Le costellazioni dello zodiaco in alchimia /2

AlchimiaAriete – Toro – Gemelli
Abbiamo detto che intendiamo seguire il cammino dei 12 segni dello zodiaco dal punto di vista del “viaggiatore”. Il segno dell’Ariete è l’archetipo di ogni inizio possibile e trae i suoi significati simbolici dal mito del Vello d’oro, dall’agnello portato sulle spalle dal dio Hermes, dal rito di sacrificare un agnello per annunciare o propiziare un periodo di resurrezione e rinnovamento.

Le costellazioni dello zodiaco in alchimia /2

di Alessandro Orlandi

Ariete

“Dio è la luce del cielo e della terra! La sua luce è come quella di una lampada nascosta in una nicchia, la lampada è racchiusa in un cristallo e brilla con lo splendore di una stella. Quella lampada è alimentata da un albero benedetto, è un ulivo che non proviene né da Oriente né da Occidente e dà un olio che la farebbe risplendere anche se il fuoco non lo toccasse mai.

Luce su luce! Dio guida chi vuole verso la sua luce, Dio propone agli uomini delle parabole, Dio conosce ogni cosa. Quella lampada si trova negli edifici che Dio ha permesso di innalzare, là dove il suo nome è invocato e gli uomini celebrano le sue lodi all’alba e al tramonto”.

Corano (Sutra XXIV, 35,36)

“Obbedendo a Medea, Giasone staccò dalla quercia il Vello d’oro; ed essa intanto, immobile, spargeva il suo filtro sul capo del mostro finché Giasone non ordinò di tornare alla nave, e a quel punto lasciarono il bosco ombroso di Ares”.

Apollonio Rodio – Argonautiche (Libro IV)

Premettiamo una considerazione sui “corpi dell’uomo” [1]. In ciò che segue non ci addentreremo in ciò che differenti culture come quella induista, quella buddhista, quella tibetana, o quella dell’antico Egitto, hanno detto sui “corpi sottili” dell’uomo. Ci atterremo alla tradizionale concezione dell’uomo costituito da corpo, anima e spirito, che nei testi alchemici troviamo a volte identificati rispettivamente con Sale, Zolfo e Mercurio. Vorremo qui solamente attirare l’attenzione del lettore sul fatto che la nostra abituale ed istintiva differenziazione tra “interno” ed “esterno”, quando si parla di anima o di spirito, appare del tutto illusoria [2].

Abbiamo detto che intendiamo seguire il cammino dei 12 segni dello zodiaco dal punto di vista del “viaggiatore”. Il segno dell’Ariete è l’archetipo di ogni inizio possibile e trae i suoi significati simbolici dal mito del Vello d’oro, dall’agnello portato sulle spalle dal dio Hermes, dal rito di sacrificare un agnello per annunciare o propiziare un periodo di resurrezione e rinnovamento.  Come dobbiamo immaginare questo raggio igneo e immateriale proveniente da un sole invisibile?

Bisogna ammettere che si tratta di un’idea piuttosto astratta e apparentemente lontana da ogni operatività. Nel pensiero mistico cristiano ciò che gli si avvicina di più sono Grazia e Pentecoste.

La Grazia non dipende da noi eppure ci viene donata, è difficile esprimere verbalmente in cosa consista, così come, quando ci viene un’idea brillante, esiste uno stadio preverbale in cui quell’idea si manifesta come improvvisa intuizione, non ancora comunicabile ad altre persone. Potremmo dire che quando sappiamo rappresentare un’idea attraverso il linguaggio, l’abbiamo “incarnata”, resa tangibile, ma ne abbiamo anche limitato le potenzialità. Come si è generata in noi quell’idea?

