Tecniche e strategie dell’induzione e dell’approfondimento dell’ipnosi
8. Strutturazione verbale dei messaggi. — 8a. Strutturazione non verbale dei messaggi. — 9. Sollecitazione di fantasie dirette allo scopo di far credere nell’immaginato. — 10. Prescrizione di ciò che avverrà naturalmente. — 11. Qualificazione positiva di qualsiasi risposta del soggetto. — 12. Utilizzazione nella procedura di qualsiasi risposta del soggetto.
L’esperienza clinica e la pratica sperimentale insegnano univocamente la notevole importanza della struttura del discorso dell’ipnotista nella relazione ipnotica. L’ipnotista tende ad impostare il suo discorso in modo manipolitivo formulando spesso delle direttive indirette che rendono difficile la difesa. Dicendo «lei può dimenticare di ricordare o ricordare di dimenticare» l’impressione è di una grande libertà di scelta, ma la sostanza è una direttiva implicita di amnesia.
Capitolo V / Tecniche e strategie dell’induzione e dell’approfondimento dell’ipnosiSommario: 1. Introduzione. Limitazione della motilità. — 2. Limitazione degli stimoli esterni. — 2a. Chiusura degli occhi. — 3. Informazioni disinibitorie sulla ipnosi. — 4. Definizione esplicita della situazione come ipnosi. — 4a. Definizione implicita della situazione come ipnosi. — 5. Istruzioni per ottenere la massima collaborazione. — 6. Istruzioni di rilassamento, torpore, sonno, ipnosi. — 7. Manipolazione dell’attenzione: concentrazione. — 7a. Manipolazione dell’attenzione: confusione. — 8. Strutturazione verbale dei messaggi. — 8a. Strutturazione non verbale dei messaggi. — 9. Sollecitazione di fantasie dirette allo scopo di far credere nell’immaginato. — 10. Prescrizione di ciò che avverrà naturalmente. — 11. Qualificazione positiva di qualsiasi risposta del soggetto. — 12. Utilizzazione nella procedura di qualsiasi risposta del soggetto. — 13. La ratificazione della trance. —14. Il contesto clinico. — 14a. Il contesto sperimentale. — 15. L’approfondimento dell’ipnosi. — 16. La deipnotizzazione. 8. Strutturazione verbale dei messaggi. Per quanto attiene alla strutturazione verbale dei messaggi non resta che rinviare al capitolo VI dedicato alle comunicazioni. Qui è opportuno ricordare che l’esperienza clinica e la pratica sperimentale insegnano univocamente la notevole importanza della struttura del discorso dell’ipnotista nella relazione ipnotica. L’ipnotista tende ad impostare il suo discorso in modo manipolitivo formulando spesso delle direttive indirette che rendono difficile la difesa. Dicendo «lei può dimenticare di ricordare o ricordare di dimenticare» l’impressione è di una grande libertà di scelta, ma la sostanza è una direttiva implicita di amnesia. Non si sono ancora però isolati gli elementi del discorso che possono rivelarsi utili: il tutto attende ancora una verifica sperimentale. Quello che oggi sembra accettato è che la comunicazione in ipnosi è tanto più efficace quanto più è in grado di evocare fantasie dirette allo scopo (cfr. 9). 8a. Strutturazione non verbale dei messaggi. Anche la strutturazione non verbale dei messaggi ha grande importanza. In questa categoria rientrano i movimenti del corpo, i gesti, il tono della voce ecc. In un esperimento si è registrata l’importanza della variabile «tono della voce» (15). A due differenti gruppi di soggetti si somministra la stessa suggestione di un item della scala di suggestionabilità di Barber, ma ad un gruppo la suggestione veniva presentata con voce indifferente, all’altro con voce decisa. Il secondo gruppo rispondeva significativamente in modo più positivo alla suggestione. È nozione comune che l’ipnotista principiante ottiene risultati meno significativi di chi ha esperienza soprattutto perché la sua indecisione traspare dal tono della sua voce. L’uso della comunicazione non verbale è più