I Superiori Incogniti ed il sigillo martinista in III grado

L'Opera al Rosso

Quali sono state le fonti della dizione “Superiori Incogniti” e del glifo corrispondente nell’Ordine Martinista? 
E quali sono le origini iconografiche che contraddistinguono questo simbolo? 
Non essendo soddisfacenti le analisi fino qui prodotte, questo articolo cercherà di esaminare più profondamente questo problema interpretativo.

I superiori incogniti ed il sigillo martinista in III grado

di Vittorio Vanni

Sommario: I Filosofi Incogniti – Il Serpente di Bronzo – L’Albero della Vita – La leggenda di Giuseppe – I Superiori Incogniti – Il silenzio dei Superiori Incogniti – Il viaggio di Wacthter a Firenze – I Superiori Incogniti dalla fine del XIX secolo all’inizio del XX

Louis Claude de Saint Martin si definì il “Filosofo Incognito”.

Gerard Encausse (Papus) che si ispirò alla sua opera per la fondazione dell’Ordine Martinista negli ultimi decenni del XIX secolo, inserì nel suo sistema la dizione Superiori Incogniti nel terzo e ultimo grado Martinista. Il simbolo usato per tale grado fu una esse in direzione destrorsa intrecciata su un’asse verticale. Nell’ambito Martinista di fine secolo, iniziò così una sorta di confusione dei due termini, sino a ritenerli, come non sono, sinonimi.

I Filosofi Incogniti

Renè Allau, nella sua prefazione a Les aventures du philosophe inconnu, [1] cita l’alchimista Petrus Arlensis de Scudalupis (1580-1637) definito “hierosolymitanus presbyter” che nella sua opera Sympathia septem metallorum ac septem lapidum ad planetas, rigetta (secondo l’uso prudente dell’epoca) la precedente magia caldea, persiana, etc., non riconoscendo che le tradizioni ebraico-cristiane.

In quest’opera Petrus afferma che la vera magia si fonda soltanto sul potere dei caratteri ebraici che compongono le figurazioni celesti e su quelle del segno della santa Croce per la quale:

la santa Magia si trova dimostrata e compiuta”.

È la prima volta che compare la dizione Philosophe Inconnu.

La sigla P.I. viene quindi associata alla croce.

Il monogramma H, antichissimo simbolo precristiano, che indicava la stella Venere o Stella del Mattino, è rappresentato dalle lettere greche Ι Χ che sono divenute successivamente il monogramma del Cristo (Chrismon), ma è anche la struttura di base dell’esagono e, tridimensionalmente, del doppio tetraedo.

È importante notare, per il principio della persistenza simbolica, come un antico simbolo cristiano [2], che riporta la P sopra la croce di S. Andrea, sia stato successivamente usato nell’ambito Martinista. L’uso ebraico-cristiano di attribuire alla croce poteri magici è stato inoltre ritrasmesso da Eliphas Levi, che lo ha inserito con la dizione “croce kabbalistica” fra la ritualità Martinista.

Successivamente, la dizione venne adottata dal Barone di Tschoudy (1752-1769) che sviluppò, sotto la sua Gran Maestranza. Il Rito Ermetico o Stella Fiammeggiante detto anche Ordine dei Filosofi Incogniti. Il Rito, oltre i gradi azzurri (i primi tre massonici), comportava altri quattro gradi di perfezione, Maestro Perfetto, Perfetto Eletto e Piccolo Architetto, Perfetto Iniziato d’Egitto e Cavaliere del Sole. Il Catechismo di quest’Ordine si basa sull’Ermetismo e l’alchimia, e pretende di esplicare la Grande Opera attraverso i principali simboli massonici. Da Napoli, il Rito si espanderà in Francia. Alcuni gradi di questo Rito Ermetico saranno adottati sia dal Rito Scozzese Antico e Accettato che dal Rito di Misraim.

Il termine Filosofo Incognito, che fin dal XVI secolo indicava la natura metafisica e la necessaria prudenza e riservatezza dell’Artista, come era chiamato l’alchimista, non si può confondere con l’altro termine Superiore Incognito, che indicò, negli ultimi decenni del XVIII secolo, i dirigenti occulti dell’Ordine del Tempio.

Il Serpente di Bronzo

Vi un’iconografia tipicamente biblica del serpente sull’albero, ed è quella in cui il rettile sormonta una TAU. Molto spesso, nell’ambito Martinista, è a questa iconografia, e al concetto che essa rappresenta, che si avvicina erroneamente la sigla $. Francesco Brunelli, in una conferenza Sull’origine de Superiori Incogniti, riporta alcune opinioni di Papus e Van Rijnberk. Brunelli afferma che:

le lettere S.I. già si trovano sull’ultima figura del libro di Kunrath L’anfiteatro della saggezza eterna pubblicato nel 1609. Al centro una collina rocciosa rappresentante la sua opera, intorno i suoi detrattori che vomitano invettive. Al di sopra la stella fiammeggiante che tra i suoi raggi porta il nome IOD HE SCHIN VAU HE, all’interno una sigla composta da una S attorcigliata intorno ad una I. È il serpente di bronzo di Mosè prototipo del Cristo, é il simbolo dello spirito inchiodato al palo della materia. Ora la S del serpente di bronzo, simbolo dello spirito, prototipo del Cristo simboleggia altresì l’iniziato qui sulla terra posto anch’esso sulla croce della materia. Il Rijnberk conclude (3) – Nelle due sentenze che attorniano la stella fiammeggiante: Durans veritatis astrum hoc fulget et monstrat iter (questo astro eterno di verità illumina e mostra la via) e Pone me ut sigillum super cor tuum (ponimi come sigillo sul tuo cuore), vi sono due parole principali SIGILLUM ed ITER le cui iniziali sono ancora S. I. L’iniziazione é il sigillo che permette l’accesso alla via e contemporaneamente indica il sentiero… Per chi ha ricevuto nella sua anima il sigillo indelebile dell’iniziazione, se queste due lettere gli ricordano sempre che lo spirito dell’uomo è inchiodato alla materia, gli ricordano pure che per la liberazione dai legami della carne, è in essa, per essa, attraverso essa che deve purificarsi.

E ricordano ancora l’arcano 13 [3] del Taro: come il serpente crocifisso di Mosè, l’iniziato deve sacrificarsi per la salute dei suoi simili, legato al palo hilico, deve effondere tutti i tesori ch’egli ha avuto la fortuna d’acquistare.

In realtà, l’ultima tavola dell’Amphiteatrum della Saggezza Eterna [4] non riporta affatto, al centro del pentagramma, l’intreccio delle iniziali SI o ST, ma il glifo S che, a nostra conoscenza, compare tre volte soltanto, in ambito ermetico-magico.

Nell’Anfiteatro, appunto, nel sigillo di Cagliostro – il serpente ferito nelle sue spire da una freccia – e nel rito propedeutico della F+T+M+di Miryam, nella versione triplice S S S. Per quanto il glifo sia anche un’abbreviazione massonica dell’augurio che nel XVIII secolo chiudeva la corrispondenza fra alcune Comunioni e Logge (Salute-Salute-Salute) il significato è quello della “fissazione del volatile”. Il volatile corrisponde a tutte le naturali percezioni, preveggenze, sensazioni ipersensoriali che ognuno ben conosce, se non le reprime o le rinnega, e che derivano dalla sensibilità sottile che l’umanità possedeva una volta e che la creazione della logica razionale ha in parte attenuato o a volte distrutto.

