Prefazione al testo Favole e Simboli di Eliphas Lévi
Le edizioni Luz hanno fortunosamente trovato una traduzione italiana delle Fables et Symboles di Eliphas Lévi, effettuata da Luigi Giuliani, per altro sconosciuto, in epoca imprecisata, ma sicuramente fra gli anni ‘30 e gli anni ‘60 del XX secolo. La traduzione di Giuliani, collazionata con il testo originale francese, è nel complesso fedele e gradevole. La sua prefazione risente certamente delle cognizioni ed anche delle polemiche del suo tempo, ma è stata mantenuta nella presente edizione sia per il rispetto del traduttore, che per trasmettere la testimonianza storica, perlomeno come “profumo” di un’epoca passata.
Favole e Simboli
di Vittorio Vanni – Prefazione al testo Favole e Simboli di Eliphas Lévi
Le edizioni Luz hanno fortunosamente trovato una traduzione italiana delle Fables et Symboles di Eliphas Lévi, effettuata da Luigi Giuliani, per altro sconosciuto, in epoca imprecisata, ma sicuramente fra gli anni ‘30 e gli anni ‘60 del XX secolo. Il traduttore si dichiara membro della S.C.P.H.I, [sic], in realtà S.P.H.C.I Fr+Tm+di Myriam, la famosa Schola a cui Giuliano Kremmerz (Ciro Formisano) dedicò gran parte della sua vita. L’opera originale si chiamava: Philosophie occulte. 1ére serie. Fables et Symboles avec leur explication, ou sont révelés les grands segrets du magnetism universel et des principles fondamentaux du grand oeuvre. Par Eliphas Lévi, pseudonime de l’abbé A.L.Constant, Germer Bailliére, Paris, 1862, ppgg.479 in 8°. La traduzione di Giuliani, collazionata con il testo originale francese, è nel complesso fedele e gradevole, La sua prefazione risente certamente delle cognizioni ed anche delle polemiche del suo tempo, ma è stata mantenuta nella presente edizione sia per il rispetto del traduttore, che per trasmettere la testimonianza storica, perlomeno come “profumo” di un’epoca passata.
Eliphas Lévi, per quanto la sua opera sia stata tradotta e diffusa dalle Edizioni Atànor ed ancor presente nelle librerie, è stato un po’ dimenticato, e soprattutto dimenticata la sua notevolissima influenza non soltanto sugli “occultisti” e gli “esoteristi”, ma anche sulla Massoneria, ad esempio, tramite Albert Pike, che con il suo Morals and Dogma, uno dei testi fondamentali della massoneria scozzese mondiale, ha trasmesso e ridiffuso le concezioni metafisiche di Eliphas fino alla nostra epoca. È ben nota, inoltre la venerazione del Kremmerz [1] per questo autore, tanto che qualcuno dei suoi discepoli ipotizzava esserne la reincarnazione. L’opera Favole e Simboli avrebbe anche un valore letterario che da solo ne giustificherebbe la pubblicazione ma, come in tutte le opere Léviane, la sapienzialità prevale.
Certo, la rivelazione dei grandi segreti del magnetismo universale e dei principi fondamentali della grande opera è una sorta di esagerazione ottocentesca ma, anche a chi è stato svezzato dalla scabra e logica metafisica guenoniana, Eliphas Lévi sa dare risposte ben più importanti di ciò che si potrebbe credere nel “gotico del XIX secolo”, così come fu definito. Dal 1854 al 1875 il Lévi ha rappresentato la visione teosofica del mondo, codificando una metafisica fondata sulla dottrina analogica delle corrispondenze, nel modo in cui (1857) il martinista Baudelaire la espresse:
Corrispondenze – di C. Baudelaire (da I Fiori del Male)
La Natura è un Tempio dove da pilastri viventi
sortiscono talvolta confuse parole;
l’uomo cammina attraverso foreste di simboli
che l’osservano con sguardi consueti.
Come prolungati echi
che da lungi si confondono
in una tenebrosa e profonda unità
vasta come la notte e la luminosità,
i profumi, i colori e i suoni tra di loro si rispondono.
Ci sono profumi freschi come la pelle degli infanti
dolci come l’oboe e verdi come prati
ed altri corrotti, ricchi e trionfanti.
Altri hanno l’espansione di cose infinite:
il benzoino, l’ambra, il muschio, e gli incensi
che cantano il trasporto dello spirito e dei sensi.
In un tempo in cui i figli degeneri dell’illuminismo, il positivismo e il materialismo creavano nuovi miti e false speranze di un progresso tanto indeterminato quanto progressivo ed infinito, Eliphas Lévi tento di conciliare le scienze tradizionali con ciò che chiamò, con un significativo neologismo “scienze occulte”. Dopo Barrett [2], con il suo The Magus, Eliphas Lévi restaurò l’antica arte simbolica, analogica ed eccentrica della magia, nella riaffermazione della estrema necessità dell’umanità al sogno, all’emozione, allo stupefacente e al meraviglioso. Spiritualizzò l’esoterismo, togliendo al materialismo spiritistico voce e penetrazione nelle coscienze europee, in una Weltanschauung di vento e di fiamma dove lo spirito era tutt’uno con la materia, ed i piani della vita e della morte non costituivano un’aporia dell’essere, ma coincidevano ancora con l’Uno platonico, che tutto in sé contiene. Lo spiritismo imperante imponeva una concezione dualistica, mentre in Eliphas il concetto dell’emanazione produceva una miriade di enti intermediari fra dio e l’uomo, con cui l’umanità poteva comunicare ed assimilarsi nella sua ansia di indiamento. L’amicizia del Lévi con Louis Lucas (1813-1861), martinista e compagno di Wronski [3], il grande matematico messianista, è indicativa dell’affinità del loro pensiero. Anche Papus fu allievo e grande ammiratore delle opere di Louis Lucas, alchimista e autore di opere di ermetismo, tanto da dedicargli il suo opuscolo L’Occultism Contemporain, pubblicato nel 1887.
