Ipnosi / La Storia, la Teoria ed il Metodo – 4.2

PsicologiaParadigmi teoretici del fenomeno Ipnosi

16. Perdita dell’orientamento generalizzato della realtà. — 17. Teoria dello sviluppo interattivo. — 18. Teoria neo dissociativa. — 19. La logica della trance. — 20. Role-enactment.

Sviluppando un concetto di White, la perdita dell’orientamento generalizzato della realtà per Shor è l’essenza dell’ipnosi. Mentre la spinta motivazionale serve per comprendere la relazione ipnotica, tuttavia la «vera» ipnosi è caratterizzata da cambiamenti cognitivi del soggetto nella situazione ipnotica.

Ipnosi / La Storia, la Teoria ed il Metodo – 4.2

di Guglielmo Gullotta

Capitolo IV / Paradigmi teoretici del fenomeno Ipnosi

Sommario: 1. Introduzione. — 2. Teorie fisiologiche. — 3. Ipnosi come sonno lucido. — 4. Risposta condizionata. — 5. Dissociazione. — 6. Teoria dei tre fattori. — 7. Sonno base. — 8. Particolare stato psicofisico. — 9. Labilizzazione del campo percettivo. — 10. Comportamento diretto ad uno scopo in uno stato alterato della persona. — 11. Transfert e riattivazione del complesso di Edipo. — 12. Riduzione delle frontiere dell’Io. — 13. Reazione psicosomatica. — 14. Autoesclusione dell’Io. — 15. Regressione al servizio dell’Io. — 16. Perdita dell’orientamento generalizzato della realtà.17. Teoria dello sviluppo interattivo.18. Teoria neo dissociativa.19. La logica della trance.20. Role-enactment. — 21. Teoria cognitivo-comportamentale. — 22. I paradigmi nella scienza. — 23. Il paradigma tradizionale — 24. Il paradigma alternativo. — 25. Punti di contatto tra i due paradigmi. — 26. Ipnotizzabilità: tratto o capacità?. — 27. Ipnosi ed altri stati di coscienza.

16 — Perdita dell’orientamento generalizzato della realtà

Sviluppando un concetto di White, la perdita dell’orientamento generalizzato della realtà per Shor è l’essenza dell’ipnosi. Mentre la spinta motivazionale serve per comprendere la relazione ipnotica, tuttavia la «vera» ipnosi è caratterizzata da cambiamenti cognitivi del soggetto nella situazione ipnotica (36).

Shor ha definito l’orientamento generalizzato della realtà come esistente nel normale stato di coscienza e quale status che fornisce la struttura del background che regge, interpreta e da significato a tutte le esperienze. La perdita dell’usuale orientamento generalizzato della realtà non è specifica dell’ipnosi, ma può verificarsi anche in altri tipi di comportamento. Esperienze mistiche e certi stati patologici sono altri accadimenti dove l’orientamento generalizzato della realtà è intaccato.

L’orientamento generalizzato della realtà richiede uno sforzo attivo per mantenerla. Quando questo manca, l’orientamento scivola sempre più nel background di attenzione, e diviene dal punto di vista funzionale, meno valido. La perdita dell’orientamento si verifica quando diveniamo così assorbiti da un aspetto della realtà che il resto temporaneamente scompare.

Le procedure ipnotiche di induzione, tendono a creare una situazione in cui il soggetto focalizza l’attenzione su un fuoco limitato, cioè permette che un orientamento più generale sia ignorato. Questo non significa che in uno stato di trance l’orientamento generale della realtà non sia utilizzabile; si tratta di una utilizzabilità relativa per la percezione cosciente, e il grado di utilizzazione indica la profondità della trance.

Shor definisce l’ipnosi come la somma di due processi fondamentali: quello di un orientamento speciale e temporaneo verso un fuoco limitato, e quello di relativa scomparsa dell’orientamento generale della realtà in una inconsapevolezza non funzionale. Quando ciò avviene esistono allora altre possibilità di comportamento che definiamo come tipiche della trance. Particolari orientamenti (compiti ipnotici) diventano così la sola «realtà per il soggetto».

Shor definisce un buon soggetto ipnotico come colui che è capace di rinunciare, volutamente, e per una certa estensione, al suo normale orientamento della realtà, e che contemporaneamente costituisce un nuovo e speciale orientamento della realtà che diventa la sua unica realtà.

Egli ha specificato tre dimensioni della profondità ipnotica: il coinvolgimento del ruolo, la profondità della trance e il coinvolgimento arcaico.

Il coinvolgimento del ruolo ipnotico è definito come il punto in cui le spinte motivazionali e le conoscenze del soggetto circa il ruolo ipnotico sono più soggette agli atteggiamenti e alla volontà cosciente. Dal coinvolgimento del ruolo quando è profondo deriva una qualità comportamentale involontaria e compulsiva.

