Il Percorso Integrale della Crescita Umana

PsicologiaChi siamo, cosa possiamo conoscere e creare, e quale ruolo possiamo avere nell’evoluzione dell’universo? Quale felicità ci è possibile nella vita umana e come possiamo essere portatori di felicità per gli altri? Abbiamo realizzato il livello massimo della nostra salute mentale e della nostra intelligenza, o le nostre potenzialità sono sprecate in una vita poco sapiente e fruttuosa?
La psicologia transpersonale, in particolare l’approccio integrale, accosta la ricerca scientifica e quella meditativa, applicandole all’esistenza per dare una risposta coerente a queste domande, attraverso lo studio delle potenzialità umane, degli stadi dello sviluppo della coscienza e delle possibilità di bene che sono presenti nella vita umana sanamente e completamente cresciuta.

Il Percorso Integrale della Crescita Umana

di Laura Boggio Gilot

Estratto dal volume “Il Cammino dello Sviluppo Integrale

Capitolo 2

Il Percorso Integrale della Crescita Umana

Chi siamo, cosa possiamo conoscere e creare, e quale ruolo possiamo avere nell’evoluzione dell’universo? Quale felicità ci è possibile nella vita umana e come possiamo essere portatori di felicità per gli altri? Abbiamo realizzato il livello massimo della nostra salute mentale e della nostra intelligenza, o le nostre potenzialità sono sprecate in una vita poco sapiente e fruttuosa?

La psicologia transpersonale, in particolare l’approccio integrale, accosta la ricerca scientifica e quella meditativa, applicandole all’esistenza per dare una risposta coerente a queste domande, attraverso lo studio delle potenzialità umane, degli stadi dello sviluppo della coscienza e delle possibilità di bene che sono presenti nella vita umana sanamente e completamente cresciuta.

Descrivendo le qualità e le possibilità che si aprono all’esperienza con lo sviluppo della coscienza, l’approccio integrale vuole essere uno stimolo e un contributo al superamento di quell’inconsapevolezza di sé che affligge la persona cosiddetta “normale”, già definita da Maslow come affetta da una “psicopatologia della normalità”, verso quella Liberazione che le tradizioni sapienziali di tutti i tempi additano come mèta del cammino umano.

Nella tradizione meditativa, il termine Liberazione qualifica la realizzazione del Sé quale totalità bio-psico-spirituale e centro supercosciente che trascende l’io cosciente e il flusso dei fenomeni psichici. Liberazione equivale quindi a piena espressione dei poteri dell’interiorità e superamento della sofferenza prodotta dall’ignoranza ordinaria.

Come appare nella Figura 2.1, i termini Sé ed io rappresentano due centri focali di consapevolezza, l’uno aperto all’infinito e al mistero dell’Essere, l’altro incapsulato nel corpo e imprigionato nel divenire; l’uno, abbraccia la totalità corporea, mentale e spirituale, l’altro è identificato con ristrette porzioni del corpo-mente; l’uno, libero e risvegliato all’essere parte indivisa della vita universale, l’altro ignaro e costretto nell’autodifesa dalle paure dell’esistenza.

Il Sé e l’io

Poiché l’intero arco dello sviluppo è descritto come il continuum da uno stadio preegoico (in cui ancora il senso dell’io nelle sue funzioni non è sviluppato), a uno egoico (in cui l’io si realizza nelle sue funzioni), a uno transegoico (in cui l’io è trasceso in un più alto stadio di vita), assume una profonda rilevanza nell’approccio integrale la comprensione del termine “io”.

Poiché l’io è un traguardo da raggiungere dalla prospettiva infantile e un traguardo da superare nella prospettiva adulta e matura, l’arco dello sviluppo dell’io è di cruciale importanza, sia per la comprensione dell’esperienza trans-personale che per evitare possibili pre-trans confusioni della prospettiva evolutiva (13). La pre-trans confusione, nelle parole di Wilber (14), significa la confusione, invalsa soprattutto nella New Age, tra gli stati pre-razionali e quelli trans-razionali, entrambi non razionali ma relativi a gradi diversi di strutturazione cognitiva.

Cruciale è la distinzione tra l’accezione dell’io in psicologia e quella della tradizione sapienziale e meditativa.

Nella psicologia scientifica l’io è un termine descrittivo usato per designare un centro della personalità che ha continuità nel tempo ed è capace di funzioni regolatrici e integrative che danno la possibilità di pensare, riflettere su sé stessi, distinguere la realtà dalla fantasia ed esercitare un controllo su impulsi, desideri e volontà. Nell’accezione psicoanalitica, l’io si sviluppa attraverso la differenziazione del sé (quale matrice psicofisiologica originaria) dal mondo oggettuale (inteso sia come figure di riferimento affettivo che come ambiente) ed è membro della struttura tripartita (super-io, es, io). In questo contesto, l’io corrisponde a specifiche funzioni di adattamento alla realtà e si sviluppa dai tre anni all’età adulta, ove raggiunge l’apogeo della maturità.