Eliphas Lévi esprime un pensiero dialettico ancor oggi valido, certamente non simile a quello di Hegel né, malgrado la sua Filosofia della natura, a quello dei presocratici. Si mostra, al contrario, esperto nell’arte della maieutica e in quella della conciliazione dei contrari. Il suo spirito, più “matematico” che non si creda, è aperto alla logica, senza essere incompatibile con l’analogia simbolica.
Lévi insegna a diffidare dalle vie operative della magia, ma tuttavia il suo temperamento lo porta più verso la sperimentazione magica che all’approfondimento dell’ermeneutica teosofica. La sua cosmologia e le sue applicazioni lo distolgono a volte dalla cosmogonia e dalla conseguente escatologia. Martinista, rimprovera a volte a Louis Claude de Saint-Martin di propendere per: “un misticismo passivo che contempla il Verbo anziché entrare nella vita attiva del Verbo che è la virilità dell’anima”.
Ma questa opposizione al pensiero santmartiniano rimane comunque fluttuante. Inventò il termine occultismo, che ebbe all’epoca una certa fortuna, ma essendo poi sfruttato dal ciarlatanismo, divenne obsoleto e deteriore. L’occultismo non si riferiva in realtà alle astrazioni metafisiche dell’esoterismo, ma alle sue applicazioni pratiche, alla ricerca delle conferme sull’esistenza di vari e diversi piani dell’essere, ai poteri psichici e paranormali, alle manifestazioni tangibili dell’invisibile. La sua opera Le Grande Arcane permane come il testo base del moderno pensiero metafisico. Pubblicato da Chamuel e Papus, influenzò tutti gli autori simbolisti e surrealisti, fino agli anni ‘30 del XX secolo, con André Breton. Le storie che compongono le Fables et Symboles sono un’opera di grande bellezza letteraria e morale che necessitano comunque di un’interpretazione anagogica, senza nulla levare alla piacevolezza estrema della lettura. Scopriremo che Eliphas Lévi, il mite agnello mistico e moralista è in realtà un mite leone sorridente, comprensivo ed immoralista verso i difetti umani, ma non contro l’ipocrisia, la malafede, la prevaricazione di chi vuol imporre agli altri quelle virtù che non professa.
Favola IX – Il moralista e il poeta
Il moralista: Se la favola è impostura, non la si deve tollerare. Ad illuminare basta solo la fiamma della natura. Non dite che i vostri sogni, le vostre ingenue bugie ingannano il furore dei cattivi, troppo spesso anzi lo favoriscono. E tutti i veri savi han sempre disprezzato i cattivi e gli impostori.
Il Poeta: La favola non è impostura, l’ombra è necessaria al sole. I sogni son nella nostra natura che ci permette di dormire. Riceverete all’infanzia i misteri della nascita senza offenderne la purezza? Il fanciullo dorme, Dio gli parla in sogno, la favola non è bugia, ma è l’ombra della verità.
Il Moralista: Quando il sole inonda di luce vermiglia l’oriente vermiglio perché prolungare il sonno del fanciullo che il giorno rischiara? Ch’egli ignori e va bene, ma apprenda, che non sogni e comprenda, divertirlo è tradirlo.
Il Poeta: Io mi affido all’istinto delle madri, mi affido al cielo che dalla culla distacca le pene amare e a lei nasconde il sepolcro. La verità prematura, che si mostra, resta ignorata, occorre amarla. La speranza sarà forse un’impostura, ma proprio la natura ci consente di sperare.
Il Moralista: Lavorate a liberare gli schiavi dall’errore; il lavoro non è speranza, ma conquistare delle felicità. Che le severe realtà sostituiscano le vostre chimere folli. Che cosa vi porta l’onda del cielo? Esercitate l’uomo alla saggezza e non ubriacatelo con vasi spalmati di miele.
Il Poeta: Prendeteci per quel che siamo. Diventati uomini i fanciulli non avranno più paura dei diavoli, così come il giorno succede al mattino. Lasciateci ornare per i piccoli l’immagine della verità, restate tristi e trionfanti, ma lasciate fiorire per le madri la speranza delle soavi chimere, e le favole per i fanciulli.
Cosa vi porta l’onda del cielo? A questa domanda risposero, fra XIX e XX secolo artisti e letterati del simbolismo, del surrealismo, del decadentismo, da Baudelaire a D’Annunzio, come la grandezza filosofica di Nietsche. Le severe realtà del novecento hanno prodotto mostruosità e male, solo le soavi chimere rappresentano la salvezza dalla fatica e dal dolore. Il moralismo borghese, l’etica pubblica che corrisponde spesso alla viziosità privata, l’ipocrisia prevaricatrice di ogni tipo di potere uccide la speranza e il sogno. Nell’irruzione ironica e selvaggia dell’artista e del ribelle, della metafisica dirompente dalle scaturigini profonde del fiore dell’intelletto neoplatonico, l’uccellino rimasto nel vaso di Pandora vola ancora. Come nella favola XXV, la rondinella dice all’aquila incatenata: “Non bisogna rassegnarsi alle catene quando le si possano spezzare”. Ma ognuna delle favole di Eliphas Lévi è quell’inno alla gioia che solo chi ha conosciuto il più profondo dolore può cantare. La saggezza mediocre e moderata ne è bandita, la conoscenza non si trova nei vaselli della contrizione e della tristezza, ma nella gioia dionisiaca dei vasi spalmati di miele, anche se la consapevolezza indica che nella natura del miele vi è anche amaro e fiele. Tutti i grandi iniziati hanno parlato attraverso le favole e i simboli. La storia non crea il mito, è il mito che crea la storia, in quel piano più reale del reale stesso, nelle intersecazioni fra tempo cronologico e tempo eonico, fra il loro percorso lineare e l’eterno ritorno.
