteri:

Il riso di Demetra. La vecchia Baubo (o la serva Jambe) muovono al riso Demetra e ne scacciano la malinconia. Questo riso, come molte forme d’umorismo, è collegato a uno strabismo, a un vedere simultaneamente due cose tra loro antitetiche: dal ventre della vecchia panciuta fa capolino un fanciullo, come se lei lo avesse appena partorito, e Baubo/Jambe accompagna l’atto di scoprirsi le cosce con lazzi e insulti osceni che nessuno si sarebbe aspettato da lei. Il ventre sterile della vecchia è il ventre sterile della stessa terra, e simultaneamente, è quella parte dell’anima che mai ha vissuto  e ha dato frutto. Non è un caso che il senso dell’umorismo si chiami “spirito”  e che i trickster e gli stregoni, per far progredire i loro adepti, non risparmino loro scherzi e beffe memorabili. Lo strabismo caratteristico di questo tipo di motti di spirito è una preparazione al viaggio nell’al di là, a un tipo di  percezione che vada oltre la rigida separazione tra Io e Mondo, tra qui e lì, tra veglia e sonno, tra vita e oltretomba, maschera e volto. Non bisogna sottovalutare l’importanza che aveva questo aspetto; ci dice Aristofane: “le donne ateniesi, mentre si recavano su dei carri a celebrare i Misteri, si scambiavano ingiurie e ridevano, e queste erano dette “le ingiurie del carro”. S’ingiuriavano l’un l’altra in quanto si credeva che, quando Demetra giunse per la prima volta a Eleusi alla ricerca di Kore, in preda all’angoscia, Jambe, la serva di Celeo e Metanira, coprendola di vituperi, la spinse a sorridere“.

Ricordiamo inoltre che nell’antica Roma le feste in onore di Cibele, la Grande Madre, venivano celebrate tra il 15 e il 27 marzo e che uno dei giorni, il 25 marzo, era dedicato a una festa chiamata Hilaria, durante la quale per un intero giorno i seguaci della dea Cibele si scambiavano battute e lazzi osceni e ridevano senza posa per celebrare la resurrezione di Attis.

Il Melograno. Persefone è costretta a tornare nel mondo sotterraneo perché si è lasciata tentare a mangiare 7 chicchi di melograno. Come spesso accade con i simboli è probabile che questi 7 chicchi avessero due significati tra loro opposti e complementari: rappresentando le sette parti smembrate del corpo di Dioniso (nonché le 4 fasi del ciclo lunare, ognuna di 7 giorni) questi chicchi di melograno ci ricordano da una parte che ciò che ci conduce a morire è la frammentazione, il potere delle identificazioni e delle proiezioni (Dioniso quando viene smembrato dai Titani si sta guardando in uno specchio, che va in mille pezzi). Dall’altra, dopo il passaggio dall’Ade, “mangiare i chicchi” potrebbe significare riunire ciò che è disperso,  riunificando il corpo smembrato di Dioniso e facendolo rinascere.

Le nozze sotterranee di Persefone con Dioniso e quelle con Ade. Cosa significavano queste nozze dal punto di vista spirituale?

Nelle nozze sacre il femminile veniva vissuto dall’uomo come potere salvifico sapienziale e trasformatore, guida nel suo cammino interiore (Sophia, Maria Vergine, Iside, Athena, Tara, la Regina alchemica). La donna sperimentava invece il maschile come una forza attiva volta alla realizzazione di obbiettivi elevati, una forza  resa fertile e consapevole dall’incontro con le energie femminili e che ne esaltava, a sua volta, il valore e la funzione. Le nozze con Dioniso e i riti di morte e resurrezione degli iniziati ai misteri elevavano il princìpio femminile a fonte di luce e redenzione. [8]

Dioniso era il dio che dispiegava in sé tutte le potenzialità del maschile, tutte le gradazioni della virilità, da quelle infere a quelle uraniche, in una continua compenetrazione tra gli aspetti sensibili e quelli sovrasensibili, tra la bellezza fisica e quella psichica, tra l’arte e le idee. Inoltre Dioniso era lo sposo destinato alle fanciulle morte prematuramente e le nozze con il dio comportavano l’unione con l’essenza di quella scintilla vitale che anima tutti gli esseri viventi, quel fuoco celeste che fa ribollire il vino nelle botti e conferisce al sangue la sua energia vitale

Compito di Dioniso era quello di armonizzare la sensualità e gli impulsi erotico-sessuali col desiderio di unione eterna con l’essere amato. [9] Sostengono Bachofen nel “Matriarcato” e Kerenyi in “Dioniso”, che il “dio delle donne” incarna i due aspetti dell’Eros che l’evoluzione psichica femminile deve integrare tra loro: quello inferiore del “tellurismo eterico”, l’eros impuro delle profondità fangose, il dio legato alla morte delle energie giovani, all’Afrodite terrena e all’erotismo indiscriminato e l’Eros uranico, l’amante di Psiche, legato all’Afrodite celeste, al matrimonio sacro e all’unione eterna con l’essere amato.  Una superiore esistenza spirituale deve necessariamente“, dice Bachofen nel Matriarcato, “fondersi sull’armonia con l’esistenza fisica“. [10]

Il culto del dio era quindi perfettamente compatibile con lo stato di donna coniugata [11] e rappresentava il tentativo di assoggettare le potenze scatenate e incontrollabili dell’eros e della vita, dopo averle evocate, per mezzo dei princìpi ordinatori del ritmo e della danza.