La pratica magico-ermetica in particolare, e la via iniziatica in generale, tendono a reintegrare pur nella razionalità raggiunta, tali qualità intuitive, “fissandole”. Riteniamo quindi che l’identificazione della $ con il Serpente di Bronzo (ST) sia da considerarsi errata.

La valenza simbolica del Serpente di bronzo ci perviene dalla Bibbia. Nell’Esodo gli Ebrei, giunti nella terra di Edom, trovarono un numero impressionante di serpenti ardenti che morsero una gran parte di loro, che perirono. Il popolo si rivolse allora a Mose, dicendogli:

Abbiamo peccato perché abbiamo parlato contro Yahweh e contro di te: prega Yahweh affinché allontani da noi questi serpenti. E Mosè pregò per il popolo. E Yahweh disse a Mosè: Fatti l’immagine di un serpente ardente, e mettilo sopra un palo; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, conserverà la vita. Mosè fece allora un serpente di bronzo e lo mise sopra un palo. E se qualcuno veniva morso da un serpente, guardava il serpente di bronzo e viveva…” [5].

È qui evidente come Mosè sia ricorso alla magia simpatica, di cui uno dei principi afferma che ciò che uccide può anche dar vita, ciò che ammala può far guarire.

La natura terapeutica del Serpente di Bronzo è correttamente affermata nel Rito Scozzese Antico e Accettato, 25° grado – Cavaliere del Serpente di Bronzo –, la cui filosofia afferma che in questo grado si racchiudono i Misteri di una parte del 1° grado dei Misteri Egiziani, relativo alla Medicina e alla Farmacopea.

Nel simbolismo egizio il serpente è chiamato il “Grande Dio”, unico e triplice, attributo di Yahweh nella confusa teologia cristiana. Il suo potere sul cielo e sulla terra è rappresentato, nel tempio di Seti, dalle ali e dalle gambe d’uomo. Una dea-serpente, di natura terapeutica, è rappresentata da una verga magica a forma di serpente [6]. Ma il serpente era anche sapienza, essendo l’attributo di Thot, la lingua, la parola divina, il Logos creatore.

Nel Bestiario del Cristo [7], si afferma che:

Cosa curiosa, la vecchia religione dell’America Centrale ha conosciuto, molto prima della conquista europea, il culto del serpente eretto su un fusto. Nel tempio di Sobillando, nello Yucatan, (Messico), il serpente alato, scolpito su un architrave, è sostenuto da un supporto cruciforme”.

L’autore del libro, Charbonneau Lassay, essendo cristiano, accenna anche a legami simbolici con la simbologia antico-mediterranea, ma solo per affermarne l’assoluta estraneità e indipendenza con il Mosaismo.

A parte il legame simbolico del serpente, nella mitologia greco-mediterranea, con la terapeutica di Esculapio, medico e poi dio della medicina, il serpente Pitone è spesso associato ad Apollo (vedi la fine di Lacoonte e i suoi figli) che ne pose la pelle sul tripode di Delfi.

Il mito in questo caso indicava che anche a Delfi si potevano ottenere non solo vaticini, ma anche guarigioni.

Si può affermare che il principio dell’unità della simbologia, in tutti i tempi e in tutti i luoghi – anche senza influenze esterne e scambi culturali – è qui un’altra volta dimostrato e che quello della persistenza simbolica ci può permettere la piena interpretazione di ogni mito e di ogni simbolo, anche senza ricorrere a fonti bibliografiche.

Nella simbologia del Serpente di Bronzo, essenzialmente terapeutica, vi è stata però una degenerazione, fin dai primi secoli del cristianesimo, in quanto l’esposizione del serpente sul tau sembrò un’immagine del Cristo sulla croce.

Già Tertulliano nel secondo secolo, dopo essersi scagliato contro gli gnostici Ofiti, che sostenevano che il serpente del Genesi era superiore persino a Cristo, perché aveva offerto a Eva la conoscenza del bene e del male.

Per la verità Tertulliano si rifece [8] alla correttezza simbolica del serpente quando scrisse:

… (omissis)… qualsiasi uomo morso dal serpente, vale a dire dagli angeli del demonio, per essere guarito dalla ferita dei suoi peccati, non doveva che guardare e credere questo misterioso simbolo della croce di Gesù Cristo che gli prometteva la salvezza”.

Ma è metodo caratteristico dei teologi cristiani la copertura cristiana dei significati di tutta la mitologia e la simbolica antica, per farle corrispondere alle loro innumeri fobie ossessive, come – in questo caso – quelle del demonio come ente esterno all’umanità e personalizzato del male, e del “peccato” con cui hanno plagiato innumerevoli generazioni per creare un “senso di colpa” che solo la loro Ekklesia poteva placare, per così ottenere così potere e denaro.

Una delle prime testimonianze teologiche cristiane delle difficoltà a inserire nella psiche collettiva il simbolo biblico del serpente come tentatore, nemico, male assoluto di fronte al più corretto significato di guarigione divina-salute si trova in Gregorio Nazianziano (IV secolo) quando afferma:

“[il Serpente di Bronzo] non è il tipo, ma l’antitipo di Gesù Cristo; ne è l’immagine per opposizione…se dà la salute a coloro che lo credono colpito a morte, come meriterebbe d’essere, quindi quale sarà il suo epitaffio, se non queste parole di S. Paolo:: Oh Morte, dov’è la tua vittoria? O morte dov’è il tuo aculeo?”

Il serpente è qui ancora quello biblico, ma la sua natura salvifica tradizionale in tutte le altre culture deriva solo dalla sua immagine di vinto da Cristo.

L’imbarazzo dei teologi, di fronte alla demonizzazione che avevano effettuato del serpente e, nel contempo di mantenerne, attribuendola a Cristo, l’antica valenza simbolica di guarigione, la esprime con illogico sillogismo Tommaso d’Aquino, quando scrive [9] che:

Il Serpente di Bronzo aveva la forma del serpente, ma non ne aveva il veleno. Così il Cristo perfettamente innocente non ha voluto mantenere che l’apparenza del peccato”.

Ma dal XIII secolo in poi il gioco è fatto: non si poteva continuare a demonizzare un archetipo che nell’inconscio collettivo di tutti i popoli è un simbolo di luce: il Serpente è Cristo.

Charbonneau Lassay [10] riporta alcune iscrizioni su calici da messa che confermano questa assimilazione. Sui calici vi è inoltre la raffigurazione del Serpente di bronzo.

Super Christum notat in cruce passum

(Il Serpente indica il Cristo che ha sofferto sulla Croce.)

In crucem dun patitur hoc Christus in angue notatur

(Mentre soffre sulla croce il Cristo è indicato dal serpente.)

Indicare il Serpente di Bronzo come l’origine iconografica del termine Superiori Incogniti è, a nostro parere, un errore simbolico.