La vita di Eliphas Lévi
Alfonse-Louis Costant, detto Eliphas Lévi (1810 -1875)
Alfonse-Louis Costant nacque l’8 febbraio 1810, al n. 5 della rue des Fossés-Saint-Germain-des-Près (diventata la via dell’Ancienne Comédie) a Parigi. Suo padre faceva il calzolaio. Grazie all’abate J. B. Hubault Malmaison che aveva organizzato nella sua parrocchia un collegio che dispensava gratuitamente le basi dell’istruzione ai bambini poveri, fa i suoi primi studi, poi nel 1825 al piccolo seminario Saint-Nicolas du Chardonnet, diretto allora per l’abate Frére-Colonna che già forse l’orientò verso lo studio della magia.
Nel 1830, avendo finito gli studi di retorica, passò, secondo la regola, al seminario d’Issy per finire i suoi due anni di filosofia. In questo stesso anno gli morì il padre. Dopo Issy, finisce al seminario di Saint-Sulpice per gli studi di teologia. È ordinato suddiacono ed è tonsurato. Nel 1835, mentre insegna catechismo alle ragazze di Saint-Sulpice, la giovane Adele Allenbach gli è affidata dalla madre, con la missione di “proteggerla in tutto e di istruirla come se fosse la figlia di un principe”.
La madre d’Adéle era una fervente cattolica e sposa di un ufficiale svizzero, emigrato in Francia nel 1830 perché la religione della sua ragazza gli sembrava minacciata. Tutte e due vivevano in una gran miseria.
Il giovane abate a poco a poco s’innamorò perdutamente della sua protetta. Ordinato diacono il 19 dicembre 1835, lascia il seminario nel giugno 1836 prima di ricevere il sacramento dell’ordine; ma intanto la ragazza per la quale si era perso lo abbandonò.
La sua vecchia madre, invalida, che aveva riposto tutte le speranze nella carriera ecclesiastica del figlio, fu abbattuta dal suo abbandono del seminario e si tolse la vita, alcune settimane più tardi, asfissiandosi con le emanazioni del suo fornello a carbone.
A. Constant pensa di entrare nella Trappa, ma i suoi amici lo distolgono. Trascorre un anno in un convitto presso Parigi poi accompagna un amico attore ambulante, chiamato Bailleul, in un giro in provincia.
Nel 1838, stringe amicizia con la socialista Flora Tristan [4], e collabora con Alfonso Esquiros, incontrato al seminario, ad una rivista parigina, Les Belles Femmes, che rivela al pubblico i suoi doni di disegnatore.
Mentre frequentava i saloni letterari per la sua rivista, conobbe Honoré de Balzac [5], allora in piena gloria, presso la Sig.ra di Girardin.
Pensando ancora ad accedere al sacerdozio, parte per l’abbazia di Solesmes, molto risoluto a passarvi il resto dei suoi giorni. L’abbazia possedeva una biblioteca di circa 20.000 volumi dalla quale attinse abbondantemente. Studia la dottrina dei vecchi gnostici, quella dei Padri della chiesa primitiva, i libri di Cassien e d’altri asceti, gli scritti dei mistici e specialmente i libri di Madame de Guyon.
Durante il soggiorno, fa uscire il suo primo lavoro: Le Rosier de Mai (1839). A causa di un disaccordo con l’abate di Solesmes, A. Constant liberò finalmente l’abbazia della sua presenza, alla fine di un anno, senza un soldo.
Intercedendo presso l’arcivescovo di Parigi, un amico, Mgr. Affre finisce per ottenergli un misero posto di sorvegliante al collegio di Juilly. I suoi superiori lo maltrattano, e nel suo scoramento scrive, con grande scandalo del clero e dei benpensanti, La Bible de la liberté (1841). Il lavoro uscì il 13 febbraio a Versailles e fu ritirato dalla vendita immediatamente.
Un gran numero d’esemplari fu però salvato ed il libro fu diffuso. L’Abbé Costant fu arrestato nei primi giorni del mese d’aprile. Il processo avvenne il 11 maggio 1841, l’abate fu condannato ad otto mesi di prigione e 300 Franchi di multa. Alla prigione di Saint-Pélagie, dove trascorre 11 mesi (non avendo verosimilmente di che pagare la multa…) ritrova il suo amico Esquiros e l’abate di Lamennais.
Tutti i mezzi sono adoperati per farlo morire di dispiacere e di miseria. S’intercettano le sue lettere per snaturarne il senso, lo si accusa di essere un venduto alla polizia, e deve subire, inoltre, l’aggressività di certi altri detenuti.
Cerca nella lettura delle consolazioni, leggendo per la prima volta gli scritti di Swedenborg.
Ma i suoi amici dell’esterno non lo dimenticano. Una certa Madame Legrand, un’amica molto ricca di Flora Tristan, gli fa portare un cibo più vario per addolcire la terribile vita del prigioniero
Alla sua uscita di galera, nell’aprile 1842, riesce ad ottenere la commissione di un affresco per la chiesa di Choisy-le-Roy grazie al cappellano di Saint-Pélagie.
Nel 1843, abitando il presbiterio di Choisy, comincia la scrittura di La Mére de Dieu. La sua condotta è così esemplare che Mgr Effrai decide di raccomandarlo a Mgr Olivier, vescovo d’Evreux. Il vescovo è pronto ad accogliere l’abate purché cambi il suo nome con quello della madre, per evitare ogni scandalo in rapporto all’affare de La Bible de la Liberté.
Così l’abate Baucourt, parte per Evreux nel febbraio 1843. Le sue predicazioni incontrano un gran successo e suscitano molte gelosie tra i preti della diocesi.
