«Gli Dei hanno accordato agli uomini due stelle per condurli verso la grande Sapienza; osservale, o uomo! e segui con costanza il loro chiarore, perché è in esso che si trova la Saggezza».
La Stele dell’Inventario di Giza la “sindone” della Grande Piramide / 4
a cura di Gaetano Barbella
13. Curva di poligoni stellati
La curva di poligoni stellati non è nota nei testi universitari, in realtà è come se non esistesse per la cultura matematica, poiché l’ho concepita io; ma pur avendola divulgata su internet nessuno vi ha fatto riscontro. Questa curva la generano tutti i poligoni stellati e perciò ora mostro alcuni esempi con grafici relativi alle figure di poligoni stellati più semplici e comuni: con un pentagramma, con un esagramma e con un ottagramma. Il primo caso di curva di poligono stellato è quello dell’ottagramma mostrato con l’illustr. 28, che si ricava così:Si tracci il cerchio di raggio OB uguale a 1 e si costruisca l’ottagramma inscrivendovi due quadrati sfasati di un angolo retto, come in figura.
Il punto A è l’inizio della curva in questione e i punti C e D individuano ulteriormente la stessa curva. Poi sull’asse orizzontale passante per il centro O si rintraccia il punto E della curva, la cui tangente è sempre di 60° rispetto l’asse orizzontale. Infine l’asintodo della curva, che idealmente si congiunge all’infinito con la curva, segnato in verde, dista dal centro O tre volte il raggio OA. Ed ecco infine l’abaco di calcolo della curva che vale per tutti i casi di poligoni stellati, in relazione ai simboli segnati sull’illustr. 28.
Equazione polare della curva:
ρ = ρ0 / cos (θ / 3)…….vettore generico della curva (p. esempio nel punto F);
ρ0 = r sen (360° / 4 n)……..raggio del cerchio OA;
r = 1………raggio esterno del poligono stellato (OB);
n = numero delle divisioni del poligono stellato;
δ = arctan 3 cotan (θ / 3)………angolo di tangenza generica della curva.
Non è difficile questa operazione grafica. Basta puntare col compasso in E, con raggio EF e tracciare un cerchio per rintracciare il punto G. Poi si centra il compasso in O e si traccia il cerchio entro il quale farà delineare il punto I di una delle punte del pentagramma ricercato. Poi si prolunga LM agli estremi fino a P e Q per congiungere I con S in tangenza col cerchio interno dell’esagramma e così tutti gli altri punti: S con R, ed R con Q. Come si può vedere l’esagramma è il poligono stella che più si confà alla curva che potremmo definire del “cobra”, giusto in relazione ai punti nodali D e C dei due assi cartesiani. Vedremo i seguito, quando si avrà modo di far delineare il rettangolo che si addice a Maât, allora si capirà in pieno il nesso fondamentale con l’esagramma e la curva del “cobra” con cui si sposa in modo esemplare. Ma anche l’ottagramma si delinea in modo esemplare con la curva di riferimento per dar valenza al seggio del trono del faraone Thuhmosi III dell’illustr. 23: un cubo di pietra in cui è in evidenza un quadrato che è la quarta parte del suo quadrato, ma è l’ottava parte del tutto.
Fa seguito il caso della curva dell’esagramma con l’illustr. 29.
E poi, con l’illustr. 30, viene mostrato il caso della curva del pentagramma che si ricava dalla curva dell’esagramma dell’illustr. 29.
14. Le due stelle dell’alchimista
Aver fatto apparire il pentagramma e l’esagramma, grazie alla curva del “cobra”, inventata da me, mi permette di approfondire questo “evento” (è un mio modo di vedere le cose che sto presentando, considerandomi, non tanto uno studioso che fa ricerche, ma un certo uomo in cammino intento ad evolversi) per legarlo a concezioni di ermetismo noti agli addetti ai lavori. Si tratta dell’apparizione alchemica delle suddette due stelle.
A pag. 19 del libro di Fulcanelli, I misteri delle Cattedrali, ci si trova di fronte a ben due stelle: andiamo a leggere.
