Respiro con calma, guardo ancora e ciò che vedo è Rikka, il primo, il più antico degli stili Ikebana e so di essere di fronte ad un sunto floreale, fatto di tecnica, arte e spiritualità.
Provo …gioia.
Gioia nel percepire il senso altissimo della bellezza riposta nella creazione, attraverso un’opera umana frutto di un lunghissimo percorso meditativo.
Osservo e mi emoziono. Mi emoziono perché posso percepire la bellezza. È spesso presente in me, come in tutti noi, sicuramente per decisione divina. E l’uomo, sa, a volte, come potervi accedere. Da millenni stilla gocce divine di Creazione, osservando la natura, cogliendo la sua essenza. E quando lo fa e ci riesce, per un attimo, anche se infinitesimale, assomiglia a “Lui”, a …..Dio. Respiro con calma, guardo ancora e ciò che vedo è Rikka, il primo, il più antico degli stili Ikebana e so di essere di fronte ad un sunto floreale, fatto di tecnica, arte e spiritualità. Provo …gioia. Gioia nel percepire il senso altissimo della bellezza riposta nella creazione, attraverso un’opera umana frutto di un lunghissimo percorso meditativo. La mente lentamente cede il suo scettro e finalmente il cuore mi spinge verso il non tempo, il non spazio, dove finito e infinito si fondono, dove un lacrima, un amore, un sogno, sono, valgono e durano allo stesso modo. In quel luogo, l’uomo è! E percepisce la sua grandezza infinitesimale. Poi chiudo gli occhi, ritorno in me e sento, sento una voglia fortissima di far intuire a tutti che anche l’Ikebana, insieme ad una moltitudine di arti marziali e scienze mediche orientali, altro non è che il meraviglioso lascito di un sapere senza tempo e paternità. Conosco quel sapere. Io lo amo. So cosa è stato capace di fare e so cosa potrebbe ancora fare e fa. Lo schema costruttivo fondante del Rikka è sufficiente per mostrare il suo potere. I suoi 3 rami principali ed i 4 secondari – chiaro riferimento al Settenario – avvolti da un contesto ternario di foglie e fiori basta per condurvi con me, in un mondo nel quale, dire Ikebana vuol dire anche: Yoga
Non credo che molti abbiano notato che l’anatomia sottile dello Yoga, (Oriente – Melchisedek Edizioni) esattamente come il Rikka, sia sostanzialmente costituita da 3 gruppi di Nadi (canali) attraverso i quali scorrono 4 tipi di energie confluenti nel Prana. L’energia che è destinata ad essere “filtrata” e purificata, a livello, non solo fisico, ma anche emotivo, da 7 Chakra, preposti ad una vera e propria ascesi cromatico- spirituale. Chakra da millenni identificati da una simbologia triangolare.
Di conseguenza, dire Yoga vuole anche dire: Para-Tan
Il Para-Tan è una delle tantissime arti curative orientali in grado di intervenire fisicamente sul nostro corpo, ottenendo risultati curativi attraverso l’uso del suono. Suono inteso come mantra che vengono recitati dal Maestro preposto all’opera. Immagino vi chiederete in che cosa consiste la contaminatio, in questo caso. Ebbene, l’anatomia su cui opera il Para-Tan non è quella “occidentale”, ma, come nel caso dello Yoga, “altra”. Per la precisione quella geometricamente rappresentata dalla simbologia dello Shri Yantra. Esso è inteso come il simbolo divino, responsabile della macro come della micro crezione. Infatti la terapia avviene distendendo supino il “paziente”, mentre i mantra vengono cantati come se, fra il maestro e “lui”, ci fosse lo scheletro geometrico riportato a fianco. Esso, risulta costituito, ad una attenta visione, da ” 4 “ triangoli (maggiori) intrecciati. Di conseguenza dire Para-Tan vuole anche dire: Zodiaco di Dendera
Lo zodiaco egizio più famoso al mondo, oggi custodito al Louvre, da ben duemila anni ci mostra una visione sferica della via lattea, circondata da 12 Esseri i quali, con le loro immense braccia sostengono, come Atlanti, pianeti, stelle e galassie. Ed anche gli egizi si sono sentiti in dovere di suddividere le 12 Entità in: 4 donne, 4 + 4 uomini (Neter). Abbiamo, pertanto, un totale di: 3 gruppi di 4 esseri. Ora, nonostante potrà sembrare strano a molti, proverò che, attraverso un simile compendio stellare, è possibile parlare del: Teorema di Pitagora
Nel caso specifico, ciò che in Egitto sono i 12 Esseri responsabili della creazione della Via Lattea, nelle mani del “Chiomato di Samo” (come era soprannominato il grande Pitagora), divengono un teorema dove i cateti di un triangolo (3) sono i responsabili della nascita delle aree dei quadrati (4) costruiti sugli stessi. Se poi a ciò vogliamo aggiungere che tutto il mondo della “matematica” si poggia su tale fondamentale, aggiungerei traballante, credo che l’opinione sull’intervallo di Quarta, (così i 34 vengono definiti in campo musicale) possa finalmente poggiare su una certa ufficialità. Ufficialità che per secoli, sempre grazie a Pitagora, insegnò le 7 Arti Liberali suddividen-dole in trivium (3) e (4) quadrivium, tanto da trasformare il fondamentale teorema in: La Divina Commedia
Infatti, nel 1304, fu grande l’impegno del “Divino Dante”, posto nel dividere la sua opera in 3 parti (Inferno, Purgatorio e Paradiso) ripartite in 33 canti ciascuna, con una sola eccezione: l’Inferno, che viene preceduto da un proemio. Il grande Alighieri suddivise, quindi, la sua “commedia” rispettivamente in: 34, 33, 33 canti. Pertanto si può facilmente individuare quello che definirei il “nostro” intervallo, in questo caso, ripetuto, non una, bensì 2 volte. E’ sufficiente sommare quante volte il 3 appare nei due canti rimanenti, per ritrovare i 34 nell’inferno ed i 43 nel purgatorio –paradiso. Una specularità pregna di significati. Allora lasciamo che la Divina Commedia diventi una ….. Divina opera pittorica. Il Cenacolo
Non fu certo il caso, che spinse il grande Leonardo a suddividere gli Apostoli nella “sua” Ultima Cena in 4 gruppi da 3. Tanto meno a ripetere la stessa suddivisione alle loro spalle. Tutto ciò premesso, è possibile trasformare ancora un’opera pittorica in una filosofia unica, se insegnata ai fini della comprensione non della memoria formale, ma di quella immortale. Sto parlando di: Giordano Bruno
Per “Bruno” era estremamente chiaro che il Creato può essere suddiviso in 3 parti, le seguenti:
Il tutto percepibile attraverso 4 elementi:
Dopo questi esempi, non dovremmo più stupirci, se è possibile trasformare la filosofia Bruniana nella planimetria della sontuosa dimora eretta ad Uraniborg, in Svezia, dal più grande astronomo del passato: Ticho Brahe.