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Note

1. Alcuni fanno risalire a Jambe l’etimo dei versi Giambici. (torna al testo)

2. Tradizionalmente rappresentavano la carne e il sangue di Dioniso, smembrato dai Titani in 7 parti. (torna al testo)

3. In epoca classica la cerimonia aveva il costo di 15 dracme; Alcune famiglie eleusine erano destinate a gestirla. La principale era quella degli Eumolpidi (Eumolpo = il buon cantore), discendenti da Eumolpo, primo sacerdote di Demetra.Nei grandi Misteri, che venivano celebrati con la luna calante, gli iniziati velati si bagnavano nel mare prima di dare inizio ai riti. Durante una delle fasi dell’iniziazione il neofita aveva mano destra e piede sinistro legati con un nastro giallo. Doveva anche ammettere i suoi torti e bere un’”acqua dell’oblio”. Durante la processione si veniva incoronati con una corona di mirto e venivano utilizzate foglie di pioppo bianco [sacro a Persefone: col pioppo bianco venivano fabbricate le bare. (torna al testo)

4. Non si tratta di parole greche e Schuré ha loro attribuito una origine indoeuropea. Wilford  pensa che derivino dal sanscrito:  “Konx” deriverebbe da “kansha” (cioè “oggetto di desiderio intenso”); “om” da “oum” e “pax” da “pasha” (scambio, ciclo). L’ espressione  significherebbe quindi : “ritorna all’anima universale”. (torna al testo)

5. Durante i riti si buttavano dentro buche i resti di animali sacrificati (maiali) e anche simboli sessuali fatti di pasta, come pure rami di pino, un sempreverde legato al culto dionisiaco. In seguito raccoglievano i resti e li disponevano sugli altari e quindi li bruciavano. Le ceneri venivano mescolate con i semi della seminagione nell’idea di avere un raccolto abbondante: era un incantesimo di fertilità. Il maiale era introdotto nel rituale in omaggio a Eubuleo, guardiano di porci, figlio del sacerdote Trochilo e fratello di Trittolemo. I maiali di Eubuleo sarebbero sprofondati nella stessa cavità dove sprofondò Persefone. Durante i misteri della dea le donne non potevano nominare né il padre né il figlio…Il maiale era legato ai misteri anche perché nutrito prevalentemente col grano (durante le Tesmoforie le donne mangiavano carni suine e per un giorno si nutrivano solo di melograni, severamente proibiti nei giorni restanti) e per il fatto che i maiali di Eubuleo erano precipitati con Persefone nell’abisso. (torna al testo)

6. Secondo  Asterio e Clemente Alessandrino il sacerdote e la sacerdotessa di Demetra si univano carnalmente, ma, al netto delle maldicenze cristiane, sappiamo che questa unione era solo rituale e che il sacerdote si privava della virilità con una applicazione di cicuta e che talvolta l’unione veniva rappresentata simbolicamente facendo scorrere un fallo di legno in uno stivaletto femminile. (torna al testo)

7. Serpenti e falli erano legati anche al culto degli antenati. (torna al testo)

8. Ade e gli inferi possono invece rappresentare un mondo di desideri e passioni maschili che le fanciulle immature temono e non conoscono. Esse si sentono scelte e desiderate per delle caratteristiche femminili di seduzione e avvenenza che non hanno ancora assunto come proprie. (torna al testo)

9. Un significato non dissimile da questo nasconde la celebre fiaba della “La Bella e al Bestia” nella quale il Principe, racchiuso in un involucro animale, deve essere accudito ed amato dalla Bella per un intero anno in quella forma, per potersi poi trasformare nuovamente in un bel giovane. Analogamente Dioniso, presente in ogni uomo come aspetto divino della sua virilità, deve essere accettato e amato per la sua parte primaria e istintuale per poter poi liberare l’aspetto Sublime di sé. (torna al testo)

10. Il Dio si accompagnava spesso a una pantera , animale che, secondo il mito, era caratterizzato da un profumo sensuale che sprigionava sia dal corpo che dall’alito. Secondo Detienne [Cfr. M. Detienne,  Dioniso e la pantera profumata, Roma-Bari 1983] La pantera rappresentava nell’immaginario dei greci  l’aspetto del desiderio che viene suscitato dal corpo femminile e dai suoi aromi. Il profumo attribuito alla pantera ci fa  credere che questa  rappresentasse gli aspetti più “sottili” della seduzione. La follia orgiastica e l’irruenza copulatoria del corteo di Dioniso, delle Menadi, non erano, secondo la mentalità greca, immorali, ma degne di venerazione e sante, perché si manifestavano sotto l’egida del dio che rappresentava simultaneamente anche l’amore sacro della coniuge per il marito, l’amore per il maschile ideale e alato e per il puro princìpio spirituale.La sessualità veniva cioè vissuta secondo lo scopo per il quale essa era stata donata alle donne in quanto esseri viventi. (torna al testo)

11. Anche se le sacerdotesse di Hera e quelle di Dioniso non potevano rivolgersi reciprocamente la parola ed era proibito introdurre l’edera nei templi di Hera. (torna al testo)

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