Teologia degli antichi sacerdoti Catari – Parte 15

Storia NascostaGesù il Cristo

Il cristianesimo ha come fondamento la figura di Gesù il Nazareno, un uomo vissuto circa 2000 anni fa in Palestina, proclamato Figlio di Dio, e per questo nominato Cristo (termine greco che significa «unto da Dio»). Per i primi sacerdoti l’articolo fondamentale era: «Credo che Gesù è il Cristo».

Teologia degli antichi sacerdoti Catari – Parte 15

di Luigi G. Navigatore
a cura di Athos A. Altomonte

Gesù il Cristo

Il cristianesimo ha come fondamento la figura di Gesù il Nazareno, un uomo vissuto circa 2000 anni fa in Palestina, proclamato Figlio di Dio, e per questo nominato Cristo (termine greco che significa «unto da Dio»). Per i primi sacerdoti l’articolo fondamentale era: «Credo che Gesù è il Cristo».

Se il termine “Cristo” fu scelto per esprimere ai Gentili l’evento complesso di “Gesù-Chiesa”, ciò presupponeva che esso dovesse essere già ben chiaro tanto ai fedeli greci che a quelli mosaici. Se questo corrispondesse alla realtà, si deve allora dedurre che la Bibbia abbia dovuto rivelare la figura del Cristo, in maniera piena ed esauriente. Ma la mancanza di evidenza ha prodotto due effetti. Quello di orientare i più ad inquadrare l’atteggiamento dei farisei, in lotta contro Roma, in un contesto prettamente storico e politico, perchè a loro premeva sapere se Gesù fosse il Messiah ch’essi attendevano; e la scelta, diversa e niente affatto politica, dei discepoli di Gesù, di chiamarsi cristiani. Termine che non è riconducibile ad alcuna tribù, e quindi, ad alcuna tradizione d’Israele.

I Farisei consideravano Gesù un capo politico, che se fosse stato mandato davvero da Dio, avrebbe riscattato il popolo d’Israele dal gioco romano: ed infatti, in tal senso, i sacerdoti del Sinedrio lo interrogarono. Se la tesi fosse vera, i suoi discepoli avrebbero dovuto chiamarsi «fedeli di Gesù il Nazareno», riferendosi ai Nazareni, i terapeuti (guaritori) Esseni che all’epoca erano una realtà locale ben distinta e riconosciuta. Ma il Maestro aveva dichiarato di non appartenere ad un regno mondano, tanto meno legato al regno d’Israele (…il mio regno non è di questo mondo); di essere contrario ad ogni rivolta (…non vengo per togliere ma per aggiungere); di rispettare il tributo ai Romani (…date a Cesare quello che è di Cesare…).

Insomma, con le sue parole Gesù rifiutava il ruolo dell’atteso Messia.

La nascente Chiesa si chiamò cattolica, perchè s. Paolo non aveva alcun interesse ad ancorarsi alla cristologia messianica della congregazione giudaica di Gerusalemme, insofferente alla dominazione romana. Così, evitava di condividere condizioni equivocabili, o interpretazioni politicamente pericolose, da parte di quei gentili ai quali stava proponendo la nuova fede. Conscio, altresì, che i Romani intendevano la nuova religione in chiave politica, come attestava il processo fatto a Gesù da Ponzio Pilato.

Fu, dunque, questo il nome scelto dalla Chiesa per distinguere da ogni altra la «Chiesa di Gesù», per sempre e di fronte a tutti. Fornendole una carica teologica propria, capace di sintetizzare il senso divino dell’evento ecclesiale e dei suoi contenuti di fede.

L’Unto del Signore

Il mancato ritrovamento nella Bibbia di un qualsivoglia riferimento cristico, dopo l’eresia catara, ha continuato a condizionare ogni riflessione teologica. Non potendo recuperarlo dalla Sacra Scrittura il significato del nome Cristo, è stato considerato un titolo, una aggettivazione che non assurge a dignità sostantiva. Così, dall’uso del termine cristiano, si sa solo che qualifica Gesù come l’Unto del Signore. Un titolo che, così inteso, è insignificante, visto che esso competeva ad ogni re d’Israele (le cui vicende non possono certo dirsi edificanti), ed ai sacerdoti “ordinati” (che non brillavano certo di santità).