Nel mese di giugno il giornale L’Universe annuncia la morte dell’abate Costant, notizia smentita poi da Le Popoulaire. Il 22 luglio 1843 poi appare, nell’Eco de la Normandie, un articolo intitolato Le Nouvelle Lazare che svela tutta la storia dell’abate Baucourt: la sua identità, il suo processo e la sua condanna. Obbligato ad uscire dal seminario, non è dimenticato dal vescovo d’Evreux che provvede alla sua sussistenza e cerca ancora di aiutarlo con un’altra commissione di un affresco per un convento. Mgr Olivier è però molto afflitto, purtroppo, dall’uscita di La Mére de Dieu (1844), e alla fine del febbraio 1844, l’abate torna a Parigi lasciando la sua pittura incompiuta.
Rivede la sua amica Flora Tristan che morrà poco tempo dopo, a Bordeaux.
Esita molto, prima di pubblicare il manoscritto integrale di Flora Tristan, pensando che lo si riterrebbe responsabile. Pubblica solo il primo manoscritto completo sotto il titolo: l’Emancipation de la Femme ou Le Testament de la Paria.
All’autunno 1844, Madame Legrand gli chiede di venire a Guitrancourt per finire l’educazione dei suoi bambini. Rimane qui per un anno, poi torna a Parigi e fa uscire il suo manifesto pacifista, ispirato da Silvio Pellico: La Fête-Dieu ou le Triomphe de la Paix religieuse (1845).
Soprattutto due movimenti gli suscitano profonde e lunghe meditazioni: il Sansimonismo ed il Fourierismo.
“La scuola San-Simonista, nonostante le sue qualità stimabili, mi ha sempre ispirato una viva repulsione. Hanno, della vera religione, tutto, eccettuato lo spirito di pietà; la loro donna libera mi fa orrore ed essi non possono comprendere la carità poiché ignorano l’amore. Sono freddi come l’industrialismo, taglienti, despoti e calcolatori. Mi arrabbio quando li vedo toccare così vicino le nostre grandi verità, che la loro aridità di cuore compromette e profana. Enfantine ha certamente delle idee notevoli ma è pieno d’egoismo e di fatuità “ – (Corrispondenza col barone Spedalieri)
“Fourier rivoltò il sistema di Swedenborg, per creare sulla terra il paradiso delle attrazioni proporzionali ai destini. Era attratto dalle passioni sensuali alle quali prometteva un’espansione integrale ed assoluta. Dio che è la suprema ragione, segnò di un sigillo terribile queste dottrine reiette: i discepoli di Fourier avevano cominciato con l’assurdità, finirono con la follia .“ – (Storia della Magia, p.470)
Nel 1845, nel Livre des Larmes, sviluppa per la prima volta delle nozioni esoterizzanti. Durante questo periodo compone anche delle canzoni ed illustrò due volumi d’Alexandre Dumas: Louis XIV et son siécle e Le Comte di Monte-Cristo. Adéle Allenbach, diventata attrice, viene a vederlo spesso. Conservò sempre la stessa ammirazione per il suo “pétite-pére”, cui accompagnò la bara fino all’ultima dimora.
A. Constant abita per qualche tempo a Chantilly, poi riuscì a giungere a Parigi, al n. 10 della rue Saint-Lazare. Diventa l’amico di Charles Fauvety ed i due uomini fondano, nel 1845, la rivista mensile: La Vérité sur toutes choses, che durò solamente quattro mesi.
Dal suo ritorno d’Evreux, ritornava frequentemente a Choisy-le-Roy dove aveva incontrato, nel 1843, M.me Eugénie Chenevier, vicepreside dell’istituzione Chandeau. Tra i convittori dell’istituzione si trovava la giovane Marie-Noémi Cadiot con la quale Eugénie aveva stretto amicizia.
Quando le due ragazze uscivano la domenica, A. Constant le accompagnava, e tutti e tre passavano qualche bell’ora. Eugénie Chenevier accettò di essere sua moglie davanti a Dio.
Confidando nel suo futuro, si era data già a lui ed aspettava un bambino. Questo figlio, Xavier Henri Alfonse Chenevier, che nacque il 29 settembre 1846 visse fino al 1916, ed ebbe anch’egli un figlio, Pierre (per la linea d’Eugénie, la discendenza d’Eliphas Lévi rappresenta oggi più di 40 persone, alla sesta generazione).
Ma Marie-Noémi Cadiot s’innamorò. Dopo avere intrattenuto una corrispondenza infiammata con A. Constant, scappa dalla casa paterna per andare a rifugiarsi nella mansarda di questo. Suo padre esige allora il matrimonio, sotto la minaccia di un’accusa di corruzione di minore, perché la ragazza non aveva ancora 18 anni.
Constant dovette rassegnarsi. La cerimonia civile accadde al municipio del X arrondissement, il 13 luglio 1846. La famiglia Cadiot non aveva voluto dotare Noémi, ed i due sposi erano talmente privi di risorse che fecero il loro primo pasto con qualche soldo di patatine fritte acquistate sul Pont- Neuf.
Dopo lo scandalo della Bible de la liberté (1841), s’impediva A. Constant di esprimere il suo pensiero, rifiutando i suoi articoli nei giornali.
Su istigazione di Noémi, si getta nella politica. Collabora particolarmente a La Démocratie Pacifique, e scrive un libello virulento: La Voix de la Famine. Lo si condanna ancora ad un anno di prigione e 1000 Franchi di multa, il 3 febbraio 1847.
Sua moglie chiede grazia per lei ed il bambino che porta, presso i ministeri ed ottiene finalmente, dopo sei mesi, la liberazione d’Alfonse. La Sig.ra Constant partorisce nel settembre 1847 una bambina, Marie. La piccola Marie morrà nel 1854 all’età di sette anni, con grande disperazione d’A. Constant che l’adorava.
