È assai diffusa e introdotta in molte favole la narrazione di quel famoso giuramento con il quale gli déi superi solevano legarsi quando non volevano in alcun modo lasciare aperta la via della repisiscenza. Questo giuramento non invocava e chiamava a testimonio alcuna potenza celeste, alcun attributo divino, ma bensì lo Stige, un fiume infernale che cingeva gli atri di Dite (il mondo degli inferi) aggrovigliandosi in molti meandri.
Questa favola sembra indicare i patti e i trattati di coloro che governano. Più di quanto importerebbe, è assolutamente vero che i trattati, anche se sono stati garantiti dalla solennità e santità di giuramento, sono poco sicuri, tanto che sono utilizzati quasi a dar lustro, fama e reputazione, più che a concedere fiducia sicurezza e garanzia di buon effetto. Ed anche se si aggiungono legami di amicizia che sono come sacramenti di natura o reciproche benemerenze, tuttavia, per la maggior parte delle persone, tutti gli scrupoli si trovano al di sotto dell’ambizione, dell’utilità e della frenesia di potere. Tanto più che, per i governanti è facile con pretesti vari e speciosi proteggere e velare le proprie cupidigie e la fede insincera (non essendoci un arbitro a cui debbano rendere conto del proprio operato). Pertanto esiste un solo vero e proprio pegno della fede data, diverso da ogni divinità celeste: è la Necessità (gran nume per i potenti), lo stato di emergenza, la comunione d’interessi. La Necessità dunque è molto ben simboleggiata dallo Stige, fiume fatale da cui non si ritorna. È questo il nume che nei trattati invocò l’ateniese Ificrate e, poiché era uno che diceva chiaramente quello che i più rimuginano silenziosamente nell’anima, non sia fuori luogo ascoltarne le parole. Questi, accorgendosi che gli Spartani escogitavano e proponevano un’infinità di riserve e di sanzioni per vincolare un trattato, disse: «Uno solo o Spartani può essere il vincolo e la ragione di sicurezza per voi: se dimostrerete chiaramente di averci concesso e dato tra le mani cose tali per cui non vi resti facoltà di nuocerci quand’anche lo vogliate più che mai». Pertanto se è tolta la possibilità di offendere, o se da un patto infranto derivi un pericolo di rovina o di diminuzione dello stato o degli introiti, allora di certo i patti stipulati possono essere ritenuti sacri e per così dire confermati col giuramento dello Stige; poiché incalza il pericolo di quella interdizione e sospensione dai conviti degli déi, espressione con la quale erano rappresentati i diritti di dominio, le prerogative, l’abbondanza, la felicità.
|