Il titolo di questo studio potrà sembrare paradossale. Credo anzi che i pessimisti, i denigratori della vita contemporanea, i profeti di decadenza, tipo Spengler, lo considerino come tristemente ironico. Riconosciamo che gli aspetti più appariscenti e clamorosi del primo mezzo secolo già trascorso sembrano dar loro ragione. Il panorama esterno presenta caratteri nettamente materiali e spesso antispirituali.
Il titolo di questo studio potrà sembrare paradossale. Credo anzi che i pessimisti, i denigratori della vita contemporanea, i profeti di decadenza, tipo Spengler, lo considerino come tristemente ironico. Riconosciamo che gli aspetti più appariscenti e clamorosi del primo mezzo secolo già trascorso sembrano dar loro ragione. Il panorama esterno presenta caratteri nettamente materiali e spesso antispirituali. Infatti al suo inizio osserviamo un rapido sviluppo della tecnica, un crescente apprezzamento ed una sempre maggior ricerca del benessere materiale, il culto del denaro ed il suo crescente prestigio e potere, il successo pratico considerato quale segno e prova del valore dell’individuo. La sete di guadagno e di dominio, le ambizioni individuali e collettive, i sogni di potenza materiale, le rivalità, le incomprensioni, le paure reciproche fra le nazioni, sono culminate nelle terribili guerre mondiali. Finite queste, abbiamo avuto e abbiamo il torbido dopoguerra: il dilagare della violenza, sfrenate cupidigie economiche, licenza sessuale, sete di godimento, sperpero dei facili guadagni, aspri conflitti entro ogni nazione e fra le nazioni. Nel campo culturale troviamo: disinteresse per i valori e gli ideali tradizionali; apprezzamento crescente per la scienza; disinteresse vitale volto quasi per intero verso il mondo esterno; filosofie, consce od inconsce, di tipo materialistico, positivistico e realistico. E nella vita individuale e sociale: importanza esagerata assunta dallo sport, il culto del corpo fisico, della sua forza e destrezza. Oggi un pugilatore può chiedere milioni per una gara, ed una partita di calcio può attirare più di centomila spettatori! Anche i movimenti di riscossa e di ricostruzione nazionale e sociale, mentre sono stati spesso animati da un soffio ideale, hanno avuto carattere e manifestazioni materiali: sono stati pugnaci e violenti; sono stati movimenti di massa; hanno riaffermato dei valori di carattere nettamente tellurico: l’attaccamento alla terra ed alla razza; hanno messo in primo piano problemi politici, economici, organizzativi. Questo rapido quadro dimostra che non mi faccio illusioni e non idealizzo certo il ‘900. Ma la semplice constatazione dei fenomeni non basta – e tanto meno criticarli e deplorarli. Ogni studioso ed osservatore della vita ha il dovere di comprendere i fatti che scorge, e per comprenderli occorre non fermarsi alle loro manifestazioni più appariscenti, non considerarli isolatamente, e soprattutto non prendere subito posizione verso o contro di essi. Bisogna non aver prevenzioni e metter da parte le reazioni e le preferenze personali. Se cerchiamo di farlo, riguardo al ‘900, il suo volto assume un’espressione ben diversa: in quei lineamenti aspri e tormentati possiamo scorgere una nuova anima, nei suoi occhi vediamo brillare una nuova luce. Anzitutto dobbiamo considerare il ‘900 in funzione dell’800 da cui ha avuto origine. Ricordiamo che questo, soprattutto negli ultimi decenni, dietro la sua vernice umanistica, dietro i suoi idealismi verbali, era tutt’altro che spirituale. Nella vita sociale predominava la concezione borghese. Filosoficamente era o materialistico o positivistico o scettico. Letterariamente è stato verista, sensuale, romantico, decadente. In generale la sua cultura era intellettualistica, e l’intellettualismo non è spirituale; anzi è uno degli ostacoli più insidiosi per la spiritualità. L’800 insomma aveva perso contatto con le forze vive, sia naturali che spirituali, si era cacciato in un vicolo cieco. Quindi la «rivolta delle forze telluriche», come la chiama efficacemente il Keyserling, il risveglio delle forze