Platone cercò di rispondere a questa domanda con il mito della caverna: le idee che ci facciamo del mondo non sono che ombre di archetipi invisibili, immortali e immutabili, che scorgiamo sulla parete della caverna in cui siamo rinchiusi (il corpo) e noi, in fondo, non facciamo che “ricordare” ciò che la nostra anima già conosceva… Potremmo applicare questa stessa intuizione anche alla volontà e agli impulsi che ci guidano nella vita, e persino alle nuove energie e pulsioni che ci animano: la volontà e gli impulsi ci appartengono, proprio come le idee che ci facciamo sul mondo, ma della loro scaturigine, della sorgente misteriosa da cui essi provengono, non sappiamo nulla.

Negli antichi Misteri pagani quella sorgente era considerata sacra a Dioniso, dio del desiderio e della linfa primaverile, del risveglio della Natura addormentata, sposo mistico che accoglie le fanciulle defunte nell’oltretomba, ma anche dio fallico e licenzioso, dio dei labirinti, toro, serpente e capro selvatico offerto al sacrificio, dio del vino e della possessione, della tragedia e delle maschere. L’Ariete, il segno dello zodiaco in cui la luce si manifesta, è collegato al punto vernale, all’istante in cui le ore di luce superano quelle di oscurità, in virtù di una misteriosa forza tellurica che fa scorrere la linfa nei tronchi degli alberi e spinge gli animali ad accoppiarsi.

Nella Pentecoste lo Spirito discende invece sugli Apostoli assumendo l’aspetto di una fiamma e dona loro la sapienza. Anche qui si tratta di un princìpio disincarnato che, dal momento in cui si lega al corpo e alla materia, si traduce in conoscenza di cose che in precedenza si ignoravano, come il dono delle lingue, la sapienza o la capacità di guarire gli ammalati. Sia la Grazia, che lo Spirito, vorremmo sottolinearlo, non hanno carattere individuale, personale, ma lo assumono solo dopo essersi legati alla materia e al corpo.

L’attività dell’alchimista è stata descritta come “spiritualizzazione della materia e corporificazione dello spirito”. È pur vero che l’aspetto applicativo dell’Opus alchemicum richiede che si operi su una concreta materia, con un opportuno vaso e un opportuno fuoco. Ma si parla anche della raccolta di una “rugiada celeste”, di un princìpio invisibile di natura spirituale che deve entrare nell’Opera perché questa possa aver inizio, perché le manipolazioni alchemiche possano avere un qualsiasi effetto sulla materia utilizzata nell’Opera. Questa raccolta, secondo il Mutus liber di Altus e secondo altri testi alchemici, deve essere effettuata tra il segno dell’Ariete e quello del Toro. Nel Mistero delle Cattedrali Fulcanelli prese in esame le 12 coppie di bassorilievi scolpiti sui lati del portale centrale della cattedrale di Notre Dame a Parigi (presenti anche, con piccole varianti, in altre cattedrali francesi, come Chartres o Amiens) e interpretò quei bassorilievi come altrettante indicazioni sulle fasi dell’Opus alchemicum. Ci avvarremo qui di quelle immagini, pur non concordando sempre con l’interpretazione che ne dette Fulcanelli [3]. La prima serie di sei coppie di bassorilievi è preceduta da due bassorilievi “fuori opera”, che tradizionalmente vengono interpretati uno come “la derisione di Giobbe” (Fig. 2) e l’altro, di interpretazione incerta, come “Davide che cerca in un ruscello le cinque pietre che gli serviranno per uccidere Golia”.

Ammettendo che i bassorilievi si riferiscano all’Opera alchemica, nella “derisione di Giobbe” sono raffigurati tre amici, venuti per compiangerlo, che non lo riconoscono, mentre la moglie sembra rimproverarlo. Nell’altro bassorilievo è raffigurato un vecchio che si sorregge a un bastone, ai suoi piedi sono deposti un arco e due frecce e davanti a lui c’è un albero sotto il quale scorre una sorgente sotterranea (Fig.1) [4].

