La Stele dell’Inventario di Giza la “sindone” della Grande Piramide / 1

Misteri dei CostruttoriSono state concepite molte teorie per far luce sulla Grande Piramide di Giza, in particolare connessioni con la matematica, e se non fosse per l’esistenza di un reperto posto in disparte, quasi nell’ombra, tutto rimarrebbe velato e rimandato al futuro… In questo lavoro, ho concepito una mia ipotesi sulla piramide di Cheope suddetta indagando il reperto prima accennato, noto col nome di Stele dell’Inventario.

La Stele dell’Inventario di Giza la “sindone” della Grande Piramide / 1

a cura di Gaetano Barbella

1. La Stele dell’Inventario di Giza

Illustr. 1: Stele dell’Inventario di Giza. Museo Egizio. Sono state concepite molte teorie per far luce sulla Grande Piramide di Giza, in particolare connessioni con la matematica, e se non fosse per l’esistenza di un reperto posto in disparte, quasi nell’ombra, tutto rimarrebbe velato e rimandato al futuro, cioè non se ne saprebbe più nulla. Dal mio canto, disposto ad una buona conoscenza della geometria in particolare, ho concepito una mia ipotesi sulla piramide di Cheope suddetta e da poco preso per l’interesse per il reperto prima accennato, noto col nome di Stele dell’Inventario, (illustr. 1) mi è parso di vederlo come un’ultima spiaggia per legarla alle mie teorie cheopiane difficili da accettare. In effetti mancava la prova che cercavo per confermare la validità delle mie concezione matematiche geometriche, ed ecco all’ultimo momento, mi si è parato innanzi il reperto suddetto che avevo sempre trascurato, non avendogli mai dato molta importanza. Invece, come farò vedere, questa Stele dimostra di costituire l’unico testimonio della geometria cheopiana da me supposta, mentre ora, paradossamente, è un reperto discusso e quasi nascosto in un angolo del museo Egizio.
Fu  Auguste Mariette, nel 1858 a ritrovare nei pressi della Sfinge questa lapide calcarea che riporta una lista di oggetti sacri appartenenti al tempio di Iside e risalenti alla XXVI dinastia. Si desume che il testo del reperto sia stato compilato nel Nuovo Regno, ma si riferisce ad avvenimenti molto più remoti che avrebbero avuto luogo già durante il governo di Cheope all’epoca della IV dinastia, il Regno Antico. Fatto è che per le implicazioni derivanti da questi fatti antichi, gli studiosi, presi dall’imbarazzo di non poterli spiegare, hanno posto in dubbio la sua originalità, etichettando la stele come un falso privo d’importanza storica. In effetti la funzione della stele era probabilmente quella di rimpiazzare una lapide più vecchia andata in rovina, nell’intenzione di evitare così che gli avvenimenti remoti del tempo di Cheope fossero dimenticati.
In breve, la Stele dell’Inventario attesta alcuni lavori di restauro eseguiti appunto durante l’Antico Regno per ordine di Cheope sulla piana di Giza, allo scopo di risanare la sua piramide, quella della principessa Henutsen e il tempio di Iside. Nel testo geroglifico, Iside viene detta “Signora delle piramidi”.
Questa lapide, osserva l’egittologa Christiane Zivie-Coche, è quindi un elemento importante, che può fornirci diversi dettagli sulla topografia del pianoro durante la XXVI dinastia. E veniamo così a sapere, osservando la zona dalla direzione sud, che accanto alla piramide di Cheope si levava allora il tempio di Iside, dinanzi al quale vi era la sfinge.
È ovvio che confermare la validità della stele, in quanto documento storico dell’Antico Regno, significherebbe ammettere che originariamente Iside era definita la Signora delle piramidi di Giza, e cioè sin dalle prime dinastie, e questo elemento nuovo non potrebbe essere al momento sufficientemente spiegato, tanto meno le implicazioni che esso porterebbe con sé. Eppure la stele parla chiaro come dice Christiane Zivie-Coche, traducendo alcune cose scritte sulla Stele:
Lunga vita ad Horus Madjid, re dell’Alto e del Basso Egitto, Cheope, il vivente. Egli trovò il tempio di Iside, Signora delle piramidi, presso il tempio della Sfinge a nord ovest del tempio di Osiride, Signore del Ro-Setau; egli edificò (restaurò) la piramide della principessa Henutsen accanto a questo tempio. Egli fece scolpire per sua madre, Iside, madre divina, Hathor, signora dei Cieli, un inventario sulla pietra. Egli rinnovò per lei le offerte sacre e costruì (restaurò)il suo tempio di pietra. Ciò che egli trovò in rovina, ora è restaurato, e gli dèi sono di nuovo al loro posto”. 1