istintive, primigenie, irrazionali, ma sane e vive, ha costituito una reazione, un ritorno alle origini, necessario per abbandonare quella via senza uscita, per salvare la civiltà da una pericolosa decadenza e decomposizione. Ma questa giustificazione non basta per caratterizzare e per mettere in valore il ‘900. Dobbiamo, riguardo ad esso, farci alcune domande precise: vi sono – accanto ai fenomeni suaccennati – dei chiari segni di spiritualità? È possibile spiritualizzare le forze telluriche scatenatesi? E in qual modo? Prima di rispondere a queste domande occorre mettere bene in chiaro che cosa intendiamo per spirito. Come hanno detto giustamente gli antichi saggi cinesi, e come va riaffermando la nuova scienza della semantica, è necessario ai fini di ogni studio serio, di ogni scambio di idee, di ogni discussione feconda, precisare le designazioni, cioè chiarire bene il significato che si attribuisce alle parole. Quante volte si parte solennemente, con la lancia in resta, per combattere dei mulini a vento! E quante volte si crea inconsciamente una caricatura, un’immagine irreale di un avversario, di una teoria, di una idea, e poi si riporta su di essi una vittoria altrettanto facile quanto vana! Se vi è una parola che si presti ad incomprensioni, a confusioni, a malintesi, è proprio la parola spirito. Questo non è strano; se sorgono equivoci ed errori riguardo ad altre parole designanti fatti o concetti più definiti e più generalmente accessibili, tanto più ne possono sorgere, ed infatti ne sono sorti e ne sorgono, riguardo ad una parola che indica una realtà sì alta, sì difficile a cogliere e a sperimentare, quasi impossibile a formulare razionalmente. Tanto più quindi occorre tentar di chiarirla e di precisarla. Vediamo anzitutto ciò che lo spirito non è. Si fa spesso confusione fra spirito ed intelligenza, confusione favorita dall’ambiguità delle parole esprit in francese e Geist in tedesco usate per designare queste due realtà sì diverse. Altre volte spirito è usato nel senso di psiche, carattere psicologico; ad es. nella espressione «spirito dei tempi», anche parlando di tempi che non sono affatto spirituali! Nel cercare di designare in modo giusto ciò che «spirito» significa, bisogna chiaramente distinguere quello che esso è nella sua essenza, nella sua realtà ultima, distinto dalle sue manifestazioni, cioè dai caratteri con i quali si rivela a noi, dai modi nei quali lo percepiamo e lo riconosciamo in noi stessi e negli altri, nella natura, nella storia. Lo spirito per se stesso è la Realtà suprema nel suo aspetto trascendente, cioè assoluto, privo di ogni limitazione e determinazione concreta. Lo Spirito quindi trascende ogni limite di tempo e di spazio, ogni vincolo di materia. Lo Spirito è, nella sua essenza, eterno, infinito, libero, universale. Questa suprema, assoluta Realtà non può essere conosciuta intellettualmente poiché trascende la mente umana; ma può essere postulata razionalmente, colta intuitivamente, sperimentata, in qualche misura misticamente. Ciò posto, veniamo a considerare le manifestazioni dello Spirito che sono più accessibili a noi e che ci riguardano più direttamente. Lo spirito costituisce l’elemento di trascendenza, di superiorità, di permanenza, di potenza, di libertà, di interiorità, di creatività, di armonia e di sintesi, in ogni manifestazione, tanto individuale quanto sociali. Cosi, nell’uomo, è spirituale (in qualche misura) tutto ciò che lo induce a trascendere il suo esclusivismo egoistico, le sue paure, la sua inerzia, il suo edonismo; tutto ciò che lo porta a disciplinare, a dominare, a dirigere le forze incomposte, istintive ed emotive che si agitano in lui, tutto ciò che lo induce a riconoscere una realtà più ampia e superiore, sociale o ideale, ed a inserirsi in essa, varcando i limiti della propria personalità. In questo senso sono – in qualche misura – manifestazioni spirituali:
