Nonostante gli studi ormai centenari dell’A.Q.C. le origini del grado di Maestro e soprattutto l’origine dei rituali massonici, così come li conosciamo, costituiscono un mistero, ben più reale di quelli, oltremodo fasulli, che gli autori della Chiave di Hiram hanno inventato.
È stata analizzata l’ipotesi che i “Moderns”, non conoscendo il grado di Maestro, non potevano quindi aver cognizione dell’Arco Reale. Gli “Antiens”, hanno il merito di aver preservato dall’oblio, attraverso la grande diatriba che divise la Massoneria del XVIII secolo, un rituale che forse faceva parte della Massoneria originaria.
“Esso è il Nome del presente, futuro ed eterno inconoscibile Iddio perfettissimo, il Quale trova in Sé stesso il Suo principio e la Sua causa, ed è il Principio e la causa dell’esistenza di tutte le altre creature. Cosicché Egli È, ciò che Egli ERA, ed ERA, ciò che Egli È e rimarrà allo stesso tempo CIÒ CHE EGLI ERA e CIÒ CHE EGLI È, in perpetuo, poiché tutte le creature dipendono dalla Sua forza e dalla Sua potenza.” Dalla Cerimonia d’esaltazione dell’Arco Reale. Il Nome e la ParolaNonostante gli studi ormai centenari dell’A.Q.C. le origini del grado di Maestro e soprattutto l’origine dei rituali massonici, così come li conosciamo, costituiscono un mistero, ben più reale di quelli, oltremodo fasulli, che gli autori della Chiave di Hiram hanno inventato. È stata analizzata l’ipotesi che i “Moderns”, non conoscendo il grado di Maestro, non potevano quindi aver cognizione dell’Arco Reale. Gli “Antiens”, hanno il merito di aver preservato dall’oblio, attraverso la grande diatriba che divise la Massoneria del XVIII secolo, un rituale che forse faceva parte della Massoneria originaria. Ma se esamina i rituali Emulation ed affini, (Oxford, Bristol), nella parte dell’installazione dei Maestri in Cattedra, quelli dell’Arco Reale e del Mark Mason’s Master, non possiamo non vedere un’inquietudine di fondo, quella della perdita d’importanti cognizioni della conoscenza fondamentale della Massoneria, della irregolarità, cui si cerca di rimediare, della Maestria Massonica stessa. Ma quest’inquietudine non è altro che una forma di reazione alle innovazioni del “Moderns” cui gli “Antiens” non hanno potuto opporre che delle parole e dei misteri sostituitivi. Conosciamo bene, dagli stessi documenti pubblicati dall’A.Q.C. lo sdegno dei Massoni operativi di fronte alle innovazioni della Gran Loggia di Londra, che, ritualmente, non erano che accettazioni pragmatistiche dei rituali degli “Antiens”. La stessa leggenda Hiramitica era tacciata di magia e necromanzia dai vecchi massoni, che affermavano che i loro padri e i loro nonni non avevano mai sentito parlare di questa “indegnità”. Da una parte i semplici rituali primitivi, con il giuramento, la lettura dei catechismi e la rivelazione dei segni di riconoscimento. Dall’altra, l’innovazione tutta organizzativa, statutaria ed illuminista della Gran Loggia di Londra. Ma dove si può collocare l’astrazione simbolica e metafisica dei rituali più colti, più arcani che dal 1717 al 1730 si imposero prima negli “Antiens” e poi nei “Moderns”? L’incertezza sulla natura dei rituali del terzo grado, e della loro conferma attraverso il M.M.M., l’installazione dei Maestri in Cattedra e l’Arco Reale, che insistono sulla “perdita” della Parola e del Nome e su quella dei segni di riconoscimento primitivi, è patente. L’A.Q.C. ha rastrellato ogni documento possibile senza arrivare a conclusioni certe. In questo quadro, l’unico modo per formulare delle ipotesi è la comparazione con la ritualità universale, di cui quella massonica è solo un’importante branca; il rituale cabalistico della creazione del