Ipnosi / La Storia, la Teoria ed il Metodo – 7.3

PsicologiaFenomenologia dell’Ipnosi

10. Conflitti sperimentali. — 11. Trans-identificazione. — 12. Alterazioni della memoria: amnesia, amnesia post-ipnotica, amnesia post-ipnotica della fonte, altri tipi di amnesia. — 13. Regressione d’età.

Questa tecnica consiste nella creazione di uno stato conflittuale nel paziente per studiare le sue reazioni e la possibile eziologia dei suoi disturbi. Essa è di particolare importanza in sede diagnostica e può rappresentare una specie di «prova del nove» dell’interpretazione della psichiatria.

Ipnosi / La Storia, la Teoria ed il Metodo 7.3

di Guglielmo Gullotta

Capitolo VII / Fenomenologia dell’Ipnosi

Sommario: 1. Profondità dello stato ipnotico. — 2. Risposte volontarie ed involontarie. — 3. I compiti post-ipnotici. — 4. La produzione sperimentale della fenomenologia ipnotica. 5. Distorsioni percettive; le allucinazioni e la distorsione temporale. — 6. L’ipnosi come tecnica proiettiva. — 7. L’ipnosi nell’induzione ed interpretazione dei sogni. — 8. L’ipnosi nelle libere associazioni. — 9. La scrittura automatica. — 10. Conflitti sperimentali.11. Trans-identificazione.12. Alterazioni della memoria: amnesia, amnesia post-ipnotica, amnesia post-ipnotica della fonte, altri tipi di amnesia.13. Regressione d’età.

10. Conflitti sperimentali

Questa tecnica consiste nella creazione di uno stato conflittuale nel paziente per studiare le sue reazioni e la possibile eziologia dei suoi disturbi. Essa è di particolare importanza in sede diagnostica e può rappresentare una specie di «prova del nove» dell’interpretazione della psichiatria. Se, per esempio, il terapista ritiene che un certo comportamento aggressivo del paziente rappresenti una reazione rispetto all’attualità di una certa frustrazione sessuale, egli può creare artificialmente questa frustrazione, per esempio, allucinando un approccio del paziente ad una donna la quale lo eccita e poi lo rifiuta. Suggerendo amnesia per questa situazione creata in ipnosi, al risveglio si potrà verificare l’ipotesi secondo cui il comportamento aggressivo del soggetto rappresenta una funzione della frustrazione sessuale subita.

11. Transidentificazione

Questa tecnica consiste nella possibilità di fare identificare il soggetto con qualche altra persona. Questo accorgimento è tra l’altro utilmente applicabile per studiare che cosa il soggetto pensa che gli altri pensino di lui, in quanto una volta che lo si induca ad identificarsi, per esempio, con il proprio padre, gli si può chiedere: «che cosa pensi di tuo figlio?», e per esaminare come il soggetto vede gli altri.

12. Alterazioni della memoria

Si possono sostituire i ricordi ricostruendo il passato in senso psichico di un individuo.

Erickson racconta un caso molto significativo (28) in cui adottò questa tecnica per una paziente che non trovava il coraggio di sposarsi pur amando il suo fidanzato, perché aveva trascorso la infanzia senza l’affetto dei suoi genitori che per ragioni di affari o di piacere erano spesso altrove: temeva che gli eventuali figli che potessero nascere dal loro matrimonio potessero soffrire quanto lei.

Sulla base della scoperta delle sue predisposizioni, fu ipnotizzata e fu fatta regredire “all’incirca all’età di quattro o cinque anni”. Le fu data l’istruzione che una volta tornata a tale età sarebbe dovuta “scendere in salotto” dove avrebbe “visto uno strano uomo” che le avrebbe parlato. Riferisce Erickson :

«Tornò indietro nel tempo in maniera soddisfacente e mi guardò con gli occhi di una bambina spalancati per la meraviglia e chiese: “Chi sei?” risposi “Sono l’uomo di Febbraio, un amico di tuo padre. Sto aspettando che torni a casa per parlargli di alcuni affari. Mentre sto qui ad aspettare saresti disposta a chiacchierare con me?”. Accettò la proposta e mi disse che il suo compleanno era a febbraio, che suo padre probabilmente le avrebbe spedito qualche bel regalo o forse glielo avrebbe portato. Parlò senza alcuna difficoltà come se fosse una bambina di quattro o cinque anni che era piuttosto sola e dimostrò una particolare simpatia per l’ ‘Uomo di Febbraio’.