Non tutte queste manifestazioni dello Spirito hanno lo stesso valore; esse cioè, sono relative all’individuo o al gruppo sociale in cui si rivelano; perciò quelle che rappresentano una trascendenza, un superamento, una liberazione per un individuo o per un gruppo umano, possono costituire invece una limitazione, una barriera, un adagiamento passivo per un altro e quindi rappresentare qualcosa di non-, o addirittura di anti-spirituale per altri. Qui non si possono mettere etichette né dare giudizi assoluti, statici. Siamo nel campo della vita differenziata concreta, inserita nel tempo e nello spazio, nella materia, e perciò in un campo di rapporti, di prospettive, di scale di valori, di gerarchie, di sviluppi. Così ad esempio il coraggio fisico, che fa affrontare i pericoli, è una espressione genuina di spiritualità, ma primitiva ed elementare in confronto al coraggio morale. L’amore della famiglia, che fa uscire dall’egoismo dell’uomo isolato, che ne fa accettare i doveri e le responsabilità, è una forma di spiritualità apprezzabile, ma più limitata rispetto ad un amore, ad una solidarietà, ad una dedizione che si rivolgano a tutto un popolo con i suoi milioni di individui, oppure a una comunità di affini, o addirittura all’intera umanità. Si noti però a questo proposito – ad evitare eventuali malintesi – che queste sfere sempre più ampie di vita spirituale non annullano e non escludono le precedenti, anzi le postulano. Solo per gradi l’uomo può riconoscere e realizzare le varie forme di spiritualità. Designate così, in modo necessariamente rapido e puramente indicativo, le principali «note» spirituali, possiamo passare a considerare se queste note, o quali di esse, si manifestino nel ‘900. Da questo punto di vista, più ampio e più profondo, l’aspetto del ‘900 cambia grandemente. Si riconosce che lo scatenamento delle forze telluriche, avvenuto nelle guerre mondiali e nelle varie rivoluzioni che le hanno seguite, ha dato occasione ad innumerevoli atti di valore e di coraggio individuale e collettivo, di sacrificio, di solidarietà, di altruismo. Si noti che per milioni di individui primitivi, il coraggio fisico, lo sprezzo del pericolo, la resistenza al dolore, la sopportazione di disagi, la solidarietà, la dedizione sono state le forme di spiritualità adeguate al loro livello e a cui essi potevano assurgere. È ingiusto, e rivela mancanza di comprensione, e quindi di spiritualità, il pretendere dagli altri delle forme e dei tipi di spiritualità per le quali non sono maturi, per le quali essi mancano persino dei mezzi necessari e di organi psicofisici di espressione. Così per milioni di individui quelle esperienze, quegli atti elementari hanno prodotto una grande accelerazione dello sviluppo della loro personalità. Si pensi ad un contadino del 1914, chiuso nella ristretta cerchia della sua monotona e torpida vita, quasi più vegetativa che umana, limitata alla soddisfazione di pochi istinti e interessi elementari, illuminata solo dal suo attaccamento per la famiglia. Si immagini questo contadino preso e travolto dal turbine della guerra, allenato alle varie attività militari, sbalzato su vari fronti a contatto con compagni e superiori, con nemici ed alleati, esposto a bombardamenti, nella dura vita di trincea, partecipe di vittorie, di sconfitte, obbligato alla disciplina e all’autodominio, malato o ferito; in contatto con mille aspetti della vita… Quale differenza! Quale intensificazione di esperienze e di vita, quale apertura mentale! Passiamo a considerare gli sviluppi meccanici e tecnici della nostra civiltà. L’apparenza, come abbiamo accennato, è materialistica. Ma dobbiamo considerare anzitutto i tesori di intelligenza, di tenacia, di volontà, i disagi, i rischi, i sacrifici prodigati dagli uomini nella conquista e nel dominio della materia. Poi l’elevazione del livello di vita collettiva. Infine i grandi benefici arrecati da questo dominio della materia: la liberazione dell’uomo dalle fatiche più gravose ed abbrutenti, la diminuzione delle ore di lavoro, e quindi l’opportunità per tutti di aver tempo ed energie disponibili da dedicare ad attività culturali, artistiche, spirituali. Un altro aspetto caratteristico del ‘900, che in apparenza è antispirituale, ma che invece racchiude