Golem ha molte affinità con la ritualità del “sollevamento” di Hiram. Ecco il racconto della sua creazione secondo fonti ebraiche [1]: «Come il Maharal creò il Golem. Il Maharal fece in sogno una richiesta per sapere con quale forze potesse combattere contro il parroco [ostile e nemico degli ebrei]. Ebbe la seguente risposta dal cielo e in forma di un acrostico alfabetico [secondo l’alfabeto ebraico] Ata Bero Golem Dabbek Ha-chemer. We-tigsor Zedim Chabbel Torfe Ysrael [Tu Crea un Golem, Impasta l’Argilla. E Abbatti gli Empi, Debella coloro che Straziano Israele]. Disse a questo proposito il Maharal: in queste dieci parole ci sono combinazioni [di lettere] grazie alla qual potenza si può sempre creare dal fango un Golem animato. Maharal chiamò poi in segreto il genero, Yitzchak ben Shimshon ha-Cohen e il suo migliore allievo, Ya’akov ben Chay-yim Sasson ha-Levi, e mostrò loro la risposta del cielo ricevuta in sogno. E li mise a parte del segreto della creazione del Golem, che doveva nascere dall’argilla della polvere della terra. Disse loro che voleva prenderli con sé‚ perché‚ lo aiutassero a creare il Golem; infatti, c’era bisogno delle quattro forze contenute nei quattro elementi fondamentali, cioè fuoco, aria, acqua e terra. Di se stesso il Maharal disse che era nato con la forza dell’elemento aria, suo genero con quella del fuoco e il suo allievo con quella dell’acqua [mentre il Golem avrebbe contribuito con l’elemento terra], perciò la creazione del Golem poteva essere realizzata solo da loro tre. Ordinò loro di non rivelare ad alcuno il segreto, e gli impose dei tikkun [cioè‚ esercizi espiatori e meditazioni cabbalistiche] e un comportamento adeguato durante i sette giorni successivi. Nell’anno 5340 [1580], nel ventesimo giorno del mese d’Adar, alle quattro di mattina, andarono tutti e tre fuori della città di Praga fino al fiume Moldava. Sulla riva del fiume cercarono e trovarono un posto dove ci fosse argilla e fango. Tracciarono nel fango la figura di un uomo, lunga tre cubiti. Disegnarono volto, mani e piedi di un uomo sdraiato sul dorso. Poi si misero tutti e tre ai piedi del Golem, con i loro volti rivolti verso il suo. Anzitutto il Maharal ordinò al genero di fare sette giri intorno al Golem, iniziando da destra per arrivare dalla parte sinistra. Al tempo stesso gli dette delle combinazioni di lettere che doveva pronunciare compiendo questi giri. Terminati i setti giri, il corpo del Golem diventò rosso come carbone ardente. Poi il Maharal ordinò al suo allievo Ya’akov Sasson di girare anche lui, sette volte, attorno al Golem e gli dette altre combinazioni di lettere. Quand’ebbe finito, il fuoco si spense perché‚ ora nel corpo del Golem era entrata l’acqua e da lui si levarono dei vapori. Si coprì di peli come un trentenne e sulle punte delle dita gli crebbero le unghie. Alla fine anche il Maharal fece sette giri intorno al Golem, dopodichè tutti e tre pronunciarono il versetto della scrittura “Soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (Gn 2,7), perché‚ anche nel respiro devono coesistere fuoco, acqua e aria, com’è detto nel Sepher Yezirà [Libro della Creazione]. Allora il Golem aprì gli occhi e li guardò stupito. E il Maharal gridò con voce incalzante. “Alzati!” E il Golem con un movimento brusco si levò in piedi. Allora lo rivestirono con degli abiti che avevano portato seco, abiti adatti ad un inserviente del tribunale. E ai piedi gli infilarono delle scarpe. In breve era divenuto un uomo come gli altri, vedeva, udiva e capiva, solo non poteva parlare. E alle sei di mattina, ancor prima che facesse giorno, i quattro se n’andarono a casa […]». Questa versione della creazione del