Come per ogni altro arcano, anche l’interpretazione di questo segno sottostà alla intuitività dell’osservatore, secondo una scala di priorità come quella enunciata da Dante e riportata alla prima pagina di questo lavoro.
Come per ogni altro arcano, anche l’interpretazione di questo segno sottostà alla intuitività dell’osservatore, secondo una scala di priorità come quella enunciata da Dante e riportata alla prima pagina di questo lavoro. Al livello più semplice si riportano i due triangoli dell’esagramma alla metafora della scala di Giacobbe “… entità angeliche che scendono e che risalgono al cielo…”. La via ascendente è incomprensibile a quanti attendono passivamente che avvenga un evento salvifico (v. temperamento devozionale, e femminino). È la via di chi tende a riconquistare attivamente un sopito stato di coscienza regale (temperamento volitivo, mascolino). La via ascendente, perciò, è quella che dall’Ars Regia porta all’Ars Pontificia (v.).
L’ esagramma è la forma geometrica che più corrisponde all’evoluzione umana. Che insegnamenti iniziatici avanzati distinguono, a ragione, tra iniziazione ascendente ed iniziazione discendente. Solo quando gli effetti dell’iniziazione ascendente (frutto degli sforzi della volontà personale) s’incontrano con quelli dell’iniziazione discendente (frutto degli sforzi della volontà della coscienza – ego – superiore) l’Opera di trasmutazione o metamorfosi iniziatica, può dirsi completata.
La sua deformazione, infatti, è dovuta alla diversità della sostanza di cui si riveste (pensieri, sensazioni e sentimenti della ragione fisica) per “apparire” in quei piani di esistenza. L’apparente diversità, perciò, è dovuta alla sostanza del rivestimento esteriore, non alla colpa di essere ad un livello più “basso” (esteriore) di quello sottile. Contro questo distinguo “tecnico” s’infrange il mito dell’angelo decaduto e del conseguente “peccato”. L’angelo “decaduto”, in realtà, è un pioniere della materia. È la nostra coscienza sottile posta dentro una guaina d’insensibilità materiale: che la rende, per così dire, estranea alla propria realtà interiore in quanto assordata dal tramestio caotico del mondo esteriore. E a ben guardare, questo viene mostrato nel primo viaggio d’iniziazione al grado di Apprendista Libero Muratore, quando il neofito è accecato da una benda, è costretto ad avanzare tra irti ostacoli e tra rumori assordanti di cui non comprende la causa. Il processo iniziatico, dunque, serve a riportare alla luce della coscienza fisica “l’angelo” ch’è in noi, attraverso l’opera di ripulitura chiamata metamorfosi o trasmutazione iniziatica, di cui tratteremo con la sephira Da’ath. Che sia questo il fine dell’iniziazione è indiscutibile. Ogni tradizione è concorde su questo cambiamento dello stato interiore. Eppure, per molti, scoprilo sembra essere il gradino più duro da superare. |