Dopo circa mezz’ora di visita dissi che suo padre stava arrivando e che l’avrei voluto vedere per primo, mentre lei se ne sarebbe andata di sopra. Una volta che me ne fossi andato via, lei avrebbe potuto tranquillamente scendere e vedere suo padre. Chiese se l’Uomo di Febbraio sarebbe tornato, le assicurai che sarebbe tornato, ma aggiunsi anche che non pensavo che potesse venire prima di giugno. Tuttavia l’Uomo di Febbraio tornò in aprile, giugno e un po’ prima del giorno del Ringraziamento e di Natale. Negli intervalli fra ciascuna di queste apparizioni dell’Uomo di Febbraio, la paziente fu svegliata e fu intrattenuta allo stato di veglia in una normale conversazione.

La terapia si protrasse per diversi mesi, qualche volta anche due volte alla settimana. La ragazza sviluppava un’amnesia spontanea, per quanto riguarda gli eventi vissuti nello stato di trance, ma negli stati di regressione ipnotica le fu consentito di ricordare i precedenti incontri con l’Uomo di Febbraio. Durante il primo colloquio con la paziente, mi ero preoccupato di sapere le date importanti della sua vita in modo tale che all’Uomo di Febbraio non accadesse di intromettersi in qualche ricordo importante.

Nelle sedute successive, fu fatta regredire di un anno con intervalli sempre più lunghi tra una visita e l’altra dell’Uomo di Febbraio, (cosicché quando raggiunse l’età di quattordici anni fu possibile incontrarlo “per caso”, in posti dove era stata varie volte nella sua vita. Spesso questo fu ottenuto mediante una comparsa dell’uomo, pochi giorni prima di una ricorrenza reale della sua vita. Anche quando si avvicinarono i diciannove anni continuò a ricevere le visite dell’Uomo di Febbraio e a dimostrare una particolare simpatia nel vederlo ancora una volta, per parlargli dei suoi interessi di adolescente.

Via via che approfondivo la conoscenza della sua vita, ogni volta che scoprivo nuovi ricordi della sua infanzia, potevo farla regredire a quell’ età, poi io comparivo qualche giorno prima che si verificasse un fatto importante della sua vita e lo aspettavo insieme a lei. Oppure potevo apparire qualche giorno più tardi, per ricordarlo con lei. Con questo sistema fu possibile introdurre nei suoi ricordi la sensazione di non essere mai stata completamente sola e che molte esperienze della sua vita erano state realmente condivise da un’altra persona. Ella chiedeva sempre all’Uomo di Febbraio fra quanto tempo avrebbe potuto vederlo e quando richiedeva dei regali le venivano offerti doni che duravano poco. In tal modo le fu data la sensazione che aveva veramente mangiato qualche dolce o passeggiato insieme all’Uomo di Febbraio in un giardino fiorito. Facendo tutte queste cose sentii che stavo con successo introducendo nei ricordi del suo passato le sensazioni di un’infanzia felice e soddisfacente sul piano emotivo.

Col procedere della terapia, la paziente iniziò a mostrarsi nello stato di veglia sempre meno preoccupata di non poter essere una buona madre. Ripetutamente mi chiese cosa le stessi facendo, durante lo stato di trance, per darle una sensazione tale da farle credere che sarebbe stata capace di comportarsi adeguatamente con i bambini di tutte le età. Le fu sempre detto, sia nello stato di veglia che in quello di trance, di non ricordare niente di quanto era accaduto durante l’ipnosi, almeno per quel che riguardava l’aspetto verbale. Doveva invece conservare le emozioni importanti ed eventualmente condividerne la gioia con i figli che probabilmente avrebbe avuto. Molti anni più tardi seppi che aveva avuto tre bambini ed era felice della loro crescita e della loro educazione».