La seconda dimensione, quella della profondità di trance, è determinata dal grado in cui l’orientamento usuale nella realtà svanisce in una inconsapevolezza non funzionale. Più è profondo e più il mondo intorno scompare diventando l’ipnotista l’unica realtà.

La terza dimensione, cioè la profondità del coinvolgimento arcaico, è definita con tre caratteristiche:

a) la portata della proiezione di relazione con oggetti di relazione psicologica arcaici durante l’ipnosi, sulla persona dell’ipnotista;

b) la portata della relazione di transfert;

c) l’intensità con cui la parte più profonda della personalità del soggetto è coinvolta nei processi ipnotici.

La profondità del coinvolgimento arcaico è data dall’aumentare della corrispondenza emotiva del soggetto con l’ipnotista. Le sue reazioni e le percezioni della situazione ipnotica vanno sempre più basandosi su ciò che è rimasto nel soggetto di esperienze precedenti con persone importanti, il più delle volte si tratta dei genitori o di chi li ha sostituiti.

Shor sottolinea che l’ipnosi non può essere vista come un fenomeno unidimensionale e come l’uso di scale che comporta la misurazione di un solo aspetto del fenomeno manchi della necessaria sensibilità per comprendere il comportamento in ipnosi. Così presenta delle combinazioni dei tre tipi di profondità, che determinano i classici comportamenti associati con l’ipnosi.

Nella prima combinazione tutte e tre le dimensioni hanno un’uguale intensità e sono molto profonde. In questo caso, (coinvolgimento del ruolo, profondità di trance, coinvolgimento arcaico), tutti i classici comportamenti ipnotici sono presenti. Quando le dimensioni hanno la stessa intensità, indipendentemente dalla profondità, non è possibile individuare il ruolo che ciascuna svolge.

Solo quando hanno una intensità diversa è possibile individuare questo ruolo. Una di queste è data da una profondità superficiale di trance, ma dalle altre due dimensioni profonde. Il soggetto è allora relativamente cosciente della singolarità di quanto accade, sebbene realizzi tutti i compiti tipici dello stato ipnotico. Shor fa l’esempio del sonnambulo che ha allucinazioni, ma nello stesso tempo è consapevole che sono false percezioni e come tali le descrive.

Un’altra combinazione si ha quando il coinvolgimento di ruolo è superficiale, ma la profondità della trance e il coinvolgimento arcaico sono alti. Il soggetto in queste condizioni è in difficoltà, o sembra non essere incline a passare con facilità da una suggestione ad un’altra. E fortemente emotivo e può sfuggire perciò al controllo dell’ipnotista.

Un’altra combinazione consiste in un superficiale coinvolgimento arcaico, mentre quello del ruolo e la profondità della trance sono elevati. Un soggetto in questa situazione è più facile trovarlo in un laboratorio di psicologia che in una seduta clinica. L’ipnosi è troppo superficiale per raggiungere la personalità più interna del soggetto; infatti questo presenta una modesta reazione emotiva. Egli sperimenta l’isolamento associato a profondità di trance in risposta alle suggestioni e istruzioni dell’ipnotista, tuttavia non è emozionalmente coinvolto nel rapporto con l’ipnotista.

Shor riconosce che interazioni e interrelazioni possono verificarsi fra le dimensioni, una cioè può aiutare ad aumentare un’altra, o al contrario, l’aumento dell’una ostacola l’altra. Ad esempio, più la trance è profonda, più alto è il coinvolgimento arcaico. L’ipnotista può infatti costruire al soggetto un’immagine parentale che facilita le libere associazioni con le vere figure genitoriali del soggetto. Al contrario, un profondo coinvolgimento arcaico può interferire con quello del ruolo, in quanto il soggetto non interpreta accuratamente le direttive dell’ipnotista.

Implicitamente la teoria di Shor è un tentativo di spiegare la variazione individuale attraverso l’analisi qualitativa della trance. L’ipnotista e le sue istruzioni diventano la sola «realtà» per il soggetto. A secondo della entità di questo fenomeno, si osserva una discontinuità di comportamento.

Il coinvolgimento arcaico spiega i cambiamenti emozionali che non sono continui con il comportamento di pre-trance e quello di post-trance, mentre il coinvolgimento del ruolo spiega il genere di cambiamenti che si verificano. Quest’ultima dimensione è più pertinente per spiegare l’apparente automaticità del soggetto. Quanto più è inconscio il coinvolgimento del ruolo tanto più automatiche saranno le risposte.