Quando esamineremo l’origine storica della dizione, nata in ambito massonico-templare e solo postecedentemente analogizzata e collegata al simbolo $, cercheremo di dimostrare come questa assimilazione deriva altresì dal simbolismo dell’albero di Jesse, dalla verga serpentina di Mosè e di Aronne, e dal bastone fiorito di gigli di Giuseppe.

L’Albero della Vita

Probabilmente il termine Superiori Incogniti fu analogizzato, come un acrostico, dall’icona SI intrecciata ($), che ha sempre rappresentato l’Axis Mundi, l’albero della Vita, su cui poggia l’universo, e da cui si accede ai piani superiori dell’essere. Tutto il Cosmo vivente è rappresentato dall’albero, boulersé, con le radici che non sono occultate nella terra, ma traggono dal cielo origine e linfa, ed i cui rami e fronde sono le estreme propaggini della generazioni della vita nella materia. L’albero è il mistero perpetuo di tutto ciò che tende alla verticalizzazione, all’espansione della vita e alla minimizzazione della morte. Nella Bibbia, Yahwé stesso si paragona a un albero:

Io sono come un cipresso verdeggiante, da me proviene ogni frutto.

E il serpente dell’intelligenza ribelle porge ad Adamo ed Eva il frutto dell’albero della conoscenza:

Se mangerete del frutto dell’albero, sarete come dei.

Lo Yggdrasil di Manly Palmer Hall

I popoli scandinavi così cantavano dell’Axis Mundi: “Mi ricordo dei giganti nati all’aurora dei tempi, di quelli che una volta mi diedero nascita, Io conosco nove mondi, nove domini coperti dall’albero del mondo… Quest’albero saggiamente edificato che si prolunga fino all’imo della terra. Io so che esiste un albero chiamato Yggdrasil La cima dell’albero è bagnata da bianchi vapori d’acqua. Da là colano delle gocce di rugiada che cadono nella valle. Si erge eternamente verde sopra la fontana di Urd.”

Ma ogni luogo sacro ha il suo guardiano, che nega e contrasta l’accesso a chi non ne è degno. Questo guardiano è spesso rappresentato dal Serpente, ma anche, da altri animali mitici, come ad esempio nei miti celtici dal drago o, in quelli nordici, dal corvo che scava l’orbita di Odino rovesciato e appeso, come nella Lama l’Appeso dei Tarocchi, al frassino Yggdrasil. Il Guardiano della Soglia rappresenta la fatica e il sacrificio che l’umanità deve compiere per ottenere una condizione restaurata, libera dal male e dalla morte, condizione di cui ha un’invincibile nostalgia, senza tuttavia averla conosciuta. Innumerevoli racconti mitologici illustrano questa opera. Forze misteriose agiscono nel mondo e nell’uomo, contro di lui coalizzate e nemiche.

Ma queste stesse forze, rovesciandone le polarità, possono diventare amiche dell’uomo, perché portatrici di una saggezza superiore ricevuta dall’alto. Il Serpente è l’impietoso guardiano del paradiso perduto, e minaccia la seconda e definitiva morte, quella dell’anima. Impedisce l’accesso al luogo sacro ed è, nel contempo, il segno della frattura fra il mondo profano e quello iniziatico. I guardiani divorano, ma le vittime assumono qualcosa della loro potenza vitale, e la metamorfosi ha per tramite la morte e la palingenesi verso una vita superiore e diversa.

Solo nel giudeo-cristianesimo il serpente assume un ruolo negativo, quello del tentatore diabolico che induce al male, alla ribellione verso il rozzo, geloso e invidioso Yahwé. La conoscenza del bene e del male produce dolore, ma il dolore è il rovescio della medaglia della conoscenza stessa.

Meglio guadagnarsi il pane con il sudore della fronte e sopportare il peso delle avversità che esistere come la bestiolina preferita di un padrone che ti nega intelligenza, conoscenza e scienza e ti rinchiude nel suo zoo.

Non vi è religione antica che non veda nel serpente saggezza, salute, guarigione, come nel bastone di Esculapio, che rappresenta l’equilibrio polare perfetto fra cuore e ragione, come nel caduceo di Hermes.

Anche nella Bibbia vi è questa visione simbolica, ma naturalmente è degenerata e assunta come parametro dell’inimicizia e della concorrenza fra la sapienza di Mosè e quella del sacerdozio egizio.

Yahweh parlò a Mosè e ad Aronne, dicendo: quando Faraone vi parlerà e vi dirà: Fate un prodigio! Tu dirai ad Aronne: Prendi il tuo bastone e gettalo davanti a Faraone: esso diventerà un serpente.

“…Mosè ed Aronne andarono dunque da Faraone, e fecero come Yahweh aveva ordinato. Aronne gettò il suo bastone di fronte a Faraone e davanti ai suoi servitori e quello diventò un serpente. Faraone a sua volta chiamò i saggi e gli incantatori; e i magi d’Egitto fecero anch’essi la stessa cosa con i loro incantamenti: ognuno di essi gettò il suo bastone e i bastoni diventarono serpenti. Ma il bastone di Aronne inghiottì i loro bastoni. E il cuore di Faraone si indurì e non ascoltò Mosè e Aronne, così come Yahweh aveva detto” [11].

L’episodio riporta un ben conosciuto “miracolo”, tuttora praticato in Oriente dagli incantatori di strada, che consiste nel produrre una catalessi nei serpenti inducendo una rigidità che li rende simili a bastoni.

La magia di Mosè irritò evidentemente il Faraone, che la fece ripetere con dispregio, e lo convinse della meschinità dei suoi prodigi.

Ma la Bibbia riporta un’altra leggenda sul bastone di Aronne. I capi delle 12 tribù d’Israele consegnarono a Mosè i loro bastoni. Quello della tribù di Aronne fiorì, e questa fu scelta per il supremo sacerdozio.

Nel Medioevo il bastone fiorito fu scelto come simbolo dall’Ordine Vallombrosano di S. Giovanni Gualberto e dall’Ordine dei Serviti. Al bastone fu intrecciato il serpente, formando un complesso simbolico tradizionale ma, nel contempo, neo-iconografico. Seguiamone la persistenza simbolica

La leggenda di Giuseppe

Il Protovangelo di Giacomo (ritenuto apocrifo) così racconta della scelta di Giuseppe a marito di Maria:

Quando [Maria] compì dodici anni, si tenne un consiglio di sacerdoti; dicevano: “Ecco che Maria è giunta all’età di dodici anni nel tempio del Signore. Adesso che faremo di lei affinché non contamini il tempio del Signore?”. Dissero dunque al sommo sacerdote: “Tu stai presso l’altare del Signore: entra e prega a suo riguardo. Faremo quello che il Signore ti manifesterà”. Indossato il manto dai dodici sonagli, il sommo sacerdote entrò nel santo dei santi e pregò a riguardo di Maria. Ed ecco che gli apparve un angelo del Signore, dicendogli: “Zaccaria, Zaccaria! Esci e raduna tutti i vedovi del popolo. Ognuno porti un bastone: sarà la moglie di colui che il Signore designerà per mezzo di un segno”. Uscirono i banditori per tutta la regione della Giudea, echeggiò la tromba del Signore e tutti corsero. Gettata l’ascia, Giuseppe uscì per raggiungerli. Riunitisi, andarono dal sommo sacerdote, portando i bastoni. Presi i bastoni di tutti, entrò nel tempio a pregare. Finita la preghiera, prese i bastoni, uscì e li restituì loro; ma in essi non v’era alcun segno. Giuseppe prese l’ultimo bastone: ed ecco che una colomba uscì dal suo bastone e volò sul capo di Giuseppe. Il sacerdote disse allora a Giuseppe: “Tu sei stato eletto a ricevere in custodia la vergine del Signore”.