2. Una parabola per il mistero della Grande Piramide

Il tema di questo studio, chiaramente, si incentra sul reperto presentato nel capitolo precedente, la Stele dell’Inventario conservato nel Museo Egizio di Cairo. Ma dovendo dimostrare con essa la stretta relazione con la Piramide di Cheope, è necessario prima che io esponga la mia teoria matematica con la quale si spiega la sua probabile funzione. In questi termini poi verrà posta in relazione con la suddetta Stele dell’Inventario e si dimostrerà la sua preziosità e naturalmente, l’enorme valore che così essa assume, quasi a paragonarla alla Sacra Sindone, l’unica testimonianza diretta di Gesù deposto nella tomba dopo la sua crocifissione sul Golgota.
Il punto fondamentale su cui ha origine la mia concezione sulla piramide di Cheope, che si idealizza in termini geometrici, prima d’altro si basa sul fatto che essa non può essere continuamente correlata soltanto a dati numerici, che non si contano, dedotti esclusivamente dalla struttura esterna, ignorando tutto il soppalco dell’impianto interno. C’è propensione che la piramide, col suo intero complesso, costituisca un ideale modello di una prodigiosa macchina energetica rivolta alla probabile rigenerazione vitale. Infatti il suo scopo era di costituire il sacello tombale del faraone Cheope per renderlo immortale, anche se in effetti non si è mai trovato alcuna prova in merito nel sarcofago della Camera cosiddetta del Re posta in sede della torre dello Zed. Dunque se la piramide è una ipotetica “macchina” deve pur rientrare in una concezione che possa essere formulata in termini matematici e naturalmente essere intravista con l’ausilio di una ipotetica geometria. Oltre a tutto ciò non si può trascurare il fatto che la piramide non è stata mai posta in relazione con la barca solare tramite la quale il dio Osiride stesso, sposo di Iside, viaggia per raggiungere Ra il dio Sole. Ed è vero anche che accanto alla piramide è stata trovata sotterrata la barca solare del faraone Cheope. Di conseguenza potremmo immaginare che la terra su cui poggia la piramide sia una sorta di barca che viaggia idealmente nel tempo. A ragione di ciò, dunque, non scandalizza intravedere il complesso piramidale unito ad una parabola sottostante, così come è stata considerata dal punto di vista della geometria dell’illustr. 2 con la quale immagino delle correlazioni funzionali con le due Camere del Re e della Regina.

Illustrazione 2: Geometria della piramide di Cheope con l'ausilio di una piramide particolare, il tutto all'insegna della sezione aurea.

Di qui, in un lampo ecco disporsi le cose in merito, associate alla ipotetica energia circolante nella piramide (su cui molti studiosi sono concordi), e tutto per merito di una prodigiosa parabola, reale configurazione geometrica della barca solare osiderea. Ma c’è di più sull’apporto di questa parabola, considerato che la piramide-macchina è “solare” e deve in qualche modo captare le energie solari del dio Ra e convertirle al suo centro focale, in sede della Camera della Regina, naturalmente la dea Iside. D’altro canto già sulla Stele dell’Inventario di Giza anzidetta si nota una barca, quasi a intravederla messa a bella posta in evidenza per opera di chi l’ha segnata sulla pietra – mettiamo, per dimostrare ben oltre il noto sapere su questa barca, nota come “solare”.

Illustrazione 3: Taglio di una pietra preziosa. Gioco di luce con la scomposizione nei colori dell’iride.

Intanto è d’uopo che io mostri ora i dati geometrici dell’illustr. 2, utilizzando la concezione del rapporto aureo su cui c’è concordanza:

y² = 2 p x, dove p = 1 (equazione della parabola)
ya =  √ [2 / (1 + √5)] = 0,786151377…
xa = ya² / 2 = 0,309016994…
phi = 38,17270763…°
180° – 4phi = 27,30916948…°
yi = tang (180° – 4 phi) = 0,516341175…
xi = yi² / 2 = 0,133304104…
d = yR = 0,080615621…
xR = d²/ 2 = 0,003711446…

La luminosità è un requisito fondamentale delle gemme preziose e le loro studiate sfaccettature moltiplicano i giochi di luce scomposta nei suoi colori, cosiddetti dell’iride, all’interno per sprigionarsi in modo sfolgorante all’esterno (illustr. 3). Nulla allora che meravigli, dunque, vedere la piramide di Cheope come uno speciale cristallo e costatare subito una particolare proprietà dovuta a un ipotetico raggio di luce che interagisce in esso. Dalle illustr.ni 2 e 4 si può capire di che si tratta.
Il raggio IP, riferendoci all’illustr. 2, è normale alla parabola e si imbatte di ritorno sulla parete C’B’ riflettendosi in Q della parete opposta C’A’. Prosegue da qui la riflessione luminosa, supposta energetica, in modo verticale fino in fondo sulla parabola in R. Si sa che tutti i raggi verticali confluenti su una parabola si riflettono convergendo nel fuoco relativo, che nel nostro caso è il punto F. Naturalmente si è capito che il punto I di partenza del supposto raggio luminoso è unico in modo che la sua inclinazione riferita alla verticale sia 180° 4 phi come indicato sull’illustr. 1. Phi è il semi-angolo al vertice della piramide. Il simbolo di phi è φ.

