La “Chiave” in Mesopotamia

Misteri dei CostruttoriPensavo di dover attendere ed aspettare da Collemaggio e dal suo creatore, Celestino V, nuove “indicazioni”, nuovi stimoli che potessero, in qualche modo, corroborare ciò che fino ad allora avevo “capito” (molto poco), attraverso i suoi simbolismi ed invece non sapevo che la “lezione era finita”: avevo la “chiave” e, pur non essendo conscio della sua assoluta importanza, ora dovevo e potevo contare solo sulla sincronicità degli eventi filtrati da quello che, col tempo, appresi essere il mio vero “dono”.

La “Chiave” in Mesopotamia

di Michele Proclamato

Pensavo di dover attendere ed aspettare da Collemaggio e dal suo creatore, Celestino V, nuove “indicazioni”, nuovi stimoli che potessero, in qualche modo, corroborare ciò che fino ad allora avevo “capito” (molto poco), attraverso i suoi simbolismi ed invece non sapevo che la “lezione era finita”: avevo la “chiave” e, pur non essendo conscio della sua assoluta importanza, ora dovevo e potevo contare solo sulla sincronicità degli eventi filtrati da quello che, col tempo, appresi essere il mio vero “dono”.

Non passò infatti molto tempo prima che mi imbattessi nuovamente in una traccia numerica chiaramente aquilana di cui “qualcosa” già sapevo: fu infatti attraverso il “caso” che su Internet venni a conoscenza di una fantomatica Lista Sumera dei Re, presente presso il British Museum di Londra e repertato con la sigla W.P.144.

Si trattava di una piccola stele mesopotamica, ritrovata durante scavi condotti presso la città di Ninive e risalente, utilizzando il metodo di datazione al carbonio, a 4500 anni prima di Cristo.

Chiaramente le sue 26 righe, in caratteri cuneiformi, rappresentarono, con la loro traduzione, una vera sorpresa quando mi avvidi che nella descrizione temporale di 8 regni mesopotamici, consumatisi in 5 città della fertile “mezza-luna”, spesso appariva a livello numerico il riferimento metrico del “diametro” dei Cerchi del Labirinto di Collemaggio (vedi Labirinto di Collemaggio).

Praticamente e in modo piuttosto inverosimile, per ben tre volte veniva riportato un periodo regnante pari a 28800 anni, che, pur essendo “impossibile” per i nostri canoni di vita media, era pur sempre un riferimento da me già “inseguito”.

Infatti tutta la lista ed i suoi riferimenti conservava spunti su cui meditare con attenzione: intanto essa si concludeva con un’affermazione sorprendente per la nostra “storia ufficiale”, essa, infatti, parlando di 8 re e 5 città, faceva chiaramente intendere un qualche tipo di civiltà già presente in Mesopotamia molto prima dell’ipotetico Diluvio che, sempre secondo la Lista, “travolse tutto”.

La stessa scienza ufficiale era infatti pressoché d’accordo nel posizionare un ipotetico diluvio, o più diluvi di proporzioni minori, in un arco di tempo compreso tra i 10000 e i 12000 anni fa, e ciò a livello universale, era quindi tremendamente imbarazzante per i nostri esperti, ipotizzare civiltà presenti in periodi in cui all’uomo non era riconosciuto nessun tipo di sapere.

Inoltre, la somma dei periodi regnanti era perlomeno inquietante, in quanto 241200 anni, oltre ad essere un arco di tempo chiaramente impossibile, nascondeva un sistema numerico che avevo già riscontrato.

Mi resi conto, infatti, che tutta la lista non era altro che un “codice” nascosto dietro alla folcloristica descrizione di uno dei tanti disastri pazientemente sopportati dalla nostra Terra, dietro quella sequenza numerica composta da re e città e sommata in un computo impossibile, si nascondeva il progetto numerico del “Rosone” centrale di Collemaggio (vedi La codifica dei Rosoni).

Come il rosone di Celestino, la Lista faceva cenno a 8 re (come 8 erano i petali all’interno del cuore del rosone aquilano),

i quali regnarono in 5 città, come 5 erano le zone in cui era diviso il rosone,

per un numero di anni pari 241200, come esattamente 24 + 12 erano le braccia del magnifico mandala medioevale,

se a ciò si aggiungeva il riferimento ai 28800 anni, persino il Labirinto, poteva essere identificato all’interno di quella Lista senza tempo.