Nella tradizione meditativa Vedånta, il Sé è un “centro di coscienza” che è al di là delle componenti formali del corpo, della mente e dell’anima ed è puro Spirito, privo di forme e di qualità. La caratteristica del Sé consiste nell’essere insieme trascendente l’io cosciente e ogni aspetto dell’individualità, ma anche immanente a tutte le sue forme. Il Sé come centro trascendente è illuminante e vivificante, come aspetto immanente è il contenitore della totalità umana e la base di ogni suo livello bio-psico-spirituale.

Figura 2.1
L’io e il Sé nella totalità dell’essere umano

Nella tradizione meditativa rispetto al Sé, l’io è inteso come un non sé, distorto e limitato da identificazioni selettive che ostruiscono la piena conoscenza delle umane potenzialità e precludono la realizzazione della totalità. L’identificazione egoica limita l’umana interezza e si riferisce a una costellazione di concetti di sé stessi, di immagini, di pensieri, di sentimenti, di motivazioni e di comportamenti, legati al senso dell’identità separata e fondamentalmente illusoria.

Nel contesto meditativo l’io, ben lungi dal rappresentare una condizione di salute e di maturità, rappresenta una condizione di limite e di prigionia, separata dal tutto e priva di visione e qualità spirituali.

Gli aspetti egoici legati al senso della personalità ruotano intorno a un pensiero che rimane identificato con una visione parziale della realtà di sé stessi e del mondo. Le qualità presenti a livello dell’io sono basate sull’acquisizione e sul possesso: il pensiero egocentrico esprime una realtà duale, intessuta di paura e di difensività.

Diversamente dall’io, il Sé vive su piani di manifestazione più alti, che sono quelli della vita universale. A questo livello, è espressa una qualità unitiva, onnicomprensiva di amore positivo e solare, in cui al posto del desiderio egoistico c’è l’amore incondizionato, al posto della conoscenza sensoriale-mentale c’è la conoscenza intuitivo-illuminante, al posto della volontà egoica c’è la volontà universale o volontà di bene. Su questo piano, il pensiero non è detentore di conflitto, ma di accordo, armonia e bellezza: se il pensiero al livello dell’io esprime separatività e ansietà, al livello del Sé esprime pace e armonia.

Nella prospettiva della psicologia convenzionale, aver realizzato un buon percorso terapeutico significa aver conquistato uno stato di accettante adattamento dell’io, che vuol dire essere spontanei e aver superato quella paura e quella rimozione delle proprie pulsioni che impediscono l’autodeterminazione nei ruoli sociali.

Essere autenticamente sé stessi a livello egoico vuol dire conoscersi e accettarsi nell’ambito del ristretto panorama del pensiero egocentrato. La sanità mentale significa pensare a sé stessi con le capacità e i limiti del proprio livello evolutivo e la libertà e il coraggio di esistere con la propria natura, i propri bisogni, le proprie ambizioni, i propri vizi e le proprie aspirazioni, orientandosi di volta in volta per scegliere ciò che è bene per sé, e affrontando con fiducia e coraggio la lotta per i problemi dell’esistenza.

Al livello dell’io in senso convenzionale, la guarigione qualifica la condizione accettante di sé stessi, di non conflitto, di assenza di complessi di colpa, di abbandono e di inferiorità, e di sopportazione della sofferenza dovuta ai problemi della vita.

Nella psicologia scientifica la sanità dell’io non implica virtù etiche e aspetti superiori della coscienza: non sono considerate le potenzialità spirituali ed è dato insignificante valore al pensiero portatore di amore e pace.

Dalla prospettiva integrale, che accoglie la visione sapienziale, l’io ordinario, identificato con un’autoimmagine mentale, è nella sua globalità un falso sé, che è focalizzato su aspetti parcellizzati della realtà e nega l’espressione delle realtà superiori come la verità, la saggezza e l’amore, appartenenti a una sorgente interiore infinitamente più ricca e collegata alla vita universale.

Pertanto, l’io come personalità parziale non rappresenta la verità, ma solo un’illusoria autorappresentazione costruita attraverso l’interazione con l’ambiente, che di per sé va superata e trascesa se si vuole realizzare il Sé e conoscere veramente il senso della vita.

Nella psicologia e psicoterapia occidentale, l’approccio biografico, che investiga le relazioni oggettuali interiorizzate, e l’approccio umanistico, centrato sull’espressione diretta delle emozioni, non conoscono i modi per far superare lo stato di privazione dell’io; viceversa, la tradizione meditativa insegna a trasformare quei veleni della mente che costruiscono la prigionia dell’io e il suo disfunzionale pensiero.

