Ipnosi / La Storia, la Teoria ed il Metodo – 7.2

PsicologiaFenomenologia dell’Ipnosi

4. La produzione sperimentale della fenomenologia ipnotica. — 5. Distorsioni percettive; le allucinazioni e la distorsione temporale. — 6. L’ipnosi come tecnica proiettiva. — 7. L’ipnosi nell’induzione ed interpretazione dei sogni. — 8. L’ipnosi nelle libere associazioni. — 9. La scrittura automatica.

Soprattutto nell’ambito della fenomenologia dell’ipnosi si fa sentire come si è visto la differenza del punto di vista «credulo» e quello «scettico». Il primo ritiene che i fenomeni che seguono all’ipnosi come allucinazioni, amnesie, analgesie, siano uguali a quelli che si verificano naturalmente; il punto di vista scettico sostiene invece che si tratta di fenomeni di natura differente in cui il soggetto si comporta come se fosse allucinato, analgesico, senza in realtà esserlo.

Ipnosi / La Storia, la Teoria ed il Metodo 7.2

di Guglielmo Gullotta

Capitolo VII / Fenomenologia dell’Ipnosi

Sommario: 1. Profondità dello stato ipnotico. — 2. Risposte volontarie ed involontarie. — 3. I compiti post-ipnotici. — 4. La produzione sperimentale della fenomenologia ipnotica.5. Distorsioni percettive; le allucinazioni e la distorsione temporale.6. L’ipnosi come tecnica proiettiva.7. L’ipnosi nell’induzione ed interpretazione dei sogni.8. L’ipnosi nelle libere associazioni.9. La scrittura automatica. — 10. Conflitti sperimentali. — 11. Trans-identificazione. — 12. Alterazioni della memoria: amnesia, amnesia post-ipnotica, amnesia post-ipnotica della fonte, altri tipi di amnesia. — 13. Regressione d’età.

4. Produzione sperimentale della fenomenologia ipnotica

Soprattutto nell’ambito della fenomenologia dell’ipnosi si fa sentire come si è visto la differenza del punto di vista «credulo» e quello «scettico». Il primo ritiene che i fenomeni che seguono all’ipnosi come allucinazioni, amnesie, analgesie, siano uguali a quelli che si verificano naturalmente; il punto di vista scettico sostiene invece che si tratta di fenomeni di natura differente in cui il soggetto si comporta come se fosse allucinato, analgesico, senza in realtà esserlo.

I fenomeni che descriverò, e che sono utilizzati continuamente nella pratica clinica, sono stati studiati estensivamente dall’ipnosi sperimentale. Da quest’ ultimo punto di vista l’ipnosi si pone come uno strumento di ricerca di primissimo ordine grazie alle sue caratteristiche di flessibilità (12). Infatti:

a) condizioni psichiche artificiali possono essere indotte e successivamente interrotte con rapidità e facilità;

b) l’amnesia che si può produrre naturalmente o che si può provocare per suggestione, può essere utilizzata per studiare le reazioni del soggetto rispetto a stimoli che gli sono stati inviati senza che egli ne sia consapevole. Per esempio gli si può allucinare in ipnosi un fatto che, se esistente, provocherebbe rabbia, ansia, depressione, poi si provoca amnesia su quel fatto e quindi dopo la deipnotizzazione si esaminano il suo comportamento e le sue reazioni;

c) la situazione psicologica indotta può essere intensificata o diminuita con suggestioni appropriate nel corso dell’esperimento stesso;

d) la stessa procedura può essere ripetuta più volte con lo stesso soggetto anche mutando talune variabili. Anche per mezzo della creazione di conflitti sperimentali, di cui si dirà in questo capitolo, l’ipnotista esperto può ottenere una diagnosi, eventualmente anche a scopi peritali in sede giudiziaria, che si basi sullo studio in concreto e non in astratto del paziente da esaminare.

Il paziente è pericoloso quando è frustrato? Lo stress emotivo diminuisce le sue capacità attentive ? La paura gli toglie la possibilità di agire secondo il proprio progetto di comportamento? Tutto ciò si può studiare frustrando, stressando, spaventando il soggetto che dopo la deipnotizzazione reagirà a questi stimoli, di cui per l’amnesia che gli è stata provocata non è consapevole, secondo i modi che gli sono congeniali. Per ottenere buoni risultati le suggestioni dello sperimentatore debbono ispirarsi ai seguenti principi (13):

1) Il contenuto della suggestione non deve “essere basato sulle esperienze personali del soggetto. Un evento della vita individuale potrebbe aver provocato una eccessiva ansia, ma è anche probabile che abbia aspetti che rievocano altre risposte emotive o altrimenti complicano la reazione del soggetto. È risultato infatti che è difficile ottenere una reazione «pura» quando la suggestione è basata sull’esperienza personale del soggetto.