in sé germi ed ha anzi già promettenti sviluppi in senso spirituale, è quello del prevalere dell’aspetto collettivo e sociale su quello individuale. L’apparenza anche qui mostra il lato peggiore. Le masse umane sono primitive; il loro predominio sembra minacciare i valori spirituali superiori. Ma qui bisogna eliminare un grosso equivoco: altro è la massa amorfa, la folla, altro sono la collettività organizzata e le nuove forme di vita sociale che si vanno sviluppando entro i vari organismi nazionali. Sono due cose non solo diverse, ma in parte opposte. La folla è atomistica, indifferente, regressiva, atavica: l’individuo vi si perde o vi si sminuisce; essa può aver l’illusione della libertà, ma invece è dominata dai demagoghi. La collettività organizzata è organica, articolata in gruppi sempre più ampi, gerarchici, in modo che gli individui, in essa, sono allo stesso tempo diretti e dirigenti, sub e sopra-ordinati; imparano ad obbedire e a comandare; hanno doveri, responsabilità e poteri precisi ed effettivi. Nella nuova vita sociale vi sono però degli aspetti misti. Vi sono numerosi individui, poco evoluti e poco differenziati, i quali portano nei nuovi gruppi sociali il vecchio atteggiamento passivo. Ma questo è inevitabile: essi sarebbero stati tali comunque. Piuttosto bisogna riconoscere apertamente il pericolo di un eccessivo prevalere dell’elemento sociale e collettivo su quello individuale. Occorre che vi sia equilibrio fra i due, o meglio, quella che il Keyserling chiama «tensione creativa». Ritornando al problema delle masse umane, occorre far passare il più presto ed il meglio possibile gli uomini dalla folla, dal «gregge» al «gruppo». È essenzialmente un problema, un compito di educazione individuale e sociale, una responsabilità ed un dovere preciso degli uomini e dei gruppi più colti e più svegli spiritualmente. Con ciò ci eleviamo a un livello superiore e più differenziato di vita spirituale. E qui si pone il problema dei compiti e delle funzioni delle élites, delle «aristocrazie spirituali»; sono compiti grandi e urgenti come non mai. Si tratta di contenere, dominare, disciplinare le forze telluriche affinché non erompano in fiumane distruttive; elevare e incanalare fermamente la spiritualità elementare, seminconscia, frammista di «tellurismo» delle masse, portandola a manifestazioni sempre più consapevoli, elevate, pure, costruttive. Si tratta di creare la nuova arte per il popolo, ma non «popolare» nel cattivo senso della parola. Tali compiti sembrano molto difficili da attuare, ma dobbiamo ricordare quanto grande sia la potenza plasmatrice e creatrice dello spirito. D’altra parte le moltitudini, per la loro stessa passività, sono molto recettive e plastiche. Carlyle e altri hanno dimostrato come gli eroi ed i geni hanno permeato di sé. Hanno trasformato col loro influsso tutto un popolo, una cultura, un secolo. Ora poi i nuovi mezzi di diffusione e di penetrazione rendono più rapidi, più facili ed estesi simili influssi. La rarità di questi esseri superiori può in misura notevole esser compensata dalla collaborazione concorde e bene organizzata di gruppi di uomini di buona volontà, spiritualmente desti ed attivi. Inoltre, se è vero che gli eroi, i saggi, i geni non si possono fabbricare in serie, con la ricerca dei «superdotati» e una educazione a loro adeguata, e – in generale – con l’uso di metodi educativi basati sulla nuova psicologia integrale e sulle sue tecniche psicosintetiche, si può favorire grandemente l’attivazione delle grandi potenzialità latenti nel super-cosciente e nel Sé spirituale. Occorre quindi che tali intese e collaborazioni fra lavoratori spirituali si stabiliscano il più presto e il più efficacemente possibile. Ma prima di parlare della formazione di queste élites, è opportuno considerare altri caratteri della spiritualità del ‘900. Proprio all’inizio del ‘900 sono sorti, in ogni settore della cultura, vivaci movimenti di reazione alle tendenze materialistiche e positivistiche imperanti nell’800. Nelle scienze biologiche, l’interpretazione meccanicistica