La Caduta dall’Eden – parte 3

Miti e SimboliNell’inno omerico Ad Apollo, Pitone si presenta come un mostruoso serpente di sesso femminile, mentre in altre versioni compare come un drago policefalo.
Pitone rimanda al serpente biblico ed entrambi rimandano alla Dea Madre; rispetto al serpente genesiaco, inoltre, Pitone è di sesso femminile: ulteriore rimando alla correlazione tra il rettile e la Dea. Pitone protegge una fonte, un altro inequivocabile richiamo alla Dea Madre, perché le acque simboleggiano l’indeterminato, il caotico, il preformale, il liquido amniotico: la gestazione e la non-dualità.

La Caduta dall’Eden – parte 3

di Antonio D’Alonzo

Nell’inno omerico Ad Apollo, Pitone si presenta come un mostruoso serpente di sesso femminile, mentre in altre versioni compare come un drago policefalo. Nella Focide uccideva uomini ed animali ed era il custode dell’antro di Delfi, dove Gea, sua madre – la Tellus Mater – emetteva oracoli. Pitone è uccisa dalle frecce di Apollo, che inaugura a Delfi il proprio culto, lasciandovi i «giochi pitici» come “riplasmazione assimilatrice”.

Apollo è ingannato da una ninfa, Telfusa. Il dio cerca un luogo per instaurare il proprio culto, e Telfusa – temendo che Apollo scelga proprio il suo territorio – lo consiglia di andare a Delfi, fonte rigogliosa dalle belle acque (Cfr. R. Calasso, La follia che viene dalle ninfe, Adelphi, Milano, 2005).

Dopo aver ucciso Pitone, Apollo ritorna sui suoi passi e si vendica di Telfusa, provocando una frana sul corso d’acqua della ninfa; infine edifica un altro altare e prende il nome di Apollo Telfusio. In entrambi i casi, la ninfa e la draghessa o dracena, sono esseri femminili sconfitti da Apollo, dio della scienza.

Pitone rimanda al serpente biblico ed entrambi rimandano alla Dea Madre; rispetto al serpente genesiaco, inoltre, Pitone è di sesso femminile: ulteriore rimando alla correlazione tra il rettile e la Dea. Pitone protegge una fonte, un altro inequivocabile richiamo alla Dea Madre, perché le acque simboleggiano l’indeterminato, il caotico, il preformale, il liquido amniotico: la gestazione e la non-dualità.

La sacerdotessa di Apollo a Delfi era la Pizia; l’evidente derivazione etimologica del nome da “Pitone”, significa che, verosimilmente, prima di passare al servizio di Apollo, Pizia era la sacerdotessa della Grande Madre delfica. In ogni caso, il mito è un’altra testimonianza del ruolo egemonico assunto dalla Dea Madre nell’antichità preomerica e dissolto dalla discesa degli indoeuropei (in questo caso degli Achei nell’Ellade) nel continente euroasiatico e degli israeliti con la conquista di Canaan. Nel Neolitico (ma forse è possibile risalire fino al Mesolitico ed addirittura al Paleolitico) era diffuso un culto universale della Dea Madre, che si concreterà in successivi regimi matriarcali, poco prima dell’Età dei Metalli (2000 a.C).

Gli storici delle religioni del Novecento hanno respinto, per lo più, le teorie sul matriarcato e sull’esistenza di un culto primordiale della Dea Madre, propagate soprattutto da Bachofen, Campbell, Graves, Jung (ed in alcuni scritti anche da Eliade). Ad esempio, nella religiosità dei Cananei – genti semitiche nordoccidentali di stirpe non aramaica, che abitavano la terra di Canaan, compresa tra l’attuale Siria, il Libano, Israele, e l’attuale Giordania – si deve includere quella dei Fenici, dei Cartaginesi, degli Ugarit, dei Moabiti, oltre a quella degli Israeliti.

I Cananei (Fenici) trasmisero la scrittura al mondo occidentale e sono annoverati dall’AT, nel Genesi 10,6 e 15-20, fra le stirpi camitiche. Subirono la dominazione babilonese, quella ittita e quella egizia al tempo della XVIII dinastia. Nel 1400 a.C., i Cananei furono assoggettati dagli Assiri fino al XII secolo a.C., quando riconquistarono una provvisoria indipendenza, interrotta dalla definitiva conquista subita dagli Israeliti-Ebrei. L’economia cananese si basava soprattutto sull’agricoltura (culto della Madre), di contro a quella israelitico-ebraica fondata sul nomadismo e sulla pastorizia (culto del Padre).

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