La seguente immagine del RS ci permette di approfondire il concetto di trinità applicata all’alchimia e messa in rapporto con i tre elementi della psychè: Io – Sé – Ego.
Introduzione – 1. Il Démiurgo nel suo mondo – 2. Il fuoco segreto – 3. L’ermafrodito come privatio boni – 4. L’Adech – 5. La Trinità – 6. Versetti di Ripley Scrowle – 7. Il padre ed il figlio 5 – La Trinità
Questo disegno è del resto ricorrente. Lo schema della terra alata è un grande classico dell’iconografia [vedere Lorenzo Lotto]. Il RS si conclude con due personaggi sui quali ritorneremo ulteriormente [vedere capitolo 7]. Andiamo in un primo tempo a studiare il dispositivo superiore. Tutti gli elementi ne sono conosciuti; sono passati in rassegna nella presente sezione al capitolo 3 e nell’Aurora consurgens, II. Tuttavia, la loro disposizione è come mettere in luce, in modo notevole, i tre agenti fondamentali che rappresentano la superficie della psiche. L’artista a cui si deve questa disposizione non aveva naturalmente, in nessun modo consapevolezza degli attori che si profilavano e che si sarebbero visti, a tre secoli di distanza, investiti di una tale apertura alata spirituale. Si tratta di figure che ci riportano al concetto di archetipo, in questo quindi esprimono delle associazioni spirituali immanenti. Se riprendiamo le corrispondenze di cui abbiamo abbozzato i contorni al capitolo 3, è facile stabilire una prima approssimazione che : Io = { , } – Sé = { , } – Ego = { , } . La psicologia moderna stabilisce ch e il Sé è un certo tipo di continuum indifferenziato, dove nel primo periodo di vita la pulsione è dominante. Inoltre, l’Ego può arrivare a dominare un Sé “ignorante”: allora la poca valenza dell’Io può provocare, in patologia, degli accessi di megalomania, esempio tipico di una psycho-nevrosi tra le più diffuse [ad uno stadio rozzo di questa patologia mentale, i sintomi possono essere compatibili con un’esistenza in apparenza normale e non possono dar luogo che ad atteggiamenti di tipo dittatoriale corredato di una bulimia di possesso]. Il Sé, lo abbiamo già visto, può essere definito anche come tutto ciò che uscì dell’essere, vale a dire di cose senza alcun rapporto con la psiche, ma di cui l’Io può averne o la nozione empirica, o la conoscenza più o meno obiettiva rispetto al Sé emergente, quando l’Io diventa autonomo ed equilibrato in rapporto col Sé, delle stimolazioni incessanti la cui intensità può variare dal “sonno” all’apparizione di individualità dalle quali si distingue, prende corpo l’Ego. Abbiamo visto che, in alchimia, si poteva dare al Sé la valenza del . Nel RS, il corpo del lapis è rappresentato dall’antimonium alato [alabastrum] sul quale l’Ouroboros prende possesso. Quindi, si potrebbe credere che il Sé è uno se accettiamo che: “Tutto ciò che supponiamo sia dotato di una totalità più inglobata della nostra può diventare un simbolo del Sé. Ecco perché il simbolo del Sé non è sempre investito di questa totalità che esige la definizione psicologica… Senza l’integrazione del male, non ci può essere totalità… uno ed indivisibile è rappresentato da Dio Padre, ma il divisibile dallo Spirito Santo di cui sappiamo essere diviso in molte lingue di fuoco.” [Jung, Simbologia dello spirito, il dogma della Trinità, § 202, pp. 194-195] Jung pone quindi l’ipotesi che il Sé va al di là dei limiti imposti dal modo stesso da cui estrae la sua origine. L’ambiguità nasce dal fatto che la psiche, considerata nei suoi due elementi più nettamente identificabili che sono l’Io ed il Sé, è immersa in questa specie di sensorium Dei che forma l’Ego. Ci sembra, al contrario, che rischia di restringere il Sé a questa porzione del psychè integrata nell’Uno dell’essere umano.