Dal XIV secolo, l’iconografia attribuisce al bastone di Giuseppe la fioritura in gigli, per indicare in questo fiore bianco attributi di purezza e verginità.

Ma sono veramente questi gli attributi simbolici del giglio?

Fin da tempi arcaici il giglio, il Lilium candidum, d’origine Siriana e Palestinese, è stato considerato come simbolo di generazione e fecondità.

Plinio, il grande naturalista, così lo descrive:

“[…] È il fiore più vicino alla rosa per la rinomanza e per l’affinità del profumo e dell’olio che se ne ricava, detto, lilinum. Nessun fiore cresce più alto; talora è di tre cubiti, ha il collo lungo sempre languido, incapace di sostenere il peso del corpo. È di un candore straordinario; di fuori è striato e dalla base stretta si allarga a poco a poco a forma di paniere, ha i labbri ripiegati all’intorno, un sottile pistillo e ritti al centro gli stami gialli. Per questo ha una doppia fragranza e colore, nel calice e negli stami […] i gigli bianchi si riproducono esattamente in tutti i modi della rosa. […] La loro fecondità è eccezionale giacché una sola radice mette spesso cinquanta bulbi.” [12]

Il giglio in realtà è il simbolo della fecondità e della generazione, associato al culto delle Grandi Madri.

Alfredo Cattabiani, nel suo Florario [13], concorda con il significato di fecondità e sessualità del giglio.

“A Roma il giglio era soprannominato Junonia Rosa, consacrato alla dea che nell’arcaico pantheon latino era strettamente connessa alla sessualità e alla fecondità femminili, tanto da assimilare molte divinità minori come [Diana] Lucina, colei che faceva vedere al neonato la luce del giorno, Opygena, che prestava aiuto alle partorienti, Cinxia, che modellava il cinto della sposa e Iterduca, che la portava nella nuova casa.

Anche il cantico dei Cantici ripete il significato sensuale del giglio:

Come un giglio fra i cardi, così la mia amata fra le fanciulle […] Le tue labbra sono gigli che stillano mirra fluida […] I tuoi seni sono come due cerbiatti, gemelli di una gazzella, che pascolano fra i gigli […] il tuo ventre è un mucchio di grano circondato da gigli […]”.

Nell’iconografia cristiana i tre gigli nel loro “vas electionis” decorano tutte le scene dell’Annunciazione. Così il giglio è divenuto l’attributo dell’immacolatezza di Miryam, ma dalla bocca dell’angelo si dirige un raggio dorato che entra nel suo orecchio. È la Parola, il Logos, che proviene da Daath, la gola, l’Abisso, la vibrazione inaudibile a chi non ha la “gratia plena”. Dio crea dalla sua emanazione “nominando” e la sua parola feconda la materia con il suo spirito.

Il simbolismo deriva da una precisa logica “analogica”. È per le sue qualità che il giglio divenne il simbolo delle Grandi Madri, le dee primigenie e fu considerato un fiore sacro nei culti femminili. Ricordiamo le raffigurazioni della “Signora dei Gigli” e il “Principe dei Gigli” negli affreschi che Evans trovò nel palazzo di Cnosso. Ma anche Koré e Demetra hanno in testa una corona di gigli, narcisi e croco, come menziona Sofocle nell’Edipo Re. Ma i simboli anche spesso hanno un’antinomia d’opposti significati. Il giglio dell’Annunciazione era anche quello della dea romana Pudicizia, che è tuttavia, ancora, una componente sensuale. Le antinomie simboliche non sono dicotomie: vi è innocenza nella sensualità, vi è sensualità nell’innocenza. Il profumo del giglio è potentemente afrodisiaco, avendo un aroma balsamico simile al dolce “profumo di donna” mescolato al più forte e acre odore maschile.

Huysman nel suo romanzo La Cattedrale, ben lo descrive:

il profumo del giglio era assolutamente il contrario di un profumo casto. Assomigliava a un miscuglio di pepe e miele, a qualcosa di acre e dolce assieme, di pallido e di forte”.

Nell’etimologia del giglio possiamo trovare altre indicazioni. Sappiamo che il giglio era il simbolo di entità femminili, già da quando prevaleva il culto delle Madri, prima dell’inversione Olimpica. La luna, le acque, la notte, la caverna-matrice, la terra-matrice erano la dimora delle Madri, nel loro aspetto ctonio. Demetra presiede alla generazione spontanea del cibo dalla terra (lo stesso termine Theòs, in origine, significava il silo dei cereali), l’eterna seminalità che produce eterna generazione. Sua figlia Koré-Proserpina abitava l’infero Ade per i sei mesi invernali. Vi è ambiguità nelle Grandi Dee. Il loro aspetto materno, protettivo, amorevole cela quello oscuro, come in Astarte, Tanit, Cibele, Durga Kali, ecc. Forse la radicale L(i)L, che nel medio-oriente designa l’aspetto “daimonico” delle dee, che ha affinità con la paura ancestrale dell’uomo del mistero della donna, nella considerazione che nell’antinomia simbolica vi è affinità fra vita e morte, fra generazione e putrefazione.

Dalla Caldea, dall’Assiria, dal paese di Atti, gli ebrei importarono Lilith, dalle sue madri arcaiche Lil, Lili, Lillu. Nella tradizione rabbinica Lilith era la prima moglie di Adamo che, femminista anti-litteram, non volendo soggiacere a lui lo abbandonò, recandosi nel deserto del Mar Rosso, ad alimentare le paure notturne dei pastori di capre, gli adoratori di Jah, il grande capro. In Isaia (XXXIV, 14): “Si incontreranno le bestie del deserto con gli sciacalli, e il caprone chiamerà la sua compagna, e lo sosterrà lo spettro notturno(Lilith)”.

Anche il nome LaiLa in ebraico significa notte. Nel mondo pagano occidentale non esisteva il pregiudizio antifemminile. Dèi maschi e dee femmine avevano il loro aspetto celeste e quello ctonio, così come ogni essere umano. Il pregiudizio mediorentale-semitico, che è ancora presente in quelle regioni, si è trasferito nel cristianesimo, ed ha infettato l’occidente. Ma la persistenza simbolica è presente, in termini più corretti, anche nei nostri antenati celti. Le dee celtiche, Vivik-Viv(ianne), Lile – Lili(anne) Morgne – Morg(anne) si sono trasferite nelle leggende arturiane. Lile di Avalon era la “donna del Lago” colei che raccoglie Excalibur “la spada spezzata”, portandola nelle grandi acque astrali. Ma Lile-Lilianne era anche la Dana de Danann, la Diana lunare, la grande Ekate triforme, la regina della Notte.