2) Devono essere utilizzati una certa quantità di sinonimi nella suggestione. Una sola parola, come «paura» può rievocare reazioni psicologiche del tutto differenti a secondo degli individui, dipendendo dalle interpretazioni idiosincratiche. L’uso di un certo numero di sinonimi o parole con significato generale affine massimalizza la possibilità che il significato della suggestione-stimolo, abbia qualche elemento in comune per i vari soggetti.

3) La stessa suggestione non dovrebbe essere di lunga durata. Il soggetto ipnotizzato deve capire chiaramente ciò che è suggerito. La sua capacità di trattenere la suggestione avrà perciò diversi effetti sulla sua reazione. Se uno stimolo è, per esempio costituito da qualche centinaia di parole, è probabile che il soggetto non ne ricorderà una considerevole parte.

4) Le parole e le espressioni chiave, devono essere ripetute e parafrasate. Ciò rafforza al massimo la possibilità sia della comprensione che della ritenzione della suggestione-stimolo.

5) Niente nella suggestione-stimolo deve portare il soggetto a credere che si tratti di una situazione artificiale.

La situazione sperimentale deve, per quanto possibile, essere minimizzata. L’opinione del soggetto di essere protetto dall’ipnotista sembra probabilmente essere rafforzata se in qualche modo rammenta che è in realtà in una situazione artificiale di esperimento, che è ovviamente sotto il controllo dell’ipnotista. Nelle righe che seguono è illustrata la suggestione che induce ansietà, utilizzata da Levitt e collaboratori:

«Tra un momento incomincerai a provare un senso di ansietà, di paura (pausa, 5 secondi). Tu ora cominci ad avere paura, molta paura. Tu stai provando un forte sentimento di apprensione e di ansia come se sapessi che qualche cosa di terribile ti sta accadendo. Ma tu non sai cosa sia questa cosa terribile. Non sai cosa ti rende così pauroso ogni momento. Stai diventando sempre più ansioso e impaurito, per tutto il tempo, ancora non hai idea di che cosa hai paura. Sei certo che qualcosa di terribile ti sta per accadere, forse qualcosa di più terribile di quanto tu possa immaginare. I tuoi sentimenti di spavento e paura aumentano ogni secondo che passa, e continueranno ad aumentare, non importa che cosa tu faccia per resistere loro. Sei così ossessionato da questa terribile paura che non puoi poi allontanarla nemmeno per un momento. Tutto ciò che puoi pensare è che sei senza aiuto per impedire che ciò accada. Il terrore è così insopportabile che non puoi nasconderlo. Non importa cosa fai, il tuo senso di paura, di ansia, di terrore continueranno ad aumentare e a divenire sempre più vividi in ciascun momento e in pochissimi minuti ti troverai alla soglia del panico».

Ritengo che questo settore sia molto trascurato dalla sperimentazione e la sua utilizzazione, soprattutto in ambito clinico, offra delle possibilità considerevoli ancora da ponderare (14). Vediamo alcuni dei fenomeni che ci interessano da vicino per il nostro studio.

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(12) Per queste utilizzazioni dell’ipnosi cfr. soprattutto REYHER J., Hypnosis in Research on Psychophatology, in GORDON J., Handbook of Clinical and Experi -mental Hypnosis, Mac Millan, New York, 1977, 110; e LEVITT E., HENNESY CHAPMAN R., Hypnosis as a Research Method, in FROMM E., SHOR R., op. dt., 85. (torna al testo)

(13) LEVITT E. E., DEN BREEIJEN A., PERSKY H., The Induction of Clinical Anxiety by Means of a Standardized Hypnotic Technique, in American Journal of Clinical Hypnosis, 1960, 206-214. (torna al testo)

(14) Sulla importanza per la clinica di questi esperimenti cfr. KLINE M. (a cura di), Clinical Correlation of Experimental Hypnosis, Thomas, Springfield, 1963. (torna al testo)
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5. Distorsioni percettive

Con una tecnica appropriata il soggetto ipnotizzato può percepire stimoli che in realtà non ci sono (allucinazioni positive) o non percepire quelli che sono presenti (allucinazioni negative).