Discorso più lungo merita l’amnesia, che può essere spontanea o richiesta. Esistono vari tipi di amnesia:

a) Amnesia postipnotica, è un’amnesia per i fatti avvenuti durante la seduta ipnotica. In seguito a vari studi si è constatato che tale tipo di amnesia nella sua forma spontanea è meno frequente di quanto ci si aspettava e meno frequente di quella suggerita. Inoltre taluni ritengono che quando l’amnesia postipnotica spontanea è molto frequente, è perché lo sperimentatore dà stimoli sottili e non intenzionali o suggestioni che essa si verificherà.

b) Amnesia postipnotica della fonte ; il soggetto ricorda il materiale appreso in ipnosi, ma dimentica il fatto che lo ha appreso in ipnosi. Nella sua forma spontanea si è constatato che è meno frequente di quanto si poteva presumere, e anche per essa vale la supposizione di stimoli o suggestioni non intenzionali trasmesse dallo sperimentatore che la provocano.

e) Amnesia postipnotica per cose insegnate durante la sessione ipnotica, cioè amnesia per qualcosa che si è imparato volontariamente;

d) Amnesia postipnotica parziale, solo per alcune delle cose imparate da un soggetto capace di amnesia più completa;

e) Amnesia per la stessa trance ipnotica (29).

Le esperienze e i resoconti clinici sembrano sostenere senza alcun dubbio l’esistenza dell’amnesia ipnotica. Ma le prove sperimentali non portano dati conclusivi a sostegno della esistenza di tale fenomeno.

Per Barber «le suggestioni permissive-motivanti di cercare di dimenticare sono più efficaci quando vengono date in condizioni “vigili” piuttosto che con un procedimento di induzione ipnotica nel provocare (a) un’apparente amnesia durante l’esperimento, (b) l’attestazione post-sperimentale di avere parzialmente o totalmente dimenticato.

Le suggestioni perentorie (“Lei dimenticherà…”) impartite con o senza un procedimento di induzione ipnotica, sono egualmente efficaci nel provocare (a) un’apparente amnesia durante l’esperimento, e (b) l’attestazione post-sperimentale di aver parzialmente o totalmente dimenticato.

Le suggestioni di comportarsi come se si fosse amnestici, date con, o senza un procedimento di induzione ipnotica, sono egualmente efficaci nel provocare (a) un’apparente amnesia durante l’esperimento, e anche nel suscitare (b) l’attestazione dopo l’esperimento (quando i soggetti non stanno più fingendo) di avere parzialmente o totalmente dimenticato».

Barber insiste che l’onere di provare che il soggetto è realmente amnestico spetta a chi ritiene che lo sia veramente, ma data la difficoltà di offrire questa prova non resta che osservare che, anche se l’amnesia può essere prodotta con la semplice richiesta verbale e senza induzione, ciò non toglie in questo come in altri casi che l’ipnosi l’abbia provocata. Questa considerazione vale per molte critiche di Barber. Secondo alcuni «l’amnesia avrebbe la funzione di isolare rimuovere o obliterare la presentazione neutra di esperienze specifiche o di eventi, in modo da non influenzare ulteriormente il comportamento. Ciò non impedisce il recupero di tale materiale. In particolare si sono studiati gli effetti dell’amnesia sulla inibizione retroattiva, per cui il dimenticare le ultime cose apprese, favorisce il ricordo di quelle precedentemente apprese» (30).