La rivoluzione di febbraio 1848 gli dona maggiore libertà, e comincia a dirigere una rivista rivoluzionaria: Le Tribun du Peuple che uscì solamente per quattro numeri, dal 16 al 30 marzo 1848.
Fondò poi coi suoi amici Esquiros e Le Gallois un club politico: il Club della Montagna, composto soprattutto di lavoratori.
Arrivano le giornate di giugno, e la loro insurrezione reazionaria per fare perire la Repubblica nascente. Il 23 giugno 1848 rischiò d’essere fatale ad A. Constant: si fucilò, credendo di avere a che fare con lui, un vinaio che gli somigliava all’angolo della rue Saint-Martin e della rue de Arcis.
Il 24, Mgr Affre, nel tentativo di acquietare gli insorti, ricevette una palla e morì tre giorni più tardi. A. Constant desiderava rappresentare il popolo all’assemblea Nazionale, ma il suo tentativo fallì. In compenso il suo amico Esquiros fu eletto il 13 maggio 1849, ma i due uomini non si frequentarono più.
Le Testament de la Liberté (1848) che riassume le sue idee politiche, sarà il suo ultimo lavoro del genere. A quest’epoca, la Signora Constant che aveva già pubblicato nella rivista di suo marito e frequentato il Club des Femmes di M.me Niboyet, era già introdotta nel mondo intellettuale parigino. Scrive in Le Tintamarre e nel Moniteur du Soir dei romanzi d’appendice letterari sotto lo pseudonimo di Claude Vignon (tratto da un romanzo di Balzac). È un periodo di relativa spensieratezza per la coppia. Noémi prende lezioni dal celebre scultore Pradier, e, grazie a quest’alta relazione, A. Constant ottiene due commissioni di quadri dal Ministero dell’interno.
Parallelamente, legge la Kabbala Denudée di Knorr von Rosenroth, studia gli scritti di Böehme, Saint-Martin [6] Swedenborg, Fabre d’Olivet, Chaho, e Gœrres.
Alla fine del 1850, incontra l’abate Migne, fondatore e direttore della libreria ecclesiastica di Montrouge che gli comanda per la sua collezione un dizionario della letteratura cristiana. Terminato nel 1851, il lavoro stupisce per la scienza profonda che rinchiude.
Verso quest’epoca Constant incontra lo scienziato polacco Hoëné Wronski, la cui opera gli produce un’impressione duratura e l’orienta verso il pensiero matematico ed il messianismo napoleonico.
Comincia allora la redazione del Dogma e Rituel de l’Haute Magie, prendendo lo pseudonimo d’Eliphas Lévi, o Eliphas Lévi Zahed (traduzione in ebraico d’Alfonse-Louis Costant).
“La fede è solamente una superstizione ed una follia se non ha la ragione per base, e non si può supporre ciò che s’ignora che per analogia con ciò che si sa. Definire ciò che non si sa, è un’ignoranza presuntuosa; affermare positivamente ciò che s’ignora, questo è mentire”. (Dogma e Rituale dell’Alta Magia).
Eliphas Lévi ebbe un giorno la felicità di scoprire da un rigattiere il Prognomètre di Wronski, macchina matematica-filosofica. Si supponeva che questa macchina permettesse di calcolare le probabilità dei fatti presenti, passati e a venire, per arrivare a determinare il valore di tutti gli immaginabili. Sembra che questa macchina sia oggi di proprietà dei discendenti di Papus.
La Sig.ra Constant, che aveva da qualche tempo per amante il marchese di Montferrier (cognato di Wronski) fugge un giorno, per non più ritornare.
Eliphas, profondamente ferito, si rimette al lavoro per tentare di sfuggire al dolore.
Nella primavera 1854, va a Londra, incontra il Dr. Ashburner e Sir Edward Bulwer-Lytton, celebre autore di romanzi fantastici (Zanoni, il Maestro Rosa-Croce, gli Ultimi giorni di Pompei, Una famiglia originale, sono le sue opere più conosciute) che gli diventa amico e lo fa ammettere in seno alla Societas Rosicruciana in Anglia, cerchio iniziatico molto esclusivo.
Incoraggiato da un’amica di quest’iniziato d’alto grado, tenta una serie d’evocazioni. Durante una di esse, la visione d’Apollonio di Tiana gli appare e gli indica il luogo di Londra dove potrebbe trovare il suo Nyctemeron (cf. il racconto del soggiorno in Dogma et Rituel de l’Haute Magie). Eliphas Lévi, tuttavia, si opporrà sempre alle esperienze di magia. Quando più tardi ebbe alcuni discepoli, fece loro promettere di non tentare mai la più piccola esperienza e che occuparsi solamente della parte speculativa della filosofia occulta.
M.le Eugénie Chenevier era a Londra da alcuni anni, dove guadagnava faticosamente di che cosa sfamare il suo bambino. A. Constant le scrisse per chiedergli il suo perdono e l’ottenne.
Durante questo tempo, a Parigi, il suo amico Adolfo Desbarolles prende, assieme all’ex-M.me Constant le decisioni necessarie e sistema gli affari personali del Maestro.
Ritornato in Francia nell’agosto 1854, Eliphas è ospitato qualche tempo nel laboratorio di pittura del suo amico Desbarolles, che abita una modesta camera di studente al 1° piano del n. 120 viale poi del Montparnasse, dove finisce il Dogma et Rituel de l’Haute Magie che esce nel 1854 e nel 1856. Comincia allora il successo, ma non la fortuna.
Nel 1855, fonda, con Fauvety e Lemonnier, la Revue Philosofique et Religeuse che usciranno per tre anni e nella quale scrive di numerosi articoli sulla Cabbala.
