Per raggiungere una visione olistica del pensiero iniziatico, il ricercatore d’occidente non può sottrarsi dall’approfondire anche i fondamenti della tradizione esoterica d’oriente. E solo scrutando anche l’altra metà del cielo iniziatico, l’adepto potrà riuscire a ricomporre le due metà dell’unico pensiero che ha ispirato i Misteri maggiori.
Con il presente lavoro, affronteremo la concezione orientale d’esistenza fisica, dei suoi fenomeni e dei suoi collegamenti. Aderendo ai canoni di una visione mentale occidentale impersonale e spoglia da pregiudizi che possa garantire una visione certa degli argomenti che compongono il tema.
Commenti su nascita, malattia, guarigione, morte e rinascita dell’essereI fenomeni karmici dell’esistenza individualePrologoPer raggiungere una visione olistica del pensiero iniziatico, il ricercatore d’occidente non può sottrarsi dall’approfondire anche i fondamenti della tradizione esoterica d’oriente. E solo scrutando anche l’altra metà del cielo iniziatico, l’adepto potrà riuscire a ricomporre le due metà dell’unico pensiero che ha ispirato i Misteri maggiori. Con il presente lavoro, affronteremo la concezione orientale d’esistenza fisica, dei suoi fenomeni e dei suoi collegamenti. Aderendo ai canoni di una visione mentale occidentale impersonale e spoglia da pregiudizi che possa garantire una visione certa degli argomenti che compongono il tema. L’origine dei meccanismi karmici
Al pari dell’inverno, anche per l’anima giunge un momento in cui deve ritirarsi dall’aspetto fisico per permettere che si rinnovino le condizioni della sua esistenza, e se ne promuovano di nuove, affinché la coscienza possa tornare a nuovi “corsi d’apprendimento”. I piccoli cicli che l’anima segue per manifestarsi, sono legati a cicli maggiori. Un moto sinusoidale di onde spazio-temporali che s’intervallano ogni 250.000 anni, misura che in ambito mediterraneo fu definita “Eone” [1]. Le Ere (denominazione orientale) o Età (denominazione occidentale) in cui venne inserita l’evoluzione umana sono quattro. La prima è l’Età d’Oro, seguita da quella d’Argento , di Bronzo e dall’Età del Ferro che, secondo questo pensiero, è l’epoca che attualmente stiamo vivendo: l’Era Volgare o Kali Yuga. Finita l’ultima Era il grande ciclo ricomincia componendone uno nuovo di rigenerazione, sempre seguendo il filo di vita che, d’esistenza in esistenza, porta all’attuazione del Piano Divino [2]. In forza al “comune destino”, i cicli minori (25.000 e 2.500 anni) e individuali seguono la stessa cadenza. E, come in inverno, ad ogni ultimo ciclo segue la catarsi rigenerativa degli attributi fisici dell’anima, che condurrà l’essenza materiale dell’essere (uomo e donna) ad esprimere attributi sempre più raffinati. Il dispositivo che controlla i limiti, le misure, la qualità e le condizioni in cui si evolvono i fenomeni fisici è indicato come Legge di Causa ed Effetto. Questa regola è chiamata così, perché ogni piano naturale, da quello più sottile del metafisico a quello fisico più denso, è generato da una causa e nulla esiste senza movente. Ogni causa produce gli effetti che gli sono propri, come ogni effetto si esprime attraverso i fenomeni fisici che gli sono caratteristici. I fenomeni si trasformano in attività ed azioni da cui insorgono le concause da cui sorgeranno gli aspetti che daranno vita a nuovi effetti e così via. In realtà, questa Legge non è altro che il filo di vita che si trasmette, e attorno al quale si aggregano le cause che definiscono le sequenze delle rappresentazioni fisiche, fenomeniche e formali. La Legge di Causa ed Effetto è, per usare una parafrasi, il filo conduttore, il giudice e l’educatore dell’esperienza terrena. Il filo che conduce ogni esistenza tellurica, determinando i presupposti di ogni stato e condizione, fissando le caratteristiche ambientali, gli aspetti fisici e mentali, le malattie, le guarigioni, requisiti ed attributi della morte individuale. Nei termini di causa ed effetto si riconosce l’elemento che condiziona e determina il tipo d’espressione a cui è sottoposta la componente fisica in manifestazione. Questo elemento è il Karma. Termine sanscrito che spesso viene interpretato nel senso di causalità fatale, così, da rendere indefinito il significato filosofico originale. Perciò, il principio karmico è fatto talvolta combaciare con l’idea di fatalità, fortuita, relativa e posta al di sopra della realtà tangibile. La fatalità, però, è un retaggio della cultura totemica. Il criterio di fatalità, infatti, è comunemente collegato alla presenza d’un incomprensibile arbitrato posto a monte dell’esistenza. Un arbitrato oscuro e casuale dispensatore di fortune e di disgrazie, di affanni e di privilegi, di punizioni o di assoluzioni. Insomma una formula segregazionista che sembrerebbe indicare una fonte di disparità e pregiudizio. Il karma non viene presentato come arbitro ma come lo “strumento” che uniforma gli squilibri, gli eccessi o le deficienze individuali, ridistribuendone gli effetti attraverso una sistematica ripartizione nel tempo e negli eventi. Perciò nella visione karmica è assente il concetto di fatalità, perché vengono considerati solo effetti di cause ingenerate dalla persona che, di conseguenza, ne subisce debiti e crediti. In quest’ottica si potrà pensare al karma come ad uno strumento di “misura”: un mezzo di equa distribuzione, per assegnare ad una progressione di momenti futuri, i frutti (compensi e scompensi) di scelte e di azioni che, volute oggi saranno maturate domani (v. la differenza tra “libera scelta” e Libero Arbitrio). _________ Note1.Eone – Dal greco aiōn-aiônos, eone è una misura di tempo che Aristotele tradusse in: essere da sempre.Con l’uso volgare di convertire in forma umana ogni idea soprasensibile, le unità di tempo, per la ragione fisica prossime all’infinito, divennero Esseri eterni, creati direttamente da Dio, che fungevano da intermediari tra il Creatore e i fenomeni del mondo sensibile. L’uso di questa raffigurazione antropomorfa di unità di tempo, per la ragione fisica prossima all’infinito, fu mantenuta dai neoplatonici (s. Agostino), che ne rafforzarono i significati “spirituali” fino agli gnostici. (torna al testo) 2.Il Piano Divino, nell’aspetto fenomenico, consiste nella volontà di Dio di perseguire un “proposito d’autocoscienza”, con cui riflettersi sin nei piani più densi della materia, così da illuminare di Sé la propria Creazione. Con una metafora, questo insegnamento sostiene che la Creazione è il rivestimento di Dio, il suo Corpo. E il proposito di riflettersi in ogni suo singolo “atomo” (spirilla spirituale), indica l’intento che il Corpo giunga a completa coscienza del proprio Creatore. E nel momento che la più piccola parte del creato riuscirà a comprendere la coscienza del proprio Creatore, anche Dio-Creatore realizzerà la piena coscienza di ogni parte di Sé. (torna al testo) |