Golem da parte del Maharal-mi-Prag, il Grande Maestro di Praga Jehuda ben Bezalel, il Rabbi Low, detto il “doppio Leone”, deriva da una raccolta di storie chassidiche in yiddish-ebraico di Yehuda Yudel Rosemberg (1909). Le affinità con i rituali massonici in 1° e 3° grado sono di per sé evidenti. La cabala (come del resto l’ermetismo e l’astrologia) affermano che l’uomo, come la materia universale, è composto di quattro elementi, nella cui unione e nei cui contrasti risiede l’essenza della materia della terra, del fuoco, dell’acqua e della terra. Vi sono uomini e cose nelle quali si legano il fuoco e l’aria oppure l’aria e la terra, e persino il fuoco con l’acqua La prevalenza di un elemento sull’altro dona all’uomo o ad una cosa, la sua caratteristica elementale. Nel rituale cabalistico della creazione del Golem, così come nell’iniziazione massonica la terra è presente, elementarmente, ma non ha una parte attiva. Infatti, la terra è elemento statico, passivo, che gli altri elementi, mobili ed attivi devono attivare, vivificare. La deambulazione è antioraria. In Massoneria il senso della deambulazione si vuol definire per tradizione, o meglio per consuetudini o, peggio, per ricordi personali. La questione si complica per il fatto che le varie comunioni nazionali hanno spesso diverse consuetudini per la deambulazione, senza avere, tuttavia, la cognizione della causa per cui si deve deambulare in senso solare-orario o in senso polare o antiorario. La ritualità, come s’evince dalla tradizione universale, ha le stesse regole semper et ubique essendo un archetipo innato in tutti gli uomini, indipendentemente dal tempo e dallo spazio. I parametri di giudizio in tal senso sono di un’estrema semplicità. La ritualità è stata creata dall’uomo attraverso l’osservazione e l’imitazione della natura e dell’universo, nell’intenzione di partecipare coscientemente all’opera dell’Altissimo, incomprensibile ed inconoscibile nella sua essenza, ma intuibile nella sua sostanza di macrocosmo e di macroantropo. Le costanti rituali di tempo, luogo e modo seguono i ritmi cosmici, le energie terrestri e celesti e le modalità con le quali queste si rivelano nella natura o perlomeno nel modo con il quale gli antichi immaginavano si rivelassero. Il fondamento scientifico o meno di queste teorie non ha alcun’importanza. La deambulazione oraria segue il corso apparente del Sole attorno alla Terra, ma quest’apparenza ha segnato archetipicamente le concezioni umane inducendole ad elaborarsi una struttura psichica ed animica che è ancora quella dell’uomo d’oggi. Questa struttura crea idee, sogni, miti, misteri, che a loro volta producono storia e quindi realtà fisica e metafisica assieme. L’uomo ha colto affinità fra il cosmo e la sua sostanza con quella della sua materialità, affinità che s’influenzano a vicenda imprimendosi una segnatura. La conoscenza di queste segnature, secondo regole sia logiche sia intuitive forma la scienza analogica, senza la quale è impossibile la comprensione del pensiero antico così come ci è stato tramandato. Il fondamentale parametro di comprensione rituale è appunto quello dell’analogia, il come se, che è vero e falso nel contempo, secondo il relativo punto di vista dell’osservazione interiore. L’irrazionalismo, contestato dal materialismo e dal positivismo non è sintomo dell’irrazionalità del suo fruitore, ma la libera e superiore scelta di usare la razionalità, la logica, l’intuizione o l’immaginazione secondo la necessità o l’opportunità contingente. Esaminata da un corretto punto di vista analogico la deambulazione, come ogni altro procedimento rituale, è un procedimento simbolico che produce un effetto