Questa isola dove Latone trova rifugio esce dal mare typhonienne [il tessuto dell’Ego la cui trama è ordita per la madre, addirittura la grande Madre] ma una piccola parte è in fase di resurrezione, come un iceberg. Qui bisogna considerare che tutta la parte immersa costituisce il Sé e si trova al di fuori del campo della coscienza. Il Sale che è dovunque, salvo che in questa porzione di terra secca, forma che lo lega [Coagula = funzione solforosa] nello stesso momento in cui l’araldo è l’informatore [SOLVE = funzione mercuriale], di questo universo. In ultima analisi, e secondo un’osservazione che si riferisce alla filogenesi del processo alchemico, il Sé sembra svilupparsi partendo dalla matrice dell’istinto animale propria dell’Ego e dell’Io. Da questo momento, il Sé si sviluppa ed oppone una barriera alle interazioni primitive dell’Ego dell’Io. Gli alchimisti dicono: mentre il periodo di nigredo è finito. Si deve considerare dunque questo quadro non solo da un punto di vista strutturale, dinamico nello spazio ma, ancor di più, dinamico nel tempo . Il mediatore di questo energia è l’Ego che nasconde nel suo seno [vedere Aurora consurgens, II] dove inizia ed intrattiene il fuoco. Viene poi la fase di maturazione che gli alchimisti chiamano albedo. Questa fase è segnata essenzialmente dallo sviluppo dell’Io, vale a dire la maturazione dello grazie al Latte di Vergine [Lago virginis dei vecchi autori]. La mediazione di questo compimento è il fatto dell’Ego [processo di trasferimento retto da ]. Il Sé interviene in quanto Spiritus Sanctus e gioca per il sulphur il ruolo di vaso di natura. Qui non bisogna ancora trascurare l’aspetto dinamico degli scambi tra Io ed Ego, da dove emerge la singolarità che porta il nome di «Altro», trascinando la terza fase che è quella dell’individuazione, preceduta della proiezione [retta da ]. Per finire, vogliamo proporvi queste poche righe di Freud: “È probabile che la spazialità sia la proiezione dell’estensione dell’apparecchio psichico. Verosimilmente nessuna altra derivazione dell’apparato psichico ha posto delle condizioni secondo Kant. La psiche stessa, né è all’oscuro.” [1938, risultati, idee, problemi, GW XVII, 149-52, Si XXIII, 299-300] Senza aver letto queste poche righe di Freud, quando redigevamo l’Aurora consurgens, II ci era apparso evidente che la proiezione doveva essere un processo la cui la mediazione era organizzata da un archetipo che emerge dal mythologème : si tratta di un’operazione che è molto più veloce del trasferimento [da dove questa idea di tempo si oppone allo spazio], mediata dall’operatore . Il trasferimento è , ed implica un trasporto spirituale all’oppositore della proiezione dove “l’iniezione” corporale è implicita…. Ma tocchiamo i limiti dell’interpretazione, dove la connessione analogica è ancora possibile tra alchimia e psicologia. Abbiamo visto che il drago-serpente Ouroboros spargeva il suo sangue [anima] sull’antimonium alato [antimonium] fecondandolo nei suoi principi [ , , ]. Non possiamo, qui, non riallacciarci con la figura del Cristo, il cui fianco viene trafitto dalla lancia di Longin [notiamo che questo gesto è salvifico per il Cristo poiché abbrevia le sue sofferenze]. Questa similutudine è legata al concetto di calamita. “Il serpente rappresenta un equivalente del pesce. Il consenso popolare interpretava la figura annunciata del Salvatore sia come serpente che come pesce. Come pesce, perché emerse delle profondità sconosciute, come serpente perché spunta segretamente dell’oscurità… Il paragone del Cristo col serpente è più autentico di quello col pesce… Gli Gnostici, indicavano il serpente in quanto simbolo popolare conosciuto fin da tempi remoti, dal genio locale benefico, Agathodaïmon, così come Noûs che occupavano presso di loro un posto privilegiato.” [Jung, Aïon, Simboli gnostici del Si, § 291, p. 204, trad. Albin Michel] Jung vede nel Cristo il simbolo del Sé di cui abbiamo appena visto che ne prendeva il senso – ermeticamente loquace – come terzo agente tra l’Io e l’Ego. È posto all’incrocio dunque – stricto sensu – introducendo questi due universi [il mondo interiore da una parte, l’universo dall’altra] dove sostiene in qualche modo il ruolo di un condensatore. Il Passio Christi può essere interpretato così come il momento dove la deflagrazione energetica finisce al parossismo della Crocifissione, dove tempo e distanza non fanno più di uno, dove la figura del Cristo terrestre sviene davanti alla sua rappresentazione immanente in quanto logos. Concepita in questa ottica [quella di un In Sé che si svela nello spazio di un istante fuggitivo], il problema dell’opposizione tra l’anima, lo spirito ed il Corpo smettono di posarsi in vantaggio di una rappresentazione dove questi due geroglifici diventano virtualmente equivalenti: = . Il corpo si è inserito nello spirito: è il problema del «quadratura circuli di Dorneus», che abbiamo rievocato a più riprese. Come fare in modo che gli elementi considerati come in Sé [ , , , ], riescano a preparare una terra dove sia incluso un fuoco inestinguibile ? Gli alchimisti hanno scoperto che bisognava realizzare l’unione degli opposti. Nicolas di Cues ha creduto di avere trovato la soluzione con un sistema di isopérimètria che si basa su una diminuzione costante del valore dei raggi. Del resto qui tocchiamo il punto di rottura dove sembra affermarsi la vittoria concettuale della Gnostica alchimista rispetto al dogma teologico che conduce a rifiutare ad Uno lo statuto di numero. Questi oppositori, li vediamo riuniti per gli ideogrammi posti in uguaglianza: la coincidenza passa dallo scioglimento dell’insieme a forma di Io V. Per analogia, si può mostrare che questa congiunzione radicale passa anche da una monade spirituale che pone l’uomo al centro della triade: terra, spirito, cielo. In questi studi su Paracelse, Jung ha scritto: “Nel Paragranum è detto: ‘Perché il cielo è l’uomo, e l’uomo è il cielo, e tutti gli uomini sono solamente un cielo, ed il cielo è un solo uomo’. L’uomo si trova rispetto al cielo interiore in una relazione di filiazione, il cielo interiore che è suo padre, qualificata per Paracelse di grande uomo”. [Paracelsica, § 210, p. 179, op. cit.] Il punto importante è che il padre, il cui il simbolo abituale è , è assimilato al cielo interiore, vale a dire al Sé. Comunque sia, il problema della quadratura conduce in effetti spesso a formulare 4 in 3 + 1, dando un altro problema che Jung ha molto studiato. Il quarto nel quale fu portato a vedere il Diabolus. È un truismo insistere su questo fatto, che il Passio Christi è tanto una corruzione che una rinascita, così come la tradizione dei Vangeli lo attesta. In questo ultimo cartello del RS, sul piano simbolico, certe finezze possono essere evidenziate perchè ci aiutano a riconoscere la Trinità. |