Il fenomeno delle allucinazioni si presenta solitamente come conseguenza di certi particolari stati fisiopatologici, per esempio per la febbre molto alta o per l’alto tasso azotemico o in alcune forme di schizofrenia o come conseguenza dell’uso di droghe. Si è notato che le allucinazioni prodotte da droghe o malattie sono soprattutto visive, mentre nelle psicosi sono spesso auditive. Le allucinazioni indotte con l’ipnosi sono comunemente classificate come positive o negative. Si ha allucinazione positiva quando il soggetto percepisce come se fosse presente un oggetto che in realtà non c’è, per esempio vede un vaso di fiori su un tavolo vuoto o sente al citofono una voce inesistente. L’allucinazione negativa si ha quando è presente qualcosa che normalmente dovrebbe evocare una risposta percettiva, ma la risposta non c’è (15).

Secondo Hilgard questa distinzione è conveniente a scopi classificatori, ma non è molto netta. Ad esempio, per avere una buona allucinazione positiva di qualcuno seduto su una sedia, lo schienale della sedia, che sarebbe nascosto dalla persona, deve essere soggetto ad un’allucinazione negativa; d’altro lato, avere un’allucinazione negativa di non vedere un libro posto su un tavolo, richiede l’allucinazione positiva di colmare lo spazio in cui si trova il libro.

Per Hilgard è molto difficile dare una valutazione sulla facilità ad ottenere allucinazioni positive piuttosto che negative. Per esempio nella Scala Stanford c’è un’allucinazione positiva di annusare dell’ammoniaca, in cui dell’acqua distillata viene allucinata come ammoniaca. Su un campione di 155 soggetti 71, cioè il 46%, riferì di sentire odore di ammoniaca e nel corrispondente item di allucinazione negativa, cioè quando della vera ammoniaca era annusata dai soggetti, 59, cioè il 38%, non riuscirono a sentire l’odore di ammoniaca in ipnosi mentre in condizione non ipnotica non avevano avuto dubbi nel riconoscere l’odore.

La differenza tra il 46% ed il 38% non rivela alcuna significativa differenza di difficoltà tra le allucinazioni positive e quelle negative. In un altro esperimento è stata paragonata un’allucinazione di calore, per cui i soggetti percepivano una bacchetta come qualcosa di così caldo da non riuscire a tenerla in mano (allucinazione positiva), con l’incapacità di sentire una leggera scossa elettrica come risultato di una suggestione di analgesia (allucinazione negativa). 48 soggetti su 155, cioè il 31%, sentirono la bacchetta così calda da lasciarla cadere, mentre 42 soggetti, cioè il 27%, non sentirono la scossa come dolorosa, anzi non la “identificarono neppure come una scossa”.

Di nuovo non c’è alcuna prova, per Hilgard, che un tipo di allucinazione in ipnosi sia più difficile da ottenere dell’altro. Allo scopo di valutare soggettivamente le allucinazioni auditive, Sutcliffe (16) ha usato il metodo di feedback auditivo differito, in cui ciò che il soggetto sta dicendo viene fatto riascoltare ai suoi orecchi dopo una dilazione di una frazione di secondo.

Studi precedenti avevano mostrato che il feedback auditivo differito provocava balbuzie, disturbi alla parola, errori di pronuncia; Sutcliffe pensò che se le allucinazioni auditive in ipnosi hanno lo stesso effetto delle stimolazioni auditive, i soggetti in ipnosi che provano l’allucinazione del ritorno della propria voce avrebbero mostrato gli stessi disturbi della parola di un gruppo di controllo esposto al feedback della propria voce. Tutti i soggetti vennero esposti al feedback auditivo differito per rendersi conto dei suoi effetti di disturbo sulla parola. Poi 8 soggetti selezionati furono posti in trance profonda e venne chiesto loro di leggere a voce alta un brano mentre veniva impartita la suggestione di provare l’allucinazione della propria voce che, dopo un secondo, tornava ai loro orecchi.

I soggetti affermarono di aver udito il feedback auditivo (cioè di aver avuto l’allucinazione), ma non mostrarono disturbi della parola; invece i soggetti del gruppo di controllo che leggevano a voce alta lo stesso brano con feedback auditivo differito, mostrarono forti disturbi della parola. Perciò, nonostante i soggetti ipnotici testimoniassero di udire il feedback auditivo differito (cioè di allucinare), essi non si comportarono nello stesso modo dei soggetti che l’udirono realmente.