dell’evoluzionismo darwiniano è stata superata da concezioni più vaste. Nella medicina sta avvenendo una rapida trasformazione: l’indirizzo puramente anatomico, patologico, in cui si dava la massima importanza agli agenti patogeni esterni (microbi, ecc.) e alle lesioni locali, sta cedendo il posto ad una concezione dinamica della vita organica che tien conto della costituzione individuale e della azione delle forze psicologiche e spirituali sul corpo. Questa azione, anzi talvolta supremazia, delle energie psichiche e spirituali è stata studiata e in molti casi dimostrata in modo inoppugnabile, da una nuova scienza: la parapsicologia. Studi seri e rigorosi hanno dimostrato l’esistenza di fenomeni e poteri para- e supernormali. Secondo scienziati eminenti, come il fisiologo Richet, i fisici Lodge, Barrett e vari altri, la sopravvivenza della psiche individuale alla morte del corpo è stata dimostrata con molta probabilità. Ma sul fronte scientifico l’offensiva più vittoriosa e decisiva è stata forse quella della fisica, la quale ha letteralmente fatto sparire davanti agli occhi attoniti dei materialisti la loro «materia», cioè quell’entità a cui loro attribuivano certi caratteri di massa, densità, inerzia. E i fisici non solo hanno risolto la materia in energia, ma hanno anche dimostrato che tutti i fenomeni energetici si compiono secondo complesse e precise formule matematiche. Ebbene, ciò vuol dire – ed essi lo dicono apertamente – che la base di tutti quei fenomeni è costituita da un atto di pensiero, poiché una formula matematica è essenzialmente pensiero, ragione, spirito. Così si dimostra vera e geniale l’intuizione della filosofia antica: «Dio geometrizza». Nel campo filosofico le metafisiche positivistiche e razionalistiche sono state efficacemente controbattute dai vari movimenti idealistici, dalle riscosse spiritualistiche, dalle forti correnti anti-intellettualistiche, le quali ultime costituiscono l’atteggiamento più generale e tipico della nuova generazione. Una disciplina particolare che sta fra le scienze naturali e la filosofia, cioè la psicologia, ha avuto nel ‘900 un rigoglioso e movimentato sviluppo. Asservita dapprima al positivismo, essa se ne va rapidamente svincolando, orientandosi in senso più largo e spirituale. Nel campo considerato più specificamente spirituale e religioso il ‘900 ha recato importanti sviluppi e indubbi progressi. Qui si possono notare tre principali tendenze che vanno divenendo sempre più diffuse e vigorose. 1) La tendenza all’ampliamento, all’universalità, alla sintesi. L’antintellettualismo si è affermato anche in questo campo, sotto forma di antidogmatismo e di anti-formalismo. Vi è un crescente riconoscimento della relatività di ogni formulazione dottrinale e di ogni sistemazione formale, delle quali si va comprendendo sempre più il carattere indicativo e simbolico. Con ciò esse non vengono negate o soppresse, ma messe al loro giusto posto. A ciò ha giovato molto l’accresciuta conoscenza, sia in profondità che in estensione, delle concezioni spirituali di altri popoli, soprattutto degli orientali; in prima linea degli indiani. Si può dire che si sia iniziata una vera sintesi culturale e spirituale fra Oriente ed Occidente, la cui portata e le cui conseguenze potranno essere molto grandi: potranno portare ad una unificazione, non formale ed esterna, ma interna e sostanziale, dell’umanità. 2) La seconda tendenza è quella alla interiorità, alla esperienza spirituale diretta, che si manifesta nel crescente interesse per la mistica e per i metodi di disciplina e di conquista interna: concentrazione, meditazione, illuminazione, yoga, ecc. 3) La terza è la tendenza a portare la spiritualità nella vita vissuta, sia nella vita individuale quotidiana, sia nella vita sociale. Vi sono poi altri due fatti di importanza fondamentale: 1) Si va verso una spiritualità integrale, che include tutto l’uomo, senza compartimenti stagni, senza opposizione fra cuore e mente, fra anima e corpo, fra vita interna e vita pratica e che si estende alla vita sociale (si può chiamare