In altri esperimenti si è considerata la possibilità che l’amnesia disturbi gli ordinari processi della memoria. Alcuni ricercatori tentarono di verificare quest’ ipotesi in base all’ordine in cui i soggetti ricordavano gli item quando l’amnesia era parziale. Se il ricordo parziale era dovuto ad una normale dimenticanza, come succedeva ai soggetti meno ipnotizzabili, gli item venivano ricordati nell’ordine cronologico in cui erano stati appresi. Se gli item erano stati dimenticati in seguito all’amnesia, il ricordo degli item rimasti era casuale. Quando l’amnesia veniva rimossa gli item erano ricordati nell’ordine in cui erano stati appresi. Questo può significare che la memoria era rimasta intatta ed il ricordo degli item era disturbato dall’amnesia.

Per Erickson (31) un’amnesia spontanea, concorrente con un ricordo pieno in trance dei fatti verificatosi in un’altra trance è la prova classica dell’evidenza dell’amnesia-ipnotica. Ciò che è particolare in questi casi è che il soggetto apparentemente ricorda in uno stato di veglia tutti i fatti avvenuti durante lo stato di trance, finché non si sviluppa una amnesia spontanea più tardi. Ed infatti Erickson proprio per evitare questo ricordo non parla mai con i pazienti della seduta ipnotica appena questa si è conclusa in quanto ciò può favorire il ricordo. Conversa invece con il paziente di cose comuni o racconta aneddoti, che lo distolgono e distraggono in modo da favorire l’amnesia detta, appunto, per distrazione. Oppure allontana «i pazienti dallo studio per evitare di parlare della trance», cerca cioè di eliminare qualsiasi collegamento con la seduta ipnotica creando situazioni completamente differenti che lo distraggano.

Hilgard (32) ricorda alcuni dei mezzi con cui è raggiunta l’amnesia:

1) l’influenza delle suggestioni verbali;

2) la disattenzione volontaria del soggetto. Per Hilgard questo comportamento è simile a quel genere di auto-imposizione che le persone usano quando, andando a dormire, decidono di smettere di pensare ai propri problemi e riescono a «vuotare la loro mente» per poter dormire;

3) l’immaginazione può giocare un ruolo importante nel produrre amnesia. A volte l’immagine è scelta dal soggetto stesso per ottenere l’effetto desiderato, a volte è suggerita dall’ipnotista. Certi ipnotisti a volte consigliano i soggetti di immaginare che tutto ciò che volevano dimenticare fosse chiuso in una cassa; il soggetto nell’immaginazione chiude a chiave la cassa e getta via la chiave;

4) molti aspetti dei processi amnestici sono in relazione con la storia personale dell’individuo e giustificano un’interpretazione basata sulle dinamiche della rimozione. In questi casi le prime esperienze di una persona, le sue caratteristiche personali, il suo sistema difensivo, possono influenzare il modo in cui l’amnesia è raggiunta.

L’amnesia può anche essere indotta indirettamente attraverso casuali osservazioni circa la mancanza di memoria, la difficoltà di ricordare in generale eccetera…

L’amnesia strutturata, che può essere considerata come un terzo tipo accanto all’amnesia spontanea e quella suggerita, si ottiene nello spingere il soggetto nella stessa identica situazione di quando viene ipnotizzato (per esempio il paziente veniva ipnotizzato in seguito ad un comando post-ipnotico mentre stava leggendo un libro in attesa che Erickson fosse libero e con la stessa attività, seduto alla stessa scrivania, veniva deipnotizzato. Questo per parecchie settimane. Ciò comporta che il periodo di trance che avviene tra due eventi così uguali può essere più facilmente scotomizzato).

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(28) HALEY L, Terapie non comuni, cit., 164. (torna al testo)

(29) HILGARD E. R., op. cit., 73. (torna al testo)

(30) HILGARD E. R., op. cit., 76. (torna al testo)

(31) ERICKSON H. H., ROSSI E., Varieties of Hypnotic Amnesia, in Ann. J. din. Exp. Hypnosis, 1974, 225. (torna al testo)

(32) HILGARD E. R., op. cit., 78. (torna al testo)
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13. Regressione d’età