In questo contesto, il cammino verso il Sé richiede un percorso di autotrascendenza attraverso una profonda trasformazione di sé stessi, che porti a espandere la coscienza verso la connessione tra vita individuale e vita universale.

L’approccio integrale accosta le concezioni della psicologia occidentale e della tradizione meditativa e teorizza l’allargamento del senso dell’identità oltre l’io storico ai fini dello sviluppo sano e integrale. Tale approccio cerca di chiarire il continuum dello sviluppo integrale dallo stadio preegoico, in cui l’io come centro regolatore non è ancora strutturato, allo stadio egoico, in cui l’io è strutturato e sviluppa le sue funzioni, a quello transegoico, in cui l’io si espande tanto da trascendere i suoi confini corporeo-mentali e allinearsi al Sé.

L’arco personale e transpersonale dello sviluppo

Come già delineato nel libro Crescere oltre l’io (15), l’intero percorso dello sviluppo può essere riconosciuto come l’insieme di un arco personale-esteriore e di un arco transpersonale-interiore, che con la riunificazione dell’io al Sé raggiunge la sua integralità.

Sulla base dei lavori di Jung e Assagioli, questo modello di integrazione non vede l’io e il Sé come due opposti antagonisti, ma ne valuta la complementarietà e lo sforzo evolutivo di renderli allineati, così che l’io possa divenire strumento del Sé.

In questa accezione, se parliamo di un io dal punto di vista delle sue funzioni, vedremo che questo non farà altro che fortificarsi nel corso dello sviluppo; se ne parliamo invece in senso meditativo come stato di identità limitata da confini corporeo-mentali, allora è evidente che l’io è qualcosa che va trasceso e superato.

Nella sua completezza di funzioni corporee, sensoriali, emotive, mentali, l’io crescendo andrà sempre più fortificandosi e quindi risanandosi, sino a divenire lo strumento ideale del Sé, che lo guiderà nella sua esistenza temporale seguendo princìpi universali di armonia.

Comprendere l’arco dell’io dalla sua nascita alla sua autotrascendenza, passando dalle fasi preegoiche, a quelle egoiche, a quelle transegoiche, sino alla completa inclusione nel Sé, è una sfida della ricerca transpersonale e senz’altro un obiettivo di questo lavoro.

Possiamo sostenere che l’intero arco dello sviluppo, esteriore e interiore, è composto di quattro fasi evolutive, che vanno dalla nascita alla piena totalità del Sé.

Nelle sue capacità di base, quale soggetto capace di autorganizzazione, l’io sarà sempre presente nell’arco della crescita, mentre ciò che è superato è il suo sistema diviso e limitato da identificazioni, difese e attributi egoistici.

Ciò che è superato nella crescita è l’autorappresentazione egoica, che spesso corrisponde a credenze, sentimenti e giudizi di figure di riferimento affettivo che provengono dal passato e costruiscono una realtà interiore che prescinde dalla vera natura del Sé e che spesso contribuisce a nasconderlo e ostacolarlo.

Nel campo dell’io possono sussistere diverse autorappresentazioni, che si pongono come vere e proprie subpersonalità, con motivazioni, bisogni e caratteristiche diverse, ognuna delle quali può manifestarsi con una particolare e propria dinamica, producendo effetti contraddittori che dividono lo spazio interiore e possono dar luogo a conflitti.

Ogni subpersonalità corrisponde a una specifica identificazione che limita l’autenticità dell’individuo e si sovrappone al Sé come una maschera in cui la coscienza è confinata, condizionata e imprigionata.

Il ruolo delle subpersonalità nella sanità mentale e nel rapporto con la vita è imponente: ogni subpersonalità costruisce un filtro percettivo che modifica la realtà e le scelte.

Per esempio, una subpersonalità che è identificata con un senso di inferiorità, ha un filtro percettivo che tenderà a far percepire negli altri atteggiamenti che validino i propri pregiudizi: quindi avrà aspettative di svalutazione e di perdita che tenderanno a modificare e condizionare le sue scelte e le sue azioni.

Lo sviluppo integrale richiede che si varchino i confini di ogni selettiva subpersonalità, delle maschere, illusioni e divisioni che sono alimentate da quella specifica ignoranza spirituale della natura del Sé.

FIGURA 2.2
L’arco integrale dello sviluppo

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13 Boggio Gilot L., Il Sé transpersonale, Asram Vidya, Roma 1992. (torna al testo)

15 Boggio Gilot L., Crescere oltre l’io, Cittadella, Assisi 1997. (torna al testo)

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