psicosintesi spirituale); 2) Il rapido estendersi del travaglio, della ricerca e del risveglio spirituale ad un numeroso crescente di esseri umani. Di questo non vi sono per lo più manifestazioni appariscenti, poiché si tratta di fatti interni e che molti preferiscono tener celati. Ma posso darne una testimonianza significativa; quella dello psicologo e psichiatra C. G. Jung, il quale, in un suo libro, che ha nell’edizione inglese il titolo significativo L’uomo moderno alla ricerca di un’anima, fa la seguente dichiarazione: «Durante gli ultimi 30 anni persone di ogni contrada della terra sono venute a consultarmi. Ho curato molte centinaia di malati… Fra tutti quelli che erano nella seconda metà della vita, cioè avevano più di 35 anni, non ve ne è stato neppure uno il cui problema non fosse, in ultima analisi, quello di trovare una visione religiosa della vita». Si può ben dire che l’umanità, nel suo insieme, si trovi non solo in mezzo ad una crisi economica, politica, sociale, ma anche ad un profondo travaglio spirituale, nonostante che da molti ciò non sia riconosciuto coscientemente. Infatti, molte anime malate ed inquiete ignorano quella causa profonda del loro male, finché non vengono aiutate a comprenderla. Questo travaglio è il maggior segno di nobiltà dei nostri tempi e insieme la più alta speranza e promessa per l’avvenire. Secondo gli osservatori più illuminati, si tratta veramente del travaglio che porterà alla nascita di un nuovo tipo di civiltà, all’avvento di una nuova Era umana. Con questa visione generale siamo in grado di comprendere quali siano i compiti urgenti dell’ora attuale e di accingerci decisamente alla loro attuazione. Guardiamo la situazione in faccia. Il momento presente è difficilissimo. È un periodo di transizione. Ecco sinteticamente alcuni dei problemi e dei doveri presenti: Comprendere quello che sta avvenendo. Questo costituisce la base indispensabile; Aderire, sopportando con animo forte e lieto i disagi, i contraccolpi, gli inconvenienti di ogni genere; Collaborare attivamente alla costruzione della nuova civiltà. Essere dei costruttori. Questa, come ogni costruzione, non può essere compiuta da individui isolati. Da ciò la necessità suaccennata, della formazione di élites, di gruppi di «lavoratori spirituali». Tali gruppi dovranno avere caratteri nuovi: dovranno essere liberi, plastici, universali. L’unione in essi avrà carattere tutto interno, sarà costituita da una comune comprensione, da un comune fervore, da un comune impulso a servire l’umanità; ma dovrà esservi piena libertà di concezioni particolari, di metodi e di campi di lavoro. L’unione avrà il carattere di una profonda amicizia e fraternità spirituale, non di una organizzazione esterna. L’opera di queste élites consisterà soprattutto nel dare direttive, nel suscitare iniziative, nell’educare, illuminare, elevare, in ogni campo della vita e delle attività umane. Quello che così si potrà fare è incalcolabile. Ecco come ne parla Hermann Keyserling: «Tutto l’organismo ereditario è sconnesso e sconvolto; l’anima si schiude naturalmente, si produce una rifusione generale che aspetta soltanto lo stampo spirituale dal quale riceverà la sua nuova forma. Appunto questa immensa possibilità, intravveduta, presentita da milioni di uomini, nutre in fin dei conti tutto l’entusiasmo, tutto il fervore, tutto l’ardore di sacrificio che vediamo all’opera nei Paesi in rivoluzione. Ciò, perché l’uomo, anche se coscientemente crede solo ai dati e ai valori della terra, è in fondo Spirito… La possibilità che lo Spirito, a questa svolta della storia, ha di fare un gigantesco passo avanti nel suo processo d’irruzione nell’ordine tellurico, è decisamente unica. Tutto ormai dipende dall’iniziativa spirituale, e perciò personale, degli uomini». Se così è – e siamo in molti ad esserne fermamente convinti – formuliamo l’augurio fervido ed il deciso proposito che tutte le anime sveglie, le menti illuminate, i cuori generosi siano degni della mirabile opportunità attuale, sì che possa venir instaurata la nuova gloriosa Era dello Spirito. |