Fig 1 e 2

Le due immagini che abbiamo descritto dovrebbero riassumere il percorso tracciato dalle prime sei coppie di bassorilievi; la prima, “La derisione di Giobbe” ci parla del destino a cui va incontro chi si consacra all’Opera: non essere riconosciuto, subire la riprovazione e il rigetto della comunità di cui fa parte, intraprendere un cammino solitario. La seconda allude invece alla sorgente misteriosa che l’alchimista deve trovare per intraprendere il lavoro alchemico. Esamineremo le prime sei coppie di bassorilievi, parlando dei segni zodiacali che vanno dall’Ariete alla Vergine, seguendo un percorso che comincia dalla parte sinistra guardando la cattedrale, procedendo dall’esterno verso l’interno. Ogni volta che assoceremo ad un segno zodiacale una coppia di bassorilevi, interpreteremo il bassorilievo superiore come una indicazione dello strumento da utilizzare nell’Opera in quel segno zodiacale, quello inferiore come una indicazione dell’operazione che va compiuta. La prima coppia mostra nella parte superiore una donna che reca un emblema con una colomba [5], nella parte inferiore un cavallo che tenta di disarcionare il suo cavaliere (cfr. fig. 3 e 4) [6].

Fig. 3 e 4

Possiamo riprendere allora il nostro discorso: la colomba è la discesa di ciò che abbiamo chiamato Spirito, Grazia, o «raggi del Sole invisibile», che si unisce alla materia e al corpo volgare. L’immagine allude anche al fatto che, quando si dispone di quella «rugiada celeste» o nostoc e lo si vuole unire a una particolare materia utile per l’Opera, si va incontro a seri problemi. Per la verità l’alchimista deve sobbarcarsi due fatiche distinte: separare lo spirito dal corpo «volgare» a cui si è legato spontaneamente e poi unirlo al «corpo filosofico» che gli servirà per l’Opera. Le resistenze che incontrerà saranno quindi di due ordini: 1) separare il cavallo-spirito dal cavaliere-corpo 2) unire il cavallo-spirito col cavaliere-corpo-segreto. Sia nel separare che nell’unire si incontreranno difficoltà: prima la resistenza del cavaliere a separarsi dal cavallo, quindi la resistenza del cavallo ad unirsi a un nuovo cavaliere…

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Toro

«… Mi ricordai di una storia che in tempi antichi avevo sentito raccontare da alcuni mercanti, viaggiatori e viandanti e cioè che nelle montagne della Pietra di Diamante avvenivano cose spaventose e terrorizzanti né alcuno poteva porvi piede, ma che i mercanti che commerciavano in diamanti facevano uso di uno stratagemma per averli: prendevano una pecora, la scannavano, la scuoiavano, ne tagliavano la carne a pezzi e la buttavano dall’alto del monte nella valle: la pecora cadeva mentre la carne era ancora fresca e vi si attaccavano alcune di quelle pietre ma i mercanti la lasciavano fino a metà del giorno, quando cioè aquile ed avvoltoi calavano per prenderla, la afferravano nei loro artigli e volavano via verso la cima del monte. I mercanti allora si facevano addosso agli uccelli emettendo grida ed essi lasciavano stare la carne volando via. Allora i mercanti si avvicinavano alla carne e ne liberavano le pietre che vi si erano appiccicate, lasciandola poi agli uccelli rapaci ed alle bestie feroci e portando via le pietre ai loro paesi. Nessuno poteva giungere ad avere i diamanti se non con questo stratagemma.»

Le mille e una notte – I viaggi di Sindibàd

Molti dei culti che hanno preceduto la nostra era erano caratterizzati dalla divinizzazione o dal sacrificio di un toro. Così il culto di Mithra (questo culto, profondamente legato all’astrologia, era talmente diffuso nell’impero romano fino al II sec. D.C. che Ernest Renan affermava che, se se non fosse mai nato il cristianesimo, l’umanità sarebbe stata mitraica), il culto di Attis e Cibele, il culto di Osiride, il culto di Dioniso (che era anche invocato come axie taure, sacro toro), e all’uccisione di un toro era anche legata la leggenda cretese del Labirinto e del Minotauro [7].