vicino all’arte che non alla psicologia. Erickson è in questa materia un gigante incontestato. Qui di seguito trascrivo da un libro su di lui una applicazione della tecnica che egli chiama della «interposizione». Si tratta di una tecnica per così dire conversazionale, in cui, durante un discorso generico, spesso pieno di luoghi comuni, osservazioni lapalissiane e noiose dirette ad annoiare il soggetto, ad intervalli più o meno regolari delle parole vengono pronunciate in un tono diverso, più profondo e più scandito, e hanno la funzione di segnali di attenzione, con una funzione prettamente suggestiva. La trascrivo per sottolineare l’aspetto non verbale, ma è anche molto interessante notare la strategia argomentativa del discorso di Erickson: su questo punto ritornerò nel capitolo a ciò dedicato (16). Il paziente di Erickson si chiamava Joe. Era un fioraio che coltivava personalmente i fiori che vendeva, era stato operato di cancro e avendo subito una tracheotomia, non poteva parlare, ma solo comunicare con foglio e penna. Era presente una forma di intossicazione dovuta ad una eccessiva ingestione di farmaci così che non poteva ingerire analgesici. A Joe dava fastidio persino che si nominasse la parola ipnosi, forse anche perché uno dei suoi figli era specializzato in psichiatria e aveva detto che trattavasi di un pratica assolutamente inutile. Erickson in tono assolutamente colloquiale gli disse (le parole suggestive interposte sono segnate in corsivo): «Joe mi piacerebbe parlare con te. So che sei un fioraio, che coltivi i fiori e io sono cresciuto in una fattoria nel Wisconsin e anche a me piaceva coltivare i fiori e ancora lo faccio. Mi piacerebbe che tu mentre ti parlo, prendessi posto in quella comoda poltrona. Voglio dirti un mucchio di cose ma non sui fiori perché tu sui fiori ne sai molto più di me. Non è questo che vuoi. Erickson racconta come a questo punto il paziente entrò in trance mentre lui ripeteva le espressioni qui riportate con insistenza, con parole semplici parlando sempre attorno a questo tema. Il soggetto in questi casi estrapola le frasi pronunciate con tono differente, anche perché evidentemente dirette alla sua esperienza, e ne assorbe la potenzialità suggestiva. __________ (15) BARBER T., Ipnosi, cit., 94. (torna al testo) (16) HALEY J., Terapie non comuni , Astrolabio, Roma, 1976, 273. Cfr. anche ERICKSON M. H., The Interpersal Hypnotic Technique for Synthom Correction and Pain Control, in Ani. J. din. Hypn., 1966, 798. (torna al testo) __________ 9. Sollecitazione di fantasie dirette allo scopo di far credere nell’immaginato. Soprattutto attraverso la comunicazione verbale l’ipnotista per ottenere più facilmente e rapidamente i risultati voluti deve sollecitare l’immaginazione e la fantasia del soggetto dirigendole allo scopo di «credere nell’immaginato». In un esperimento Spanos (17) dopo aver proceduto a numerose suggestioni di rilassamento, sonno e ipnosi suggeriva varie condotte involontarie tra cui per esempio la levitazione della mano, una delle tecniche di induzione e di approfondimento dell’ipnosi: «la tua mano si solleva da sola, si solleva, è sempre più leggera…». Ai soggetti veniva richiesto successivamente di descrivere che cosa passasse loro in mente mentre l’ipnotista dava le suggestioni. Salvo poche eccezioni i soggetti che avevano sollevato involontariamente il braccio rispondevano di avere immaginato una situazione che, se reale, (per esempio dei palloncini colorati attaccati al polso) avrebbe fatto sollevare il braccio. È questa quella che si chiama «fantasia diretta ad uno scopo». In un altro esperimento, dopo la procedura appena descritta si chiedeva ai soggetti di compilare un questionario per definire se avevano sentito che la loro mano si era alzata «involontariamente», «parzialmente