Un altro esperimento fu compiuto da Underwood (17) per valutare oggettivamente le allucinazioni visive ipnotiche. Egli usò due illusioni ottiche in cui una serie di linee distorce una figura geometrica. Ai soggetti ipnotici furono mostrate le figure geometriche senza le linee distorcenti dando loro la suggestione di allucinare le linee. L’autore pensava che se le allucinazioni ipnotiche hanno le stesse conseguenze oggettive delle stimolazioni o percezioni visive, l’allucinazione delle linee avrebbe dovuto modificare la figura. Da un gruppo di 195 persone vennero scelti 6 soggetti che vennero sottoposti ad un procedimento di induzione ipnotica e quando furono in trance profonda vennero loro presentate le figure geometriche insieme con le suggestioni di allucinare le linee sovrapposte. A 6 soggetti non selezionati di un gruppo di controllo venne chiesto di indovinare in che modo le figure erano distorte dalle linee sovrapposte.

Nei soggetti ipnotizzati vi fu una tendenza, in ogni caso non significativa, a riferire più distorsioni prodotte ipnoticamente che differivano abbastanza da quelle prodotte da linee reali. Underwood rilevò che il gruppo di controllo non era stato scelto in base alla capacità di allucinare, mentre i procedimenti altamente selettivi usati per ottenere i soggetti ipnotici potevano aver portato a scegliere soggetti con un’immaginazione molto vivida. Questa loro capacità poteva facilitarli ad immaginare le distorsioni sia da ipnotizzati che da non ipnotizzati. Per valutare questa possibilità Sarbin e Andersen (18) condussero uno studio con 120 soggetti non selezionati. In condizione non ipnotica vennero mostrate ai soggetti le stesse figure geometriche usate da Underwood e venne loro chiesto di immaginare vividamente le linee sovrapposte. Le distorsioni delle figure furono riferite anche dal 9% dei soggetti non ipnotizzati e non selezionati di Sarbin e Andersen.

Gli autori concludono che se tutti i soggetti vengono precedentemente scelti in base alla loro vivida immaginazione, sia quelli assegnati al trattamento ipnotico che quelli assegnati al trattamento non ipnotico, esibiranno prestazioni oggettive simili quando vengono date loro suggestioni di immaginare vividamente o di allucinare.

Un altro problema in questi esperimenti è di sapere se il soggetto è veramente allucinato o riferisce solo un prodotto della sua immaginazione. Orne (19) a questo fine usa un gruppo di controllo di simulatori. Un esperimento utilizzato è per esempio il seguente: ad un soggetto ipnotizzato viene detto che una persona è seduta sedia di fronte a lui, nel posto in cui veramente era stata seduta ma da cui si era mossa durante l’induzione della trance.

Dopo che l’allucinazione è stata indotta si dice al soggetto di voltarsi e di identificare la persona che si trova dietro di lui, che è quella che era prima sulla sedia. In questa situazione una persona veramente ipnotizzata è quasi sempre spaventata e guarderà continuamente la persona e la sedia dove egli ha allucinato la stessa persona. Il soggetto può anche identificare le due percezioni con lo stesso nome, e chiedere in modo imbarazzato perché ce ne sono due. Questi esperimenti, secondo Hilgard, possono essere compiuti solo con soggetti altamente ipnotizzabili, che non possono distinguere le persone allucinate da quelle reali. Barber è invece di parere diverso (20). In base a suoi esperimenti e a quelli di altri Autori da lui esaminati, arriva a queste conclusioni:

1) Se si danno suggestioni di allucinazioni con un tono di voce fermo e serio a soggetti nella condizione di livello basale (non ipnotica), un numero sorprendentemente grande, da un terzo a metà, affermerà di vedere gli oggetti e di sentire i suoni che non sono presenti, ed una piccola percentuale, dal 3% al 5%, testimonierà anche di credere presenti gli oggetti.

Queste risposte positive alle suggestioni di allucinazione possono per Barber essere facilitate non solo dal procedimento tradizionale chiamato «induzione ipnotica», ma anche dalla somministrazione di istruzioni intese a motivare il soggetto ad immaginare vividamente (istruzioni motivanti al compito). Secondo l’Autore occorrono ulteriori ricerche per accertare quale peso possono avere altre variabili nella percezione soggettiva delle allucinazioni, per esempio le parole che mirano a provocare le suggestioni, il tono di voce con cui le suggestioni vengono presentate, le parole ed il tono di voce dell’interrogatorio successivo all’esperimento ecc.

2) Parecchi studi non sono riusciti a dimostrare che le allucinazioni ipnotiche provochino effetti oggettivi simili a quelli prodotti da una stimolazione visiva o uditiva. Però quando allucinazioni visive ipnotiche sono state valutate oggettivamente per mezzo di illusioni ottiche o ad altre misurazioni ottiche, sono stati osservati effetti oggettivi somiglianti a quelli della stimolazione visiva. D’altro lato gli stessi effetti vennero osservati anche quando un gruppo di controllo fu motivato ad immaginare vividamente.