Quando sull’arbre sec, il bastone sterile, fioriscono i gigli, nasce nel contempo la generazione materiale e spirituale assieme. Se sull’albero di Jesse, la filiazione del Fanciullo Ermetico, si incrocia il Serpente, il significato è ancor più patente.

Ma questo simbolo $ non è ancora assimilato alla dizione: Superiori Incogniti.

I Superiori Incogniti

Per quanto il concetto di Superiori Incogniti sia sviluppato in ambito massonico e neo-templare, l’origine è essenzialmente ermetica e soprattutto rosicruciana. L’alchimia, per quanto tollerata, era comunque sospettata di eresia, in un tempo in cui persecuzioni e roghi difendevano un’ortodossia cristiana al servizio del potere ecclesiastico. Uno dei motivi di questa tolleranza era la “sacra fame dell’oro” e indicare come il fine dell’Arte fosse la trasmutazione dei metalli vili in oro, poteva eccitare l’avidità dei potenti e indurre nel contempo la loro accondiscendenza.

La carenza di comunicazioni e contatti fra gli Adepti e gli “amanti dell’Arte” meritevoli era in qualche modo ovviata con la pubblicazione di testi allegorici, che nascondevano e rivelavano assieme la natura effettiva dell’operatività ermetica. Si conosce pur tuttavia come degli emissari visitavano di paese in paese gli alchimisti isolati, indicandogli, se era il caso, le pratiche effettive per ottenere la Pietra Filosofale, scomparendo poi improvvisamente.

Alcuni di questi emissari furono Ireneo Philalete, il Sendivogio, Sethon il Cosmopolita ecc. La leggenda rosicruciana parla per prima di anonimi Superiori formanti un Consiglio formato al massimo da nove membri.

Gli studi di Francis Yates suggeriscono che proprio nell’ambito rosicruciano, dopo la sconfitta del regno di Federico ed Elisabetta in Boemia, potrebbe esser nata la leggenda della vendetta templare contro il trono e l’altare. È comunque storicamente accertato che furono i Rosa+Croce d’Oro tedeschi a inserire la leggenda neotemplare in Massoneria [14]. Non dimentichiamo che nel rituale del XXX grado templare scozzese, il Cavaliere Kadosh, si pugnala la corona e la tiara.

In particolare, fu la Massoneria del nord-europa a credere fortemente nell’esistenza dei Superiori Incogniti, fino al Convento Massonico di Whilielmsbad, in cui si stabilì la loro non esistenza.

Il Barone di Von Hund, stretto dalle interrogazioni dei Fratelli, narrò come la trasmissione templare gli fosse stata consegnata da un misterioso Eques a Penna Rubra, messo dei Superiori Incogniti.

Ma questa fede, negli ultimi decenni del XVIII secolo fu fortemente scossa.

Il silenzio dei Superiori Incogniti

Il collegamento del simbolo $ con la dizione Superiori Incogniti è legato indissolubilmente a Firenze e alla nascita della Massoneria fiorentina, nel 1732/33.

Jean August Stark, creò un sistema massonico chiamato Clericato, [del Tempio] deducendone la leggenda dal sistema massonico russo del Conte di Melésino che, a San Pietroburgo, nel seno della sua Loggia, Il Silenzio, inserì quattro alti gradi:

  • La Volta Oscura
  • Il Maestro e Cavaliere Scozzese
  • Il Filosofo
  • Il Gran Sacerdote Templare o Clerico del Tempio.

La leggenda di Stark, come scrive René Le Forestier [15] riportava che:

“[…] i Templari della Gran Bretagna avevano scoperto a sud delle Alpi una scuola d’iniziati che aveva attinto alla stessa fonte [templare]. Durante un soggiorno che aveva fatto in Italia il Gran Maestro Gremy Schettwin, eletto nel 1627, i Cavalieri del tempio che lo accompagnavano erano stati ammessi nella società segreta dei Fratelli Neri, e il rapporto che avevano fatto ai loro Superiori sulle dottrine e le usanze di questa associazione gli avevano provato che questi Fratelli Neri erano dei discendenti autentici dell’Ordine del Tempio. Aveva quindi [Schettwin] ristabilito, con il loro concorso, la Provincia d’Italia, introducendovi i gradi massonici e fondandovi un Gran Capitolo. Dopo questa restaurazione, la Scienza [ermetico-magica] era stata assiduamente coltivata in Italia dove l’Abate di S. Severino nel Granducato di Toscana era attualmente Gran Priore”.

In Toscana esiste effettivamente un’Abbazia di S. Severino [16], nella città di Pisa, ma è ben difficile affermare che vi fosse stata praticata la Scienza.

Per quanto riguarda i Fratelli neri, così sono chiamati anche i Domenicani [17], ma risulta difficile ritenere che i domini cines, spietati inquisitori, possano aver avuto componenti esoteriche.

Comunque, come riporta René Le Forestier [18], Alding, Eques ab Unione, eletto Gran Maestro nel 1732, aveva nominato Robert Bedfort, Lord scozzese, Maestro Provinciale d’Italia e stabilito il Gran Capitolo d’Italia a Firenze. Nella stessa data si fonda a Firenze la prima loggia massonica in Italia, Nel 1750 Charles- Eduard Stuart, Eques a Sole Auro, eletto nel 1743 Gran Maestro, ordina che sia conferita a Lord Sackwill la Gran Maestranza Provinciale d’Italia. A Lord Sackwill, residente inglese a Firenze, fu dedicata la prima medaglia massonica conosciuta, opera dell’incisore Natter. Sackwill fu il primo Maestro Venerabile della proto-loggia fiorentina.

Nel 1774 von Plommenfeldt, maestro di cerimonie della Corte di Carlo di Sudermania, principe svedese candidato alla Gran Maestranza della Stretta Osservanza Templare, assicura che il Gran Capitolo di Ginevra era un’emanazione del Gran Capitolo di Firenze. Pretendeva, inoltre, di esser stato ricevuto, nel 1766, in questo Capitolo [19].

In realtà Plommenfeldt era un impostore e le sue affermazioni sono poco probabili. Nei suoi racconti sensazionali vi era anche un accenno alla leggenda che i pretendenti Stuart al trono d’Inghilterra fossero tradizionalmente i Gran Maestri dell’Ordine Templare.

Il Pretendente Stuart, Charles Eduard, viveva in quegli anni a Firenze, in una piccola reggia vicina alla Chiesa della SS. Annunziata, nella via oggi chiamata Micheli, facendosi chiamare conte d’Albany.

Plommenfeldt riferì di aver visitato il Conte e che questi gli aveva confidato di essere il Gran Maestro segreto dell’Ordine, consegnandogli una lettera autografa che lo confermava. Ma Carlo di Sudermania aveva ancora fede nelle favole di Plommenfield, e nella sua ingenua ambizione, scrisse al Conte di Albany richiedendogli il riconoscimento della sua elevazione a Gran Maestro della VIIa provincia e chiedendogli notizie sulle “sublimi conoscenze teoriche” possedute dal Capitolo Clericale di Firenze. Pregava inoltre il Pretendente di rivelargli un’idea completa dell’organizzazione dei gradi direttivi dell’Ordine Templare [20].