involontariamente», o «volontariamente». Considerando solo i soggetti che avevano risposto alla suggestione alzando il braccio e la mano, tutti quelli che avevano immaginato una situazione che, se esistente avrebbe fatto alzare loro la mano e il braccio, rispondevano che lo avevano alzato volontariamente, degli altri solo il 40% rispondeva in questo senso. Nell’ambito di questo esperimento si è confermato ciò che la pratica clinica ci aveva insegnato: se l’ipnotista suggerisce una motivazione onde ottenere la risposta richiesta, che non è per il soggetto accettabile, l’individuo per ottenere la risposta richiesta deve correggerla mentalmente. È per questo che nella pratica clinica è estremamente utile presentare delle istruzioni per così dire «aperte» nel senso che coprano qualsiasi classe di risposte. Per esempio piuttosto che la suggestione che «la mano si solleverà involontariamente», io preferisco proporre questo tipo di istruzione: «Ora lei si concentri sulle sue braccia e sulle sue mani, noterà che il suo braccio destro, o il sinistro, o potrebbe essere una delle due mani, o soltanto uno delle dieci dita, avranno dei movimenti automatici. Ciò è perfettamente naturale quando ci si concentra. D’altronde capita per esempio quando stiamo telefonando o leggendo di tamburellare involontariamente le dita. L’importante è semplicemente che lei prenda atto di quanto sta avvenendo. La cosa veramente importante non è che la mano diventi più leggera e si sollevi o che lei la senta più pesante, quanto la sua abilità di avvertire qualsiasi sensazione lei provi e di immaginare una ragione plausibile che faccia alzare la mano». Ecco una strategia di Erickson che copre tutta la classe delle possibili risposte: «ed ora fra pochi minuti quando il suo inconscio sarà pronto si potrà verificare un vuoto, una confusione nel suo campo visivo… E come si sviluppa questa confusione?… Vi sarà nebbia o ombra?… E quando le ombre cominceranno a delinearsi sarà in forma definita?… I suoi occhi saranno aperti o chiusi?… Sarà interessante scoprire se sarà confuso, annebbiato, con un senso di oscurità. O le cose saranno insolitamente brillanti, precise, chiare quando aprirà gli occhi? Vi sarà un’alterazione del colore dell’ambiente? Ci sarà qualche cosa insolitamente chiara ed altre cose non saranno addirittura percepite?…». Quando una delle possibili risposte previste si verifica, per esempio si chiudono gli occhi, si insiste allora con suggestioni nel senso riscontrato: «adesso i suoi occhi si fanno pesanti» (18). Questo genere di approccio prepara alle strategie di cui ai punti successivi 10, 11, 12 e proprio per la sua strutturazione impedisce le resistenze del soggetto, lasciando a questi la possibilità di rispondere secondo quella che nella terapia comportamentistica viene chiamata «la gerarchia di risposte» del paziente. In linea di massima comunque è molto importante sottolineare che i fenomeni ipnotici sono più facilmente evocabili attraverso la sollecitazione di attività immaginifica che attraverso suggestioni. Una cosa è dire per esempio, «immagini che il suo braccio diventa più leggero» e una cosa è dire «il suo braccio diventa più leggero». La seconda proposizione, essendo di tipo suggestivo può spingere il soggetto ad assumere una posizione antagonistica proprio per la «stranezza» della richiesta e dell’eventuale risposta. __________ (17) SPANOS N. P., Goal Directed Phantasy and Performance in Hypnotic Test Suggestion, in Psychiatry, 1971, 86. (torna al testo) (18) ERICKSON M. H., e al., op. cit., 79. (torna al testo) __________ 10. Prescrizione di ciò che avverrà naturalmente. Una strategia molto comune nella tecnica ipnotica è la prescrizione di ciò che avverrà naturalmente . In questo modo l’ipnotista si assicura l’opinione del soggetto che ciò che accade è