3) In conclusione: a) soggetti di controllo motivati ad immaginare vividamente mostrano a volte effetti oggettivi simili agli effetti della stimolazione visiva o auditiva; b) le conseguenze oggettive di una immaginazione vivida nei soggetti di controllo sono molto simili, se non identiche, a quelle oggettive di allucinazioni mostrate da soggetti detti ipnotizzati; c) per l’Autore il fenomeno provocato in soggetti ipnotici per mezzo di suggestioni che tendono a produrre allucinazioni può essere classificato in modo più appropriato nella categoria psicologica di immaginazione piuttosto che di percezione o allucinazione.

Anche Sarbin (21) è piuttosto scettico a proposito di questo fenomeno. Egli ha esaminato il concetto di allucinazione concludendo che questo è un termine che non ha altro significato che quello di riferire delle immaginazioni. Il termine viene usato generalmente per indicare le immaginazioni di persone emarginate, membri di società esoteriche, malati di mente, ma non esiste alcun criterio per distinguere le immaginazioni in sé che non sono patologiche da quelle chiamate allucinazioni. Sarbin elenca alcuni problemi che sorgono quando si definisce l’ipnosi ricorrendo a concetti come «trance» o «stato di mente».

1) Si comincia con l’asserzione che il parametro che definisce l’ipnosi è uno speciale (mentale) stato (trance o stato alterato di coscienza);

2) Tali stati mentali sono dello stesso genere delle esperienze fenomeniche;

3) Le esperienze fenomeniche sono conosciute (osservabili) attraverso i racconti dei soggetti (variabili indipendenti);

4) D’altronde i racconti personali rilevanti sono quelli controfattuali, cioè dissonanti con la realtà fenomenica, che però sono creduti fermamente dal soggetto;

5) Lo stesso genere di racconti personali (irreali ed espressi come altamente credibili) sono tradizionalmente usati per diagnosticare le allucinazioni;

6) A causa della somiglianza concettuale tra lo stato ipnotico e le allucinazioni, gli argomenti sull’utilità dei racconti personali nelle allucinazioni sono potenzialmente applicabili all’ipnosi;

7) II parametro che determina l’ipnosi come uno speciale stato di mente è la presenza delle stesse condizioni che definiscono le allucinazioni: l’irrealtà, le testimonianze di esperienze fenomeniche espresse con intensa convinzione;

8) Le allucinazioni, ad un esame, risultano essere il resoconto di immaginazioni espresse con un alto grado di convinzione, e non esiste alcun criterio affidabile per distinguere le allucinazioni da altre forme di immaginazione con un alto grado di convinzione;

9) Analogamente il criterio che definisce l’ipnosi come uno stato speciale è il riferire delle immaginazioni ritenute reali.

Sempre nel fenomeno delle allucinazioni rientrano la visualizzazione delle scene e la visualizzazione nello specchio o nel globo di cristallo. Questi sono due modi di utilizzare le allucinazioni con finalità clinico-diagnostiche. Nella visualizzazione delle scene il soggetto in ipnosi può essere indotto ad allucinare una scena emotivamente importante dove proietta del materiale psichico rilevante (per esempio: «Sei a teatro, stanno rappresentando qualche cosa di molto brutto e fastidioso: vuoi descrivermelo?»).

Tramite la visualizzazione nello specchio o nel globo il paziente può allucinare appunto in uno specchio o in un globo di cristallo scene della vita passata di particolare significanza conflittuale. Talvolta per vincere le barriere del tempo, grazie alla flessibilità dell’ipnosi possono essere allucinate più sfere di cristallo o più specchi in cui il soggetto proietta momenti diversi della sua vita: in questo modo considerandoli contemporaneamente li può confrontare e rivedere alla luce del presente. Attualmente, però, si preferisce usare la visualizzazione su di uno schermo cinematografico immaginario, o come spesso con i bambini, su di uno schermo televisivo. Altri e numerosi sono comunque i fenomeni ipnotici che si possono far rientrare fra le distorsioni percettive.

A tale proposito è possibile richiamare anche l’anestesia suggerita in ipnosi, che può essere parziale o totale: com’è noto per mezzo dell’ipnosi sono state compiute numerose operazioni chirurgiche. Barber però da un lato ha mostrato come talune operazioni chirurgiche siano meno dolorose di quanto comunemente si ritenga e che, anche se l’ipnotizzato non lo percepisce, il suo organismo, come provano il ritmo del polso e la sua pressione, ha delle risposte di sofferenza (22).