Il Conte di Albany non aveva alcuna idea che cosa fosse questa sciarada, e convocò a Firenze, per informarsi meglio, un inviato di Ferdinando di Brunswick e Charles di Hessen altissimi dignitari della Stretta Osservanza Templare tedesca, che gli aveva già fatto visita due anni prima, sempre per la verifica della stessa questione.

Questo personaggio era Waecther, interessante figura di avventuriero del settecento.

Waechter riferì ai suoi superiori che il Pretendente non era mai stato il capo segreto dell’Ordine Templare, ne era membro della Massoneria. Ogni patente concessa con il suo nome non poteva che essere falsa e che non era inoltre al corrente di alcuna conoscenza segreta.

Negò inoltre la sua pretesa investitura di von Hund, che lo indicava come suo iniziatore con il nome di Eques a Penna Rubra.

Forse per questo motivo Plommenfield, che era divenuto il braccio destro del Principe con le sue ciurmerie, fu condannato a morte nel 1780 per alto tradimento.

Ma Waechter era di tutt’altra pasta e la sua abilità riuscì a convincere i suoi superiori che effettivamente Firenze era la residenza dei Superiori Incogniti e che ivi erano conservate le più segrete conoscenze trasmesse dai Templari.

Charles de Hesse e Ferdinando di Brunswick erano convinti che i Superiori Incogniti della Massoneria Templare possedessero integralmente la scienza ermetico-magica.

Il famoso conte di Saint Germain, altra grande figura di avventuriero, che fu ospite del landgravio nel Castello di Gosslop, lo confermava in questa opinione.

Il viaggio di Wacthter a Firenze

La leggenda che nel 1627 siano stati introdotti i gradi massonici a Firenze e fondato un Gran Capitolo con la partecipazione di discendenti autentici del Tempio è poco probabile e veritiera.

Tuttavia gli avvenimenti dei primi decenni del XVIII secolo a Firenze dimostrano storicamente che la prima Loggia Massonica italiana sia stata coeva al Gran Capitolo neotemplare, e che alcuni dei suoi membri appartenevano ad ambedue.

Rimane da stabilire le motivazioni per cui la Massoneria Templare del nord-europa supponesse che i Superiori Incogniti vivessero a Firenze e perché vi fu assimilazione fra questa dizione e il simbolo “SI”.

Nel XVIII secolo la “Stretta Osservanza” per indagare sui “Superiori Incogniti” inviò in Italia il barone Karl Eberrhard von Wachter.

Vi sono buoni motivi per supporre che fu il viaggio di Waetcher a Firenze, come inviato della Massoneria Templare, e le sue relazioni ai suoi superiori, a confermare la precedente leggenda.

Nel 1778 Waechter rientra dal suo viaggio. I due principi sono ansiosi di conoscere le sue scoperte, ma l’astuzia del nostro vuol dimostrare reticenza sui grandi misteri che gli sono stati rivelati e per quindici giorni dà solo vaghe notizie.

Alla fine, Waechter, pressato dai due principi, dopo i loro giuramenti di segretezza, rivela la sua pretesa rivelazione.

Dopo due inutili settimane a Firenze, il nostro ha la fortuna di trovare un iniziato di cui ha giurato di non rivelare il nome, e che cita solo come “l’amico” [21].

L’amico, afferma con modestia di non essere ancora arrivato al grado di Presbitero (del Clericato Templare) ma di essere pur tuttavia in grado di preparare delle medicine spagiriche.

Interrogato sulle questioni di interesse dei principi, l’amico afferma che: le precedenti rivelazioni di Gugomos, Stark, Rosa, Plommenfield, altri inventori di fole neotemplari, erano solo delle menzogne.

I Superiori Incogniti esistevano ed erano i depositari e i trasmissori delle conoscenze segrete degli Egiziani, di Mosè, degli Esseni ecc.

Ma non erano soltanto i Templari i detentori di tali conoscenze. Questi costituivano semplicemente uno degli Ordini religiosi che erano branche dell’Ordine-madre, quello dei Rosa+Croce, i cui membri continuavano, nel più grande segreto, a praticare operativamente gli arcani ermetico-magici.

Uno di questi Ordini era quello dei Serviti fiorentini che avevano probabilmente la “conoscenza totale” e che avrebbero potuto aiutare il Sistema templare a trovare il vero fine della Massoneria, comunicandogli i gradi supremi e conferendo ai suoi capi la “santa consacrazione”.

L’amico lo aveva inoltre iniziato al primo e poi al secondo grado della Rosacroce, procedendo poi ad alcune pratiche di classica magia cerimoniale, narrate da Waechter con tutta il décor dell’horror settecentesco.

L’amico gli aveva poi promesso che gli avrebbe inviato nuove comunicazioni da Firenze e che avrebbe cercato di scoprire se i superiori di Convento di Serviti vicino a Firenze (Monte Senario), di cui sette “operavano” in delle grotte su cui il Convento era stato costruito, erano effettivamente i Superiori Incogniti.

Infine, Waechter aveva consigliato di inviare a Firenze un plenipotenziario che avrebbe potuto riiniziare i contatti con l’amico.

Le favole del nostro convinsero i due principi, e gli fruttarono patenti di nobiltà, incarichi prestigiosi e prebende.

Waechter ottenne in qualche modo l’esclusiva, nel mondo neo-templare dell’epoca, dell’affabulatore ufficiale e attendibile.

Ma non per molto. Al Convento Generale di Wilhelmsbad, che raccolse tutte le tendenze massonico-templari, Ferdinando di Brunswick invio una lettera in cui confermava le sue opinioni:

L’anno 1779, nel mese di aprile ho acquisito delle grandi conoscenze. Furono così consolanti per la mia anima che mi sono proposto subito di compilare un canovaccio di una circolare da inviare a tutte le Logge unite” [22].

La supremazia della Stretta Osservanza Templare e della Massoneria tedesca nell’ambito della Massoneria europea era vista con sospetto dalla Francia.

Willermoz, con il suo Rito Scozzese Rettificato, che contemplava l’alto grado templare di Cavaliere Beneficente della Città Santa, prevalse, producendo la caduta progressiva della Stretta Osservanza.

L’esistenza dei Superiori Incogniti fu messa in dubbio. Al questionario sottoposto a tutti i convenuti, la domanda I b) inquisiva: “Abbiamo dei Superiori? Quali sono le loro mansioni?

La risposta fu: [23]

“I.b) “Si amerebbe credere che esistano ancora dei Possessori della vera scienza primitiva” – e “non si deve cercare altrove che presso gli Uomini Illuminati i veri superiori dell’Ordine, la cui facoltà d’istruire sia immediatamente, sia a più lungo termine, i membri dell’Ordine, dirigendone le disposizioni per renderli capaci della trasmissione della Scienza e delle verità importanti dell’Ordine devono, da questo punto di vista, essere visti come Depositari” per quanto – a causa della degenerazione dei vari sistemi dell’Ordine stesso – i pochi “Fratelli Illuminati, veri Superiori, possono essere stati forzati a tenersi nascosti” e non attendono che una riforma salutare “che li metta in grado di potere, senza tema d’abusi e di profanazioni, spandere più generalmente sull’Ordine i benefici delle conoscenze.