L’ampiezza della risposta ad uno stimolo favorevole può essere considerata conseguenza della combinazione della profondità della trance e del coinvolgimento arcaico, che dipendono dal comportamento osservato. La perdita di memoria ed i comportamenti dissociati dipendono dal grado in cui muta la normale coscienza (profondità della trance), mentre le risposte emotive si comprendono meglio se si considera che dipendono dal grado in cui il soggetto entra in un rapporto di transfert con l’ipnotista (coinvolgimento arcaico). La spiegazione delle differenze individuali è in armonia con i tre concetti di profondità.

La teoria di Shor presenta varie difficoltà, in particolare è potenzialmente tautologico il concetto di trance. Shor non ha fornito un mezzo di misura delle varie profondità di trance se non attraverso il verificarsi di comportamenti che si suppone la spieghino. Le speculazioni psicologiche circa la trance però non spiegano molto, a meno che non possano essere ancorate ad eventi osservabili.

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(36) SHOR R. E., Hypnosis and the Concept of the Generalized Reality-Orientation, in Am. J. of Psychotherapy, 1959, 13, 582-602; Three Dimension of Hypnotic Depth., in Int J. of Clinical and Experimental Hypnosis, 1962, 10, 23-28. (torna al testo)

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17 — Teoria dello sviluppo interattivo

Hilgard (37) nel 1965, ha presentato una teoria ipnotica dello sviluppo interattivo basata su tre ordini di proposizioni:

proposizioni inerenti allo sviluppo (proposizioni- D ), che trattano le esperienze del soggetto, e che sono tese a spiegare il grado di risposta ipnotica del soggetto;

proposizioni di interazione (proposizioni- I ) che sottolineano i caratteri fondamentali della relazione soggetto-ipnotista, e le caratteristiche interpersonali della rispondenza affettiva;

proposizioni di stato (proposizioni- S ) hanno a che fare con lo stato ipnotico e con le caratteristiche del comportamento ipnotico e che differiscono o non vi sono necessariamente correlate, con l’interazione ipnotista-soggetto o con le esperienze storiche del soggetto. Le proposizioni-S riflettono l’ipotesi di Hilgard intorno all’unicità del comportamento ipnotico.

Egli stesso ammette la natura di tentativo delle sue proposizioni e la possibilità di revisione sulla base di evidenze empiriche nuove. Afferma anche che è una teoria limitata, in quanto le sue proposizioni si occupano solo delle differenze individuali nella prontezza di risposta.

Esaminiamo le proposizioni inerenti allo sviluppo.

Proposizione D-1 . Ogni persona ha la capacità innata di sperimentare una ipnosi profonda. Le esperienze inerenti allo sviluppo (apprendimento) riducono questa capacità. La capacità ipnotica non deve essere imparata, ma piuttosto può non essere persa. Infatti vi sono esperienze che mantengono questa abilità. La prova fondata sulla ereditarietà non è valida per dare supporto a questa affermazione o al suo contrario. La rispondenza ipnotica è un fatto normale come le altre risposte umane e può essere interrotta in ugual modo. Hilgard si riferisce per analogia all’insonnia come una rottura della risposta innata e normale al sonno.

Proposizione D-2. I modelli parentali sono ipotizzati come modelli fondamentali nel mantenere la capacità della esperienza ipnotica. Nella misura in cui i genitori sono capaci di coinvolgere, incoraggiare o tollerare «distorsioni del reale» il bambino imparerà a realizzare la «dissociazione parziale» e ad essere capace di staccarsi temporaneamente dalla realtà. Ciò gli consentirà anche da adulto di esperire l’ipnosi.

Proposizione D-3. Il periodo della mezza infanzia appare essere quello in cui le esperienze di apprendimento hanno il maggiore impatto sulla successiva rispondenza ipnotica. Da interviste è risultato che esperienze favorevoli alla distorsione della realtà, che si verificano dopo l’inizio della adolescenza, non sono correlate al livello di rispondenza ipnotica, a meno che vi siano state esperienze precedenti nello stesso senso.

Proposizione D-4. Un bambino che ha imparato ad usare la fantasia senza contrastarla sarà anche capace di incorporare nuovi interessi come la lettura e la musica. La soddisfazione derivante da queste nuove esperienze manterrà la sua propensione ad essere ipnotizzato da adulto.

Proposizione D-5. Le influenze e le identificazioni parentali svolgono un ruolo importante nel preservare, estendere o ridurre e distruggere la suscettibilità ipnotica. Questa proposizione accentua ancor di più l’importanza delle esperienze precoci anche nel comportamento ludico e dell’apprendimento attraverso modelli parentali.