Il fenomeno più caratteristico sulla memoria che si può produrre con l’ipnosi è la così detta regressione d’età. Normalmente si distingue la «regressione d’età» in cui il soggetto rivive con la sua personalità attuale, esperienze passate, dalla rivivificazione in cui il soggetto con i cinque sensi rivive una esperienza passata come se la sperimentasse al presente (33). Comunemente però, anche la rivivificazione, che è ciò di cui ora tratteremo, viene chiamata «regressione d’età». Questo fenomeno è particolarmente suggestivo: un soggetto di trenta anni regredito all’età di quattro, si comporta in maniera congrua all’età suggerita, i suoi disegni, la sua grafia, il suo modo di parlare e di gestire, sia pure a volte con qualche fluttuazione verso la personalità presente, sono quelli di un bambino di quattro anni. Molti studi sono stati fatti per esaminare se questo fenomeno sia reale oppure una involontaria simulazione del soggetto. Alcuni Autori hanno indicato come questa regressione non sia mai completa; altri Autori, come alcuni test della persona regredita siano congrui con l’età suggerita mentre altri test lascino perplessi.

Vi sono però alcune prove della realtà della regressione che sono veramente impressionanti: la dorsiflessione plantare (riflesso di Babinski, tipico del neonato, che non è presente nell’adulto), presente in alcuni soggetti adulti ignari del fenomeno quando sono regrediti all’età di cinque o sei mesi senza che questi volontariamente siano in grado di riprodurla allo stato di veglia, è una delle prove che più comunemente viene presentata per dimostrare la realtà del fenomeno di regressione in ipnosi.

Contro questa si è fatto rilevare però da un lato (34) che «la risposta di Babinski » non è la risposta caratteristica dell’infante alla stimolazione plantare. La risposta tipica che si verifica pochi giorni dopo la nascita e fino a circa sette mesi di età è una brusca retrazione dell’arto, mentre la risposta degli alluci varia; in uno studio accurato su 75 infanti si è trovato che la retrazione dell’arto si verificava in seguito alla stimolazione plantare in tutti gli infanti fino ai tre mesi di età e nel 60% degli infanti fino a circa sette mesi di età.

Wolff osservò una risposta di Babinski solo in 13 osservazioni su 389 compiute su bambini sotto i sette mesi di età e Burr notò una tale estesa variazione nella risposta dei movimenti delle dita di 69 infanti da giungere alla conclusione che nessun movimento specifico degli alluci poteva venire considerato caratteristico della risposta dell’infante alla stimolazione plantare».

Alcuni autori hanno poi mostrato come taluni soggetti regrediti hanno sperimentato situazioni patologiche riscontrabili clinicamente (asma e disturbi elettroencefalografici) di cui soffrivano anni prima (nell’età suggerita in ipnosi) e non più nell’attualità.

È stato descritto il caso di un marinaio di 24 anni che fu ospedalizzato per un attacco convulsivo. Nella storia clinica del paziente si notò che il primo attacco avvenne cinque anni prima e che l’ encefalogramma preso in tale occasione parlava di «diffuse anormalità indicanti un disordine convulsivo». Messo il paziente in trance ipnotica si scoprì che il primo attacco avvenne in circostanze psicologicamente traumatiche. Il paziente allora fu regredito all’età di dodici anni e fu preso un altro encefalogramma. Il tracciato fu perfettamente normale; rimase tale mentre lo si fece progredire anno per anno. Quando giunse all’età di quasi diciotto anni, cioè prima del primo attacco, si notarono irregolarità e anormalità nell’ encefalogramma. Fu portato ad un periodo immediatamente successivo e si notarono diffuse anormalità corticali. A questo punto si calmò il paziente e si riportò il grafico nei suoi limiti normali. Si prese poi una seconda serie di encefalogrammi dando suggestioni che dovevano causare un trauma psicologico e si riuscì a produrre un attacco convulsivo e ad interromperlo con suggestioni contrarie alle prime.

È difficile dire di quale natura sia il fenomeno che sto descrivendo; in qualche caso può essere presente una involontaria simulazione, in altri, come quello appena descritto, è difficile decidere.

