L’articolo è stato ispirato dai moti che spesso immobilizzano gli aspiranti nell’innamoramento dei propri ideali. Così, l’ideale assume le caratteristiche di Totem. Perciò, la visione totemica è l’inganno più comune dell’aspirante, lasciato solo a dirigere le proprie spinte emotive ma che in realtà, non fa altro che continuare a vivificare il sé personale gratificandolo nelle proprie convinzioni.
“ Esiste la vera Conoscenza. Sappi che è questa: ……….” «Tra dire e il fare c’è di mezzo il mare» saggezza popolare; «Le chiacchiere non cuociono il riso» saggezza orientale. Quando ero piccolo, in tutti i sensi, ero attratto da scritti epici, misteriosi e drammatici. Nei miti l’eroe raggiungeva la propria meta dopo aver superate le prove che vinceva per la propria lealtà, intelligenza, coraggio … e l’aiuto di qualche divinità misteriosa. E leggendo, pedestremente imparavo la presenza nel divino. E allora volli capire il divino, ma il divino abita una sfera soprasensibile difesa dalla morte. Ma cos’è la morte, mi domandavo. Anzi, mi domandavo cosa mai fosse “la vita oltre la morte” di cui tanto si parlava. Tutto sembrava girare attorno a tre elementi: l’uomo (l’eroe), il divino, la vita e la morte. Cominciai a domandarmi: sì, ma come si fa a capire … il divino, …la vita, …la morte? E scoprii che tutti ne parlavano, ma che nessuno, mai, diceva cosa bisognava fare per raggiungere quel divino, quella vita e quella morte, che io volevo “toccare”. Nelle letture, tutte sagge e meravigliose, imparavo però, che dopo tanto clamore letterario, le parole si spegnevano e con esse si spegneva anche la rappresentazione, e restava solo l’immaginazione. Ma io sapevo che la fantasia non è uno strumento affidabile a cui consegnare i perché. Ed io, solo coi miei pensieri, mi ripetevo: sì, è tutto meraviglioso, ma come si fa a vedere a capire, a conoscere davvero? Imparai che non bisognava soffermarsi sulle parole, perché sono solo pezzettini di specchio che riflettono realtà lontane, da loro stesse e da coloro che le rimirano. Allora restava solo la domanda (atto d’introspezione) come si fa? Imparai ad usare la forza delle mie domande, perché, mi avevano fatto capire che dentro la domanda c’era la risposta. Poi, quando lo sforzo della domanda diventava una vera tensione mentale, si risvegliava uno stato di necessità che riusciva a smuovere la coscienza, attivandone capacità altrimenti sopite. Allora, pensai che la chiave di volta fosse la tensione, la spinta, quindi il moto. In fondo anche il risveglio è azione, un’attività interiore, ma pur sempre azione. Fosse anche questo “muoversi da fermo”! Compresi che ammirare il bello, il buono e il giusto era un atteggiamento statico e devozionale, che non serviva a raggiungere lo scopo. Innamorarsi dell’ideale serve, forse, all’aspirante ma raggiungerlo è la Via del Discepolo. L’aspirante “cerca”…, il Discepolo “apprende e comprende” e l’Iniziato “usa e dirige”. Per raggiungere l’ideale iniziatico e spirituale, bisogna realizzare il progetto che sottostà ad una condizione: la realizzazione dell’opera personale si ottiene solo applicando concretamente quanto si è appreso con l’educazione esoterica. Applicare fattivamente quello per cui si è stati educati (il Discepolo apprende non inventa) è la Via iniziatica. La Via iniziatica è il segmento che conduce allo scopo che, però, bisogna saper riconoscere perché non si può volere cosa non si conosce o non si capisce! La Via iniziatica oltre che applicativa e anche trasformativa. Infatti, muovendosi all’interno (il cosiddetto alto) verso il nucleo della propria coscienza ci si trasforma, assomigliando sempre più a ciò che ci siamo impegnati a raggiungere, di cui siamo parte come esso è parte di noi. Possiamo convergere la nostra attenzione su due elementi che non sono solo semplici parole: volontà e azione. Volontà e moto non sono aspetti emotivi ma pura energia, come lo è il pensiero. Pensiero, volontà ed azione intelligente caratterizzano una mente superiore. Mentre la commozione, l’ammirazione e l’innamoramento del bello, del buono e del giusto sono solo fonte di speranza. Ma speranza di che? Le emozioni possono, forse, colorare di bello, di buono e di giusto una “intenzione” ma non muoveranno mai l’intenzione. L’intenzione è un’idea in embrione, che bisogna far crescere, attribuendole saggezza ed intelligenza. Ma per far nascere l’idea e farne una forma concreta, occorre la forza dell’atto, della volontà. Far nascere un’idea e concretizzarla col bene, col bello e col giusto è un atto generativo che esprime qualità Divine. Allora l’artefice umano diviene riflesso del Divino. Il Divino si riflette nelle realizzazioni (materializzazioni) che sono veicolo per la triade buono, bello e giusto, ma questi elementi debbono essere tutti presenti e contemporaneamente. S’immagini una realizzazione (un’opera) mancante di un componente. Un’azione bella ma ingiusta, oppure giusta ma brutta, o cattiva, ingiusta ma bella (questa, nella storia dell’uomo è il caso più comune). Costruiamo pure le intenzioni colorandole dell’emozione che “più ci piace”. Ma una volta gratificato il piccolo sé personale, ammaestrandolo su intenzioni che non gli competono, incamminiamoci sulla Via dell’apprendimento, della trasformazione e della realizzazione. Altrimenti si resta intrappolati nel sogno. Ed i bei sogni, anche quelli amorevoli e spirituali, sono il più sottile inganno di ciò che l’oriente chiama Maya, l’Illusione. Affidiamoci alla concretezza di una realizzazione. Perché solo realizzare qualche cosa di “armonico” (v. Legge dell’Armonica, cosmica e individuale) dà la garanzia che non stiamo sognando, barbugliando di buono, di bello e di giusto mentre l’ombra del male sovrasta e domina ogni azione del mondo reale. |