Si vedono spesso davanti ai templi e alle chiese due colonne sormontate rispettivamente da un toro e da un leone. Prima ancora che riferirsi a due dei quattro evangelisti, le colonne in questione simboleggiano le due colonne che sorreggevano l’entrata al tempio di re Salomone, Joakim e Boaz.

La colonna Joakim veniva riferita al Toro, alla Luna, alla Stabilità, mentre la colonna Boaz al Sole, al Leone, alla Forza. Avremo ancora modo di parlare delle colonne Joakim e Boaz in relazione alla seconda serie di sei coppie di bassorilievi, collegati ai segni che vanno dalla Bilancia ai Pesci. Per ora limitiamoci ad osservare che una delle idee da collegare al segno del Toro è quella di stabilità. In effetti in questo periodo dell’anno la luce, l’energia vitale, che hanno fatto irruzione sulla Terra nel segno dell’Ariete sembrano legarsi indissolubilmente alla materia rendendola più splendente, il conflitto tra spirito e materia che avevamo osservato nel segno dell’Ariete sembra sedato, lo spirito saldamente insediato negli involucri prescelti per manifestarsi. È quindi la parte dello zodiaco più indicata per esprimere l’attaccamento a ciò che abbiamo acquisito, al nostro corpo, alla nostra identità, alle cose che abbiamo appreso, a ciò che possediamo. Insomma, tutto ciò che uno psicanalista chiamerebbe “la forza delle identificazioni”. Tuttavia, con riferimento a quanto detto in Ariete, nel caso in cui questa acquisizione dello spirito da parte della materia sia stata messa in dubbio dall’alchimista per poter riunire lo spirito ad un altro Soggetto Filosofico, il segno del Toro segnerà invece l’estremo sacrificio di sé. Per ciò che riguarda l’abbandono delle identificazioni, occorre una disponibilità a sacrificare, letteralmente a “rendere sacra” l’energia che abbiamo messo nelle cose che amiamo, separando ogni proiezione, ogni identificazione dal suo oggetto materiale, andando incontro a una vera e propria “perdita di sé stessi”, una rinuncia a tutto ciò che puntella l’identità. Per ciò che riguarda il lavoro dell’alchimista si tratta, tra Ariete e Toro, di separare quel “raggio del Sole invisibile” di cui abbiamo parlato dal suo involucro “volgare”, per poi unirlo saldamente al corpo che gli è destinato. Al sacrificio compiuto corrisponde certamente una preziosa acquisizione per l’alchimista: egli ora dispone di un magnete che può attrarre a sé quello zolfo che era stato liberato nella prima operazione, che va unito a un nuovo corpo, ha preso coscienza del lavoro necessario per estrarre il Sale dei Filosofi. Chissà che negli antichi Misteri il sacrificio rituale del toro non avesse proprio questo significato: abbandonare tutte le identificazioni legate al corpo e all’identità profana e rinascere a un nuovo status. Nel mitraismo si credeva anche che tutte le ricchezze della terra fossero state originate dal sangue del toro celeste sacrificato dal dio Mithra, che avrebbe fecondato il suolo.

Vediamo ora cosa ci dice in proposito la seconda coppia di bassorilievi (cfr. fig. 5 e 6).

Fig. 5 e 6

Nella parte superiore una donna reca un emblema che raffigura un serpente che si avvolge attorno a un bastone, nella parte inferiore un uomo reca in una mano uno specchio, da cui distoglie lo sguardo, nell’altra una cornucopia verso la quale volge la testa [8].