Personalmente ho potuto «regredire» un amico con cui avevo avuto un incidente stradale, anni prima, al momento dell’incidente, e ho potuto così osservare il suo pallore il suo sudore, l’aumento del battito cardiaco (il polso aumentò da 80 pulsazioni a 120) e la copiosità dei dettagli con cui descriveva l’incidente avvenuto. Al risveglio appariva ancora molto turbato. Un altro soggetto, che fu regredito in un periodo a caso, si ritrovò all’età di quattro anni, quando era avvenuta la morte di un genitore e scoppiò a piangere rimanendone turbato per parecchi giorni.

Barber osserva che «benché siano state proposte complesse teorie per spiegare la regressione dell’età (e la progressione di età) i dati presentati più sopra, insieme ad altri dati pubblicati altrove indicano che dei postulati relativamente semplici sono sufficienti a spiegare questi fenomeni. Questi postulati comprendono:

1. Quando viene impartita enfaticamente la suggestione (a soggetti ipnotici o nella veglia) che essi si trovano nel passato (o nel futuro), la maggior parte dei soggetti cerca nel miglior modo che gli è possibile di immaginare vividamente, o di fantasticare, che si trova nel passato (o nel futuro).

2. Il soggetto che ha ricevuto suggestioni di regressione (o di progressione) è capace di immaginare se stesso nel passato (o nel futuro) più vividamente quando lo sperimentatore lo tratta come se fosse nel passato (o nel futuro).

3. I soggetti ipnotici e quelli nella veglia che hanno ricevuto suggestioni di regressione o di progressione, nonostante cerchino di porsi con la fantasia in un tempo precedente (o futuro), hanno quasi sempre dei concetti errati sui comportamenti presenti durante la fanciullezza (o la vecchiaia) e quindi in genere si comportano in maniera non del tutto appropriata all’età specifica.

In conclusione, per Barber sembra improprio considerare la regressione d’età (o la progressione) come una riproduzione fedele del comportamento passato (o futuro) del soggetto. La regressione d’età da suggestione (e la progressione d’età da suggestione) possono tuttavia venire considerate come tecniche proiettive in cui viene presentato al soggetto un campo-stimolo relativamente non strutturato (per es., «Hai sei anni») e viene suscitata una proiezione del suo «mondo privato» in quanto egli deve “organizzare il campo, interpretare il materiale e reagire affettivamente ad esso”.

L’ ipnologo con una tecnica appropriata può far rivivere le passate esperienze trasportando l’immaginazione del soggetto ad un tempo pregresso che diviene per lui l’unica realtà così che riesce a provare le stesse emozioni di un tempo. Reiff e Scheerer (35) in uno studio sulla memoria e sulla regressione in ipnosi hanno messo in rilievo due caratteristiche: la prima riguarda l’aumento di memoria in ipnosi per le prime esperienze di scuola, ad esempio il nome di un insegnante o di un compagno, la seconda riguarda il livello raggiunto nel compiere i compiti specifici dell’età secondo un test di Piaget. Il test consiste nel far scorrere in un tubo vuoto una corda su cui sono infilate, ad una certa distanza una dall’altra, delle perle di diverso colore, mentre il soggetto deve rispondere a delle domande sull’ordine delle perle. La domanda più facile consisteva nel chiedere al soggetto quale delle perle sarebbe uscita per prima dal tubo se lo sperimentatore continuava a tirare la corda, la più difficile consisteva nel chiedergli l’ordine delle perle dopo aver immaginato che lo sperimentatore avesse girato il tubo per venti volte di 180°. Per l’esperimento fu usato un gruppo di soggetti realmente regrediti per tutti i livelli di età controllati, e vari gruppi di controllo di simulatori per i differenti livelli d’età. I risultati dimostrano che i soggetti veramente regrediti si avvicinavano nella media ai livelli di sviluppo aspettati, di solito un poco sotto a tali livelli, mentre i simulatori raggiunsero livelli più alti:

1) i soggetti regrediti tendevano a comportarsi coerente mente con l’età sperimentale;

2) i soggetti regrediti erano più coerenti dei simulatori nei vari compiti ad ogni livello di età;

3) quando i soggetti regrediti deviavano dal livello di età sperimentale tendevano ad un livello inferiore;

4) i simulatori tendevano a comportarsi al di sopra del livello d’età sperimentale;

5) più basso era il livello di età richiesto e più i simulatori tendevano ad un livello superiore.

