La grazia può essere la presenza in noi di qualcosa di profondo e sconosciuto? M.
D: La grazia può essere la presenza in noi di qualcosa di profondo e sconosciuto? M. R: Personalmente non ho mai attribuito valore normativo alle considerazioni di Guénon sulla subordinazione della fede all’intellettualità pura, ossia alla spiritualità noetica. Del resto, altri, come Schuon, ribaltano le considerazioni dell’autore francese e danno grande importanza alla fides, purché sia sincera e sgorgante dal Cuore (inteso non come sede delle passioni, ma come fulcro della spiritualità integrale dell’esserci). Trovo che oggi, vi siano tre distinte maniere di rapportarsi al Sacro, inteso come modalità dell’esperienza umana più autentica. La prima può essere definita come “via della credenza” e riguarda la fede religiosa in qualunque dottrina trascendentale, ancorché preferibilmente rivelata, o in un presunto o riconosciuto leader della comunità (locale o universale) dei fedeli (sia questi il Papa della Chiesa Cattolica Romana o il fondatore di un nuovo movimento religioso). La seconda è la “via della conoscenza” che riguarda la gnosi in senso lato, ossia il predominio dell’intelligenza e dello spirito sulla volontà ed il sentimentalismo. La terza può essere definita come “via della forza” propria di tutti quei gruppi che ricorrono e praticano la magia cerimoniale o di altro tipo. La differenza tra fede e magia può essere spiegata ricorrendo alle categorie della scuola di Durkheim. La magia è una tecnica (o un insieme di tecniche) volta ad operare un rovesciamento dell’ordine naturale e/o sociale a beneficio degli interessi privati di un gruppo o di un individuo. La religione, al contrario, opera sempre a vantaggio di tutta la comunità e si arresta di fronte a qualsiasi tentativo di trasgredire il divieto, l’interdizione, il tabù. Zolla in Le tre vie propone qualcosa di simile con la bhakti, il Vedanta ed il Tantra. In fondo credo che si tratti di un paradigma presente in moltissime culture. La mia posizione personale è che ognuno deve seguire le proprie predisposizioni. Non vedo controindicazioni nel seguire un sentiero, piuttosto che un altro. Io, ad esempio, non potrei mai seguire la via della bhakti o il Tantrismo: ma questo soltanto perché l’individualità “Antonio D.” deve necessariamente attualizzare sul piano della manifestazione determinate com-possibilità che differiscono dalle Tue o da quelle di un altro; senza per questo che si debba teorizzare una sorta di superiorità tra differenti tipi di personalità, in quanto tali, finite ed imperfette (limitatezza dell’esserci). Dunque, qualsiasi sentiero è ottimo purché lo si segua con il Cuore, riconoscendo nel profondo che si è sulla giusta – in quanto personale – Via. |