Realismo della Via iniziatica

Letture d'EsoterismoL’abbaglio delle religioni popolari – Importanza di una terminologia corretta

«B. Spinoza considerava l’idea in sé, senza alcuna relazione con il percepente, che dovrebbe rinunciare ad ogni criterio di abbellimento idealistico.»
La conoscenza non conosce compromessi, per cui, i canoni dell’emotività e della devozione non le appartengono. Conoscere non significa nemmeno quell’esasperata razionalità, che rende incapaci d’intuire quello che anima (muovendolo) ogni fenomeno vivente.

Realismo della Via iniziatica

di Athos A. Altomonte

Sommario: L’abbaglio delle religioni popolariImportanza di una terminologia corretta

«B. Spinoza considerava l’idea in sé, senza alcuna relazione con il percepente, che dovrebbe rinunciare ad ogni criterio di abbellimento idealistico».

Per arrivare a capire quello che è troppo sottile per essere individuato con metodi superficiali, lo studioso abbandona gli schemi delle culture convenzionali. Perchè, prive di attinenza scientifica, oppure dopo aver capito come i fumi dell’immaginario ne abbiano compromesso l’obiettività.

La conoscenza non conosce compromessi, per cui, i canoni dell’emotività e della devozione non le appartengono. Conoscere non significa nemmeno quell’esasperata razionalità, che rende incapaci d’intuire quello che anima (muovendolo) ogni fenomeno vivente.

Tra le esagerazioni fantastiche e l’eccessiva crudezza della ragione c’è un’altra via, quella del realismo. Emmanuel Kant ne rappresentò la visione nel “ding an sich” (dal tedesco, “la cosa in sé”), dove s’intende dire «la realtà della cosa in sé», senza abbellimenti né riduzioni*. Platone scriveva che una realtà esiste indipendentemente dalla mente di chi la scruta, perchè, le idee vivono di esistenza propria, indipendentemente dal mondo sensibile, e per questo le idee universali non possono essere ridotte a semplici concetti mentali. La realtà si fonda su un collegamento infinito tra tutte le sue parti. Perciò, va vista così com’è, senza illusioni né interpretazioni da parte di chi può afferrarne solo piccoli frammenti.

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* «Ding an sich», rappresenta il principio di sintesi di un’idea archetipa, che vive anche fuori della esperienza fenomenica e dall’osservazione dell’uomo.

La “cosa in sè”, afferma Kant, esiste indipendentemente ed al di fuori d’ogni conoscenza sensibile perchè vive in una realtà posta oltre la soggettività della conoscenza umana. Questa tesi trae la sua origine dal Realismo ante rem per il quale «gli universali» (l’identità dei principi astratti) esistono nella realtà globale prima della realtà, e indipendentemente dalle realtà fisiche particolari (le forme di qualsiasi natura, anche quelle pensate).

Il principio iniziatico di quella che in seguito venne chiamata la filosofia del realismo proveniva dalla tradizione sacerdotale d’oriente e fu mantenuto come realismo implicito sino alla civiltà egizia. Per quel principio era uso personificare i principi astratti, le verità archetipe, le leggi cosmiche e di natura (gli universali platonici) sotto forma di ideogrammi che, nella loro rappresentazione exoterica, venivano posti in immagini dalle sembianze umane od animali. Il mitico Sensar pre-vedico e, successivamente, la scrittura ieratica dei Sacerdoti egizi, sono l’esempio d’una scrittura ideogrammatica di interpretazioni binaria.
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L’abbaglio delle religioni popolari

L’interpretazione exoterica era data dalla forma dell’immagine, mentre quella ad uso iniziatico, veniva dal codice simbolico abbinato all’immagine, alle sue forme ed ai suoi colori. Codici che trascendevano gli aspetti formali dell’immagine stessa. La conoscenza ieratica degli Hierophanti costituiva i Misteri (di saggezza) trasmessi sotto forma ermetica in ideogrammi. Quelle immagini misteriose dalle caratteristiche antropomorfe o animali, vennero scambiate dal popolo per sacre rappresentazioni di Dei. Cadendo nell’ingannevole ideologia di un Dio, Ente supremo, dalla forma umana i profani arrivarono a immaginare un Uomo-Dio. Così, ragionando sulle similitudini tra gli uomini e Dio conclusero che anche loro potevano considerarsi divini. Dimenticando l’antico precetto «… non basta la fede in un’idea, anche se sentita sinceramente, per fare una religione. Come non basta credere ad una religione perchè diventi la “Religione”».