Abbandonando un poco la filosofia occulta, si rimette a comporre delle canzoni. In una di esse paragona Napoleone III a Caligola, e ciò gli valse ancora la prigione.
In carcere, scrive un’altra canzone dove spiega satiricamente che i giudici hanno commesso un errore, e che non ha paragonato mai nessuno a Caligola. Fa portare la canzone all’imperatore, che lo perdona. Dall’aprile al giugno 1856 pubblica delle canzoni nella Rivista Le Mousquetaire, d’Alexandre Dumas, grazie a Desbarolles.
Il 3 gennaio 1857, un avvenimento insanguinato immerge Parigi nello stupore. L’arcivescovo di Parigi, Monsignor Sibour è assassinato da un prete sospeso a divinis, Louis Verger, mentre inaugurava la novena di Saint-Genévieve a Saint-Etienne-du-Mont.
Le due notti precedenti, Eliphas aveva fatto un sogno premonitore che si concludeva con le parole: “vieni a vedere tuo padre morire!”. Essendo suo padre morto da tempo, non comprese immediatamente il senso del sogno. Il 3 gennaio verso le quattro del pomeriggio, Eliphas si trovava tra i pellegrini che assistevano all’ufficio nel corso del quale l’arcivescovo doveva perire.
Solo più tardi, leggendo la descrizione dell’assassino nei giornali, si ricordò di un prete pallido incontrato un anno prima, assieme a Desbarolles, dalla Sig.ra A. e che cercava lo scritto indecifrabile di Honorius. Questo episodio è riferito in dettaglio in La Clé des Grands Mystérs (1861).
Dopo tre anni passati nel Boulevard de Montparnasse, va ad alloggiare al n. 19 di Boulevard du Maine, verso il giugno 1857. Questa camera soleggiata, che decora mettendo a profitto i suoi talenti d’artista, vedrà i sette migliori anni della sua vita.
Nel 1859, la pubblicazione dell’Histoire de la Magie gli frutta 1000 Franchi, che è una notevole somma per l’epoca, e lo consacra attirandogli l’attenzione della maggior parte degli esoteristi francesi (particolarmente Henri Delaage [che lo iniziò al Martinismo nel 1860], Luca Desages, Paul Auguez, Jean-Marie Ragon, Henri Favre, e il Dr. Fernand Rozier, che si ritroverà più tardi a fianco di Papus). Conobbe anche il cartomante Edmond e l’ipnotizzatore Cahagnet.
Sollecitato dai suoi amici Fauvety e Caubet, si fa iniziare alla Massoneria il 14 marzo 1861, nella Loggia Rose du Parfait Silence, di cui Caubet era Venerabile.
Eliphas dichiara nel suo discorso di ricevimento:
“Vengo a portare nel mezzo di voi le tradizioni perse, la conoscenza esatta dei vostri segni e dei vostri emblemi, e, di conseguenza, mostrarvi lo scopo per che la vostra associazione è stata costituita…” (Caubet, Souvenirs, Parigi 1893).
La cerimonia avvenne in presenza di un gran numero di Fratelli cui tentò di spiegare, con scarsi risultati, le analogie del simbolismo Massonico con la Cabbala.
Intanto, M.le Eugénie Chenevier e suo figlio erano ritornati a Parigi, ed Eliphas gli fa sapere che desidera occuparsi del bambino. La madre cede a questo desiderio, ma un disaccordo sopraggiunge nel 1867 per questioni di denaro ed Eliphas non rivedrà più né la madre, né il figlio fino alla sua morte.
Nel 1861 pubblica La Clé des Grands Mystérs, ultimo volume della trilogia cominciata con Histoire de la Magie e Dogma e Rituale de l’Haute Magie. Il Maestro lavora molto, iniziando alle Scienze occulte degli eruditi che appartengono alla più alta aristocrazia, ed anche il vescovo di Evreux, Mgr. Devoucoux, cui dà di lezioni di Cabbala.
Grazie al denaro percepito in rimunerazione delle sue lezioni, vive in una relativa comodità materiale, arricchendo senza tregua la sua biblioteca. Con il conte Alexandre Branicki, ermetista, indovina alcune esperienze probanti della Grande Opera in un laboratorio installato nel castello di Beauregard, a Villeneuve-Saint-George.
Questo castello apparteneva alla vedova di Onore de Balzac ed Eliphas Lévi diventò presto l’amico del genero della Signora di Balzac, il conte Giorgio Mniszech.
Il castello, saccheggiato dai prussiani nel 1870 è oggi il municipio di Villeneuve-Saint-Georges. Nel maggio 1861, torna a Londra, assieme al conte Alexandre Branicki, per passare alcuni mesi vicino a Bulwer-Lytton, ormai a capo della Societas Rosicruciana in Anglia.
Durante questo secondo soggiorno, Eliphas Lévi rende parecchie volte visita ad Eugenio Vintras che gli aveva mandato, alcuni anni prima, due dei suoi discepoli per invitarlo a delle messe. Eliphas Lévi non lo considera come un profeta, ma come un medium singolare, un interessante argomento di studi, fino ad acquistargli anche il suo Le Vangile Éternel.
Nel luglio 1861, il barone italiano N.J. Spedalieri aveva acquistato da un libraio di Marsiglia il Dogma e Rituel dell’Haute Magie ed aveva deciso di mettersi in contatto con l’autore. Ne seguì una corrispondenza di più di 1000 lettere che durarono dal 24 ottobre 1861 al 14 febbraio 1874. È un corso di Cabbala unico, preciso, pieno di figure esplicative e di aneddoti.
