…si legge che il Conte di Saint Germain fosse un inviato della Fratellanza Bianca; era uno di coloro che vengono definiti i Maestri della Gerarchia? È un’indicazione fondata?
D: …si legge che il Conte di Saint Germain fosse un inviato della Fratellanza Bianca; era uno di coloro che vengono definiti i Maestri della Gerarchia? È un’indicazione fondata? R: Cara Amica, è vero, come molti personaggi che fanno la storia, S. G. è un Maestro. Colgo l’occasione di questa domanda per farti partecipe di un mio pensiero sull’argomento. Purtroppo, leggo e sento parlare spesso di Maestri e di spiritualità, come fosse mercanzia a disposizione di tutti. Non è così. Anzi, approcciarli è un percorso (iniziatico) duro di esami. Non certo l’idea folcloristica che i più fantasiosi, si trasmettono con inverosimili letterature. Non leggo, sento o vedo mai qualcuno, che ponga il problema in termini sensati. Ad esempio: quali caratteristiche bisogna raggiungere per essere “accettato”? Quali Regole bisogna seguire per diventare un Discepolo in prova (e di quali prove)? Cosa e come bisogna cambiare per diventare “desiderabile” agli occhi di un Maestro? Verso quale Maestro bisogna dirigersi e perché? Certo, non perché ci risulta “simpatico” questo, piuttosto che quello. Magari perché ha la barba, piuttosto che essere glabro …simpatie personali! Mi chiedo come si possa pensarla una cosa simile! Allora cosa determina l’accostamento ad un Maestro piuttosto che ad un altro? Scoprirlo mi sembra più che essenziale. Sembra invece che si parli di Maestri per farsi un alibi: ne parlo, dunque esisto, ma non è così che funziona. Il contatto è determinato e proporzionato dall’utilità. L’utilità e l’utilizzazione sono il punto centrale della “prima meta”. Ad esempio, per entrare in un esercito bisogna diventare uno specialista, non basta aver giocato agl’indiani da piccoli! Perché, allora, dovrebbe essere diversamente con l’approccio gerarchico? E, poi, chi conosce la Gerarchia e dove sta, e chi sono i Maestri, e cosa vogliono, e quali scopi si prefiggono, e qual è il progetto finale per il quale alcuni sono ancora tra noi? Davanti a queste questioni, si continua a piagnucolare di spiritualità colando devozione, come una candela cola la cera. Ma, risulta chiaro che i Maestri non sanno che farsene della devozione verbale. Non la gradiscono. La devozione si manifesta con gli atti. Il loro scopo non è quello di essere adulati né blanditi. E così viene indicato: «Vorrei vedere la cooperazione non scritta sulla carta e nelle assicurazioni verbali, ma nell’azione. È ben fatto non parlare dell’amore ma mostrarlo negli atti. È corretto tralasciare di proclamare la propria devozione, purché sia manifesta nelle opere.» L’adulazione devozionale è uno dei tanti retaggi della superstizione popolare, che ha fatto della Religione Una il coacervo d’interpretazioni conflittuali che dilaniano (sì, dilaniano) l’umanità. Domandiamoci, dunque, a cosa posso servire io? Cosa so fare? Niente! E allora impariamo qualcosa di utile e ad essere utili ed utilizzabili! Questo fa scattare qualcosa. Finiamola di balbettare della Divinità e impariamo come diventare utili, e perché no, impariamo a diventare un aiuto necessario! Questo è l’unico approccio verso un Maestro che, oltretutto, ci sente solo per i massaggi interiori che sappiamo dirigergli. E non attraverso invocazioni lagnose e salmodianti, con l’accompagno di musiche ed incensi. Come ho già detto, l’adulazione è un concetto da accostare al “culto della personalità” che i Maestri non hanno, come non hanno la personalità. Perciò ogni allusione personale è un sentimento indesiderabile agli occhi di un vero Maestro. Anche se ne esistono delle parodie umane che si rivelano false, proprio perché godono della venerazione dei “propri discepoli”. Ma che maestri e che discepoli? Per conoscere un Maestro bisogna varcare la sua Porta. Cioè, il Discepolo anziano ed accettato che ne è la corrispondenza fisica. E questa non è una metafora ma una verità. Troviamo, dunque, il Discepolo e lui ci “porta” al Maestro. Di altri modi non se ne ha conoscenza. A meno che non si faccia riferimento a certe occasioni veramente eccezionali quando, taluni aspiranti non ancora qualificati, sono stati usati come “latori” di messaggi o promotori di qualche situazione particolare. Ma l’eccezione non fa la regola. Ed infine, se viene chiamata Gerarchia, e non altrimenti, questo termine avrà pure la sua ragione di essere? Riflettiamo sui significati del termine Gerarchia, e forse potremo percepire alcuni intenti di coloro che l’hanno chiamata così, e perché. Scusa se il mio intervento potrà apparititi particolarmente deciso, ma sulle questioni interiori mi piace più lavorare per realizzarle, che sentirne parlare attorno al fuoco di un bivacco. Per quanto riguarda S. Germain, …sì è un Maestro della Gerarchia Bianca. Esistono come sai pareri discordanti in merito… Dipende dal livello del ricercatore. Come dicevo, trova il Discepolo e troverai la porta. D: Mi interesserebbe sapere anche dal momento che in questo momento è Colui che governa con il raggio viola… cosa vuol dire “governa con il suo raggio viola”? R: Il Viola è il colore “exoterico” dell’energia chiamata: Rituale o Gran Cerimoniale di Natura. Tutto ciò che in Natura, anche cosmica, è sottoposto all’influenza di cicli-cadenze-ritmi; cioè tutto e tutti, cadono sotto l’egida del cosiddetto VII Raggio. Argomento molto attuale e tutto da approfondire. D: Ho sempre creduto che il Maestro che chiamiamo “Conte di Saint Germain” si facesse chiamare anche Maestro Rakoczi. Non e’ cosi’? Non si tratta dello stesso Maestro? R: Credo non sia utile andare a cercare il “pelo nell’uovo”. Allora dirò che sì, S. Germain e Rakoczi sono due “abiti mortali” usati dallo stesso Maestro che, d’altra parte, è stato anche Ruggero Bacone, Christian (cristiano) RosenKreuz (rosacroce): una definizione più che un nome; Francesco Bacone, ecc. Attualmente questo Maestro “sovrintende” al progetto di esteriorizzazione della Gerarchia, “muovendo le truppe” più esterne della Fratellanza Bianca, cioè i Discepoli accettati. D: …mi chiedo a questo punto quale sia lo scopo di un “Maestro”…termine che più leggo e più mi suona improprio… R: Quando una piccola mente presuntuosa smette di pensare con la bocca, inizia a superare i primi ostacoli eretti dall’ottusità intellettuale. Se poi, disciplinatamente, accettasse di risolvere la propria cecità spirituale, allora, sarebbe anche in grado di cogliere la chiarezza di ogni risvolto e la necessità di ogni cosa. Ma non essendo tutto ciò obbligatorio, neanche trovare un vero Maestro è una cosa così indispensabile. |