causato dallo stato ipnotico. Per esempio fa fissare a lungo un oggetto producendo stanchezza agli occhi: se contemporaneamente dice «i tuoi occhi diventeranno stanchi» il soggetto è indotto a credere che è lo stato ipnotico che li fa chiudere piuttosto che la fatica derivante dalla fissazione. L’ipnotista in tale modo fa sentire il soggetto suggestionato e quindi lo rende suggestionabile. Così si può chiedere al soggetto di iperventilarsi per qualche minuto, il che, a causa della conseguente diminuzione della anidride carbonica nel sangue, provoca delle parestesie, torpore alle labbra e vertigini che se suggerite durante la iperventilazione possono essere contrabbandate come effetto dell’ipnosi. Così accade anche per l’ipnosi indotta con mezzi farmacologici: gli effetti, soprattutto narcotici, del farmaco vengono suggeriti in modo che il soggetto ritenga che siano da imputarsi alla manovra ipnotica. Vi sono poi delle risposte che vengono chiamate ideomotorie che sono assolutamente naturali, per cui anche se il meccanismo è poco chiaro, certamente il fatto che immaginiamo un certo movimento, per esempio di un dito, può provocare un movimento che esperiamo come involontario. Se ad un soggetto per esempio viene dato un pendolo da tenere sospeso su un tavolo (il cosiddetto pendolo di Chevreul ) col gomito appoggiato al tavolo stesso, e gli si chiede semplicemente di immaginare due rette, una in direzione nord-sud, e l’altra est-ovest, il pendolo si muove nella direzione immaginata. Se poi si associa il nord-sud alla risposta «si» e l’oscillazione est-ovest alla risposta «no» esattamente con il cenno del capo e si pongono poi delle domande al soggetto che pensa la risposta affermativa o negativa, il pendolo indipendentemente dalla volontà del soggetto si muove in connessione con la risposta pensata (19). Qui non si può parlare di suggestione, né di condizionamento, anche perché l’operatore non suggerisce di muovere il pendolo, ma al massimo, solo di immaginare che si muova, non si può parlare di ipnosi perché nessuna procedura viene fatta in questo senso, non si può parlare di manipolazione, né di desiderio di compiacere l’operatore in quanto, come si è detto, si può ottenere questa risposta anche semplicemente chiedendo di immaginare quelle linee sul tavolo senza far capire che ci si aspetta che il pendolo si muova in quella direzione. Questo vale anche per la levitazione della mano, una delle tecniche di induzione più usate, che si può ottenere senza alcuna manovra ipnotica precedente. Spesso all’enunciazione vera e propria delle istruzioni bisogna aggiungere degli artifizi particolari che favoriscono la risposta ideomotoria ciò perché mettono in moto il meccanismo della profezia che si autodetermina, di cui ho già parlato, influendo l’aspettativa del soggetto. Una certa serie di questi artifizi è utile con soggetti particolarmente scettici o curiosi che hanno bisogno di risultati tangibili per proseguire. Con i più ingenui si può adottare il sistema di metterli sull’attenti appoggiando fermamente le proprie mani sopra le loro e poi chiedere di spingerle verso l’esterno, mentre si pone la forza contraria; dopo circa tre minuti si lascia la presa e si chiede loro di lasciare le braccia rilassate, contemporaneamente suggerendo loro la levitazione delle stesse; tutto questo succede non per suggestione ma per una risposta muscolare e nervosa assolutamente naturale. Se durante l’induzione con levitazione della mano si vede che non si solleva, ci si appoggia su di essa con la propria facendo pressione verso il basso, allentando poi pian piano la pressione fino a toglierla facendo in modo che il soggetto abbia la sensazione di una spinta verso l’alto della propria mano che favorisce la levitazione della stessa. Talvolta basta chiedere al soggetto