Il bastone e il serpente rappresentano, secondo Fulcanelli «il Mercurio al suo primo stadio, avvolto attorno alla verga dello zolfo corporale». Ricordiamo qui brevemente [9] che Mercurio, Zolfo e Sale sono tre princìpi fondamentali per il lavoro dell’alchimista e che il Mercurio, volatile, guida l’attenzione dell’uomo verso le sue méte, lo Zolfo, fisso, deve essere liberato dalle catene di un corpo che lo imprigiona, mentre il Sale deriva dal residuo incorruttibile di un opportuno corpo sottoposto all’azione del fuoco alchemico. Non è difficile trovare una profonda risonanza con ciò che dicevamo a proposito delle identificazioni e del «raggio del sole invisibile». Il serpente mercuriale avvolto attorno al bastone è quel vincolo stabile che nel Toro deve essere sacrificato, spezzato, perché il serpente si leghi a un’altro soggetto. L’uomo che distoglie il volto dallo specchio, lo specchio dell’incarnazione, per rivolgerlo verso il corno di Amaltea, la cornucopia, sta voltando le spalle alle proprie identificazioni (lo specchio) per dirigersi verso una fonte di vera e inesauribile ricchezza. Di fronte a lui un albero, variamente interpretato come albero della vita o albero della conoscenza del bene e del male…

Interessante è anche la variante del bassorilievo inferiore presente nelle cattedrali di Amiens e Chartres: al posto dell’uomo con lo specchio e la cornucopia c’è invece un uomo che porta alla bocca qualcosa di commestibile, forse un formaggio. Qui l’accento viene posto sull’alimentazione e l’immagine sembra dirci: «guarda a ciò di cui ti alimenti per sussistere», naturalmente intendendo ciò sia in senso materiale che in senso sottile.

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Gemelli

«Laddove sussiste dualità, ivi l’uno odora l’altro, l’uno vede l’altro, l’uno parla all’altro, l’uno pensa qualcosa di altro da sé, l’uno conosce l’altro; ma allorché tutto è diventato il Se di ognuno, l’odore di chi mediante che cosa si potrà percepire? Chi si potrà vedere e mediante che cosa? Chi e mediante che cosa si potrà udire? A chi e mediante che cosa si potrà parlare? A chi e mediante che cosa si potrà pensare? Chi e mediante che cosa si potrà conoscere? Ciò mediante il quale si conosce quanto esiste, mediante che cosa potrà essere conosciuto? Questo è lo Atman definito da: No! No! Inafferrabile perchè non può essere ghermito, indistruttibile perché non può essere distrutto, inattaccabile perché a nulla aderisce, svincolato perché da nulla viene turbato e nulla lo lede. Per mezzo di che cosa si potrebbe conoscere il conoscitore? Ora tu hai inteso l’insegnamento, O Maitreyi, ivi è tutto il segreto dell’immortalità.

Brhad aranyaka upanishad IV-5

«Allora il signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome»

Genesi II-19

Il segno dei Gemelli corrisponde, nel ciclo del divenire, al periodo in cui gli esseri si orientano nel mondo stabilendo direzioni individuali, all’emersione delle coppie di opposti che definiranno in seguito sia il volto dell’Io che quello dell’Altro da Sé. Ogni uomo costruisce inconsciamente la propria personalità ancorandosi a un sistema di riferimento e tracciando una differenza tra «interno» ed «esterno».

Quel sistema di riferimento sarà il risultato del modo in cui ha utilizzato il potere di dare un nome a ciò che lo circonda. La formazione della personalità si esprime attraverso l’atto creativo che si cela dietro ogni processo conoscitivo. Si tratta dello stato a cui si deve «tornare» consapevolmente nelle iniziazioni: tutto si trova allo stato fluido, la struttura assunta dai pensieri e le immagini sovrapposte alla realtà possono essere modificate velocemente, con grande facilità. Coerentemente con ciò il segno dei Gemelli è considerato domicilio di Mercurio e viene anche associato all’ambiente originario, ai fratelli [10], al sistema di riferimento individuale, alla respirazione, al linguaggio e agli studi intesi come rapida appropriazione dei linguaggi specifici delle varie discipline e, infine, alle varie attività mercuriali come gioco, commercio, recitazione, medicina, trasformismo, truffa, apprendimento delle lingue, scrittura, piccoli viaggi, tutto ciò che riguarda l’informazione e il trasferimento di notizie da un luogo all’altro della Terra.