«La nostra stella è unica, eppure è doppia. Sappiate distinguere la sua impronta reale dalla sua immagine, e noterete ch’essa brilla con più intensità alla luce del giorno che nelle tenebre della notte. Dichiarazione, questa, che convalida e completa quella di Basilio Valentino (Douze Clefs) non meno categorica e solenne:
«Gli Dei hanno accordato agli uomini due stelle per condurli verso la grande Sapienza; osservale, o uomo! e segui con costanza il loro chiarore, perché è in esso che si trova la Saggezza».
E si tratta certo delle due stelle rappresentate in una delle piccole illustrazioni alchemiche del convento francescano di Cimiez, accompagnata da una leggenda in latino che riguarda la virtù salvatrice inerente l’irraggiamento notturno delle stelle.
«Cum luce salutem; con la luce, la salvezza». ln ogni caso, anche se si possiede solo in minima parte il significato filosofico e se si prende la briga di meditare sulle già citate parole di Adepti incontestabili, si avrà la chiave con cui Ciliani apre la porta del tempio. Ma se ancora non si comprende, allora si rileggano le opere di Fulcanelli e non si vada a cercare altrove un insegnamento che nessun altro libro potrebbe fornire con altrettanta precisione.
Esistono, dunque, due stelle, che, nonostante la poca verosimiglianza, formano in realtà un’unica stella. Quella che brilla sulla Vergine mistica, ‒ che è contemporaneamente nostra madre ed il mare ermetico8, ‒ annuncia il concepimento e non è altro che il riflesso dell’altra che precede il miracoloso avvento del Figlio. Perché se la Vergine celeste è chiamata anche «stella matutina», stella del mattino 9 ; se si può contemplare su di lei lo splendore d’un segno divino; se la riconoscenza per questa sorgente di grazie procura gioia al cuore dell’artista; non si tratta, pero, che d’una semplice immagine riflessa dallo specchio della Saggezza. Questa stella visibile ma inafferrabile, malgrado la sua importanza ed il posto che occupa nelle opere di vari autori, attesta la realtà dell’altra, di quella che incorona alla nascita il Bimbo divino.
San Crisostomo ci fa sapere che il segno che condusse i Magi alla grotta di Betlemme, prima di sparire, si posò sul capo del Salvatore e lo circondò d’un’apoteosi di luce.
L’esagramma è fra i simboli, quello che piace a molti riferire al sigillo di Salomone. Ma è anche il segno che gli alchimisti vagheggiano di “vedere” per rincuorarsi sulla buona condotta delle fasi dell’opera da loro intrapresa. È il segno della Stella dei Saggi o chiamata in altri modi. Il simbolo di questo segno racchiude in sé i quattro elementi della materia, il fuoco, l’aria, l’acqua e la terra, come si vede nell’illustr. 31. Detto questo non si creda che siano apparse in realtà, a me per primo, le due stelle per far capire che l’opera alchemica in relazione alle cose della piramide di Cheope, è così giunta al termine. Non è così anche perché, rientrando nel tema in corso per dar luogo alla fase del giudizio di Maât, non abbiamo ancora sfiorato la spiaggia del “lago della verità” e i 42 giudici che dovranno dare il loro benestare.
Tuttavia la prima stella, quella del pentagramma, che fa da guida al viandante, l’abbiamo già veduta per via geometrica, poiché la lemniscata della chiave di Iside ce l’ha mostrata con l’illustr. 30. Quindi stiamo procedendo sotto la sua protezione, come se avessimo la sua Ankh nella nostra mano. Ma la fulgida stella di Salomone non è tanto lontana dall’essere notata.
15. La perfezione e i suoi numeri in Maât
15.1 Importanza del numero sette nella Bibbia
Il numero sette è decisamente importante nella Bibbia, esso è il simbolo di Dio e della Sua perfezione e completezza. Fin dal racconto della creazione con cui si apre il Sacro Libro, si nota come il settimo giorno di riposo, carico della benedizione divina, sia dato come un sigillo alla creazione stessa.
In Egitto vi furono, al tempo di Giuseppe, sette anni di abbondanza, seguito da sette anni di carestia.