Come poteva essere possibile che, a livello progettuale, un costrutto medioevale fosse presente in un’informazione di migliaia di anni prima? No, Celestino non poteva essere considerato un semplice eremita, nascondeva molto di più, dietro la pia rappresentazione storica della sua presunta viltà dantesca, come io dubitavo.

Altra cosa curiosa, sempre numericamente parlando: era possibile ottenere l’inizio della sequenza numerica di Fibonacci, proprio attraverso re e città.

Vi erano infatti 2 re, 3 re, 1 re, 1 re, 1 re, per un totale di 8 re in 5 città, era sufficiente porle in ordine per ottenere: 1,1,1,2,3,5,8 la cifra seguente della sequenza del Fibonacci era possibile ottenerla sommando città e re, per ottenere il numero 13 e proseguire all’infinito.

Inoltre, sempre i re, erano frazionati in 23 e 13 proprio come la totalità degli anni regnanti, rappresentavano 13 e 23 delle 36 braccia del Rosone centrale, insomma la Lista nascondeva molto di più di una semplice descrizione storica, allora, non ero comunque in grado di capire cosa.

ANU un Dio con gli “orologi”

Continuai, chiaramente, a cercare nuove testimonianze utili ai miei studi nella Mesopotamia dell’antichità, fino a quando mi imbattei in un’immagine scolpita nei famosi “cilindri” mesopotamici, riguardante il Dio Anu colui che, secondo i popoli antichi della fertile Mezza-Luna, aveva donato all’uomo sapere, saggezza e prosperità.

Il Dio, da “sempre” a capo di un Pantheon composto chiaramente da 12 Dei minori, si presentava caratterizzato da caratteristiche anfibie. Egli, infatti, secondo le leggende mesopotamiche, pur vivendo sulla terra ferma, trascorreva le sue notti nell’acqua, cosa peraltro condivisa da molti altri esseri che, come lui, secondo le leggende di moltissimi popoli della Terra, avevano portato il “sapere” su questo pianeta.

Ma la cosa che più di tutte mi colpiva nella sua postura, era il modo in cui mostrava degli strani “orologi” posti ai suoi polsi, era come se volesse a tutti i costi sottoporre all’attenzione di chi guardava, esattamente quei particolari braccialetti che, ad un attento esame, rivelarono una sorpresa intuita a prima vista.

Ingrandendo i suoi “orologi” infatti essi risultavano in modo incontestabile costituiti da OTTO petali, o raggi, esattamente come il cuore del rosone aquilano o il numero dei vescovi chiamati da Celestino all’inaugurazione della sua basilica e a questo punto, come il numero dei re della Lista, insomma: nuovamente il numero 8 appariva con prepotenza in un particolare di un essere considerato come un DIO da una schiera di popoli mesopotamici da tempi leggendari.

Non solo, a livello simbolico, era consuetudine rappresentare il Dio Anu attraverso Otto raggi che si intersecavano, che in caratteri cuneiformi, col passare del tempo, volevano significare la parola “DIO”.

Ora, pur essendo una consuetudine abbinata al dio Anu, quella di apporre quegli strani “orologi” ai polsi di un essere divino, in Mesopotamia la cosa fu osservata fino ad uno degli ultimi e più famosi re della storia babilonese: Nabuccodonosor. Egli veniva, infatti, scolpito nei suoi momenti pubblici con gli stessi braccialetti di Anu, costituiti non più da 8 raggi, bensì da 8 Petali.

Se a ciò si aggiungevano i mitici esseri alati del mondo Assiro-Babilonese, anche loro dotati di formidabili “orologi” ad 8 o più petali era facile intuire come la Mesopotamia fosse, per me, in quel momento, una terra fertile per i miei studi e non sapevo ancora quanto!

Quel rosone mi avrebbe fatto viaggiare, prima di arrivare a delle conclusioni che tuttora mi affascinano, pur inquietandomi.

Presto avrei lasciato la Mesopotamia e avrei ritrovato i numeri della “mia Chiave” in … Egitto.

torna su