Questi risultati furono in seguito contestati da O’Connell, Shor e Orne in un successivo esperimento (36). In realtà Reiff e Scheerer non avevano trattato i simulatori nello stesso modo dei soggetti realmente ipnotizzati, avendo usato un gruppo di simulatori per ogni età di comparazione, e lo stesso gruppo di soggetti ipnotizzati dall’inizio alla fine dell’esperimento. O’Connell, Shor e Orne ipotizzarono che l’abitudine alla regressione d’età poteva aver migliorato l’attività dei soggetti ipnotizzati, per questo nel loro esperimento trattarono i due gruppi nella stessa maniera. La differenza tra simulatori e genuini trovata da Reiff e Scheerer non fu riscontrata.

Questo secondo Hilgard può pesare negativamente sul problema della regressione, ma non nega necessariamente una componente dissociativa nel comportamento dei simulatori. Ci sono residui di precedenti tipi di comportamento che non dipendono solamente dall’atteggiamento o dallo stato ipnotico, basti pensare al sonno e al sogno che possono essere suscitati dall’ipnosi ma non si richiede che una persona sia ipnotizzabile per sperimentare la dissociazione del sonno e dei sogni.

La questione dell’aumento della memoria associata con la regressione d’età è in qualche modo separabile da quella della capacità di sostenere prove congrue all’età durante la regressione. Alcuni ricordi sono personali, datati nel passato e presumibilmente rivivibili quando il vecchio contesto è ricreato con la regressione d’età. Reiff e Scheerer alludevano a questi ricordi come a «rimembranze» con un indice autobiografico, e ad altri come a «ricordi» senza tale indice; distinzione più tardi fatta da Tulving tra memoria episodica (memoria per avvenimenti specifici) e memoria semantica (memoria per dei pensieri, non autobiografica).

Nel loro studio sulla memoria per avvenimenti personali, Reiff e Scheerer sottoposero ai soggetti un questionario sulle loro esperienze scolastiche dall’età di quattro anni fino alla quinta classe. La memoria dei soggetti ipnotizzabili fu esaminata in ipnosi, senza e con la regressione d’età, nelle differenti età. I risultati indicarono un ricordo migliore tra i soggetti reali che tra i simulatori per l’età dai sette ai dieci anni. Io ritengo che la regressione d’età sia un fenomeno che si presti più facilmente ad essere descritto che spiegato. Brevemente si può dire che esso rappresenta un particolare condizione indotta da una determinata tecnica dell’ipnotista che permette di isolare e di separare differenti livelli ed elementi del comportamento e della vita emozionale scomponendo quindi il vissuto esperienziale del soggetto.

Tutti gli elementi della nostra esperienza lasciano tracce nella nostra vita psichica. In condizioni normali a queste passate esperienze si sovrappongono tutte quelle susseguenti che tendono a cancellare le precedenti. La realtà successiva, dunque, si sovrappone a quella passata. Poiché per l’ipnotizzato l’ipnotista si pone come la realtà determinante, quest’ ultimo può favorire l’esclusione più o meno completa, ma spesso con notevoli residui delle esperienze successive dal campo di esperienze del soggetto quelle successive, facendo rivivere quelle esperienze passate, come le uniche realtà significative. Non si tratta dunque di nulla di magico o di soprannaturale, ma di esperienze biopsicologiche che si inquadrano nella comprensione odierna dei fenomeni psicologici.