Si ritiene che certi tipi di identificazione parentale favoriscano la suscettibilità ipnotica:

1) la somiglianza con il genitore del sesso opposto anche se questi non è sensibile all’ipnosi. Ciò si spiega con il fatto che è culturalmente accettabile identificarsi con gli aspetti ricreativi del «play-ego» del genitore del sesso opposto piuttosto che con gli aspetti più vincolanti del «work-ego». Perciò una identificazione incrociata è di solito compiuta nell’area della funzione che promuove la distorsione della realtà e il rilassamento dei controlli normali sopra le esperienze psicologiche;

2) se i genitori sembrano essere buoni soggetti da ipnotizzare la somiglianza con il genitore dello stesso sesso favorisce la sensibilità all’ipnosi;

3) così consegue che i soggetti altamente ipnotizzabili si identificano con i genitori altamente sensibili nella sfera del «play- ego», piuttosto che in quella del «work-ego».

Proposizione D-6. La «salute mentale» come criterio comune nella psichiatria non è correlato alla ipnotizzabilità. Hilgard ha ipotizzato che il primo fattore che favorisce la ipnotizzabilità è il modo in cui si è risolto l’adattamento alla difficoltà piuttosto che il giudizio finale circa la salute mentale del soggetto.

Proposizione D-7. Le esperienze individuali di vario genere possono produrre una rispondenza selettiva alla ipnosi. È risultato inoltre che persone che presentano circa lo stesso livello di suscettibilità, presentano anche sorprendenti differenze nel genere di comportamenti che tengono durante l’ipnosi. La validità di questa affermazione sta soprattutto nell’associare le esperienze antecedenti del soggetto con particolari tipi di item da compiere. Ad esempio le persone che sono facilmente assorbite dalla musica hanno più facilmente delle allucinazioni ipnotiche.

Vediamo ora le proposizioni interattive.

Proposizione I-1. Fino a che l’ipnotista è percepito come compiacente, sensibile, disponibile, le altre sue caratteristiche hanno poca rilevanza per la rispondenza iniziale del soggetto all’ipnotista.

Proposizione I-2. Nelle prime sedute un soggetto suscettibile impara ad entrare in trance molto più prontamente di quanto facesse inizialmente, ma ciò non significa che aumenta anche la profondità.

Proposizione I-3. Con il ripetersi delle induzioni ipnotiche da parte dello stesso ipnotista si verificano diversi tipi di transfert, le caratteristiche individuali del soggetto e dell’ipnotista fra loro in relazione diventano sempre più importanti.

Proposizione I-4. La interazione ipnotica cade facilmente in aree prive di conflitti. Se è toccata un’area conflittuale il soggetto oppone allora delle difese che possono interferire con l’ipnosi, difese del tipo di quelle di solito usate in stato di veglia. Hilgard nota che possono verificarsi però anche cambiamenti nei meccanismi difensivi in un soggetto particolare quando è ipnotizzato. L’Autore postula un cambiamento verso una difesa di tipo isterico, come la tendenza ad allontanare il materiale disturbante dalla sfera cosciente.

Proposizione I-5. Hilgard ipotizza che le diverse esperienze dissociative attivate con l’induzione e le suggestioni ipnotiche sono correlate con specifiche esperienze di sviluppo. Così il fatto che la madre dica al bambino che se gli bacerà la parte dolente il dolore sparirà costituisce un esempio di una prima esperienza che entrando a far parte del background del soggetto lo prepara ad accettare il controllo del dolore attraverso la suggestione. Esperienze opposte invece possono essere la causa di mancanza di rispondenza nel soggetto.

Proposizione I-6. Molti sono i canali (paths) che durante l’ipnosi l’induzione può attivare; se uno di questi è più forte degli altri o come struttura o come stile della personalità, l’induzione può comunicare attraverso esso e così condurre più facilmente allo stato ipnotico. Questi fattori che mantengono la rispondenza possono essere diversi ma spesso la loro combinazione non aumenta ancora di più la sensibilità del soggetto.

Secondo Hilgard, se ci fossero degli strumenti per misurare accuratamente questi canali, si potrebbero rintracciare differenze nei comportamenti tenuti durante l’ipnosi a seconda dei canali attivati attraverso i quali il soggetto è caduto in ipnosi. Tuttavia potrebbe anche esserci una sovrapposizione a causa del fattore generale osservato nel comportamento ipnotico. L’implicazione interattiva sta nella frase «l’induzione può comunicare con il canale particolare». Un soggetto può rispondere ad una parte particolare della procedura di induzione, mentre un altro ad un’altra.

Da ultimo Hildgard articola le proposizioni di stato.

Proposizione S-1. La trance è essa stessa un prodotto di suggestione e può essere considerata separatamente dalla sensibilità alle suggestioni date in questo stato. L’ipnosi non è quindi solo uno stato di ipersuggestionabilità, ma vi è un’altra componente, la trance. Infatti i soggetti riferivano di un sentimento di «entrata in trance», sebbene essi fossero altamente obiettivi nelle loro risposte alle suggestioni. Le persone fortemente suggestionabili non devono farsi ipnotizzare per dimostrare la loro suggestionabilità, tuttavia essi devono ricevere l’induzione ipnotica per sperimentare la trance.