Dal punto di vista dell’Opus il segno dei Gemelli rappresenta l’operazione consistente nel «rettificare» il sentiero che conduce la nostra attenzione dall’interno verso l’esterno. Solo questa operazione ci consentirà di intrappolare e fissare quel Mercurio che gli alchimisti chiamavano «servus fugitivus», da tutti utilizzato inconsapevolmente per conoscere e percepire, ma inafferrabile senza l’uso dell’arte alchemica. Quel misterioso corpo, quel sale alchemico che l’alchimista ha già individuato nel segno del Toro, deve essere purificato e potenziato perché divenga un potente magnete in grado di attrarre a sé e fissare lo Spirito universale. Il bassorilievo superiore [11] relativo a questa fase ci mostra una donna che reca l’emblema di una salamandra che brucia nel fuoco. Nelle cattedrali di Chartres e di Amiens al posto della salamandra c’è una fenice che brucia, geroglifico della resurrezione dalle proprie ceneri. Ad Amiens, inoltre, la donna reca in una mano l’effige della fenice che brucia, nell’altra una piuma. Nel bassorielievo inferiore, invece, è raffigurato un uomo che toglie un velo che copriva una bilancia (ad Amiens è raffigurata una donna che ha in mano uno specchio, a Chartres un uomo e una donna che si tengono per la mano destra, la dexterarum coniunctio che caratterizzava i matrimoni nei tempi antichi).

Fig. 7 e 8

La fissazione del Mercurio è possibile solo se si riesce a legare «il servo fuggitivo» al misterioso corpo che deve essere utilizzato nell’Opera. Perchè ciò sia possibile non è sufficiente il sacrificio di cui si è parlato a proposito del segno del Toro, il Mercurio deve essere purificato, liberato da ogni impurità per mezzo del fuoco. Un indizio sulla natura del fuoco ermetico da adoperare in questa impresa, definito dagli alchimisti (ad esempio da Pontanus nell’Epitre du feu philosophale [12]) «fuoco contro natura», ci viene dato dall’emblema inferiore: l’alchimista scopre la bilancia e i relativi pesi. Forse questi due bassorilievi potrebbero indurci ad attribuire un diverso significato alle due scritte incise sul frontone del tempio di Apollo a Delfi di cui abbiamo già parlato: «Conosci te stesso» e «Nulla di troppo». Ricordiamo sempre il primo aforisma, ma forse il secondo è ancora più importante…

Fulcanelli ci dice esplicitamente che il disvelamento della Bilancia indica la scoperta dei pesi dell’arte. La fenice e la piuma di Amiens ci ricordano anche il cuore e la piuma con cui Toth, Anubis e la dea Maat pesavano e valutavano le anime dei defunti nell’Oltretomba egizio.

Citeremo infine l’alchimista Huginus a Barma, che in Il regno di Saturno trasformato in oro scrive: «A meno di non invertire l’ordine della Natura, voi non genererete oro che prima non sia stato argento (…) Nulla di estraneo entra nella nostra Opera, essa non ammette e non riceve nulla che provenga da altrove».

Isacco l’Olandese nella sua Œuvre vegetable ci dice invece: «Saturno contiene nel suo interno l’Oro probo (…) quest’oro può essere estratto a condizione che si tolgano tutte le impurità, cioè le feci, in tal caso viene detto: purgato. L’esterno è portato all’interno, l’interno è manifestato all’esterno, da ciò deriva il suo color rosso, per questo è chiamato Oro probo».