seduto, con la mano appoggiata sulla coscia, di respirare profondamente e ritmicamente: ciò da la sensazione che la mano si sollevi ed essa può essere rinforzata con apposite suggestioni. Altre volte si chiede al soggetto di guardare la propria mano posta davanti al proprio volto a circa trenta centimetri. Con questa posizione le dita si allargano pressoché naturalmente: glielo si suggerisce e nel frattempo gli si chiede di respirare profondamente. In queste condizioni la mano si avvicina naturalmente al suo volto: gli si danno altre suggestioni che tendono a provocare questo avvicinamento. Altri soggetti si possono istruire perché tendano in avanti il braccio, dopo qualche momento li si avverte che lo sentiranno più pesante, quindi scenderà verso le gambe, il che accade evidentemente per una stanchezza della tensione muscolare dato che la legge di gravità gioca a vantaggio dell’ipnotista. Nella tecnica del barcollamento si fanno chiudere gli occhi al soggetto e si osserva da quale parte egli tende naturalmente a barcollare, così gli si suggerisce che egli sta cadendo proprio da quella parte. Può essere interessante a questo punto riferire della tecnica della « stanza magica » . Essa è descritta da Orne (20) come mezzo adottabile con i prigionieri per ipnotizzarli e successivamente interrogarli senza e contro la loro volontà. Consiste nel manipolare l’ambiente dove si trova il prigioniero da ipnotizzare in modo che egli creda che quanto avviene sia prodotto dagli effetti dell’ipnosi. Per esempio gli si dice che la sua sigaretta diventerà amara quando, senza che lui ne sia al corrente, si è introdotto nelle sigarette del suo pacchetto una sostanza amara; così mentre l’ipnotista davanti a lui fuma le stesse sigarette come se nulla fosse, suggerisce all’ipnotizzando che la sigaretta ha un sapore sempre più amaro, il che innesca il meccanismo della profezia che si autodetermina. Questa tecnica si può adattare anche suggerendo «che il soggetto sentirà odori particolari» (che vengono immessi realmente nella stanza), o che una finestra assumerà una colorazione rossa, che sentirà più freddo, il che avviene per mezzo di accorgimenti tecnici di cui il prigioniero, come si è detto, non è consapevole. __________ (19) È a causa di questo fenomeno che le mani di coloro che ci credono fanno muovere il tavolino; l’aspettativa di movimento crea il movimento, cosicché i partecipanti possono in tutta coscienza giurare che non sono loro a muoverlo, e che quindi è uno «spirito» che lo fa muovere, anche se nessun altro all’infuori di loro muove il tavolino. Per i fenomeni ideomotori ed i loro rapporti con la immaginazione fondamentale è il lavoro di ARNOLD M., On the Mechanism of Suggestion and Hypnosis, in /. Abn. Soc. Psychol., 1946, 41. (torna al testo) (20) ORNE M. T., The Potential Use of Hypnosis in Interrogation, in BINERMAN A., ZIMMER H., The Manipulation of Human Behavior, Wiley, New York, 1961 (torna al testo) __________ 11. Qualificazione positiva di qualsiasi risposta del soggetto. La qualificazione positiva di qualsiasi risposta del soggetto fa parte della strategia che tende a mantenere l’ipnotista in una posizione di controllo dell’ipnotizzato. Questa manovra è tanto più semplice quanto più le istruzioni sono formulate in modo aperto e comprendono ogni possibile classe di risposte. La qualificazione positiva rientra nel quadro della «prescrizione del sintomo». Per ottenere un cambiamento di solito è inutile chiedere di cambiare al paziente, visto che da solo ci ha tentato più volte e senza risultato; è più facile rendere falso ogni suo sintomo, nel nostro caso ogni condotta che potrebbe rappresentare una resistenza, prescrivendogliela (21). È chiaro infatti che non si può prescrivere ciò che prima si è criticato (22). Sperimentalmente si è provato come