L’induzione è un insieme di suggestioni che provocano la trance, l’ipnotista ricorda sottilmente e ripetutamente al soggetto che tipo di trance egli si aspetta.

Proposizione S-2. Sebbene vi sia un certo aumento della suggestionabilità che segue alla induzione della trance è scarso e insufficiente definirla suscettibilità. Questa proposizione nega una definizione di ipnosi basata solamente sulla risposta al test obiettivo delle suggestioni. Le scale di suscettibilità sono usate in quanto vi è uno scarso aumento della suggestionabilità che segue all’induzione di trance e anche perché la persona che risponde alle suggestioni in base alla scala è la stessa che risponderà alle suggestioni di trance e riferirà le esperienze soggettive della trance.

Proposizione S-3. L’ipnosi non si può identificare con la suggestionabilità in generale. Hilgard la distingue dagli altri comportamenti anch’essi etichettati come risultato di suggestionabilità. Altri tipi di suggestionabilità, come la credulità rispondono alla suggestione personale e non per questo sono necessariamente predittivi di suggestionabilità ipnotica.

Proposizione S-4. Lo stato ipnotico è caratterizzato da parziali e varie dissociazioni. Questa proposizione spiega come le dissociazioni parziali siano un’importante, anche se non necessario, evento, nell’ipnosi. Hilgard definisce la dissociazione come qualcosa che va al di là del riconoscimento consapevole. Per esempio nella scrittura automatica l’attenzione normale è diretta altrove e non sull’attività che si sta compiendo. L’Autore deduce che la capacità per la dissociazione può essere il risultato di una identificazione scissa con le figure parentali; ad esempio un maschio può identificarsi con il padre come ego-work e con la madre come ego-play perché lo stato ipnotico risveglia più del solito espressioni di identificazione con la madre.

La teoria di Hilgard ha deliberatamente sottolineato l’importanza della conoscenza delle differenze individuali nelle risposte ipnotiche.

Le proposizioni D suggeriscono ipotesi circa le precedenti esperienze che possono essere ritenute responsabili della differente suscettibilità ipnotica. In molti casi si è affermato che esse possono essere chiaramente misurate e correlate alle osservazioni empiriche del comportamento ipnotico. Nello stesso modo le proposizioni sono definite in maniera da incoraggiare lo studio empirico e da cercare un test della loro validità. Entrambi i gruppi di queste proposizioni tuttavia hanno qualche rilevanza in rapporto ad altre classi di osservazioni come la discontinuità del comportamento, l’automaticità del comportamento e l’ampiezza delle risposte.

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(37) HILGARD E. R., Hypnotic Susceptibility, Harcourt Brace & World Inc., New York, 1965. (torna al testo)

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18 — Teoria neo dissociativa

Lo stesso Hilgard, poi, singolarmente e insieme alla moglie, (38) ha sviluppato una diversa teoria che si può definire neodissociativa sulla base di alcune osservazioni ricavate da studi sull’anestesia in ipnosi.

Essi, ricordando come il dolore si manifesti sia come dolore sensoriale che come sofferenza, cioè esperienza soggettiva consapevole, hanno constatato strumentalmente che l’anestesia ipnotica toglie la sofferenza ma non elimina il dolore sensoriale. Infatti le risposte fisiologiche dell’ipnotizzato in anestesia sono quelle di un organismo che sta soffrendo. Eppure se al soggetto ipnotizzato si chiede se stia soffrendo, questi lo nega.

Hilgard ha intervistato ulteriormente gli ipnotizzati attraverso il metodo della scrittura automatica, riscontrando che, nonostante negassero verbalmente la sofferenza, essi scrivevano di soffrire. Ha proposto la metafora dell’«osservatore nascosto» che corrisponderebbe ad una parte dissociata dell’Io.

A mio parere questo osservatore nascosto altro non è che una parte di cui è formata la personalità, cioè gli altri dentro di noi. Noi non solo compiamo delle azioni ma ci osserviamo compierle. Così in condizioni particolari come quelle che stiamo studiando, il soggetto a causa delle circostanze prova sensazioni di dolore ma al tempo stesso viene indotto a non esperirle come tali vivendo simultaneamente questa esperienza contraddittoria.

Questa situazione comunque ha indotto Ernest Hilgard a proporre una teoria neodissociativa dell’ipnosi generalizzando questi studi sulla anestesia. L’esistenza di una risposta aperta e di una risposta coperta al dolore gli suggerisce la presenza nella consapevolezza di sistemi di controllo alternativi. L’ipnosi in questo senso sarebbe in grado di alterare i rapporti tra le gerarchie di questi sistemi di controllo attraverso una scissione della consapevolezza.

