L’uomo di medio sviluppo, orientato spiritualmente, l’uomo di buona volontà o il discepolo, è sempre consapevole al richiamo dei tempi e dell’occasione offerta dagli eventi spirituali. Il desiderio di fare del bene e perseguire fini spirituali rode continuamente la sua coscienza.
Estratti dagli scritti di Alice A. Bailey e del Maestro D. K. L’uomo di medio sviluppo, orientato spiritualmente, l’uomo di buona volontà o il discepolo, è sempre consapevole al richiamo dei tempi e dell’occasione offerta dagli eventi spirituali. Il desiderio di fare del bene e perseguire fini spirituali rode continuamente la sua coscienza. Chiunque ami i propri fratelli, sogni di vedere il regno di Dio sulla Terra, o sia consapevole del risveglio, per quanto lento, delle moltitudini ai valori superiori dello spirito, è sempre insoddisfatto. Si rende conto che il suo contributo al conseguimento di quei fini auspicati è veramente esiguo, che la sua vita spirituale resta qualche cosa di secondario, che tiene celato e che spesso teme di nominare persino a chi gli è più caro e vicino. Cerca di conciliare i propri sforzi spirituali con la sua vita esterna di ogni giorno, ingegnandosi a trovare tempo e occasione in modo blando e inconcludente. Si riconosce impotente dinanzi al compito di organizzare e sistemare le proprie occupazioni in modo che la vita spirituale assuma il predominio; cerca degli alibi per se stesso e finisce per trovarli in maniera così convincente da concludere che fa quanto meglio può nelle sue circostanze. La verità è che fa così poco che probabilmente soltanto una, o forse due delle ventiquattro ore giornaliere vengono dedicate al lavoro per il Maestro (il primo Maestro occulto dell’uomo è la propria anima, n.d.r. – vedi Chi è il vero Discepolo); egli si ripara dietro il pretesto che i suoi doveri verso la famiglia gli impediscono di fare di più, e non si rende conto che, con tatto e comprensione amorevole, l’ambiente familiare può e deve essere il campo di lavoro dove attuare il suo proposito. Egli dimentica che non esistono circostanze tali da sconfiggere lo spirito dell’uomo e in cui non possa meditare, pensare, parlare e preparare la via al ritorno del Cristo (per l’uomo significa l’apertura del centro del cuore alla coscienza cristica, n.d.r.), purché conosca il significato del sacrificio e del silenzio e li osservi entrambi. Ambiente e circostanze non sono un vero ostacolo alla vita dello spirito. Forse egli si trincera dietro l’alibi della cattiva salute e di mali spesso immaginari. Impiega tanto tempo nelle cure di se stesso che le ore che potrebbe dedicare al lavoro per il Maestro vengono molto ridotte; è così preoccupato della propria stanchezza, della salute o di immaginari disturbi, che la sua “coscienza del corpo” è costantemente alimentata e finisce per predominare; allora è troppo tardi. Ciò è particolarmente vero per chi ha toccata o superata la cinquantina, ed è un pretesto difficile da superare, perché molti si sentono realmente stanchi e sofferenti e con l’andare degli anni ciò tende ad accentuarsi. La sola cura di questa inerzia che si insinua è ignorare il corpo (processo di disidentificazione, n.d.r.) e gioire della vita di servizio. Non mi riferisco a vere e proprie malattie o condizioni fisiche di grave impedimento, che richiedono debite cure e attenzione. Parlo delle migliaia di uomini e donne che si preoccupano di se stessi, sprecando le ore che potrebbero consacrare al servizio dell’umanità. Chi vuole percorrere il sentiero del discepolato deve liberare queste numerose ore spese in superflue cure personali e devolverle al servizio della Gerarchia. Altro alibi che conduce all’inerzia consiste nella paura di parlare di cose riguardanti il regno di Dio; si teme di essere derisi, di sembrare stravaganti o importuni. Perciò si tace perdendo molte occasioni e non scoprendo mai quanto gli uomini siano pronti a discutere sulla realtà, ad accogliere il conforto e la speranza che l’idea del ritorno del Cristo può recare, o a condividere la luce dello spirito. Essenzialmente, questa è una forma di codardia spirituale, ed è così diffusa dal poterle imputare la perdita di milioni di ore di servizio al mondo. Esistono altri pretesti, ma quelli cui abbiamo accennato sono i più diffusi. Se la maggior parte degli uomini si liberasse da tali ostacoli, verrebbero dedicate al servizio del Cristo tante più ore ed energie, che il compito di coloro che non ammettono scuse verrebbe grandemente alleggerito e il ritorno del Cristo sarebbe più prossimo. Non siamo chiamati ad adeguarci al ritmo di vita del Cristo e della Gerarchia, che vibra in armonia con le necessità degli uomini e con la risposta dello spirito, ma a dimostrare la qualità della nostra attività spirituale rifiutando di nasconderci dietro dei pretesti. È essenziale che tutti gli uomini orientati verso lo spirito riconoscano che possono e devono lavorare nell’ambiente nel quale si trovano, fra le persone con cui sono in rapporto e con le possibilità psicologiche e fisiche di cui sono dotati. Nel servizio alla Gerarchia non è possibile esercitare alcuna pressione o coercizione; la situazione è chiara e semplice. |