Echi dell’illusione

Letture d'EsoterismoMi è sempre piaciuto l’esoterismo realista, pratico e operativo, piuttosto del lirismo ridondante e melodrammatico dell’esoterismo generico, fatto per esaltare frammenti banali d’egocentricità.
Quelli che preferiscono il “sognare” al “fare”, si preoccupano di erigere utopie sempre più verticistiche. Anche perché parlare è facile e non “costa” nulla. Al contrario del “fare” che costa tutto, anche la vita.

Echi dell’illusione

di Athos A. Altomonte

Mi è sempre piaciuto l’esoterismo realista, pratico e operativo, piuttosto del lirismo ridondante e melodrammatico dell’esoterismo generico, fatto per esaltare frammenti banali d’egocentricità.

Il tuo scritto sottintende come l’esoterismo generico s’interessi più a “parlare” che a “fare”. Perché, io credo, è più semplice parlare di concetti di vertice intellettuali o spirituali, piuttosto che arrischiarsi a raggiungerli.

Quelli che preferiscono il “sognare” al “fare”, si preoccupano di erigere utopie sempre più verticistiche. Anche perché parlare è facile e non “costa” nulla. Al contrario del “fare” che costa tutto, anche la vita. Un costo che significa mutare il corso della vita, abbandonando tutte le vecchie abitudini, anche quella d’immedesimarsi con le proprie attività sociali.

Parlano poco, invece, i Costruttori: che quel “poco” che possono fare lo realizzano e basta. E si vede.

Anche in ambito iniziatico esistono due grandi suddivisioni, composte da coloro che riempiono di parole la propria vita e da chi realizza ciò che pensa.

Dei primi non resta traccia, degli altri restano molte opere e molti fatti. Perciò, anche l’utopia, a patto che vada nelle mani giuste, può diventare “progetto” e poi “azione”.

Allora benvenuta l’utopia, ma soprattutto benvenuto il Costruttore che ha saputo realizzare il sogno.

Dei canoni iniziatici, però, non basta scoprirne la vetta. Bisogna riconoscerne il fondamento. Che è l’uomo, cioè, il Costruttore (d’idee): non come elemento del “mistero”, ma «uomo» come aspetto indispensabile all’esteriorizzazione dell’Idea (progetto-uomo).

Questa è la centralità dell’uomo secondo i canoni iniziatici. La centralità dell’Iniziato ha inizio, quando “l’uomo” cessa di essere un elemento egocentrico e conflittuale, per diventare uno strumento di trasmissione: prima comunicando con i diversi comparti di se stesso (conscio, subconscio e per finire superconscio), poi manifestando questa “unione interiore” all’esterno della propria sfera vitale.

L’uomo-iniziato è il veicolo di trasmissione di una concettualità perenne, per cui l’immortalità dell’idea diventa quella del suo portatore.

Se si concorda su questo punto, allora, «Conosci Te Stesso», diventa la chiave di ogni processo.

Ma per conoscersi bisogna imparare a guardarsi. E si sa che non è facile. Tanto che la maggior parte dei postulanti lo evita. Perché sanno che fermandosi a guardarsi negli occhi, si corre il rischio di vedere cose poco piacevoli. Allora, per tacito accordo, una vasta schiera di pretendenti all’iniziazione decide di non volgere lo sguardo in quella direzione. Preferendo, ad una visione poco gratificate di se stessi, il tanto parlare; con cui potersi rassicurare l’un l’altro di presunte eccellenze.

Eppure, anche se è scelta assai comune quella di assicurarsi autostima a buon mercato, in ogni caso è una scelta di basso profilo. Tutt’altro che iniziatica, nonostante le “belle sciarpe” dietro cui si vorrebbero nascondere le contraddizioni. Che comunque traspaiono con evidenza a chi sappia anche discernere.

Un saggio ha scritto «…la prima prova è quella di saper sopportare il dolore della verità».

Ma di quale verità si tratta? I più preferiscono capire che sia quella di una vita crudele per le colpe del “mondo”. Ma il mondo non è crudele, semmai è l’umanità ad essere stupida, soprattutto per le sue pretese eccellenze. Allora, è guardare dentro le “proprie miserie” a ferire l’orgoglio. Deficienze a cui si debbono togliere i cappucci delle menzogne e delle illusioni, prima d’intraprendere la “nuova costruzione”.

Eccoci arrivati all’uso dello specchio.

