Antologia dell’«Encyclopédie» di Diderot e D’Alembert
È la delazione di un crimine o delitto, vero o falso, fatta ad un funzionario della Giustizia da un privato che non ha affatto particolare interesse alla punizione di quel delitto, delazione accolta senza prove.
Si capisce già da questa definizione che le accuse segrete sono un evidente abuso, sebbene consacrato dalla consuetudine di parecchi paesi. Esse vi sono utili solo in conseguenza della debolezza del governo. E rendono gli uomini falsi e perfidi. Colui che può sospettare un delatore in un suo concittadino, non tarda a vedervi un nemico; ci si abitua a mascherare i propri sentimenti, e l’abitudine che si assume di tenerli nascosti agli altri ci riduce ben tosto a nasconderli a noi stessi. Infelici gli uomini che vivono in tale triste situazione! Errano come su un immenso mare, preoccupati unicamente di salvarsi dai delatori, come da altrettanti mostri che li possono divorare, e l’incertezza dell’avvenire cosparge per loro di amarezza il momento presente. Privati dei dolci piaceri della tranquillità e della sicurezza, solo pochi istanti di gioia raccolti qua e là nella loro sciagurata vita, e goduti in fretta e nel timore, li consolano di aver vissuto. E sarà forse fra tali uomini che si potranno trovare intrepidi soldati, difensori del trono e della patria? o magistrati incorruttibili che possano sostenere e sviluppare gli autentici interessi del sovrano con una eloquenza libera e patriottica, e che guadagnino al trono, oltre ai tributi, l’amore e le benedizioni di tutti gli ordini dei cittadini, ottenendone, sia per i palazzi dei grandi che per le umili dimore del povero, sicurezza e pace e l’industriosa speranza di migliorare la propria sorte, lievito così utile allo sviluppo e alle basi della vita degli Stati? Chi potrà difendersi dalla calunnia, quando lo assale, protetta da quello scudo impenetrabile della tirannide che è il segreto? E che governo miserevole è mai quello in cui il potere sospetta un nemico in ciascuno dei suoi sudditi e si crede obbligato, per la tranquillità pubblica, a turbare quella del singolo cittadino! Quali sono dunque i motivi con cui si pretende di giustificare le accuse e le pene segrete? La tranquillità pubblica, la conservazione della forma del governo? Bisogna ammettere che è una ben strana costituzione, quella in cui il governo, che ha già dalla sua la forza e l’opinione, teme ancora ogni privato… La sicurezza dell’accusatore? Allora le leggi non lo difendono abbastanza, e certi sudditi sono più potenti del governo e delle leggi? La necessità di evitare al delatore l’infamia? È come dire che, in quello stesso Stato, la calunnia pubblica sarà punita, e quella segreta premiata. La natura del delitto? Se delle azioni indifferenti o anzi utili al bene pubblico vengono deferite e punite come criminali, si ha ben ragione: l’accusa e il giudizio non saranno mai abbastanza segreti. Ma può esistere un delitto, cioè una violazione dei diritti della società, che, nell’interesse di tutti, non si debba processare pubblicamente? Io rispetto tutti i governi, e non voglio parlare di nessuno in particolare. Ci si trova talvolta in tali circostanze, che gli abusi sono inerenti alla costituzione di uno Stato, e si può credere che non sia possibile estirparli senza distruggere il corpo politico. Il Montesquieu ha già detto che le accuse pubbliche sono conformi alla natura del governo repubblicano, nel quale lo zelo del bene pubblico deve essere la prima passione dei cittadini; mentre nelle monarchie, in cui un tal sentimento è più debole per la natura stessa del governo, è savio stabilire dei magistrati che, prendendo le parti dell’accusa pubblica, perseguano chi infrange le leggi. Ma qualunque governo, sia repubblicano che monarchico, deve infliggere al calunniatore la stessa pena con cui è colpito il delitto che egli ha denunciato. |