Letture d'EsoterismoAntologia dell’«Encyclopédie» di Diderot e D’Alembert

Sistema è la disposizione delle differenti parti del corpo di una tecnica o di una scienza in modo che esse si sostengano tutte mutuamente e le ultime si spieghino mediante le prime.
Le parti che rendono ragione delle altre si chiamano princìpi; e il sistema è tanto più perfetto quanto minore è il numero dei princìpi; l’ideale è anzi che i princìpi si riducano a uno solo…

Antologia dell’«Encyclopédie» di Diderot e D’Alembert

curato da Roberta Giammaria

Sistema

Sistema è la disposizione delle differenti parti del corpo di una tecnica o di una scienza in modo che esse si sostengano tutte mutuamente e le ultime si spieghino mediante le prime.

Le parti che rendono ragione delle altre si chiamano princìpi; e il sistema è tanto più perfetto quanto minore è il numero dei princìpi; l’ideale è anzi che i princìpi si riducano a uno solo, giacché, come in un orologio c’è una molla principale da cui dipendono tutte le altre, così in tutti i sistemi deve esserci un primo principio al quale si subordinano tutte le diverse componenti.

Nelle opere dei filosofi si possono rilevare tre generi di princìpi da cui scaturiscono tre generi di sistemi.

Il primo genere di princìpi è costituito da massime generali e astratte. Si richiede che esse siano così evidenti o così ben dimostrate che sia impossibile revocarle in dubbio. I filosofi hanno attribuito una tale virtù a queste massime da sentirsi naturalmente indotti a moltiplicare senza posa. I metafisici si sono distinti in questo lavoro: Descartes, Melebranche, Leibniz e compagni, ce ne hanno prodigate quante se ne vogliono, e ormai dobbiamo prendercela solo con noi se non riusciamo a penetrare le cose più nascoste.

Il secondo genere di princìpi è costituito da supposizioni immaginate per spiegare cose di cui altrimenti non si saprebbe rendere ragione. Se le supposizioni non sembrano impossibili e forniscono qualche spiegazione di fenomeni noti, i filosofi non dubitano di avere scoperto i veri meccanismi della natura. Ai filosofi non pare possibile che sia falsa un’ipotesi che avanza soluzioni felici: di qui l’opinione che la spiegazione dei fenomeni dimostri la verità di una supposizione e che dunque un sistema venga giudicato non tanto dai suoi principi in sé quanto dalla sua capacità di rendere ragione delle cose. L’insufficienza delle massime più astratte e generali ha spinto a ricorrere a questo genere di supposizioni. I metafisici sono stati altrettanto inventivi in questa seconda specie di princìpi che nella prima.

Il terzo genere di princìpi è costituito da fatti appresi, constatati e raccolti dall’esperienza. I veri sistemi si fondano sui princìpi di quest’ultima specie. Anzi, solo le costruzioni basate su codesti princìpi fattuali meritano propriamente il nome di «sistema».

Di conseguenza, chiamerò sistemi astratti quelli che dipendono da meri princìpi astratti, ipotesi quelli che hanno soltanto delle supposizioni a loro fondamento, e sistemi genuini quelli che poggiano unicamente su fatti pienamente assodati.

L’abate di Condillac nel suo Traité des systèmes si è impegnato soprattutto nello studio di tutti i sistemi astratti. Secondo lui, i princìpi astratti in uso sono di tre tipi: i primi sono proposizioni generali perfettamente vere in tutti i casi; i secondi sono proposizioni vere per certi aspetti più appariscenti e che quindi si è portati a credere vere per tutti gli aspetti; i terzi sono proposizioni che esprimono rapporti vaghi che si immaginano sussistere tra cose di differente natura.

Ora, i princìpi astratti del primo tipo non conducono a nulla. Per esempio, un geometra potrà meditare quanto vorrà sulle massime come «il tutto è uguale alla somma delle sue parti», «aggiungendo grandezze eguali a grandezze eguali le somme risultanti saranno eguali, aggiungendo grandezze diseguali le somme risultanti saranno diseguali»: non lo aiuteranno certo a diventare profondo nella sua materia. Se non è dato a nessuno di diventare, dopo poche ore di meditazione, un Condé, un Turenne, un Richelieu, un Colbert, benché l’arte militare, la politica e la finanza abbiano come tutte le altre scienze i loro princìpi generali di cui si possono rapidamente scoprire tutte le conseguenze, perché mai un filosofo dovrebbe diventare di colpo sapiente e la natura non avere per lui più segreti, semplicemente in virtù dell’incantesimo di due o tre proposizioni fondamentali? Questo paragone basta a fare vedere quanto si illudano quei filosofi speculativi che ripongono una così grande fecondità nei princìpi generali. Quanto ai princìpi astratti degli altri due tipi non fanno altro che indurre in errore – come l’autore del Traité des systèmes ha voluto dimostrare, discutendo, fra l’altro, Bayle, Descartes, Melebranche, Leibniz, il teorico della cosiddetta «azione di Dio sulla creatura», e Spinoza.

In generale il grande difetto dei sistemi astratti sta nel loro ruotare intorno a nozioni vaghe e mal determinate, a parole prive di senso, a continui equivoci. Locke paragona ingegnosamente codesti facitori di sistemi a persone che, senza denaro e senza conoscere le monete che hanno corso regolare, mettano insieme delle grandi quantità di gettoni, chiamando i gettoni luigi, libbre e scudi, e credendo così di avere a che fare con grandi somme di denaro. Avranno un bel contare, i loro calcoli riguarderanno sempre soltanto dei gettoni; così i costruttori di sistemi astratti: avranno un bel ragionare e argomentare, le loro conclusioni saranno sempre soltanto vuote parole.

Insomma, questi sistemi astratti, ben lungi dal dissipare il caos della metafisica, non servono ad altro che ad abbagliare l’immaginazione con l’arditezza delle loro conseguenze, a sedurre lo spirito con i luccichii di una falsa evidenza, a nutrire l’intelletto dei più mostruosi errori; questi sistemi astratti giovano soltanto a riproporre eternamente le stesse dispute e a rinfocolare l’acre furore delle polemiche.

Con ciò non si vuole dire che fra questi sistemi non ce ne siano di meritevoli di elogi. Ci sono anzi delle opere che ci obbligano all’ammirazione. Rassomigliano a palazzi di altissimo pregio artistico per il gusto, gli agi, la grandiosità e magnificenza, palazzi tuttavia costruiti su fondamenta così poco solide da dare l’impressione di stare su per magia. Un architetto che costruisse simili palazzi riceverebbe certo degli elogi, che però sarebbero controbilanciati da una critica severa per la sua imprudenza: si giudicherebbe quale follia la più insigne l’aver costruito su fondamenta così deboli un così superbo edificio; e pur ammettendo che il palazzo fosse l’opera di uno spirito superiore e che le sue pietre fossero disposte in un ordine mirabile, nessuno sarebbe così imprudente da andarci ad abitare.

Queste opere che pretendono di spiegare la natura mediante qualche principio astratto non meritano evidentemente di essere chiamate propriamente “sistema”, se vogliamo conservare a questo termine la connotazione della scientificità. Sistemi saranno invece dette più giustamente le ipotesi teoriche.

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