Lo speculum iniziatico (vedi Il simbolo dello specchio; La speculazione intellettuale; Sulla trasmutazione metallica /7) è lo specchio della Coscienza superiore che riflette l’immagine di chi accetta di guardare se stesso. Ma anche volendo, questo non è possibile finché i meccanismi d’autodifesa della mente fisico-animale non saranno disattivati, e la loro energia diretta su aspetti più consoni (v. sublimazione). Questa è la “liberazione” rappresentata dalle ali del Caduceo ermetico (vedi Caduceo ermetico).

Chi non è in grado di guardare con obiettività nel proprio “specchio interiore” (l’autodiagnosi è sempre un elemento incerto) si rivolge ad un Fratello avanzato. Una guida che sia davvero “esperta e terribile”, capace di riflettere senza pregiudizi, negli occhi del Fratello che gli sta davanti, la vera immagine della sua personalità fisica.

Una metafora massonica ricorda di un Fratello esperto (per consapevolezza iniziatica) e terribile (con le mancanze), che altrove è chiamato Maestro (Magister vitae). Malauguratamente c’è chi confonde ancora le metafore con la realtà. Sperando che una rappresentazione simbolica possa sostituirsi ad un concetto reale, cedono all’inganno che l’ombra di un personaggio simbolico, possa sostituirsi nei compiti di un vero Iniziato.

Questo inganno è presente non solo nell’ambito misteriosofico (Massoneria), ma anche in quello del misticismo religioso e devozionale.

Il dovere di un (vero) Iniziato è quello di ridare tutta la conoscenza che gli è stata generosamente offerta, educando e correggendo chi gli è affidato per guidarlo nel “viaggio” verso la Luce dell’Iniziazione. Ch’è una luce interiore (conoscenza svelata) e non la miserevole luce di un faretto acceso a proposito.

Allora, si dovrebbe distinguere tra rappresentazione simbolica (il presepe) e realtà iniziatica (il mistero della natività spirituale). Così, da non rischiare di tramutare il “viaggio iniziatico” in un circolo chiuso e l’iniziazione in una farsa da commedianti.

« …le incrostazioni che coprono lo “specchio” fatte di una realtà immaginifica …. che “deve” imbellettare … per essere adattata ad un “consumo”… del tutto “ordinario”, con un’immagine camuffata al punto da confondere l’oggetto della rappresentazione e la rappresentazione stessa…».

Anche se abbreviato, quello che ho riportato mantiene tutte le intenzioni del corrispondente. Dove, per incrostazioni, io credo che intenda le maschere dietro cui ci si nasconde e dove si cercano gli elementi per facili autostime. Non è difficile, infatti, che l’uomo dimentichi cosa è (temperamento naturale) per credersi ciò che fa come attività, arte, mestiere o professione.

Immedesimarsi in quelle “maschere” è per molti una consuetudine, che riecheggia nell’affermare: io sono (il) medico, (medico, medico, medico..!) io sono (l’) avvocato, (avvocato, avvocato, avvocato…!) io sono (l’) architetto, (architetto, architetto, architetto…!) io sono (il) commerciante, (commerciante, commerciante, commerciante…!) io sono (il) musicista, (musicista, musicista, musicista…!) io sono un iniziato, (iniziato, iniziato, iniziato…!)

Questi eco solitamente contraddicono l’essenza dell’essere, celando al suo interno conflitti (v. evoluzione della psicosomatica), che raramente vengono curati con il medicamento giusto (guardandovi dentro, ad esempio), ma ricorrendo a censure e rimozioni, che spostano il conflitto in un piano difficilmente raggiungibile (il subconscio) rispetto a quello che poteva essere il piano fisico della personalità.

Identificandosi col “fare” (ruoli e modelli sociali) molti scordano di “essere” qualcosa di più di un ruolo o di un traguardo sociale. Perciò, non possono che continuare ad essere delle maschere pubbliche, che sorridono ad altre maschere, nella perenne commedia dell’apparire.

La commedia della vita (profana) è uno di primi veli dell’illusione e nemmeno il più difficile da scoprire.

Ma proprio perché così vicino alla personalità fisica è quello più amato. Perché rassicurante, perché accomuna, e può essere facilmente condiviso con altri commedianti, che competono in queste imprese, perché non sanno dare altro senso alla vita che quello di seguire il flusso di un conformismo, camuffato da autonomia, libertà di scelta e di pensiero. Mentre la libertà di essere, sta proprio nella direzione opposta a quella dei facili costi dell’apparire. Un primo strumento per andare in quella direzione è proprio lo Specchio della vita, oppure, la guida di un Fratello che sia davvero esperto e terribile: che ci faccia capire, cosa è bene lasciare per conquistare la vetta della nostra montagna interiore (nella psicosintesi chiamate esperienze di vetta).

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