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Note

1. Cfr. a questo proposito i miei articoli L’uomo e i suoi corpi (con A. Camici) e Sulle forme pensiero apparsi rispettivamente su Lex Aurea n° 38 e n° 21. (^ torna al testo)

2. Cfr. a questo proposito G. Cocchiara Il mondo alla rovescia, Boringhieri, Torino 1965 (le cui teorie sono evidentemente ispirate a quelle espresse da De Martino nel Mondo magico) J. Frazer, Il ramo d’oro Boringhieri, Torino 1967 (in particolare i capitoli deidicati all’”anima esterna”) e A. Orlandi, Dioniso nei frammenti dello specchio, Irradiazioni, Roma 2003 (il capitolo dedicato all’anima esterna e al mondo alla rovescia). (^ torna al testo)

3. Nell’interpretazione religiosa i bassorilievi vengono considerati emblemi dei vizi e delle virtù (cfr. ad esempio lo Speculum maius di Vincent de Beauvais o Emile Male, L’art religieux au XIII siécle). Fulcanelli a volte sembra fraintendere completamente alcuni elementi dei bassorilievi (ad esempio una lepre viene scambiata per un ariete), ma non è chiaro se questo fraintendimento sia accidentale oppure voluto e consapevole, per indurre il lettore a riflettere su punti che non gli era possibile esplicitare. (^ torna al testo)

4. Di questi due bassorilievi, non menzionati da Fulcanelli nel Mistero delle cattedrali, si occupa invece l’alchimista Esprit Gobineau de Montluisant in un’opera anch’essa dedicata al significato alchemico dei bassorilievi di Notre Dame: Explication très curieuse des énigmes et figures hiéroglyphiques, physiques, qui sont au grand portail de l’église cathédrale et métropolitaine de notre-dame de Paris. (^ torna al testo)

5. Fulcanelli ed Esprit de Monluisant dichiarano che si tratta di un corvo, ma Emile Male, Vincent de Beauvais e tutti gli storici dell’arte sono concordi nel ritenere che si tratti di una colomba (l’umiltà contrapposta all’orgoglio). Il raffronto con analoghi bassorilievi di altre cattedrali gotiche, meglio conservati, e con l’analoga rappresentazione sulle vetrate delle cattedrali è decisivo. (^ torna al testo)

6. Tradizionalmente il bassorilievo superiore raffigura la Modestia, quello inferiore l’Orgoglio. (^ torna al testo)

7. Ho sviluppato altrove questi temi, cfr. Dioniso nei frammenti dello specchio, ed. Irradiazioni, Roma 2003, cap. 7. (^ torna al testo)

8. Tradizionalmente il bassorilievo superiore raffigura la virtù della Prudenza, quello inferiore la Follia. (^ torna al testo)

9. Per una trattazione più esauriente di questi tre princìpi cfr. i miei articoli La Vergine, l’anima e il sale filosofico degli alchimisti, Lex Aurea n° 5; Il Mercurio volgare e quello filosofico, Lex Aurea n° 11; Sul fuoco, il solvente e lo zolfo degli alchimisti, Lex Aurea n° 18.  Cfr. anche il capitolo dedicato al simbolismo del serpente in Dioniso nei frammenti dello specchio, op. cit. (^ torna al testo)

10. I due Gemelli dello Zodiaco, Castore e Polluce, erano uno mortale e l’altro immortale. Quando Castore morì gli déi stabilirono che i due Dioscuri avrebbero passato un giorno al Tartaro e l’altro all’Olimpo (l’alternarsi di giorno e notte, veglia e sonno). Discendevano da Gorgofone, “colei che uccise la Gorgone”, figlia di Perseo. (^ torna al testo)

11. Tradizionalmente il bassorilievo superiore rappresenta la Castità, quello inferiore la Lussuria. (^ torna al testo)

12. Secondo Pontanus tale fuoco discioglie le cose della Natura trasformandole in acqua asciutta. (^ torna al testo)

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