13. Il problema criminologico-legale. — 14. Liébeault, Bernheim e la scuola di Nancy. — 15. Freud e l’ipnosi nel periodo prepsicoanalitico.
La definizione dell’ipnosi data da Charcot e dalla sua scuola sembrava finalmente offrire criteri obiettivi per smascherare, come si esprime il De La Tourette «ogni soperchieria e fornire i mezzi che impediranno di smarrirsi per una via così mal tracciata come quella dell’ipnotismo medico-legale…
Ipnosi / La Storia, la Teoria ed il Metodo
di Guglielmo Gullotta
Capitolo I / Storia dell’ipnosi
In collaborazione con Francesca Ortu
Sommario: 1. Introduzione. — 2. Dal «magnetismo» al «magnetismo animale»: la teoria fluidica. — 3. Mesmer e la fluidità animale. — 4. Il periodo viennese e il magnetismo. — 5. Il periodo parigino. — 6. L’inchiesta. — 7. Il marchese di Puységur e il sonnambulismo artificiale. — 8. L’abate Faria e il sonno lucido. — 9. Il rapporto Husson e la nuova scomunica accademica. — 10. James Braid e la nascita dell’ipnosi. — 11. L’età d’oro dell’ipnosi. — 12. La scuola della Salpétrière. — 13. Il problema criminologico-legale. — 14. Liébeault, Bernheim e la scuola di Nancy. — 15. Freud e l’ipnosi nel periodo prepsicoanalitico.
13 – Il problema criminologico-legale
La definizione dell’ipnosi data da Charcot e dalla sua scuola sembrava finalmente offrire criteri obiettivi per smascherare, come si esprime il De La Tourette «ogni soperchieria e fornire i mezzi che impediranno di smarrirsi per una via così mal tracciata come quella dell’ipnotismo medico-legale… Alla medicina legale non è indifferente sapere a priori che nella maggioranza dei casi saranno dei nervosi quelli che dovranno subire l’esame del perito. La questione della responsabilità si presenta subito e con essa la possibilità della simulazione» (67).
L’esistenza di criteri obiettivi che permettono di differenziare diversi stati ipnotici, le diverse prestazioni di un soggetto in stato letargico, catalettico, sonnambolico, la possibilità di evidenziare le zone ipnogene, sono tutti elementi su cui si basano le argomentazioni circa la possibilità di commettere dei crimini durante uno stato ipnotico e quindi per valutare la responsabilità e l’imputabilità di chi commette un’azione criminosa in quel contesto. Uno dei primi quesiti da affrontare era rappresentato dalla possibilità di porre in ipnosi un soggetto senza la sua collaborazione o comunque senza il suo consenso.
«È più facile ipnotizzare contro voglia e a loro insaputa soggetti anteriormente ipnotizzati e dei quali si conosce il metodo di reazione funzionale di fronte a certi procedimenti ipnotici. Infatti vi sono dei metodi di ipnotizzazione che si valgono semplicemente del senso della vista, dell’udito, contro anche la volontà dell’individuo. Inoltre, dato che le zone ipnogene possono essere numerose e il soggetto non può comprenderle tutte, si comprende come in una lotta sia facile premerne una e produrre così il sonno… Si aveva dunque ragione nel dire che dal punto di vista della perpetrazione dei crimini e delitti la cognizione di queste zone era della più grande importanza» (68).
Accertata scientificamente la possibilità di porre un soggetto in uno stato ipnotico senza la sua collaborazione, restava da definire quali azioni si potessero commettere sulla sua persona e quali azioni una persona ipnotizzata potesse commettere.
Il primo quesito viene affrontato prevalentemente nel caso di processi per violenza carnale. Gli autori che fanno riferimento a Charcot, basandosi sulle modificazioni dello stato di coscienza, sulla abolizione della coscienza e della volontà tipiche dei tre stati fondamentali dell’ipnotismo ritengono che «il soggetto in catalessi e letargia offre una facile preda alla lubricità del magnetizzatore; il sonnambulo per la facilità con la quale accetta le suggestioni, di diversa specie, può diventare tra le sue mani un agente incosciente e irresponsabile e all’occasione molto pericoloso» (69).