L’”Uomo dal naso d’oro”, come Brache passò alla storia, dopo un duello giovanile durante il quale una parte del suo naso (sostituito con una protesi d’oro) venne immolata sull’altare dell’onore, non poté fare a meno di suddividere la sua tenuta in 4 zone Triangolari. Lo stesso “vincolo” permise al padre del razionalismo di creare gli: Assi Cartesiani
All’uopo vorrei citare un piccolo passo tratto dal “Discorso sul Metodo” dell’avvocato Descartes (Cartesio): …. Giacché, per esempio, vedevo bene che, supposto un triangolo, era necessario che i suoi angoli fossero uguali a due retti; ma con questo non vedevo nulla che mi assicurasse dell’esistenza di qualche triangolo nel mondo. Mentre, tornando alla mia idea di un essere perfetto, trovavo che l’esistenza vi era compresa come è compreso nell’idea di un triangolo che i suoi angoli sono uguali a due retti, o in quella di una sfera che tutte le sue parti sono equidistanti dal centro, o anche con maggiore evidenza; e per conseguenza che Dio, che è questo essere perfetto, è o esiste, è almeno altrettanto certo quanto potrebbe esserlo una qualunque dimostrazione della geometria. Da quanto sopra è possibile comprendere che due triangoli con 4 angoli retti sono i veri predestinati a diventare Assi Cartesiani e ritengo utile ricordare che essi sono responsabili, oggi, di invenzioni come: il Tom Tom , il Fax, lo Scanner, ecc ecc. Ma se qualcuno non fosse ancora soddisfatto, non bisogna dimenticare che Cartesio utilizzò lo stesso intervallo per determinare, a livello scientifico, la Legge di Rifrazione della Luce o legge del Seno. Nell’acqua, l’angolo di rifrazione di un raggio di luce è pari a “43“. Cosa che gli permise, per la prima volta, di codificare il meccanismo fisico della nascita dell’Arcobaleno. A questo punto credo mi possiate permettere quasi tutto, persino trasformare la costante dell’Angolo di Rifrazione in un rebus matematico che per secoli ha sconvolto – e continua a farlo – il mondo della fisica e della matematica. Fu il principe dei matematici, contemporaneo di René Descartes, a schernire le più grandi menti a venire, con il suo Ultimo Teorema. Il magistrato Pierre de Fermat, aprendo le porte alla nascita del calcolo infinitesimale, alle equazioni modulari e ad algoritmi di ogni natura, sentenziò di possedere una soluzione bellissima per la quale:
Sostanzialmente Fermat affermava che non potevano esistere, nell’equazione riportata, soluzioni per numeri “finiti”, quando le potenze erano superiori alla “seconda”. Ma, come suo solito, disponendo di poco spazio a margine delle sue letture, preferiva non lasciare dimostrazione di ciò. Peccato, nonostante Andrew Wills, oggi mi sarebbe piaciuto scoprire cosa si nasconde veramente, dietro a 3 numeri elevati al quadrato. Può bastare? O devo parlare del metodo costruttivo del Palladio, del Triplice canone di Bach, di Dalì, Picasso, Escher, Newton, Tesla o Einstein? O vogliamo dissacrare ogni parvenza ufficiale fin qui faticosamente costruita, attraverso uno dei tantissimi Cerchi nel Grano apparso negli ultimi anni, di cui, si dice, dovrei essere un conoscitore in qualità di simbolista. Vogliamo farlo? Ecco qua: Cinquantamila metri quadri, forse più, senza strade di accesso, caratterizzati solo dai solchi dei trattori, dove 12 solidi, appaiono secondo il “solito ” intervallo. Sconcertante? No, pura realtà! Come pura rimane la realtà quando, scientificamente, abbiamo scoperto come veniamo “costruiti” geneticamente. Una realtà nella quale 4 elementi chimici (Adenina, Timina, Citosina e Guanina) che costituiscono il nostro DNA, vengono letti dall’RNA, il quale ne sceglie 3…. per sessantaquattro volte. Conclusioni34 è tutto. Ikebana è tutto. Tutto è Dio. Chi codificò Dio per l’uomo, dandoci il modo di creare tutto? Ora posso riaprire gli occhi. Respiro con calma e guardo ancora, e ciò che vedo è Rikka, il primo, il più antico degli stili Ikebana. E so di aver reso felice una bambina. |