Possiamo far rientrare nelle alterazioni della percezione anche la distorsione temporale. Con l’ipnosi si può alterare la percezione che il soggetto ha del tempo: così se tra il battere due volte le mani passano tre minuti, si può fare in modo che il soggetto esperisca questo tempo come di tre ore o di tre secondi. Secondo alcuni studiosi, se si allunga il tempo soggettivo rispetto a quello reale il soggetto è in grado di compiere operazioni mentali per le quali gli abbisognerebbe il tempo soggettivo e non quello reale. In psicoterapia questo pseudo-orientamento nel tempo che si provoca tramite l’ipnosi viene usato per allungare delle esperienze piacevoli o per abbreviare esperienze dolorose che il soggetto rivive (23).

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(15) Cfr. tra l’altro HILGARD E. R., Divided Consciousness: Multiple Controls in Human Thought and Action, Wiley- Interscience, New York, 1977, 96 s. (torna al testo)

(16) SUTCLIFFE J. P., ‘Credulous’ and ‘Skeptical’ Views of Hypnotic Phenomena: Esperiments on Esthesia, Hallucination and Delusion, in SHOR E. R., ORNE M. T., The Nature of Hypnosis, cit., 163. (torna al testo)

(17) UNDERWOOD H. W., The Validity of Hypnotically Induced Hallucinations, in J. of Abn. and Soc. Psychology, 1960, 39. (torna al testo)

(18) SARBIN T. R., ANDERSEN M. L., Base-Rate Expectancies and Percpetual Alterations in Hypnosis, in Brit. J. Clin. Psychol., 1963, 112. (torna al testo)

(19) ORNE M. T., Hypnotically Induced Hallucinations, in WEST J. L. (a cura di ), Hallucinations, Grane and Stratton, New York, 1962, 217. (torna al testo)

(20) BARBER T. X., Ipnosi: un approccio scientifico, Ubaldini, Roma, 1972, 167. (torna al testo)

(21) SARBIN T. R., COE W. C, Hypnosis: A Social Psychological Analysis of Influence Communication, Holt, Rinehart and Winston, New York, 1972, 110. (torna al testo)

(22) GULOTTA G., Ipnosi e psicologia: rimuginandoci, in Rass. di Ipnosi e Medicina Psicosomatica, Minerva Medica, 1974, 273-274. (torna al testo)

(23) COOPER C. F., ERICKSON M. H., Time Distorsion in Hypnosis, Williams- Wilkins, Baltimora, 1954. (torna al testo)
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6. L’ipnosi come tecnica proiettiva

Alcune tecniche servono a facilitare i processi proiettivi; si è infatti notato confrontando dei test somministrati in stato di veglia con quelli somministrati in stato di ipnosi, che nel secondo caso si evidenziano dei conflitti che si avvicinano ai processi psichici primari mettendo così a fuoco più facilmente le dinamiche inconsce. La stessa tavola di un test, come hanno dimostrato molti Autori, può essere vissuta in stato di veglia in modo non conflittuale, mentre in ipnosi, essendo le censure dell’Io, per così dire, «andate a dormire», risultare di grande interesse diagnostico.

7. L’ipnosi nell’induzione e nell’interpretazione dei sogni

Analogamente l’ipnosi può essere usata per indurre ed interpretare dei sogni. Data l’importanza dei sogni nell’investigazione della personalità è chiaro che la possibilità di far sognare a proprio piacimento ad una persona, circostanze, situazioni ed emozioni rappresenta una grande utilità. Le tecniche ipnotiche relative sono ancora in via di perfezionamento, si ritiene comunque da parte della maggioranza degli studiosi che il sogno prodotto dall’ipnosi sia di natura molto simile a quello fisiologico e che la manipolazione dei simboli onirici possa avvicinare grandemente ai processi primari dell’apparato psichico (24). Io stesso esaminando i sogni di personalità devianti ne ho sperimentato l’impressionante efficacia diagnostica.

Hilgard considera il sogno indotto ipnoticamente differente da quello notturno, perché non è spontaneo, l’argomento è assegnato dall’ipnotista, è prodotto senza sonno ed è privo di segretezza, perché il soggetto sa che gli sarà chiesto di riferirlo (25). In un esperimento compiuto su 39 soggetti da Hilgard e Tart, dopo un’induzione ipnotica standard e una suggestione a sognare, 9 soggetti giudicarono i sogni avuti come simili a quelli notturni, e questo risultato si verificò anche in un altro esperimento in cui, su 172 soggetti, 109 giudicarono i sogni come uguali a quelli notturni.