L’opera del perito, in questi casi, sarà volta a determinare lo stato ipnotico in cui il soggetto è stato posto. Sempre secondo il De La Tourette: «Chi voglia violare una donna dovrà approfittare della letargia in cui essa è inerte, mentre il sonnambulismo è certamente il meno propizio alla perpetrazione degli attentati al pudore… Un individuo il quale pone una donna in stato sonnambolico la possederà soltanto se essa vuole, come nella vita normale, cedere ai suoi desideri» (70). Naturalmente «il fatto di ottenere in queste condizioni i favori della donna costituisce un vero stupro» (71).
In questo tipo di indagini giudiziarie si dovrà allora stabilire se nel momento in cui lo stupro veniva commesso la donna era effettivamente ipnotizzata: la possibilità di porre nuovamente la vittima in ipnosi poteva indicare da un lato la mancanza di simulazione nella donna e dall’altro servirà a determinare lo stato ipnotico in cui essa si trovava al momento dello stupro.
Rispetto al secondo punto, e cioè alla possibilità che una persona possa essere spinta a commettere un crimine in stato ipnotico, De La Tourette si mostra particolarmente scettico: la possibilità di indurre sperimentalmente «suggestioni criminali» non costituisce per quest’autore un argomento probante; «i crimini fittizi non varcheranno mai la porta dei laboratori… Quando si tratta di suggestioni che rivestono un certo carattere di gravità, per esempio suggestioni criminali, crediamo di aver dimostrato abbastanza sulla resistenza alle suggestioni» (72).
E quindi se è possibile porre un soggetto in stato di ipnosi a sua insaputa o addirittura contro la sua volontà, non è però possibile fargli eseguire ciò che non vuole… Perché ciò sia possibile è necessario che lo sperimentatore abbia ipnotizzato il suo soggetto diverse volte e che conosca a fondo «quello che noi ci permetteremmo di chiamare il suo temperamento ipnotico» (73).
In polemica con le posizioni espresse da Ligeois, portavoce di Bernheim, il De La Tourette sostiene che «la suggestione ipnotica è un’arma pericolosa, ma da questo a caricarla di tutte le malefatte, fino a farne un vero pericolo pubblico, corre grande distanza».
«Ci si potrà forse meravigliare di vedere ridurre sempre di più il suo dominio mentre affermiamo che si poteva per mezzo suo far commettere atti criminosi, per esempio un assassinio. Pur nonostante, la nostra opinione non ha cambiato e noi crediamo che è possibilissimo far firmare ad un sonnambulo una ricevuta, un foglio bianco, una donazione testamentaria, come si potrà armare un braccio. Ma questi fatti sono puramente sperimentali e nessuno nella vita reale vorrebbe servirsene per paura del domani» (74). Comunque, una volta accertato che il crimine è stato effettivamente compiuto in uno stato ipnotico o post-ipnotico il soggetto viene considerato non imputabile.
«Colui il quale durante un periodo di catalessi o di sonnambulismo o in quello della veglia successiva perpetra un maleficio non deve risponderne alla giustizia punitiva, stante che nel primo periodo egli sia radicalmente impotente alla vita dello spirito e nel secondo un obbietto ideale si sia impadronito delle facoltà e gli abbia tolto la padronanza di sé stesso… Se analizzando e scomponendo nei diversi elementi, onde consta, il proponimento delittuoso, ne è dato indurre che esso sia dovuto unicamente alla suggestione… non risalirà certo all’individuo la responsabilità giuridica dell’atto… E nemmeno allorché per sua libera elezione il soggetto venga messo in stato ipnotico sorge la figura della colpa… La fiducia riposta nell’operatore lo avrà pienamente rassicurato» (75).