La ricerca del tempo perduto di Proust inizia per dei ricordi che vengono attivati dal sapore di un biscotto (37) «E ad un tratto il ricordo m’è apparso. Quel sapore era quello delle “pezzette di Maddalena” che la domenica mattina a Combray (giacché quel giorno non uscivo prima della messa), quando andavo a salutarla nella sua camera la zia Léonie mi offriva dopo averlo bagnato nel suo infuso di tè o tiglio. La vista della focaccia, prima di assaggiarla, non mi aveva ricordato niente; forse perché, avendone viste spesso, senza mangiarle, sui vassoi dei pasticceri, la loro immagine aveva lasciato quei giorni di Combray per unirsi ad altri giorni più recenti; forse perché di quei ricordi così a lungo abbandonati fuori della memoria, niente sopravviveva, tutto si era disgregato; le forme, anche quella della conchiglietta di pasta, così grassamente sensuale sotto la sua veste a pieghe severa e devota, erano abolite, o, sonnacchiose, avevano perduto la forza di espansione che avrebbe loro permesso di raggiungere la coscienza. Ma, quando niente sussiste d’un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, soli, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l’odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l’immenso edificio del ricordo.

E, appena ebbi riconosciuto il sapore del pezzetto di “maddalena” inzuppato nel tiglio che mi dava la zia (pur ignorando sempre e dovendo rimandare a molto più tardi la scoperta della ragione per cui questo ricordo mi rendesse così felice), subito la vecchia casa grigia sulla strada nella quale era la sua stanza, si adattò come uno scenario di teatro al piccolo padiglione sul giardino, dietro di essa, costruito per i miei genitori (il lato tronco che solo avevo riveduto fin allora); e con la casa la città, la piazza dove mi mandavano prima di colazione, le vie dove andavano in escursione dalla mattina alla sera e con tutti i tempi, le passeggiate che si facevano se il tempo era bello. E come in quel gioco in cui i giapponesi si divertono ad immergere in una scodella di porcellana piena di acqua dei pezzetti di carta fin allora indistinti, che, appena immersi, si distendono, prendono contorno, si colorano, si differenziano, diventano fiori, case, figure umane consistenti e riconoscibili, così ora tutti i fiori del nostro giardino e quelli del parco di Swann, e le ninfee della Vivonne e la buona gente del villaggio e le loro casette e la chiesa e tutta Combray e i suoi dintorni, tutto quello che vien prendendo forma e solidità, è sorto, città e giardini, dalla mia tazza di tè».

Forse l’ipnotista con le sue manovre comunicazionali riproduce l’effetto di quel biscotto per Proust.

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(33) BARBER T. X., op. cit., 192. (torna al testo)

(34) BARBER T. X., Ipnosi, cit. (torna al testo)

(35) REIFF R., SCHEERER M., Memory and Hypnotic Age Regression, I.U.P., New York, 1959.
Recentemente alcuni ricercatori italiani su un piccolo campione di 7 soggetti tra i venti e i trent’anni e con un gruppo di controllo i cui componenti «dovevano fare tutto il possibile per rispondere» e comportarsi come se fossero bambini, ha riscontrato che il gruppo ipnotico rispondeva in modo congruo all’età infantile suggerita secondo i principi di Piaget sullo sviluppo psichico infantile, cfr. BERGERONE C, CEI A., MARSIGLI G., PANIER BOGAT M., Alla ricerca della infanzia perduta. Processi cognitivi e regressione ipnotica d’età, Bulzoni, Roma, 1978. (torna al testo)

(36) O’CONNELL D. NT., SHOR R. E., ORNE M. T., Hypnotic Age Regression: An Empirical and Methodological Analysis, in J. Abn. Psych. Monographys, 1970, 56. (torna al testo)

(37) PROUST M., La strada di Swann, Einaudi, Torino, 1965. Questo ge nere di sensazioni è stato definito Flashback. Se ne veda l’attento esame di FISCHER R., On Flashback and Hypnotic Recali, in Int. J. Clin. Exp. Hypn., 1977, 217. (torna al testo)