La teoria di Hilgard si riferisce sia all’ipnosi come stato, sia all’ipnosi come tratto della personalità, ma essenzialmente è diretta allo studio dei processi causali dell’ipnosi come stato.

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(38) HILGARD J. R., HILGARD E. R., Hypnosis in the Relief of Pain, Kaufmann, Los Altos, 1975; HILGARD E. R., Divided Consciousness, cit. (torna al testo)

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19 — La logica della trance

Orne, che come abbiamo già visto, ha dato un notevole contributo al perfezionamento della tecnica sperimentale, indicando la necessità di utilizzare gruppi di simulatori, come teorico del fenomeno ipnotico rientra nel gruppo così detto scettico, ritenendo però, al contrario dei teorici che esaminerò tra poco, che essa rappresenti uno stato di coscienza peculiare (39).

Egli ritiene che la manifestazione principale dello stato di trance sia la logica della trance, che consiste nella possibilità, per il soggetto, di accettare delle incongruenze logiche.

Orne ha dato alcune dimostrazioni interessanti di questo fenomeno. Per esempio ad un soggetto profondamente ipnotizzato viene dato un suggerimento : «Il numero tre non ha più senso, l’idea del tre è un concetto senza significato». Al soggetto vengono quindi proposti vari quesiti aritmetici, quali «Quanto fa due più uno?». In base alle sue assunzioni sussidiarie, il soggetto evolve rapidamente una nuova logica aritmetica che non coinvolge il numero tre. Alla domanda «quanto fa due più uno?» risponde «quattro». Alla domanda «quanto fa sei diviso due» risponde «due» o «quattro» a secondo delle assunzioni sussidiarie (40). Ad una persona alla quale avevo suggerito di dimenticare l’esistenza del numero quattro, ho chiesto : «Quanto fa due più due?» mi ha risposto «tre più Uno».

Le incongruenze logiche che si riscontrano sono solitamente tanto ovvie che è da escludere che il soggetto, se simulasse volontariamente, «cadrebbe» in simili banalità. È per questo che Orne ritiene che l’incongnienza logica di cui parliamo segnali una condizione psicologica particolare. Regredendo un soggetto ad una età in cui non mi conosceva mi diceva: «Non ti conosco eppure sento che ti conosco».

Orne ha anche enfatizzato molto il controllo sociale che si verifica in ipnosi. All’inizio di una conferenza universitaria, chiese ad uno studente di togliersi la giacca, ad un altro di scambiare la cravatta con il vicino, a un altro ancora di togliersi le scarpe. Gli studenti eseguivano questi atti senza senso, dimostrando completa compiacenza alla richieste del professore, il quale fece notare loro che, se le stesse richieste fossero state fatte in una situazione diversa (es. in autobus, in un bar, ecc.) non sarebbero state eseguite, mentre se fossero state fatte in una situazione di ipnosi, tutti i presenti non avrebbero mancato di osservare come il soggetto fosse incapace di resistere alla volontà dell’ipnotista che «gli fa fare quello che vuole».

Il comportamento degli studenti aveva invece dimostrato che tali atti potevano essere provocati anche da svegli da una semplice richiesta del conferenziere; questo perché Orne come professore, e in più di psicologia, aveva un controllo sociale sugli studenti assai elevato e questi ultimi erano così pronti ad assecondarlo nei suoi esperimenti.

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(39) ORNE M. T., The Nature of Hypnosis: Antifact and Essence, in SHOR R., ORNE M. T., The Nature of Hypnosis, Holt, Rinehart, Winston, 1965, 89 s. (torna al testo)

(40) cfr. TART C. H., Stati di coscienza, Astrolabio, Roma, 1977. (torna al testo)

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20 — Role-enactment

I più autorevoli sostenitori dell’approccio scettico sono Sarbin e Barber. Essi insieme a vari collaboratori, hanno messo seriamente in dubbio che l’ipnosi rappresenti uno stato di coscienza peculiare.

Sarbin considera lo stato ipnotico come un role-enactment, l’investirsi cioè della parte dell’ipnotizzato non distinguendolo dal coinvolgimento emozionale che avviene nella recitazione, tanto è vero che facendo recitare delle pantomime a dei soggetti in condizioni di veglia gli esperti di recitazione diedero una votazione che era congrua con la valutazione che ottenevano con una scala appropriata per valutare la loro ipnotizzabilità: i buoni soggetti ipnotici, cioè, erano anche dei buoni attori e viceversa (41).

La role-theory pur non negando che l’esperienza ipnotica possa essere densa di significato e drammatica per il soggetto, non vede la condotta ipnotica come unica ed isolata da altre forme di comportamento sociale e psicologico e come sostenuta da un processo specifico; cerca di conoscerne l’essenza studiando gli eventi antecedenti e concorrenti, associati a differenze individuali con le quali la persona esegue il ruolo ipnotico.