Per non tradire i sacri Misteri nessun Iniziato si contrappose a queste ingenuità. Né contro i culti mitologici ed exoterici, né contro la venerazione delle immagini. Lasciando diffondere i culti immaginifici, l’antica Casta Sacerdotale evitò lo svilimento dei propri segreti. Ma il vuoto che ne derivò permise alle idolatrie di sostituirsi ai principi della Religione universale.

Importanza di una terminologia corretta

La terminologia è un codice, una convenzione, una lingua immaginaria ed immaginata. Ma è anche il supporto insostituibile per trasmettere e ricevere informazioni. Perché abbia valore ed assolva completamente la sua funzione, i significati dei termini devono essere ben conosciuti e condivisi da tutti gli interlocutori, altrimenti, a scapito della comunicazione il linguaggio diventa imperfetto e altamente fuorviante. A causa dell’incomprensione, la corretta comunicazione viene sostituita dalle ipotesi e dalle teorie fantastiche (v. onanismo mentale). Più cresce l’intelletto, più la coscienza si espande e più si modificano i codici di comunicazione. Esistono linguaggi fatti di suoni invece che di parole, inviolabili a chi non è iniziato. Altri linguaggi si basano sui colori e sulle forme disegnate (ideogrammi e numeri), da cui prende vita la «geometria sacra». Ma non basta la conoscenza semantica, serve impratichirsi sui significati connessi al significato radicale d’ogni termine e sulle sue connessioni con altre parole. Ogni parola è un mondo pieno di significati. Lo studio delle parole apre un universo di significati, tutti collegati tra loro, come lo sono le parole stesse. E riconoscere il senso di ogni parola, nascosto nell’uso comune del termine è l’arte del realismo esoterico.

Il realismo insegna come la realtà viva di se stessa, per se stessa e resta se stessa, nonostante la relatività delle sensazioni umane, che la vorrebbero classificare. L’uomo può, forse, e non sempre, diventare l’arbitro di se stesso. Ma l’arbitrarietà delle sue costruzioni mentali e la sua difficoltà a distinguere tra immaginario e reale, tra vita e sogno, non lo rendono idoneo a giudicare quell’immane fenomeno chiamato realtà.

Il problema della conoscenza sta nella debolezza dell’uomo che deforma a propria misura la realtà che indaga, e dopo ogni osservazione, trasforma in idea personale ogni frammento di realtà assimilata, col risultato di privarla dell’identità sottile. A sopperire ciò può intervenire il realismo, se non ci si limitasse ad enunciarne la bontà del principio. Bisognerebbe andare oltre l’indicazione, a cominciare dal capire perfettamente i termini del linguaggio. Parliamo, ad esempio, della meditazione.

Per quel che ho potuto constatare, ho dei dubbi che molti tra i suoi cultori sappiano cosa sia veramente la concentrazione mentale, volitiva e spirituale. I più scambiano la fissità mentale per concentrazione. Probabilmente perchè nessuno ha loro insegnato il significato del termine.

Ho conosciuto “esperti” che non distinguevano la diversità di significato di parole, apparentemente assonanti. Parlavano di vibrazioni interiori il cui valore, però, è tutto da verificare. Spesso dovute a stati emotivi che qualcuno scambia per impulsi dell’anima. Ed anche qui occorre essere realistici applicandosi in una seria analisi dell’evento, di ogni evento.

Se fosse l’Ego sup. ad agire sulla personalità, questo significherebbe che anche l’anima è “apparsa” nella sfera della coscienza fisica. Questo farebbe sì che la consapevolezza della mente sia in grado di recepire quello che viene chiamato il sapere per contatto. Ch’è un tipo di conoscenza diretta, che non utilizza né la memoria, né la ragione. Allora bisognerebbe domandarsi se quello che si riceve sia una risposta d’ordine superiore, oppure, sia solo una elaborazione machiavellica, o spregiudicata, di un concetto a cui non si è in grado di rispondere. La decisione, anche in questo caso è semplice. Se si mette in disparte il realismo l’uomo può continuare a sognare, e a camminare all’indietro.

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