Il medico e la medicina

Scienza ed EsoterismoIl fatto che si possa oggi distinguere tra due differenti tipi di medicina, l’allopatica e l’omeopatica, è un chiaro indizio di come si sia ormai perduto ogni ricordo di quell’arte antica, fondata secondo il mito da Esculapio, che richiedeva per essere praticata una conoscenza approfondita di tutte le scienze e dell’anima umana.
Da Ippocrate a Paracelso la medicina “misteriosofica”, la spagyria e l’alchimia si sono proposte di guarire le malattie stabilendo analogie tra il microcosmo interno all’uomo ed il macrocosmo.

Il Medico e la Medicina

di Alessandro Orlandi

“Per quale ragione infatti l’uomo è bramoso di mangiare, se non perché è costituito di terra? E perché desidera bere? Perché fatto di acqua. Perché il respiro? Perché è fatto d’aria. Perché il calore? Perché è di fuoco… dal che consegue che l’uomo attraverso il suo medico deve conquistare la conoscenza. Giacché Dio ha creato quest’ultimo tale da poter dire chi tu sia, da cosa sei afferrato e legato, e con che cosa devi essere liberato.” – (Paracelso – Paragrano – II)

L’Imperatore Giallo chiese: “mi risulta che anticamente la cura delle malattie consisteva principalmente nel trasmettere l’Essenza e nella trasformazione del Principio Vitale. Si invocavano gli Dei e questo era il metodo di cura. La generazione attuale cura le malattie interne con le medicine tossiche e tratta le malattie esterne per mezzo dell’agopuntura, e talvolta il paziente può essere guarito, ma talvolta non viene guarito. Come lo spiegate?” – (KuangZi – Nei Ching – IV)

Il fatto che si possa oggi distinguere tra due differenti tipi di medicina, l’allopatica e l’omeopatica, è un chiaro indizio di come si sia ormai perduto ogni ricordo di quell’arte antica, fondata secondo il mito da Esculapio, che richiedeva per essere praticata una conoscenza approfondita di tutte le scienze e dell’anima umana.

Da Ippocrate a Paracelso la medicina “misteriosofica”, la spagyria e l’alchimia si sono proposte di guarire le malattie stabilendo analogie tra il microcosmo interno all’uomo (le parti del corpo umano, gli organi interni, la psiche e i suoi tratti, i vari fluidi e umori corporei ecc.) ed il macrocosmo (gli astri, i metalli, le piante, gli animali, i diversi cicli della natura, l’equilibrio tra i quattro elementi, ecc.).

L’odierna medicina allopatica si serve di farmaci e prescrizioni che curano il male con l’intento di scacciare dall’organismo gli agenti che lo hanno provocato. Le sostanze ed i rimedi utilizzati tendono così ad avere una natura “opposta” a quella della malattia ed il processo di guarigione viene visto come il termine di un conflitto da cui il malato è uscito vincitore.

La visione delle cose che prevale nella medicina allopatica è che ogni malattia si possa sostanzialmente descrivere come un’aggressione dall’esterno subita dal corpo umano e che dunque per ristabilire una situazione di equilibrio si debbano da una parte rinforzare le difese immunitarie, dall’altra indebolire e debellare le cause patogene.

Nel tracciare il quadro clinico di una persona i medici allopatici devono riconoscere attraverso i sintomi diretti ed indiretti qual è la parte malata ed il male che l’affligge. Esiste a questo scopo una vastissima casistica che per ogni organo, descritti certi sintomi, li classifica facendoli risalire ad una causa e ad una malattia, per curare la quale vi sono certi farmaci prestabiliti.

Il bravo medico allopatico dovrebbe essere dunque colui che possiede o ha la possibilità di attingere ad una quantità di nozioni quasi infinita che gli permette di risalire dalle informazioni che il malato gli fornisce al rimedio per curarlo.

Poiché, col procedere delle scienze, questo è divenuto del tutto impossibile, si è andata affermando la figura dello specialista, un medico che sa tutto sulla sintomatologia di alcune funzioni e parti del corpo umano e si occupa solo episodicamente di ciò che esula dal suo ambito di competenza.

Sono d’altro canto i ricercatori puri, biologi e chimici, e le industrie farmaceutiche che li finanziano, ad occuparsi di analizzare la natura delle singole malattie per cercare di sintetizzare dei farmaci efficaci. Se da un lato gli interessi economici delle industrie farmaceutiche non sempre si traducono in una accresciuta qualità dei loro prodotti, dall’altro la specializzazione dei medici si accompagna con una crescente disumanizzazione della medicina.

La perdita della visione d’insieme, capace di inquadrare il disagio fisico del malato nel contesto delle sue caratteristiche psichiche e spirituali, conduce ad un rozzo materialismo che sa riconoscere come cause effettive e reali di una malattia solo quelle tangibili e corporee, rilevabili da un’analisi del sangue o da una radiografia.