Sarbin e Andersen descrivono sei variabili psicologiche in causa nel gioco del ruolo ipnotico: validità delle aspettive del soggetto circa il ruolo; precisione della percezione del ruolo; rilevanti capacità per il ruolo, congruenza tra ruolo e soggetto, sensibilità alle richieste del ruolo, sensibilità al rinforzo fornito dagli spettatori.

Viste dettagliatamente queste variabili sono:

1) aspettative circa il ruolo: riguarda lo sviluppo delle percezioni positive del ruolo, per comportarsi in modo appropriato;

2) precisione nella percezione del ruolo: riguarda l’abilità del soggetto a trovare il ruolo appropriato nella situazione specifica.

Nella situazione ipnotica l’ipnotista, affermandosi come professionista competente, emette informazioni che il soggetto utilizza almeno in parte per identificare ciò che gli viene richiesto, proprio in quanto soggetto ipnotico;

3) rilevanti capacità per il ruolo: riguardano il grado con cui il soggetto possiede le abilità richieste da un ruolo particolare, la capacità di identificarlo correttamente, di sviluppare aspettative positive, armonizzando l’Io ed il ruolo;

4) congruenza tra ruolo e soggetto: è il grado con cui le caratteristiche del soggetto si armonizzano con il ruolo richiesto. Questa variabile si manifesta specialmente nel periodo preparatorio all’induzione, in cui il soggetto riceve informazioni sull’ipnosi e viene stimolato perché offra una buona prestazione;

5) sensibilità alle richieste del ruolo: riguarda le modalità con cui il comportamento è espresso in termini di regole della società o di costumi sociali. Nella maggior parte delle situazioni sociali ed interpersonali vi sono limitazioni alle modalità di comunicazione e di espressione: tali limiti sono presenti anche nella situazione ipnotica ed aiutano il soggetto a reagire in modo adeguato;

6) sensibilità al rinforzo fornito dagli spettatori: nella situazione ipnotica, il modo od il grado con cui l’ipnotista manifesta la sua approvazione alla prestazione del soggetto può aiutare a continuare nella prestazione positiva.

La sua elaborazione non si limita però a questi fattori; mentre infatti all’inizio accettava la formulazione dell’ipnosi come «stato alterato di coscienza», a poco a poco tende a rifiutare questa posizione per la sua implicita tautologia (i soggetti rispondono alle suggestioni perché sono in stato ipnotico, il quale a sua volta è rivelato dalla risposta dei soggetti alle suggestioni) e a descrivere piuttosto l’ipnosi come risposta ad «immaginazioni ritenute reali».

Sarbin tuttavia riconosce che durante le situazioni ipnotiche avvengono alterazioni di processi cognitivi ed accetta le testimonianze dei soggetti ipnotizzati sulle loro esperienze come un probabile indice di alterazione soggettiva. Alcune di queste testimonianze mostrano la percezione interiore di un avvenimento contrario alla realtà obiettiva ed espresso con intensa convinzione. E nota che i soggetti si differenziano nella intensità con cui credono alle loro fantasie e nelle circostanze in cui sperimentano tali fenomeni. Postula un continuum nella convinzione soggettiva correlato alle differenze individuali nella suscettibilità ipnotica, assumendo le condizioni ipnotiche come «immaginazioni» privilegia le circostanze sociali, situazionali e di aspettativa e le variabili di ruolo come elementi determinanti per la risposta, anzi si definisce un contestualista.

Si considerino le suggestioni di allucinazioni e di credere di essere un bambino piccolo.

In tali suggestioni, distinte da quelle di sogno ipnotico, le «caratteristiche» della situazione servono ad enfatizzare la richiesta di una particolare accuratezza da parte del soggetto, difatti spesso l’ipnotista si rivolge al soggetto adulto col tono di chi sta parlando ad un bambino.

Nella regressione di età in ipnosi, il soggetto regredito si comporta allora come un bambino per soddisfare l’ipnotista sulla genuinità del suo comportamento. Il soggetto rivive l’esperienza suggerita dall’ipnotista come se fosse reale, ed è la specificità della richiesta che determina per gran parte quanto il soggetto abbellirà, colorerà il suo resoconto.

Per Sarbin la concettualizzazione dell’immaginazione, del ricoprire un ruolo, è legata alla dimensione del «come se». L’imparare a rinvestire un ruolo, per esempio, dipende dall’abilità con cui il soggetto tratta gli oggetti, gli eventi come se fossero qualcosa d’altro, e la capacità che il soggetto mostra nel tenere e rivestire tale ruolo può essere definita come il grado del suo successo nel manifestare un comportamento «come se».