Spedalieri, iniziato al Martinismo, fu uno dei più importanti mecenati del professore di Scienze occulte. Ritornato a Parigi, Eliphas Lévi pubblica Le Sorcier de Meudon, dedicato a Madame de Balzac. Dal suo ritorno di Londra, assiste regolarmente alle tornate massoniche della Loggia Rose du Parfait Silence. Gli si conferisce il grado di Maestro il 21 agosto 1861.
In seguito ad un lungo discorso sui Misteri dell’iniziazione che pronunciò il seguente mese, un Fratello, il professor Ganeval, avendo voluto presentare alcune osservazioni su ciò che era stato appena detto, provocò le proteste di Eliphas Lévi che si ritirò e non tornò più in Loggia.
I tentativi di Caubet per farlo ritornare sulla sua decisione furono infruttuosi. La Loggia Rose du Parfait Silence sarà messa in sonno nel 1885, ma forse non è il caso di cercare, come Oswald Wirth, una relazione di causa ed effetto.
Il 29 agosto 1862 esce Fables et simbols, dove Eliphas Lévi analizza i simboli di Pitagora, dei Vangeli apocrifi del Talmud, etc…
Alcune volte frequenta, in incognito, le riunioni spiritiche per documentarsi su un fenomeno che considerava deteriore. Pierre Christian, autore dello strano romanzo L’Homme Rouge de les Tuleries, fu il vicino e l’amico di Eliphas ed approfittò dei suoi colloqui e delle sue lezioni.
Nel 1863 muore Louis Lucas, chimico iniziato ai segreti di Ermete, discepolo di Wronski ed amico di Eliphas. I suoi scritti contengono la prima sintesi scientifica che allea Scienza occulta e scienze sperimentali. Era l’inventore di un apparecchio capace di misurare l’equilibrio del magnetismo vitale, che chiamava il biomètre. Quest’apparecchio ha trovato una molto curiosa utilizzazione: fa parte dello stemma della facoltà di scientologie (filosofia della scienza) della Sorbona!
Il 15 maggio 1864, Eliphas trasloca in un tre locali al 2° piano del n. 155 della rue de Sèvres, la sua ultima casa. Nel 1865 esce La Science des Ésprits, raccolta di scritti sul simbolismo dei Vangeli apocrifi, del Talmud, etc… (assolutamente niente a vedere con lo spiritismo).
Nell’estate 1865, l’editore Larousse gli chiede di scrivere alcuni articoli di Cabbala per il suo Grande Dizionario. Ne uscirà un lavoro tanto splendido quanto di un valore storico contestabile, Le Livre des Splendeurs che tratta soprattutto della Cabbala dello Zohar e che uscirà solamente dopo la sua morte.
A quest’epoca comincia a provare spesso dei dolori nevralgici alla testa che lo fanno soffrire molto. Durante l’assedio di Parigi nel 1870, la sua vita fu di più difficile perché essendo tagliate le comunicazioni con la provincia, non poteva ricevere più sussidi da parte dei suoi allievi.
La durezza del suo servizio come Guardia Nazionale nella Comune, produsse o evidenziò una malattia cardiaca. Una volta finita nel sangue la Comune, il Maestro, totalmente privo di risorse una volta di più, trova da una delle sue alunne, la Sig.ra Mary Gebhard che abitava ad Elberfeld in Germania, una lunga e calda ospitalità.
Gli avvenimenti gli ispirano alcuni pensieri che riunisce sotto il titolo Le Portes de l’avenir. Al suo ritorno della Germania, apprende la morte della baronessa Spedalieri. La morte della moglie disperò talmente il barone fino al materialismo e all’ateismo, e producendo la rottura con il Maestro.
Nel dicembre 1871, Eliphas Lévi finisce un altro manoscritto: Le Grimoire Franco-Latomorum, dedicato alla spiegazione dei riti della Massoneria.
Nell’autunno 1872, la sua ex-moglie, scrittrice e scultrice oramai riconosciuta, si sposa col deputato di Marsiglia Maurice Rouvier, che diventerà ministro del commercio.
La salute di Eliphas continua a deteriorarsi. A causa della malattia cardiaca è soggetto a svenimenti nel corso dei quali dice avere delle visioni estatiche. Durante l’anno 1873, finisce il manoscritto del Vangile de la Science.
Nel novembre 1873, Judith Mendès, figlia di Théophile Gautier, aveva avuto bisogno, per uno dei suoi romanzi orientali, d’informazioni sulla Cabbala caldaica.
La fama di Eliphas Lévi l’aveva condotta dritto da lui che, invitato un giorno da suo padre, aveva predetto figlia, leggendole la mano, i suoi successi di giovane donna. Suo marito, Catullo Mendès, presentò Eliphas allo scrittore Victor Hugo che conosceva ed apprezzava i lavori del Cabalista.
L’anno 1874 fu molto doloroso: una bronchite abbastanza grave, dei soffocamenti ed una febbre persistente non gli lasciarono quasi nessun riposo. Le sue gambe ingrossarono poco a poco ed un tipo di elefantiasi si dichiarò presto. Nel gennaio 1875, il Maestro finisce il suo ultimo manoscritto: Le Catéchisme de la Paix. Il 31 maggio 1875, si spegne al n. 155 di rue de Sèvres, all’età di 65 anni. Lo s’inumò al cimitero di Ivry. Una semplice croce di legno segnava l’area della sua tomba. Nel 1881, il suo corpo fu esumato ed i suoi resti collocati nella fossa comune.