Tutti gli sforzi vengono inoltre concentrati sulla parte malata, come se questa avesse un’esistenza indipendente dall’essere umano di cui fa parte.

Il degente viene allora riconosciuto e trattato come l’involucro che circonda l’organo malato e le medicine che gli vengono somministrate, aggredendo il male, spesso squilibrano l’intero organismo provocandogli danni irreparabili.

La medicina allopatica ha condotto nel tempo sia a un totale snaturamento dell’arte del curare, che ad un pervertirsi della figura morale ed umana del medico. È lo stesso presupposto su cui essa si fonda ad essere la causa prima di questa degenerazione.

La malattia fa parte del malato, così come la sofferenza del sofferente, ed è insensato tentare di scacciarla con la violenza, come parte intrusa nel corpo in cui è entrata. La nostra esistenza è un fluire ininterrotto di energie vitali dall’interno verso l’esterno e dall’esterno verso l’interno. L’equilibrio tra l’Io ed il Tu è garantito da un uso retto del principio di equivalenza che impieghiamo per paragonarci all’altro da noi, al polo opposto che ci definisce e ci delimita.

La malattia è prodotta da una rottura di questo equilibrio che conduce, potremmo dire, ad un’accelerazione del processo naturale di invecchiamento. Tale accelerazione è la conseguenza di uno squilibrio tra le funzioni cui presiedono i quattro elementi. Ogni eccesso si traduce infatti in un rovesciamento tra l’Io ed il Tu, per quella legge dei solstizi che è raffigurata nell’anno, nel giorno e dei cicli della luna.

Vi sono, in ogni malattia, due aspetti: uno che riguarda l’Io è quello manifesto: un veleno è entrato in ciò che avvertiamo come nostro essere e ne sta minando le basi; ci siamo nutriti del nostro essere. [1] Il secondo aspetto è quello occulto e riguarda il Tu: se il male può avere presa su di noi è perché inquiniamo la fonte da cui traiamo le nostre energie vitali, scegliendo come ricettacolo delle nostre proiezioni e volizioni un insieme di punti di riferimento da cui non possiamo essere né delimitati né definiti ma che anzi operano per la nostra dissoluzione.

Dirigendo le nostre energie, le nostre passioni e la nostra attenzione nella direzione sbagliata finiremmo col far ammalare il nostro Tu, lo specchio notturno ed invisibile dell’Io.

Mentre la medicina allopatica è una medicina dell’Io, cioè cura i sintomi cercando di scacciare il veleno che è entrato in noi, la medicina omeopatica è una medicina del Tu: essa si propone di rimuovere le cause profonde del male e deve dunque far cessare quelle identificazioni e quelle proiezioni che lo hanno generato.

Da tale punto di vista, allora, il veleno è identico alla medicina. Infatti anche il mio Tu, se non mi è destinato né mi corrisponde, si è in un certo senso “ammalato al contrario” per via delle mie energie che lo hanno alimentato. Restituendo al Tu ciò che gli appartiene, sanando il Tu con il somministrargli un rimedio di natura analoga al male che affligge l’Io, si ottiene infine la reintegrazione di entrambi. La medicina allopatica e quella omeopatica sono i due lati di una stessa medaglia: chi deve dissetarsi ad una fonte inquinata può scegliere di disinfettare ogni volta l’acqua prima di berla oppure di purificare la fonte.

Il vero medico è quindi colui che sa come trasformare il veleno in medicina. Stabilito che ogni squilibrio ha la sua causa in un uso errato del principio di equivalenza, del mediatore, e che la conoscenza del veleno è identica alla conoscenza della medicina, la figura del medico dovrebbe identificarsi con quella di un sapiente conoscitore di anime.

A parte il fatto che è diventato oggi assai difficile imbattersi in un simile medico, è soltanto una entità interiore che può veramente guarirci, e cioè il nostro mercurio segreto, anche se esso si manifesta talvolta sotto le spoglie di un personaggio esterno.

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Note

1. In “Uscite dal mondo” Zolla argomenta come nelle civiltà arcaiche il male (e la malattia), fisico o spirituale che sia, venga riferito ad una deviazione della propria essenza e, dunque, al veneficio ed alla possessione, alla fascinazione, alla perdita di sé stessi. La cura consiste quindi, sempre, in una reintegrazione. Il diritto, ci dice anche Zolla, nasce per gli stessi motivi per i quali nasce la medicina, cioè per restaurare gli squilibri mediante riti e sacrifici e la radice “med” di medicina e medico proviene dall’antico osco e significa “giudice”. Per questo, scrive Zolla, il medico ed il giudice erano la stessa persona, ossia lo sciamano. (torna al testo)

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