Io sono lo Zero. Nessuno prima di me. Forse io ti conosco, femmina, perfida, bugiarda ipocrita come tutte le femmine. Ho creato coscientemente lemuri e vampiri, gli orchi e le più orride creature degli incubi degli uomini. Io amo il bello, creo il bello, sono il bello. Ma può il bello godere eternamente di sé stesso senza rispecchiarsi nella natura che ha creato, senza riflettersi con ribrezzo nella sua opposta polarità?
Il Matto – Lama 0-XXII
di Vittorio Vanni
Il dialogo del Matto con Sophia
Sophia:
Il Signore mi ebbe con se all’inizio delle sue imprese, prima di compiere qualsiasi atto, da principio.
Il Matto:
Io sono lo Zero. Nessuno prima di me. Forse io ti conosco, femmina, perfida, bugiarda ipocrita come tutte le femmine. Ho creato coscientemente lemuri e vampiri, gli orchi e le più orride creature degli incubi degli uomini. Io amo il bello, creo il bello, sono il bello. Ma può il bello godere eternamente di sé stesso senza rispecchiarsi nella natura che ha creato, senza riflettersi con ribrezzo nella sua opposta polarità? È un brivido sublimemente ozioso, una raffinatezza estrema, un piacere che solo un dio si può concedere. Non ricordo di averti creato. Forse sei un’escrezione inconscia di un attimo della mia foia. Una goccia ardente di mercurio è caduta nel mare e la schiuma delle sue onde ti ha generato. Riavvolgiti nei tuoi capelli e nel tuo serpente e scompari. Se mi aggraderà ti richiamerò, in un momento della mia noia.
Sophia:
Ab aeterno sono stata costituita, anteriormente alla formazione della terra. Io ero già generata e gli abissi non esistevano e le fonti delle acque non scaturivano ancora, né i monti ancora sorgevano con la loro grave mole; prima ancora dei colli fui generata; non aveva ancora creato la terra, né i fiumi né i cardini del mondo.
Il Matto:
Per quanto non possa concepire una follia maggiore della mia, certamente la tua non è un’imitazione troppo imperfetta. Ma dov’eri, donnetta, quando creai il Leviatano ed il Beemoth, quando unii le acque superiori a quelle inferiori, quando un’impercettibile movimento dell’unghia del mio mignolo generò miriadi di angeli, quei poveri esseri che mi lodano eternamente, senza aver coscienza che amo più che mi si bestemmi, per la contemplazione sarcastica dell’impotenza stizzosa delle mie creature.
Sophia:
Quando disponeva i cieli fui presente, quando accerchiava gli abissi nel giro regolare dei loro confini, quando fissava in alto le atmosfere e sospendeva le fonti delle acque, quando segnava intorno al mare il suo confine e poneva un limite alle acque affinché non oltrepassassero le sponde, quando gettava i fondamenti della terra, assieme a lui disponevo di tutte le cose e mi deliziavo in tutti quei giorni, trastullandomi di fronte a lui continuamente, trastullandomi nel cerchio della terra e la mia delizia era vivere con i figli degli uomini.
Il Matto:
Ti ho forse autorizzato a recitar la parte della mia ombra? Io solo sono la luce senza ombra, ogni creatura come te è solo ombra senza luce. Perché esisti? Sei forse un mio pensiero insidioso e molesto? A volte mi ritiro dal mio pensiero, mi riavvolgo nel nulla. Dove vagano allora i miei pensieri, come cani sciolti dal guinzaglio? Cosa creano, dove si posano, come e chi ispirano? Da dove vieni creatura ribelle, qual è la sfaccettatura del mio prisma cristallino dalle infinite brillantezze che ti rende diversa ed autonoma, quasi esistente per te stessa? Nello splendore della tua pelle vedo il fulgore delle stelle eterne, i tuoi capelli sono più belli delle nebulose e delle costellazioni e sembra che mi avvolgano come in una rete di oro finissimo.
Sophia:
Io sempre veglio. Esistevo quando non esisteva il creato, prima di ogni creazione ed emanazione. Io sono il calore prima del calore, la luce prima della luce, l’amore prima dell’amore.
Il Matto:
Ma io stesso ho creato l’inganno dell’amore. Ecco che ti riveli. Sei come le mie creature, povere piattole che strisciano nel buio, e fuggano terrorizzate alla prima luce. Nell’insensato amore che mi portano credono che li abbia creati per amore. Eppure sei bella. Sei nata allora dal mare? Fra tutto ciò che ho creato, il mare è forse ciò che più mi assomiglia, candido ed oscuro, calmo e furibondo, piatto e profondo assieme. Voglio rivelarti un segreto. Io non mi amo. L’infinita grandezza disdegna di misurarsi, di definirsi. Se amore è desiderio di ciò che non si ha e non si potrà mai avere, come la mia legge ha imposto, io sono tutto ed ho tutto. Come potrei amarmi, desiderarmi? Ecco che io porto la mia mano destra, lentamente, davanti ai miei occhi. Svanisci, bellezza che crei desiderio e limiti la mia onnipotenza di libertà.
Sophia:
Io sono l’Unica. Senza di me lo Zero non si manifesta, non diviene Uno. Nel mio grembo furono posti l’universo, il tempo, la vita pullulante di semi e frutti, il Nous eterno e gli enti. Io sono lo specchio e l’immagine che riflette.
Il Matto:
Mi porrò fra la tua immagine ed il tuo specchio, non sarò più ne immagine ne specchio di me stesso, ma solo il riflesso di ciò che è te. Ma un dio che ama è solo un uomo. Certo sei una dea, e a volte le dee amano gli uomini. Ma io, chi sono io?
Sophia:
Io sono ricca di virtù. Sotto i cieli passano i fulmini ed i tuoni, ogni cosa riacquista la sua innocenza. Io curo e nutro, reco l’armonia del tempo. Cielo e terra sono lontani, ma vicina è la loro azione. Io sono la raccolta: quando gli esseri si incontrano, si accumulano.
Il Matto:
Io ero l’Essenza. Ora sono solo l’essere. I miei occhi sono quelli di un uomo, le mie mani sono quelle di un uomo. La materia entra in me come un chiodo nella carne viva, come spasimi di voluttà che si espandono ed inglobano l’eternità. Sono fragile come un cristallo sottile, duro e tagliente come il bagliore del diamante. Dio come un uomo, uomo come un dio, questo è il dono del desiderio di te.
Sophia:
Dio, gli dei e gli uomini non sono eterni. Io sono il Nulla che gli accoglierà quando il tutto sarà esaurito. Io sono il riposo e l’oblio, il fresco del bosco della memoria nelle calde estati ed il camino d’inverno, caldo di luce e di quiete.
Il Matto:
Tu sei l’amore senza limite, la speranza senza illusione, l’eternità che supera il tempo. Se permetterai che il mio mignolo sfiori la tua guancia cavalcheremo assieme gli uragani, saremo assieme ognuno e nessuno.
Sophia:
Mi sciolgo come l’acqua del cielo ad addolcire la durezza della tua terra. Brucio come fuoco nel tuo sangue, sono l’aria che respiri. Se mi ami ti amerai, ed il mondo ritroverà la dolcezza della vita, l’universo l’innocenza di dio.