L’antica civiltà matriarcale scomparve sotto l’influsso culturale dei nuovi conquistatori indoeuropei. Gli Achei, patriarcali e legati a divinità maschili, fecero razzia dei documenti che attestavano il primordiale culto della Dea, limitandosi a riassimilare e plasmare quelle credenze che – profondamente stratificate nell’Immaginario mitico – non potevano essere facilmente rimosse senza provocare profondi squilibri nelle dinamiche di acculturazione dei popoli conquistati.
Grecia arcaica
In particolare per la Grecia arcaica il mito che introduce lo spodestamento dell’autorità femminile da parte del potere maschile può essere rintracciato nell’episodio di Apollo che uccide Pitone e s’insedia nel tempio di Delfi, originariamente consacrato alla Terra. Hera, regina indigena degli dei – il cui tempio ad Olimpia era più antico e prestigioso di quello di Zeus – viene ridimensionata a “semplice” moglie di quest’ultimo, assumendo nel contempo i tratti poco seducenti di consorte sovente ingannata e vendicativa nei confronti delle amanti e della prole del compagno fedifrago. Tuttavia, come abbiamo detto, le tracce dell’antico potere femminile non potevano essere del tutto sradicate dall’Immaginario mitico: Atena, ad esempio, sebbene sia nata dalla testa di Zeus, conserva il suo tempio in cima al Partenone, richiamando così il simbolismo gerarchico della montagna e della supremazia spirituale, inoltre ha come animali sacri la civetta ed il serpente, evidente richiamo allegorico alla SdA. Afrodite protegge la colomba e l’oca, così come Artemide è spesso circondata da orsi e cervi. Artemide, in particolare, incarna il doppio ruolo di SdA e di Dea della caccia. Omero, nell’Iliade, ne parla usando l’espressione di potnia thērōn, «signora degli animali selvaggi» (altre volte, negli Inni Omerici è indicata come «cacciatrice di cervi»). Artemide non si limita a proteggere gli animali, ma spesso li trafigge con il suo arco. L’associazione di Artemide con l’orso richiama la dea celtica della caccia Artio (dal celtico artos, «orso»), equiparazione testimoniata dal ritrovamento a Murti, vicino Berna, di un’iscrizione latina incisa in bronzo votivo che reca l’immagine di una donna seduta e di un orso, uscito da un albero. Culti particolari sono riservati all’orso da molti popoli “primitivi” eurasiatici: ricordiamo i Finnici, I Saami o Lapponi, i Mansi, gli Yakut ed i Tungusi (etnie non a caso dov’era molto sviluppato lo sciamanesimo femminile, ritenuto primordiale e più potente di quello maschile), i Nivkhi, i Chuckchi, gli Ainu, ecc. Per l’etnologo giapponese K. Kindaichi, presso gli Ainu è diffusa la credenza che gli dei si manifestino in forma teriomorfica: l’orso incarna il più potente, il re del pantheon [1]. Nel caso di Artemide – e di tutte le dee incontrate finora – siamo alla presenza di quella tecnica che nella storia delle religioni è indicata come assimilazione riplasmatrice. Le antiche dee primordiali, quando non erano uccise come nel caso di Tiamat, erano declassate a semplici spose, oppure confinate fuori della città – ed è il caso di Artemide, dea che vaga nei boschi – neutralizzate e ridimensionate dal nuovo ordinamento patriarcale. __________ 1. Cfr. K. Kindaichi, The Concepts behind the Ainu Bear Festival, Southwest Journal of Antropology, 5, 1949. |