Si può dire che il comportamento «come se» del soggetto ipnotizzato ha lo stesso fondamento di quello in cui normalmente un soggetto immagina o fantastica un oggetto recentemente visto, e ne riferisce come se quella precedente esperienza stesse accadendo nell’attualità.

Un soggetto ipnotizzato che dice di avere un’immagine mentale di un giardino non sta contemplando una somiglianza del giardino nel senso proprio del termine, ma è paragonabile ad uno spettatore del giardino in modo che si comporta come se lo stesse percependo. Da questo comportamento noi deduciamo il processo di immaginazione.

Secondo Sarbin, dunque l’immaginazione rappresenterebbe una sorta di «come se» certi accadimenti ipotetici veramente accadessero; consisterebbe dunque più in una azione che in un attributo mentale che come tale sarebbe soltanto la reificazione di una metafora. Potrebbe allora spiegarsi perché l’immaginarsi il movimento di un braccio provochi il movimento stesso: la risposta ideomotoria non sarebbe una traduzione in atto della immaginazione in quanto l’immaginazione è già un’azione.

La formula «come se» è condizionale, implica cioè che la condizione è irreale e impossibile. L’immaginazione non è il percepire e non si possono identificare. Non è il fatto impossibile per se stesso che è assunto come reale, ma la maniera di considerare il fatto in questione è paragonata alle conseguenze che discendono da esso, e che sono necessariamente legate a questo. Ciò non esclude che vi sia una stretta corrispondenza fra il comportamento di immaginazione e quello di percezione. Tale corrispondenza dipende dalle richieste di accuratezza suggerite dall’ipnotista. Se colui che immagina agisce come se qualcosa sia realmente un avvenimento, deve essere così abile e realistico da convincere della sua pretesa, in modo che colui che lo osserva fallisca nel tentativo di smascherare che tale corrispondenza è suggerita, la fantasia sembra particolarmente credibile e la probabilità di confusione aumenta. Così il soggetto ipnotizzato buon immaginatore si comporta come se l’oggetto «allucinato» fosse presente, e se ciò avviene in maniera convincente, il comportamento verso l’oggetto immaginato sarà quello suggerito dall’ipnotista, simile a quello del percepire.

Gli eventi immaginari sotto la direzione implicita o esplicita dell’ipnotista rendono il soggetto capace di reagire alle suggestioni come se fossero letteralmente veri. Le parole dell’ipnotista contenute nella suggestione determinano il modo in cui il soggetto si conforma a queste ultime, che possono variare considerevolmente nelle costrizioni poste al soggetto. Ed è altrettanto vero che le istruzioni dell’ipnotista determinano l’attività immaginifica e fantastica, processi fra loro distinti.

L’immagine enfatizza la qualità degli oggetti specifici, come suggerito dall’ipnotista, e serve a rievocare l’esperienza percettiva in una maniera più letterale che la fantasia. Se agisce «come se» in maniera poco convinta la pro-adatta all’ipnotizzato quando con suggestioni gli si «fa credere di», cioè quando manca una precisa costrizione nelle esplicite domande dell’ipnotista di conformarsi alla realtà. Entrambe però sono necessarie al soggetto per permettergli di comportarsi come se ciò che l’ipnotista dice fosse vero.

Occorre però non dimenticare che la teoria del rivestire un ruolo non basta da sola a spiegare la fenomenologia ipnotica. Infatti il soggetto ipnotizzato non solo può comportarsi come se le sue immaginazioni fossero reali, ma sperimentarle egli stesso come tali.

Io stesso però ho potuto constatare come i fenomeni che consideriamo riferiti all’ipnosi non si possano imputare solamente all’assunzione di un ruolo dell’ipnotizzato: un giovane scolaro in una situazione non sperimentale, davanti alla madre, senza che questo sapesse che mi occupo di psicologia e che sono un ipnotista, è stato da me ipnotizzato con una tecnica indiretta semplicemente osservando come un suo ultimo insuccesso scolastico poteva dipendere da una certa difficoltà a concentrarsi ed invitandolo, così, a fissare la sua attenzione sul pollice e l’indice della mano destra, facendo notare come si sarebbero pian piano avvicinati… quindi toccati, quindi incollati, ecc. In quell’occasione riuscii a produrre regressione d’età, allucinazioni positive o negative e trans-identificazione (col suo professore di religione, ecc).

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(41) SARBIN T., Contributions to Role Taking Theory: 1) Hypnotic Behavior, in SHOR R., ORNE M., The Nature of Hypnosis, cit., 234; SARBIN T., ANDERSEN M., Role Theoretical Analysis of Hypnotic Behavior, in GORDON E., op. cit., 319; SARBIN T., COE K., Hypnosis, a Social Psychological Analysis of Influence Communication, Holt, Rinehart, Winston, New York, 1972. (torna al testo)