Ancora oggi il termine Cristo è, per il cattolico, un aggettivo che equivale a consacrato . E questo lo grava di una certa equivocità, essendo correlato al genitivo: “del Signore” o “di Dio”, che indica una appartenenza. Che risulta adeguata ad un uomo, ma non a Gesù in quanto egli stesso Signore e Dio.

Gesù si sarebbe consacrato da sé, a se stesso ?

Gli studiosi che seguirono il massacro cataro si ancorarono alla logica della dipendenza del cristianesimo dal mosaismo giudaico . Trasformandolo in una fazione del giudaismo, facendo dei cristiani i fratelli minori degli ebrei e di Gesù un profeta giudaico prestato ai gentili.

Sulla base di questa impostazione, videro nel termine greco “Xristos” l’aggettivo dal verbo “xrio” che significa ungere, e quindi equivalente all’ebraico “Mescià” che indica l’unto, il consacrato. Concludendo, così, ogni questione sull’appellativo di Gesù.

Dovendo tradurre in greco il termine semita “mescià” (l’Unto), è comprensibile come i LXX (i 70 che, sotto l’imposizione romana, tradussero l’Antico Testamento) abbiano voluto scegliere il termine “xristos” dal verbo “xrio”, che significa ungere. Perchè, a loro modo di vedere, si trattava di indicare la qualità di un re o di un sacerdote, sicché cercarono il corrispondente greco del significato semita.

Resta da capire perchè, gli agiografi neo-testamentari, non trovarono una formula adatta a dare a “Xristo” il senso spirituale. Perchè gli evangelisti sinottici, dovendo e potendo scegliere hanno usato un termine che collegava Gesù alle figure terrene di re e sacerdoti? Perché non seguirono Giovanni che usò il termine “Messias”? Riconoscendo in questo vocabolo il significato “la Voce mediatrice” (messa-ia), giusto ad indicare la funzione di collegamento di Gesù, fra Dio e gli uomini?

Il significato nascosto

La questione andava posta in altri termini.

La versione dei LXX ha scritto in greco questo nome, perché fosse letto dai greci con tutta la ricchezza che quel fonema poteva produrre. Variamente compitata, la sequenza fonematica si rivela portatrice di una gamma di significati, che apre nuovi significati aiutando a delineare la teologia del Cristo.

La parola “Cristo” nasce da quel glossario biblico composto di parole ( fonemi ), scelti dagli agiografi perché suscettibili di varie letture. Per esempio, leggendo Xr-Istos, si può intendere “ Cristo-visibile ”, oppure “X R Istos” diventa “Cristo è la trama del tutto” (“R” in greco equivale a 100 e 100 allude al tutto).

Il monogramma Xristos” è costituito dal segno “X” (Chi-croce), che nel mondo classico indicava il rapportarsi di Dio al mondo alludendo, quindi, all’incarnazione.

Dunque, col fonema Xristos , i LXX recuperarono dalla cultura ecumenica una ricca teologia che trasmisero a chi sapeva leggere. Perchè, il soggetto del loro pensiero non era il “Cristo”, ma il “X”, cioè quello Spirito di Dio che sembra mancare nel Vecchio Testamento.

Senza dimenticare un dato non meno importante.

Perchè Giovanni ha usato due volte un termine che è soltanto parallelo al semita mescià? Messias”, compitato in Messa-ia” indica la Voce Mediatrice e quindi la relazione, in Gesù, tra gli uomini e Dio? Ma se l’estensore o quanto meno il principale redattore del IV Vangelo è “il discepolo che Gesù amava” ed il personaggio rimasto sotto la croce, allora il IV Vangelo non soltanto è antecedente ai tre Vangeli sinottici, ma da questi non è nemmeno del tutto accettato visto che, di fatto, eliminano la dicitura Messias” per utilizzare quella di “Cristo”.

Per gli antichi sacerdoti Catari, la presenza della Voce Mediatrice è indispensabile affinché la fede non debba essere intesa come una indiscriminata accoglienza di adepti; oppure intesa come un programma gestito e controllato da un comando motivato solo dall’autorità dell’uomo che lo pronuncia. La presenza mediatrice garantisce la predicazione, la comprensione della verità ed il dialogo, e non solo la capacità di formulare concetti o esprimere sentimenti.

I Catari non vedevano in Gesù un profeta del giudaismo, ma Colui che veniva a “riportare ciò che fu alle origini”: e rivitalizzare quella religione che fa di ogni uomo un cristiano senza nome. Videro la potatura che troncava il ramo della gelosia giudaica, affermando l’universalità della fede, e la vera cattolicità.

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