Usando un metodo individuato da Perry per studiare la distorsione dei sogni, gli Autori notarono che nei sogni dei soggetti si riscontravano più distorsioni che nei sogni dei soggetti non ipnotizzati. Il 42% mostrava trasformazioni insolite riguardo a sé o ad altri oggetti od avvenimenti ed un altro 12% distorsioni che contraddicevano la realtà, come la sensazione di fluttuare o di cadere. Gli Autori notarono che i soggetti rispondevano alle suggestioni post-ipnotiche anche durante il sonno REM, e che si può ottenere che un soggetto descriva il suo sogno a voce alta mentre lo sta sognando, se è un soggetto molto suscettibile all’ipnosi e che già parla nel sonno. In un altro esperimento ad un soggetto ipnotizzato fu data la suggestione di descrivere dettagliatamente ogni sogno mentre lo stava sognando.

L’esperimento fu ripetuto parecchie volte, registrando 60 episodi in cui il soggetto parlava nel sonno descrivendo i sogni, il 60% dei quali fu riferito al sonno REM ed il 40% a quello Non-REM. Uno dei pochi sogni ricordati al mattino corrispondeva ad uno descritto durante la notte. Sembra che l’ipnosi producesse un’amnesia spontanea che rendeva più difficile al mattino ricordare il sogno, difficoltà che venne superata dando la suggestione che ogni volta che il soggetto si fosse svegliato durante la notte avrebbe dovuto raccontare tutto quello che gli passava per la testa nei primi 10 o 15 minuti. Il soggetto fu svegliato diverse volte per notte, subito dopo che aveva parlato nel sonno o un po’ dopo. Si ottenne così una maggior corrispondenza tra il racconto fatto nel sonno e quello da sveglio.

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(24) La monografia più importante è di Moss S., Hypnotic Investigation of Dreams, Wiley, New York, 1967; confronta anche SACERDOTE P., Induced Dreams, Vantage, New York, 1967. (torna al testo)

(25) HILGARD E. R., Divided Consciousness, 92 s. (torna al testo)
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8. L’ipnosi nelle libere associazioni

L’ipnosi favorisce le associazioni mentali non solo nelle interpretazioni dei sogni ma anche in altri casi in quanto lo stato ipnotico, come si è detto, favorendo la prevaricazione delle difese, favorisce l’affiorare del processo primario.

9. La scrittura automatica

Consiste nella possibilità di far scrivere al soggetto in ipnosi attorno ad avvenimenti e situazioni della sua vita antefatta sia fisica che psichica, senza che il soggetto possa sapere a livello cosciente cosa stia scrivendo né possa controllare la sua mano che scrive indipendentemente dalla sua volontà. Questo fenomeno può avvenire anche postipnoticamente se l’ipnotista lo suggerisce durante l’ipnosi per un momento successivo (26).

Questa è una tecnica che può adottarsi opportunamente per far scrivere con cura l’autobiografia dal paziente. Hilgard (27) ricorda come la scrittura automatica è stata spesso usata in psicoterapia.

Per es. nel caso di una donna che si trovava in ospedale per l’operazione di sua madre. Mentre si svolgeva l’operazione la donna in una stanza stava pregando, e guardando fuori dalla finestra vide il campanile di una chiesa ed udì le campane che stavano suonando. In quella particolare situazione lei fu piuttosto turbata dal suono delle campane, perché simbolizzavano la morte. Sua madre morì in sala operatoria. La donna più tardi sviluppò uno fobia per i campanili che le faceva evitare le strade ed i luoghi dove ve ne erano. Il suo psicoterapista tentando di scoprire la causa dei suoi sintomi usò la scrittura automatica e venne così a sapere dell’episodio dell’ospedale e della connessione tra la fobia per i campanili e la morte della madre.

Anche la Mùhl usava con i pazienti la scrittura automatica. L’avambraccio del soggetto era posto su una cinghia fatta da un bendaggio movibile sospeso su di un tavolo; il soggetto veniva distratto facendogli leggere un libro ad alta voce, poi, quando era intento nella lettura, gli veniva data una penna per scrivere. La Mùhl notò che nelle prime sessioni i soggetti non scrivevano niente, al massimo degli svolazzi o delle linee; poi cominciò a porre delle domande a cui rispondere con un si o con un no. Se non c’era risposta la mano del soggetto veniva alzata e poi abbassata finché non si otteneva una risposta. Evidentemente la mano alzata e poi abbassata rappresentava una suggestione non verbale che ci si aspettava una risposta. La scrittura automatica non è invece stata molto usata in laboratorio. Questo metodo è stato usato in un esperimento per creare dei conflitti nei soggetti tramite l’ipnosi con successiva amnesia e poi tentare di trovare le tracce di questi conflitti con la scrittura automatica. In tutti i soggetti dell’esperimento la scrittura automatica rivelò le tracce dei conflitti indotti senza che essi fossero coscienti né dell’origine dei conflitti né della scrittura.