Nessun commento su questo raggio salvo a vedere ora il raffronto con lo spaccato della piramide di Cheope (illustr. 4), in cui si vedono i vari elementi che vi fanno parte: la tomba del Re e della Regina, la Grande Galleria ed altro. Ed ecco il fatto meraviglioso che spiega il titolo di questo capitolo: Una parabola per il mistero della Grande Piramide! Due cose in una: il fuoco F della parabola di arco A’OB’, su cui è posta la piramide A’B’C’, coincide con un certo punto della tomba della Regina e il raggio verticale QR della ipotetica luce, all’interno della piramide in questione, coincide con l’asse della tomba del Re.

Illustrazione 4: Piramide di Cheope. Sezione trasversale.
Illustrazione 5: Lo scettro di Osiride e dei faraoni. In merito allo Zed e alla funzione piezoelettrica del sistema dei ranghi di basalto, ritenuti la fonte di energia circolante nella piramide, in relazione al potere che serve per la rigenerazione vitale alla base del potere che vi deriva, mi fa pensare alla spiegazione in che modo le ossa si rigenerano.
Il modo con cui molti organismi viventi usano la piezoelettricità è molto interessante: le ossa agiscono come dei sensori di forza. Applicando una forza, le ossa producono delle cariche elettriche proporzionali alla loro sollecitazione interna. Queste cariche stimolano e causano la crescita di nuovo materiale osseo, rinforzando la robustezza della struttura ossea in quelle zone in cui la deflessione interna è più elevata. Ne risultano strutture con minimo carico specifico e, pertanto, con eccellente rapporto peso-resistenza. 2
Un’altra cosa è possibile suggerire come riscontro ideografico fra i geroglifici egizi, con il raggio energetico verticale QR delle illustr. 2 e 4, sopra analizzate. Mi viene di intravederlo nello Scettro o Wзs nella mano del dio dei morti Osiride e di altri dei egizi, nonché in quella dei faraoni assisi sul trono (illustr. 5).
La cima di questo scettro termina con una sorta di maniglia di traverso particolarmente sagomata che può benissimo riferirsi alla parete della piramide dove il raggio si riflette; mentre la parte terminale è munita di una forcina a due punte che potrebbe riferirsi alla riflessione del raggio energetico.

3. L’affresco della cappela funeraria di Thutmose III (sec. XV a.C.)

Di altro, è interessante costatare che, osservando gli ideogrammi riportati sull’affresco della cappella funeraria di Thutmose III dell’illustr. 6, si nota che lo Scettro, oltre a quello impugnato dal faraone, è anche rappresentato (in alto, sullo Scettro del faraone) a fianco dell’ideogramma dello Zed (lo stesso della Camera del Re della Grande Piramide) e da altri segni importanti. Fra questi c’è una sorta di ciotola (presente in 9 esemplari), dal significato comune di cesto, che può benissimo correlarsi con la parabola esibita e così convalidare in cascata il resto delle argomentazioni sostenute sin qui. Un dettaglio importante fra i tanti della nutrita rappresentazione di geroglifici e ideogrammi, è il gonnellino dell’offerente davanti al faraone che ha la chiara foggia della piramide di Cheope. Non solo, ma la fascia pendente dalla cintola coincide con l’asse passante per lo Zed della piramide. In più l’offerente versa dell’acqua in due anfore, come per confermare due cose, un supposto potere duale dello scettro attraverso la relativa forcina terminale, e poi la forma parabolica dell’acqua. Di qui la concezione geometrica della parabola, elemento essenziale del presente lavoro sulla piramide-macchina di Cheope.

Illustrazione 6: Affresco della cappella funeraria di Thutmose III (sec. XV a.C.).

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Note

1 http://storia-controstoria.org/antiche-culture/la-sfinge-e-la-stele-di-inventario/ (torna al testo)

2 http://www.hbm-italia.it/custserv/SEURLF/ASP/SFS/ID.813/MM.4,36,34/SFE/techarticles.htm (torna al testo)

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