L’influente Fratello a Floribus, Joseph De Maistre, nelle sue Lettere al Duca di Brunswick, rispose ancora più direttamente:

Abbiano dei Maestri? No Monsignore, non ne abbiamo. La proba è corta, ma decisiva. Noi non li conosciamo […] Ne segue quindi che [tutti i Massoni] non avendo dei Superiori Generali, non devono consultare altri che se stessi per elevare il nuovo edificio che progettano, dandogli la forma e le proporzioni che stimiamo convenienti”.

Dopo aver seguito la caduta del significato arcano del termine Superiori Incogniti nella Massoneria templare del XVIII secolo, non resta che esaminare le fonti delle fantasie del Waechter.

Certamente l’Ordine dei Serviti non ha alcuna responsabilità o attinenza delle caratteristiche che i Massoni del XVIII secolo volevano attribuirgli. Nato nel XIII secolo, ad opera di sette nobili fiorentini che si recarono nelle foreste a nord di Firenze, sul Mons Asinarius, a vivere come cenobiti nelle sue grotte, ebbero anche una parte, riluttante, nelle lotte del clero fiorentino contro gli “eretici” patarini.

Furono venerati dal popolo fiorentino ed ebbero molta influenza anche sulla politica cittadina. Pier Damiani (San) li convinse che la Madonna era loro apparsa e aveva imposto lo stermino degli eretici. Le Compagnie della Vergine Maria, una sorta di squadre d’azione dell’ortodossia, sterminarono, presso la Croce al Trebbio e a S. Felicita, tutta la comunità patarina e il suo vescovo, circa 5.000 persone.

Niente, nelle agiografie dell’Ordine, può indicare un qualsiasi rapporto con i Rosacroce o i Templari, tantomeno con la Massoneria o la scienza ermetico-magica.

Pur tuttavia, chi si reca nel chiostro della SS. Annunziata, ed ha cognizioni della storia e della simbologia massonica, non può non notare come negli affreschi che lo decorano vi siano molte scene di costruzione, in cui appare sempre un personaggio alquanto curioso. Anziano, appoggiato a un bastone, ha il capo scoperto e una veste corta rossa.

Conosciamo, da tanti affreschi e cognizioni storiche, il valore della veste rossa come pezza d’onore, che non tutti avevano il permesso e il privilegio di portare. Se lunga e con il lucco (cappello), come è raffigurato Dante, designava i notabili e i sapienti.

Questo personaggio è raffigurato inoltre, come uno strano testimone della vita dei Sette santi fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria, i Serviti appunto, negli affreschi a loro dedicati.

Come riporta il Davidson nella sua monumentale Storia di Firenze i Serviti avevano l’appalto (per così dire) dei lasciti degli usurai che, non potendo rifondere i maleficati, si scaricavano la coscienza facendo dei lasciti.

I Serviti furono dei grandi costruttori e una buona parte degli edifici religiosi del centro storico si deve alla loro opera.

È indubbio che, da buoni amministratori, assumessero direttamente la dirigenza e l’amministrazione delle loro opere edilizie, e avessero quindi delle confraternite di costruttori al loro servizio.

Negli affreschi dei portici della piazza della SS. Annunziata vi sono due raffigurazioni che potrebbero essere inerenti, o così sembrare, a un retaggio templare nell’ambito fiorentino o a una sorta di proto massoneria.

In una di queste è raffigurato Cosimo I, il primo Granduca di Toscana, nel mentre costituisce L’Ordine navale di S. Stefano, che ebbe lo stesso simbolo della croce templare sulle sue vele ed anche le stesse finalità di contrasto alla potenza islamica e alla sua presenza nel mar Mediterraneo.

Nell’altra, Cosimo I costituisce, con una sorta di ritualità iniziatica, l’Accademia del Disegno, che raccolse i maggiori pittori, scultori e architetti del suo tempo.

Il Primo Consolo dell’Accademia, che nell’affresco riceve in ginocchio, l’investitura fu Vincenzo Borghini, che fu anche Provveditore dell’Istituto degli Innocenti, primo ente benefico nel mondo a raccogliere e allevare i trovatelli.

L’Accademia ebbe per simbolo tre cerchi, disposti come i tre punti massonici, ma che nella versione rovesciata, in affinità con il simbolo Martinista del Trilume.

Questo simbolo si può ammirare, nelle due versioni nella prima sede dell’Accademia, di fronte ad Orsammichele, o nella nuova, in Piazza S. Marco, a Firenze.

Vincenzo Borghini fu uno straordinario umanista, storico, filosofo, ma anche un ermetista di grandissimo valore. Sia Cosimo I che suo figlio Francesco si fecero costruire in Palazzo Vecchio due ambienti esclusivi, una sorta di gabinetti ermetici, il Tesoretto, di Cosimo, e lo Studiolo di Francesco [24]. Questi ambienti furono arredati da opere d’arte di complesso simbolismo, che fu minuziosamente dettato agli artisti proprio da Vincenzo Borghini.

Nella Cappella dell’Accademia del Disegno, in Piazza S. Maria Novella, un grande affresco di Santi di Tito raffigura Salomone che ordina a Hiram la costruzione del Tempio, e coloro che vi furono raffigurati sono i più grandi artisti dell’epoca, compreso Michelangelo. Nell’angolo destro del dipinto due amorini intrecciano squadra e compasso, prima iconografia di questi simboli intrecciati, assieme a quelli della lastra tombale degli Accademici nella Chiesa della SS. Annunziata, opera del Montorsoli.

Il simbolo dell’Ordine dei Serviti è costituito dal bastone di Giuseppe fiorito di gigli e con il serpente intrecciato.

Tutti questi elementi storici e iconografici, nella loro persistenza simbolica, certamente fanno riflettere. Senza tuttavia aver la possibilità di dimostrare alcunché, si può ipotizzare che questi elementi potrebbero aver stimolato la fantasia di una personalità intelligente e senza scrupoli come Waechter.

Tracce della leggenda settecentesca sono arrivate anche nella massoneria belga degli anni ‘20 dello scorso secolo, quando Emile Dantinne e Jean Mallinger parlano di Frates Umbrae e Frater Lucis come antiche e arcane confraternite del XV secolo fiorentino.

Si potrebbe concludere, salvo ulteriori verifiche e apprendimenti, che la primitiva dizione del termine Superiori Incogniti è rosicruciana e, attraverso questa intermediazione, neotemplare.

Il simbolo $, nel suo uso più recente nell’Ordine dei Vallombrosani e dei Serviti, potrebbe essere stato considerato come un acrostico di: Superiori Incogniti.

Il termine rimase comunque nel Rito Scozzese Rettificato di Willermoz, nella versione di Silenzioso Incognito. Il Rito Scozzese Rettificato era la continuazione dell’Ordine Massonico dei Cavalieri Eletti Cohen dell’Universo, il cui fondatore fu Martinez de Pasqually.