In un altro esperimento si usò la scrittura automatica per verificare se, quando questa è usata simultaneamente ad un compito conscio, la dissociazione tra il compito conscio e quello inconscio riduce la normale interferenza tra i due. Furono ideate delle coppie di compiti da svolgere contemporaneamente: una consisteva nel leggere un libro (compito conscio) e nel fare delle somme (compito inconscio); l’altra coppia consisteva nel fare delle somme oralmente (compito conscio) e contemporaneamente delle somme con la scrittura automatica (compito inconscio). In questa seconda coppia, poiché venivano usati sistemi cognitivi molto simili, si pensò che si sarebbero verificate maggiori interferenze tra i compiti.

Le operazioni consistevano nel sommare ad un numero di due cifre dato dallo sperimentatore i numeri 7, 8, 9, continuamente finché non si dava il segnale di stop. Il controllo consisteva nel far compiere i compiti separatamente per poter poi verificare la interferenze. Una minor interferenza di quella prevista si verificò tra il compito di leggere (conscio) e lo scrivere le operazioni (inconscio), ma un sostanziale conflitto tra i due compiti c’era. Infatti il numero di parole lette diminuì del 41% e la capacità di fare le somme del 70% rispetto ai compiti eseguiti consciamente ed uno per volta. Nell’altra coppia di compiti, le somme da fare una consciamente e l’altra inconsciamente, si riscontrò, come previsto, una maggiore interferenza, tanto che la capacità di fare le somme oralmente (compito conscio) subì una perdita del 61%, e quella scritta (compito inconscio) una perdita dell’86%.

I risultati dimostrano che quando uno dei due compiti è inconscio si verificano più interferenze di quando entrambi sono consci. Questi esperimenti furono ripetuti usando però un gruppo di controllo di simulatori. Inoltre prima si esaminò la capacità dei soggetti con dei compiti individuali, sia quando i compiti erano consci che inconsci, per verificare se c’era differenza nell’eseguire i compiti in questi due stati, poi si utilizzarono due livelli di difficoltà per vedere se questo poteva influire sulla capacità di dissociare un compito dall’altro. I compiti consistevano nel nominare dei colori e, contemporaneamente, nel fare delle operazioni aritmetiche, la più facile delle quali era contare da uno a dieci, la più difficile era una serie di somme del tipo usato nell’esperimento già ricordato. Dai risultati sembrò fossero necessari degli sforzi cognitivi, che rendevano più difficili le somme, per evitare che le operazioni divenissero conscie da inconscie e il fenomeno era più evidente nelle operazioni più difficili.

Le maggiori interferenze si riscontrarono tra il nominare i colori (compito conscio) e fare le operazioni più difficili (compito inconscio). I risultati del gruppo di controllo mostrarono minori interferenze fra i compiti rispetto al gruppo dei soggetti ipnotizzati. Sembrerebbe che questi risultati dipendano da due fattori: 1) lo sforzo richiesto per mantenere un compito inconscio (sforzo non realmente richiesto ai simulatori) 2) eseguire due compiti contemporaneamente. In un esperimento simile il compito inconscio era scelto in modo tale da permettere una analisi delle strategie usate dai soggetti per svolgere i compiti contemporaneamente e per verificare l’effetto delle istruzioni sull’automaticità di queste strategie. Il primo compito consisteva sempre nel nominare dei colori, il secondo invece nello schiacciare tre volte due tasti posti uno a destra e uno a sinistra del soggetto fuori dalla sua visuale. I tasti erano collegati ad un poligrafo su cui veniva anche registrato quando il soggetto nominava il colore, permettendo un’analisi delle relazioni tra il premere i tasti e nominare i colori. I risultati confermarono le conclusioni degli altri esperimenti. Furono anche individuate sei strategie usate dai soggetti per svolgere i compiti contemporaneamente. Una, preferita dalla maggior parte dei soggetti, consisteva nello schiacciare il tasto, poi nominare il colore e poi schiacciare il tasto altre due volte. Per alcuni soggetti molto ipnotizzatali l’inconsapevolezza del compito inconscio, mentre ne compiono uno conscio appariva reale; l’interferenza è aumentata dallo sforzo di mantenere un compito inconscio, e questo sforzo è una funzione della difficoltà del compito. La divisione dei compiti dipendeva dalle strategie disponibili per la loro integrazione.

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(26) MÙHL A., Automatic Writing, Helix, New York, 1963. (torna al testo)

(27) HILGARD E. R., op. cit., 136 s. (torna al testo)