semplici rinforzi verbali come «bravo», «ottimo», «ben fatto», facilitino la trance (23) indipendentemente dalle concrete risposte del soggetto. __________ (21) Per questo approccio cfr. WATZLAWICK P., BEHAVIN L, JACKSON C, Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma, 1971; cfr. anche Gu- LOTTA G., Commedie e drammi nel matrimonio, Feltrinelli, Milano, 1976. (torna al testo) (22) SELVINI PALAZZOLI M., e al., Paradosso e controparadosso, Feltrinelli, Milano, 1975, 64. (torna al testo) (23) BULARD P. D., The Role of Verbal Reinforcement in Hypnosis, in J. of General Psychology, 1973, 41. (torna al testo) __________ 12. Utilizzazione nella procedura di qualsiasi risposta del soggetto. È soprattutto Erickson che ha mostrato l’importanza della utilizzazione nella procedura di qualsiasi risposta del soggetto. Questa tecnica è ideale per vincere le resistenze arrivando anche ad incoraggiarle, ossia rovescia il sistema comunemente usato di chiedere al soggetto una accettazione e collaborazione iniziale per queste tecniche; è l’operatore che accetta di collaborare inizialmente col soggetto. Erickson usa l’analogia di «un uomo che vuole cambiare il corso di un fiume: se lo contrasta o tende a fermarlo il fiume potrà facilmente superare o aggirare l’ostacolo, ma se l’uomo ne accetta la forza e la devia in una nuova direzione, la corrente del fiume finirà per scavarsi un nuovo letto» (24). Erickson accetta ciò che il paziente gli offre, lo definisce positivamente e ci aggiunge quel tanto che basta a direzionare il comportamento del soggetto nel senso da lui voluto. A un soggetto che resisteva alla deipnotizzazione diceva: «Molto bene, resti pure ipnotizzato e non vada al gabinetto fino a che io non la sveglierò». E attirò l’attenzione del soggetto sui propri bisogni fisiologici, cosicché questi preferì uscire in fretta dalla trance piuttosto che trovarsi in una situazione imbarazzante. Haley, che ha studiato approfonditamente la tecnica di Erickson, ha ben esemplificato la tecnica di utilizzazione di quest’ultimo. Una volta «un paziente andò da lui per una terapia ipnotica e non appena entrò nel suo studio incominciò a camminare avanti e indietro. Disse che non riusciva a star seduto e che non poteva fare a meno di andare su e giù e che per questo motivo molti psichiatri avevano interrotto il trattamento accusandolo di non collaborare. Mentre, sempre andando su e giù, si affannava a ripetere questa spiegazione Erickson gli chiese: «È disposto a collaborare con me continuando a camminare su e giù come sta facendo?». L’uomo rispose: «Se sono disposto? Perdio, devo farlo se voglio rimanere qui!». Erickson gli chiese allora se poteva partecipare al suo andare avanti e indietro, direzionandolo. Il paziente acconsentì ed Erickson gli indicò di andare verso destra, poi di tornare indietro, poi di andare verso sinistra e così via. Dopo un po’ Erickson incominciò ad esitare nell’indicare la direzione. Il paziente incominciò a fermarsi e aspettare. A questo punto Erickson fece sedere il paziente su una sedia dove continuò l’induzione ipnotica. Due sono le fasi più importanti in questa tecnica: nella prima Erickson chiede al soggetto di continuare a fare ciò che sta facendo per resistergli, ma di farlo sotto la sua guida; poi comincia a trasformare il comportamento del paziente in una attività collaborativa fino al momento in cui il paziente segue direttamente le sue istruzioni. Così per fare un altro esempio, se un soggetto chiede se può fumare si qualifica positivamente il fatto che vuole fumare durante l’induzione, (punto 11) dicendogli che ciò favorirà il rilassamento e il ritmo della respirazione, e poi si struttura l’induzione al ritmo delle aspirazioni del fumo. __________ (24) HALEY J., Terapie non comuni, cit., 21. (torna al testo) __________ |