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Note
1. Giuliano Kremmerz (1861-1930). La Schola kremmerziana è stata presumibilmente basata sul Martinismo. Il suo ramo particolare discende da Eliphas Lévi, e si chiama “Martinismo Napoletano”. Kremmerz è stato Martinista, ed amico di Papus. Molti Martinisti suppongono che Kremmerz abbia scambiato le sue iniziazioni con Papus. Secondo Andres Kibisa, (Centro Studi Andrés Kibisa) sarebbe strano che non si fossero scambiate le proprie linee: “Erano amici. Papus aveva necessità di rafforzare la sua principale linea di affiliazione, e Kremmerz era in possesso di una filiazione importante , Mi sembra molto strano se non scambiare le proprie linee di successione!”. Kibisa si riferisce anche a un altra filiazione martinista, la sola collegata direttamente a De Pasqually. Egli fa riferimento a Lucien Jean-Francois Maine (Tau Ogdoade Orfeo-I), che era membro dell’originale Tempio Cohen a Leogane, Haiti. Dopo la morte di De Pasqually si afferma che alcuni membri della Loggia, assieme a Massoni e Templari, abbiano fondato “Les Templiers Noires”. Jean-Maine trascorse qualche tempo a Parigi, dove conobbe Papus. ^
2. L’inizio del XVIII secolo, significò la fine di ogni serio studio di astrologia, alchimia e magia. Pochi coraggiosi, tra cui Francesco Barrett, continuarono gli studi sulle tradizioni occulte del Rinascimento. Si sa ben poco di Barrett. Sembra essere nato a Londra tra il 1770 e il 1780. Dopo Montgolfier, effettuò delle ascensioni in pallone aereostatico fra l’estate e l’autunno del 1802, ma è meglio conosciuto come l’autore, o più precisamente il compilatore, del Mago. Barrett inoltre sembra aver costituito una scuola di studi occulti. Il seguente annuncio appare in Il Mago: “L’autore di questo lavoro rispettosamente informa coloro che sono curiosi negli studi di Arte e Natura, soprattutto occultismo, filosofia, chimica, astrologia, & c. che, essendo stato instancabile nella sua ricerca in Scienze sublimi, di cui egli ha trattato in generale in questo libro, dà lezioni private e istruzioni su una qualsiasi delle Scienze di cui sopra, nel corso delle quali farà scoprire molti curiosi e rari esperimenti. Coloro che diventano studenti saranno avviati nelle operazioni di Filosofia naturale, Magia, Cabala, Chimica, Arte Talismanica, Filosofia Ermetica, Astrologia, Fisiognomica, & c. Parimenti essi acquisiranno le conoscenze di Riti, Misteri, Cerimonie, e principi degli Antichi Filosofi, Magi, Cabalisti, Adepti & c. … “ The Magus Book II, page 140. ^
3. Jozef Maria Hoëne-Wroński (23 agosto 1778 – 8 agosto 1853) filosofo che ha lavorato in molti campi del sapere, non solo come filosofo, ma come matematico, fisico, inventore, giurista, economista. Il livello di Wroński, i suoi risultati scientifici e accademici, e l’ampiezza dei suoi obiettivi, lo collocano nel primo rango dei metafisici europei nei primi anni del XIX secolo. ^
4. Flora Tristan, figlia naturale di una madre francese e di un padre aristocratico peruviano che, morto prematuramente, lascerà la famiglia nella miseria. Flora lavorerà come operaia di tipografia e si sposerà con l’incisore André Chazal, una catastrofe che la perseguiterà tutta la vita. Fugge dall’abitazione coniugale con i sue due bambini, fra cui Aline, la futura madre di Gauguin. Nel 1826 vive in Inghilterra come dama di compagnia e s’inizia al sansimonismo. Nel 1833 s’imbarca per il Perù, pensando di poter ricevere aiuto dalla famiglia di suo marito, senza alcun risultato. Tornata a Parigi, scrive e pubblica il suo primo articolo, De la nécessité de fair bon accueil aux femmes étrangères, nel quale afferma la necessita non solo di istruire le donne, ma anche della loro unione. Nuova lite con il marito. Nel 1837 ottiene la separazione dal marito e pubblica poco dopo Les Peregrinations d’une Paria, racconto autobiografico. Suo marito, che ha tentato di ucciderla a colpi di pistola, è condannato a vent’anni di lavori forzati. Nell’estate del 1839, in Inghilterra, pubblica Les Promenades dans Londres, che la pone in evidenza come scrittrice sociale. Nel 1843 decide di pubblicare L’Union ouvrière. Cinque anni prima del Manifesto del partito comunista, predica la “necessità della “union universelle des ouvriers e des ouvrières”[…] che avrebbe per fine la costituzione di una classe operaia”: da allora fu ritenuta come una personalità del movimento socialista. Nel corso di un giro di conferenze attraverso la Francia, muore improvvisamente a Bordeaux.
La sua esperienza di “Paria” ne formò il pensiero sociale e quella con il marito l’idea dell’emancipazione della donna. Ma le difficoltà a far accettare quest’idea nel mondo operaio furono notevoli. Perché “l’homme, le opprimé, peut opprimer un être, qui est sa femme; [la femme] est la prolétaire du prolétariat.” Rifiutandosi di separare la causa delle donne da quella del proletariato e di dissolvere la specificità della lotta contro l’oppressione femminile nella più generale lotta contro la società capitalista. Flora, prima d’Engels, Alexandra Kollontaij o Clara Zetkin, ha posto le basi dei principi del femminismo. ^
5. Honoré de Balzac fu iniziato al Martinismo da Henry Delaage e, probabilmente, al Compagnonaggio dei Devoirs. Descrisse le sue esperienze iniziatiche nei suoi romanzi filosofici, branca della Comédie humaine (Histoire de treize Ferragus, ecc.), ele sue riflessioni Martiniste in Louis Lambert ou de l’Art Royal con chiari tratti autobiografici. ^
6. Per quanto riguarda la filosofia politica di Louis Claude de Saint Martin cfr.Seminario Filosofico per le scienze politiche e sociali (Atti) a cura di Elena Cuomo, Il Sovrano Luminoso, fondamenti della filosofia politica di Louis Claude de Saint Martin, Grappichelli, Torino, 2000. ^