Diario di un viaggio psicanalitico
Quando si decide di fare un viaggio se ne stabilisce fin dall’inizio l’indirizzo che diverrà la nostra “impronta” che marcherà il percorso, senza dimenticare di predisporsi ad accogliere anche l’imprevisto.
Ogni viaggio è unico e irripetibile ed ogni volta ci coglierà lo stupore nello scoprire scorci mai visti, strade trasformate in inestricabili labirinti, e grandi spazi aperti mentre la linea dell’orizzonte c’indica ch’è ancora possibile “andare oltre”.
“The fair breeze blew, the white foam flew, the furrow followed free; we were the first that ever burst into that silent sea.” (S.T. Coleridg – The Rime of the Ancient Mariner) Diario e metodo del sogno, o viaggio guidato
Oggi, il viaggio in luoghi sconosciuti è oggetto di un processo così esteso di mercificazione da perdere il suo significato profondo di viaggio interiore, subendo, quindi, una retrocessione ad un livello inferiore per quanto attiene alla sua capacità evocativa. Quando nella realtà l’oggettivazione di un archetipo perde il contatto con la forza originaria, da cui aveva preso vita, viene presto rimpiazzata da un nuovo strumento evocativo, per ridare voce all’archetipo svanito. Solitamente questo processo implica anche un ricollocamento dell’oggettivazione archetipica su un livello più alto, ponendolo al di sopra di ogni possibile banalizzazione e garantendogli, così, il pieno espletamento delle sue proprietà “magiche”. Non a caso ai viaggiatori romantici dell’Ottocento sono subentrati nuovi esploratori. Alcuni, grazie a “ingegnose costruzioni”, hanno iniziato ad esplorare il cosmo. Altri, che hanno osato penetrare nelle profondità della psiche, per scoprire l’inconscio. Quando si decide di fare un viaggio se ne stabilisce fin dall’inizio l’indirizzo che diverrà la nostra “impronta” che marcherà il percorso, senza dimenticare di predisporsi ad accogliere anche l’imprevisto. Ogni viaggio è unico e irripetibile ed ogni volta ci coglierà lo stupore nello scoprire scorci mai visti, strade trasformate in inestricabili labirinti, e grandi spazi aperti mentre la linea dell’orizzonte c’indica ch’è ancora possibile “andare oltre”. Al viaggiatore resta quel ch’è stato capace d’imparare ed il viaggio muterà il rapporto rispetto allo stato di sviluppo precedente. Il viaggio “psicoanalitico” è un viaggio doppiamente mediato, perché è basato sulla verbalizzazione dei ricordi, sulla rappresentazione simbolica di certe esperienze e sul ricordo del sogno. I simboli e gli archetipi che prendono forma e vita durante il sogno, sono interpretati, accolti e riconosciuti, da svegli, solo nella misura in cui sono compresi. Vale a dire, solo dopo aver passato la censura del nostro io cosciente . Da chi è abituato a considerare il sogno come un’attività naturale del sonno, l’attività onirica non riceve mai un’accoglienza gioiosa, o per lo meno non è mai equiparata alla realtà esistenziale, e rimane sempre il termine di paragone per stabilire se una cosa è o non è. L’immagine onirica, ed il suo significato, continua, pertanto, a restare qualcosa di lontano e distaccato da quella parte di coloro che li ricorda anche da svegli, che li analizza e che si confronta con loro. Ciò significa che si verifica una profonda scissione fra il momento in cui l’esperienza si vive e quello in cui l’io cosciente la assimila e rielabora. Invece nel sogno o viaggio guidato, questa scissione è meno netta, perchè le immagini sono riconosciute dall’Io cosciente come esperienza sensoriale. Il confronto non è più mediato da un ricordo fantasmatico, ma molto concreto: le immagini sono più nitide, vive e tangibili da provocare spesso una reazione immediata, istintiva e viscerale. I sentimenti e le emozioni sono così profondi nella loro assolutezza, da non lasciare spazio ad equivoci. Quando cogliamo qualche immagine di noi che generò “tristezza”, essa si riversa in noi e tutto il nostro essere non diventa altro