Quando Gerico fu conquistata dagli Israeliti, dopo l’esodo, il popolo e sette sacerdoti, che portavano sette trombe, marciarono intorno alla città per sette giorni consecutivi; il settimo giorno marciaronointornon alla città per sette volte. Ogni sette anni la terra in Palestina non doveva essere coltivata (il settimo anno era chiamato appunto “anno sabatico” perché la terra veniva fatta riposare) e, dopo sette cicli di sette anni, il cinquantesimo anno era un giubileo. Naaman, generale del re di Siria, che andò a consultare il profeta Eliseo a causa del fatto che era malato di lebbra, fu da questi mandato a bagnarsi nel fiume Giordano per sette volte. Salomone impiegò sette anni a costruire il tempio all’Eterno e, alla sua inaugurazione, indisse una festa che durò sette giorni.
Nell’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse, tutto si svolge attorno a questo numero: sette chiese, sette candelabri, sette suggelli, sette trombe, sette coppe, sette stelle, sette spiriti.
Ma è stato detto in precedenza: « Senza Misura non ci sarebbe nè Giustizia, nè Verità, nè Equilibrio, nè Armonia e nè Centralità. Insomma senza la Misura non sarebbe esistito il “Maât”. Il “Maât” rappresentava anche il supremo ordine cosmico di perfezione ed equilibrio, attributi già ampiamente esaminati. », Dunque il numero sette, a ben ragione, può valere anche per Maât, infatti questo numero raddoppiato compare nel Papiro di Hunefer per il giudizio dei defunti dell’illustr, 32. Come a suggerire che il sette presiede alla misura di Maât: infatti nel papiro dell’illustr. 32 il sette trova relazione con i 7 colorati in bianco che è anche il colore di Osiride e del piedistallo della bilancia. Ma è anche il colore della comparsa della fase cosiddetta al Bianco, Albedo. Ecco che si comincia a capire come va visto il rettangolo ricercato di Maat, cioè deve poter mostrare una proprietà geometrica che fa rivelare addirittura il numero 14.
Ora, per prima cosa comincio a mostrare la geometria del rettangolo Maât.
15.2 Il rettangolo di Maât che si rivela con le due curve del “cobra”
Strada facendo si è capito in che modo si può rintracciare il rettangolo di misura di Maât, avendo fatto ricorso alla curva generatrice di poligoni stellati, assimilato al serpente cobra. Perciò, con illustr. 33, vediamo all’opera questa curva mostrata in coppia con un altra simmetrica in grado di generare direttrici relative ad un poligono stellato con 14 punte.
A questo punto si presentano due casi di rettangoli di Maât, uno ideale relativo ad una raggiera di 14 direzioni poste con ogni 360°/14, e l’altro approssimato poiché, come si sa dalla scuola che il cerchio non si può dividere in sette o 14 parti in modo preciso. Nel nostro caso si fa conto che sia buono far coincidere il lato DC con la tangente alle due curve, – mettiamo – nel punto P che è molto prossimo alla direzione ideale OF. Il lato opposto, segnato in modo simmetrico ha i suoi limiti A e B sulle due curve.
Facendo i calcoli di verifica in merito, in relazione all’angolo PÔM segnato in rosso, ossia ϑ dell’abaco del capitolo 16.6, l’angolo di tangenza δ si calcola con questa formula:
δ = arctan 3 cotan (θ / 3)
per ϑ = (2/7) 360° = 102,8571429…°
δ = arctan 3 cotan 102,8571429…°/3 = 77,19627377…°, che è l’angolo FPD, quindi l’angolo interessato è FPC che dovrebbe essere eguale a ϑ ma non lo è in effetti.
Infatti è invece 180°-77,19627377…°= 102,8037262…° ≠ a 102,8571429…°, ma è comunque l’approssimazione richiesta.
Il giusto angolo di tangenza è 102,7939479…° per δ = 77,20605214…° con ϑ = 102,7939479…° in base alla formula suddetta.