reale su tutti i piani dell’uomo, fisici o para-fisici che siano. Secondo gli antichi concetti, infatti, la corsa notturna del sole ha un procedimento inverso che produce il fenomeno ed il miracolo di una nuova alba, nel banale e sublime concetto d’apertura e chiusura di un’esperienza umana che è comunque cosmica, il ritmo di nascita-morte-rinascita. Il rito dell’esperienza analogica di rinascita, di ritorno ad una vita reale, nel suo svolgersi, necessita della deambulazione antioraria, ma può essere orario per altre finalizzazioni simboliche. Nel rituale cabalistico l’elementalità è personale, nel senso che le qualità elementali sono quelle personali e quindi effettive. Nel rituale massonico le qualità elementari sono convenzionali o virtuali in quanto si attribuisce al M.V. il fuoco, al 1° Sorv. l’acqua, al 2° l’aria. Le circuambulazioni dei tre cabalisti servono a delimitare uno spazio sacro, una teofania in cui si presenti la presenza e la manifestazione del divino. In questa rituale, infatti, non sono – come del resto nel rituale massonico – le energie umane che producono vita nell’umano humus, ma la Schekinà [o la presenza del GADU], evocata dalla recita analogica del versetto del Genesi con cui l’Altissimo diede vita ed anima ad Adamo. Così come nelle antiche religioni, nella cabala e in Massoneria è la coscienza, e l’uso dello Shem, la parola che è Verbo, che determina la discesa di un’influenza spirituale, il contatto possibile fra l’uomo e il piano divino. Golem significa, informe, [e la Terra era informe e vuota…] abbozzo, ma ha anche significato di caverna, matrice, utero, membrana umida ed avvolgente, ed è il simbolo della incompletezza e dell’imperfezione dell’uomo, ma nel contempo della sua potenzialità (passiva) di generare spiritualmente, quando lo Jod del Divino, penetra nella sua Hé umana. L’iniziazione è quindi, potenzialmente, la possibilità di superare in sé il principio d’imperfezione onnipresente nel creato. Il Sepher Yetzirà narra che quando le Lettere si presentarono all’Altissimo, l’Aleph, che è principio primo, per umiltà si presentò per ultima. Ma, per questa sua umile grandezza, fu elevata al secondo posto, dopo la Beth, che è principio secondo, dualità e quindi imperfezione in quanto, seguendo la contrapposizione degli opposti, impedisce, giù nel modo dell’emanazione, la visione e la comprensione dell’Uno, l’ombra dell’Altissimo. I Rituali massonici si costituirono spontaneamente, dal 1717 al 1730, deplorati da quegli operativi che non conoscendo il mito Hiramitico, si scandalizzavano che fossero stati introdotti nelle Officine dei riti “negromantici”. Vi sono delle affinità, appena accennate nella bibliografia massonica, fra la ritualità latomistica così come si venne formando nei primi decenni del ‘700, e quella cabalistica, soprattutto in quella forse leggendaria che attribuivano al grande Rabbi Low, e che la difficoltà di reperimento e traduzione impediscono di mettere in luce. Potrebbe inoltre essere utile, da questo punto di vista, il materiale messo in evidenza dalla storica Francis Yates nella sua trilogia sull’Illuminismo Rosicruciano ed i suoi contatti storici in Inghilterra, Germania ed Olanda con le comunità ebraiche. Per sintetizzare la realtà rituale della Massoneria, è quindi necessario analizzare un materiale più vasto di quello che è stato finora raccolto. I “misteri” dell’Arco Reale sono ben più profondi di quelli che la volgarità contingente gli vuole attribuire. __________ Nota1. Abregé da: Kafka e la Cabbalà di Karl E.Grozinger, Giuntina, Firenze, 1993, pgg.142/143 citazione tratta da “Judische Wundermanner” di K.E. Grozinger pgg. 205-219. (torna al testo) |