che tristezza, e chiediamo a gran voce di essere capiti e accolti con amore. Non essendoci la mediazione del ricordo fantasmatico, ma una cosciente percezione, l’io cosciente si trova spiazzato e, pur sforzandosi di filtrare e rimuovere le immagini che creano disagio, è costretto a confrontarsi direttamente con esse. Una sfaccettatura importante del sogno, o viaggio guidato, è la sensazione di aver trovato un accesso privilegiato nel proprio mondo interiore: un accesso che non ha bisogno di parole, d’immagini oniriche, d’interpreti speciali, per questo noi ci sentiamo molto più attivi e partecipi nel processo di riconoscimento della nostra realtà interiore. A differenza della psicoanalisi tradizionale, questo schema ha il vantaggio di risolvere, in tempi relativamente brevi il “problema”. A patto che, da parte del “viaggiatore”, vi sia una notevole disponibilità al “confronto”: che significa una forte spinta interiore a visualizzare i propri conflitti per confrontarvisici con la volontà di risolverli. Chi mal sopporta le tappe forzate o gli inevitabili scossoni del confronto diretto con il “problema” di qualunque natura esso sia, preferirà il rollio più dolce e più lento del metodo psicoanalitico. Il viaggiatore di mente e coscienza, l’impavido esploratore di se stesso, non potrà, tuttavia, fare a meno di ritenerla un’esperienza importante ed estremamente stimolante, a cui vorranno sicuramente dare seguito nelle proprie esperienze di “vetta”. Il metodoIl viaggiatore paziente viene invitato a vedersi ad occhi chiusi diventare piccolo come un microbo e di andare sul suo cuoio capelluto, che gli appare come una distesa pieni di alberi. Aggirandosi in questa selva trova per terra un pozzo scuro da cui scende un filo che lo collega con l’area cerebrale sottostante. Comincia così il viaggio nell’immagine del cervello dove “visualizza” miliardi di “specchietti” in cui sa che si trovano riflesse tutte le memorie del suo mondo e della sua vita. Ognuno di questi è collegato con un filo corrispondente ad una particolare “zona” che va osservata. Alcuni specchietti sono illuminati. Altri oscuri, e segnalano la presenza di un errore rispetto al modello armonico che il viaggiatore vuole realizzare. Seguendo il filo di collegamento ci si arresta davanti ad uno specchietto oscuro, dove entra alfine di percepire la deformazione, la proiezione disarmonica, l’errore di vita, la denaturazione, il disallineamento rispetto al progetto. Il viaggiatore entra, e magari sobbalza visualizzando in quell’area oscura la presenza del padre con il quale è in conflitto da due anni. Questo è solo un esempio di quanto il viaggiatore può, e vuole scoprire dei conflitti che “vivono” in se stesso, turbando l’equilibrio della sua vita. Molti incontri posso turbare il viaggiatore, fino a farlo piangere. Ma il pianto è solo il sintomo di una liberazione. L’atteggiamento giusto è quello di vedersi come vedendo un film, in maniera spontanea riconoscendo alla fine, di essere il colpevole del conflitto, nato dal proprio pensiero, atteggiamento o comportamento. Immaginando di abbracciare la figura che rappresenta il “problema” il viaggiatore compone il proprio conflitto. Visualizzando questa riunione il viso si distende, gli occhi diverranno più profondi ed anche il tono della voce sarà diverso, calmo e rilassato. Perché guardando i propri errori il viaggiatore sincero, accetta d’emendarsene. E questo lo cambierà dentro. In pratica viaggiando in se stessi, imparando a guardarsi per quel che si è, e non per come ci si mostra all’esterno, il viaggiatore apprende a diventare più forte, calmo e riflessivo. Tutti “mattoni” che accrescono l’autostima. Un aspetto di solito piuttosto carente in una personalità. Ai viaggi successivi si avvertirà distintamente come il “problema” si stia riducendo in fretta, finché di lui resterà l’immagine, il ricordo, una cartolina a cui ogni tanto si vorrà dare un’occhiata. |