15.3 Il Maât dei 14 Giudici
Esserci approssimati alle due curve del “cobra”, volendo correlarci all’Alchimia significa esserci approssimati alla fine dell’Opera del Nigredo per poter poi sperimentare l’entrata all’Opera al Bianco. Il papiro di Hunfer dell’illustr. 34 ce lo dice. Mentre la comparsa dei 42 giudici di Maât comporta il consenso di “perfezione” del neofita, un fatto che si risolve con la fase alchemica dell’Opera al Bianco, ossia dell’Albedo. L’illustr. 34 mostra chiaramente come si risolve geometricamente la comparsa dei 14 Giudici, facendo apparire una sorta di ruota a palette di un’ideale ventola. Di qui il rimando all’effetto del Fuoco di Ruota della Grande Piramide del “bagno di Meti” alchemico (Il “fuoco di ruota” dell’illustr. 15,). Il rettangolo di Maât è il mercurio filosofico, non va dimenticato, ossia è la materia mercuriale che è continuamente in cottura nell’Atanor che, nel nostro caso, è la Grande Piramide.
A questo punto dobbiamo aspettarci la nascita del figlio Horus di Osiride e Iside, ma è il segno della stella che lo deve annunciare, ossia l’esagramma come ci avvisa il maestro di alchimia Fulcanelli.
15.4 La comparsa dell’esagramma e poi dei 42 Giudici di Maât
Questa è una sorpresa per chi ha sempre tentato di arrampicarsi sugli specchi, per cercare di scoprire l’arcano di Maât; ed è grave non aver pensato come legare il rettangolo del “lago della verità”, sia con i 14 Giudici ben rappresentati con papiro di Hunefer, sia con i 42 Giudici di un altro papiro abbastanza noto che ora farò vedere.
Ora mostrerò l’arcano dell’astro seguito dai magi d’oriente per approssimarsi alla capanna di Gesù, che nel nostro caso è di Horus.
Questa è una sorpresa per chi ha sempre tentato di arrampicarsi sugli specchi, per cercare di scoprire l’arcano di Maât; ed è grave non aver pensato come legare il rettangolo del “lago della verità”, sia con i 14 Giudici ben rappresentati con papiro di Hunefer, sia con i 42 Giudici di un altro papiro abbastanza noto che ora farò vedere.
Ora mostrerò l’arcano dell’astro seguito dai magi d’oriente per approssimarsi alla capanna di Gesù, che nel nostro caso è di Horus.
Nessuno sa quando la stella compare, ma l’alchimista pazientemente aspetta scrutando il cielo, e ad un tratto finalmente essa compare per premiarlo, e così avviene per il neofita nel “lago della verità” di Maât. L’illustr. 35 ce la mostra indicando la direzione da seguire, quella del raggio OKY. Ma è sufficiente per far apparire anche i 42 Giudici dai quali il neofita si aspetta la benedizione?
Tuttavia è vero pure che è la stessa dea Maât a darcene conferma con la sua penna che sfiora la suddetta direzione OKY. Di qui, si scopre l’arcano del rettangolo con lei che vi fa capolino! Così si spiega il geroglifico di Maât, col rettangolo da cui fa capolino la dea, quello espresso nel papiro della regina Kamara, conservato nel Museo del Cairo10 mostrato con l’illustr. 36.
Infatti è così, ammirando il gioco della giostra dei divertimenti organizzato dai 42 Giudici Maât, giusto la garanzia del papiro di Enfankh dell’illustr. 37.
Nell’illustr. 38 conta la direzione OY indicata dalla stella dell’esagramma, perché si inizia da qui rintracciando l’intersezione col cerchio esterno. Poi si cominciano a tracciare, una dopo l’altra, le corde di tangenza col cerchio interno (che era dell’esagramma), fino a intersecare dall’altro lato il cerchio esterno. Di qui, con l’illustr. 38, inizia la girandola geometrica con lo stesso procedimento per altre 41 volte e il gioco geometrico è fatto, contenti tutti!
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Note
8 In francese mère (madre) e mer (mare) si pronunciano allo stesso modo e sono dello stesso genere. Quindi notre mère (nostra madre), secondo la cabala fonetica, ha il significato di «nostro mare» (N.d.T.). (torna al testo)
9 La stella del mattino è detta anche “Lucifero” che era il simbolo della “pietra angolare”: «La pietra che i costruttori hanno scartata, scrive Amyraut (vedi: La Croix avant Jésus-Christ, Paris V. Retaux, 1894), è diventata la pietra maestra d’angolo, sulla quale si basa tutta la struttura dell’edificio; ma essa è anche un ostacolo e pietra della scandalo, contro la quale essi si scagliano andando incontro alla propria rovina.» (torna al testo)