Nel rituale Rettificato del 1778, riprodotto da Doinel [25], il titolo esatto dei Cavalieri Beneficenti era quello di Cavaliere Beneficente della Città Santa del Santo Sepolcro in Palestina, Cavaliere del Perfetto Silenzio, Silenzioso Incognito. È quindi comprensibile come il simbolo e il termine corrispondente sia stato poi assunto nella fondazione dell’Ordine Martinista di Papus (1882).

I Superiori Incogniti dalla fine del XIX secolo all’inizio del XX

Il mito ermetico dei Superiori Incogniti continua con Fabre d’Olivet, come una continuazione di quello massonico e rosicruciano. Vi è già in nuce, in Fabre d’Olivet, il concetto di sinarchia, sviluppatosi posteriormente nell’ambito esoterico Martinista.

Il concetto di Superiori Incogniti nel XX secolo è stato ritrasmesso da Ossendowski [26] e da Saint Yves d’Alveydre, che racconta di aver incontrato numerosi iniziati, come il principe afgano Hardjij Sharif, che gli avrebbero narrato di Aghartha, un mondo sotterraneo fatto di cunicoli e grotte. Gli Aghartiani sarebbero in possesso di un’energia terribile in grado, se lo volessero, di distruggere il mondo. Probabilmente si tratta di una reminiscenza dell’energia del Vril, che Bulwer Lytton descrisse nel suo romanzo Una razza Ventura. Saint Yves crede che gli Aghartiani possano influire sull’umanità anche con mezzi psichici, termine che a quell’epoca scientista pensava potesse sostituire quello di magia.

Il d’Alveydre, amico di Papus e celebre esoterista del milieu parigino, propugnava un modello organizzativo elitario della società di Agartha chiamato sinarchia, che riprodurrebbe nel microcosmo sociale il divino ordine macrocosmico. Egli afferma ne “L’Archéomètre”:

Non si tratta di distruggere né di conservare un qualsiasi ordine sociale, al di sopra degli Stati […] poiché non ve ne è alcuno: bisogna crearlo. Dobbiamo formare […] un governo comune, puramente iniziatico, emanazione stessa delle nostre nazioni, nel rispetto di tutto ciò che costituisce la loro vita interiore […]”.

Questa utopia ebbe anche delle propaggini politiche ed è tutt’oggi ricordata nelle riviste e nei siti dei “dietrologi”.

Anche Guénon si è occupato di poteri occulti e Superiori Incogniti, quando afferma [27] che:

“Un potere occulto di ordine politico e finanziario non dovrà essere confuso con un potere occulto di ordine puramente iniziatico… Un altro punto da tenere presente è che i Superiori Incogniti, di qualunque ordine siano e qualunque sia il campo in cui vogliono agire, non cercano mai di creare dei ‘movimenti’. Essi creano solo degli stati d’animo (état d’esprit), ciò che è molto più efficace, ma, forse, un poco meno alla portata di chiunque. È incontestabile che la mentalità degli individui e delle collettività può essere modificata da un insieme sistematico di suggestioni appropriate; in fondo, l’educazione stessa non è altro che questo, e non c’è qui nessun ’occultismo’ [..]. Uno stato d’animo determinato richiede, per stabilirsi, condizioni favorevoli, e occorre o approfittare di queste condizioni se esistono, o provocarne la realizzazione”.

Vi sono simboli che attraversano tutta la storia e perdono e riprendono significati, sempre uguali nella loro diversità, riuscendo a volte a modificarla, trasformando gli archetipi in comportamenti della società umana. Gli uomini, nella loro volontà di inganno e prevaricazione, credono di usarli a loro profitto, ma in realtà sono sempre da loro dominati e diretti.

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Note

1. Les adventures du philosophe inconnu en la recherche e l’invention de la Pierre Philosophale, suivi de l’Apologie du Grande Œuvre di Dom Belin Retz, Editions Mayenne, 1976. ^

2. Ogni simbolismo è universale in ogni tempo e in ogni luogo. Sarebbe quindi inesatto attribuire alla croce una valenza esclusivamente legata al cristianesimo. ^

3. Brunelli è qui incorso in una svista. La XIII lama del Taro è La Morte: l’Appeso, a cui il testo si riferisce è la XII. ^

4. Enrico Khunrath Anfiteatro della Saggezza Eterna, Atanòr – Roma, 1973, tav.12. ^

5. La Bibbia, Il Libro dei Numeri, XXI, 7-9 ^

6. Philip Virey, Religion de l’ancienne Ègypte, pg.230. ^

7. Louis Charbonnau – Lassay Il Bestiario del Cristo, Edizioni Arkeios, Roma, 1995 pg.426 ^

8. Tertulliano, De praescritione Haereticorum, XLVII. ^

9. Tommaso d’Acquino, Catena Aurea. ^

10. Carbonneau Lassay Il Bestiario del Cristo, Vol.II pag.430, Arkeios, Roma,1884 ^

11. La Bibbia, Il libro dell’Esodo, VII 9-14 ^

12. Gaio Plinio Secondo, Naturalis historia, XXI,22-24. ^

13. Alfredo Cattabiani, Florario, pg.139, Mondadori, 1996. ^

14. Una tradizione rosacrociana suppose l’esistenza del “Mah”, un consiglio supremo composto di dodici membri – da S. Hutin, Governi Occulti e Società segrete. ^

15. René Le Forestier, La Franc Maçonnerie Templiére et occultiste aux XVIII e XIX siècles, Vol.I pg. 162 La Table d’èmeraude, Paris,1987. ^

16. Tratto da: Historie dell’Antichissima Città di Pisa dalla Caduta prima della Repubblica in qua 1406 e seconda 1509 con un brevissimo elogio della sua antica grandezza fatta da me Giuseppe Setaioli suo Cittadino l’Anno 1650 secondo lo stile pisano. ^

17. Conosciuti in Inghilterra come black friars – letteralmente frati neri, ma essenzialmente traducibile come domenicani – i frati predicatori indossano un abito totalmente bianco composto da una specie di tonaca a cui è sovrapposto uno scapolare ed infine un cappuccio; inoltre completa l’abito il mantello nero a cui è sovrapposto un cappuccio nero delle stesse dimensioni di quello bianco indossato sotto. (Tratto da Wikipedia) ^

18. René Le Forestier, La Franc-Maçonnerie Templière et Occultiste ecc. Vol.I, pg. 163 La Table d’Emeraude, Paris,197 ^

19. Op.cit. pg.244 ^

20. Op.cit, pg.537 ^

21. Cfr. op.cit, Vol.I pg.362-363 ^

22. Riportata da: Pericle Maruzzi, La Stretta Osservanza Templare ed i Rito Scozzese Rettificato in Italia nel secolo XVIII, pg.177, Atanòr, Roma, 1990. ^

23. Op.cit. pg. 188-189 ^

24. Cfr. Francesco e Cosimo de’ Medici Alchimisti, di Giulio Lensi Orlandi. ^

25. Jules Doinel (alias Jean Kostka), Lucifer démasque, Paris, 1895. ^

26. Cfr. Ossendowski, Incontri con uomini straordinari ^

27. René Guénon (alias Le Sphnx) Réflexions à propos du pouvoir occulte, France Antimaçonnique (rivista cattolica) numero dell’11 giugno 1914, pag. 277. ^