Si profila quindi il problema di stabilire la responsabilità dell’operatore che induce l’ipnosi e la liceità di porre un soggetto in tale stato.
Il riconoscimento della realtà scientifica dell’ipnosi comporta anche una regolamentazione giuridica del suo esercizio: solo il medico, per scopi terapeutici, è autorizzato a farne uso, tutti gli altri operatori possono così venir incriminati per esercizio abusivo della professione medica.
Come scrive Charcot: «l’ipnotismo è una vera nevrosi… una specie di malattia sperimentale… L’individuo ipnotizzabile è affetto quasi sempre da una tara nervosa, e molto spesso un’isteria latente viene scatenata dal trattamento ipnotico. Quindi, se è legittimo far ricorso all’ipnosi per curare alcuni disturbi isterici è necessario considerare l’ipnosi alla stregua di qualsiasi farmaco pericoloso e da usarsi con cura. Solo il medico, e il medico abituato all’osservazione dei malati di nervi, sarà in grado di decidere se non è il caso di lasciar sonnecchiare fenomeni clinici di scarsa importanza piuttosto che correre il rischio di sostituirli con disturbi altrettanto gravi che potrebbero essere scatenati dalle manovre dell’ipnotista». (76).
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(67) DE LA TOURETTE G., op. cit., 64. (torna al testo)
(68) DE LA TOURETTE G., op. cit., 74 e 78. (torna al testo)
(69) DE LA TOURETTE G., op. cit., 326. (torna al testo)
(70) DE LA TOURETTE G., op. cit., 327. (torna al testo)
(71) DE LA TOURETTE G., op. cit., 372. (torna al testo)
(72) DE LA TOURETTE G., op. cit., 367. (torna al testo)
(73) DE LA TOURETTE G., op. cit., 367. (torna al testo)
(74) DE LA TOURETTE G., op. cit., 380. (torna al testo)
(75) CAMPILI G., Il grande ipnotismo e la suggestione ipnotica nei rapporti del diritto penale e civile, Bocca, Torino, 1886, 55-72. (torna al testo)
(76) CHARCOT J. M., Premessa alla traduzione italiana di «L’ipnotismo e gli stati analoghi…» di DE LA TOURETTE G., cit. (torna al testo)
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14 – Liébeault, Bernheim e la scuola di Nancy
Le teorie sostenute dalla cosiddetta scuola di Nancy possono venir ricondotte alle posizioni espresse da Liébeault e Bernheim.
Nel 1888 A. Liébeault pubblica Du sommeil et des états analogues in cui espone la sua teoria sull’ipnosi (77). Prende posizione circa il problema dei fattori responsabili dell’induzione dell’ipnosi, identificando «ipnosi» e «suggestione verbale» o meglio considerando la suggestione trasmessa mediante la parola, l’agente fondamentale nell’induzione di uno stato ipnotico. Ritiene infatti che i passi dell’ipnotizzatore inducano il sonno ipnotico, considerato un sonno parziale, che si differenzia dal sonno normale solo per il fatto che il soggetto rimane in rapporto con l’ipnotizzatore, solo in base a fenomeni suggestivi che inducono nel cervello dell’ipnotizzato l’idea del dormire.
«L’ipnosi, come Braid ha dimostrato, si basa sulla concentrazione dell’attenzione su una sensazione monotona e prolungata e quindi sull’idea da cui la sensazione deriva. Si caratterizza per l’assoluta possibilità del soggetto, una volta addormentato di evocare, con sforzo volontario, le idee che si trovano nella sua mente» (78).
Liébeault sostiene inoltre che il sonno fisiologico si sviluppa secondo un meccanismo simile (79) e che l’identità tra sonno e ipnosi è dimostrata dal fatto che «il sonno fisiologico si trasforma in ipnosi mediante suggestione e che l’ipnosi sfocia nel sonno fisiologico».
Sia nel sonno che nell’ipnosi appare centrale l’abolizione del pensiero attivo. «Sonno e ipnosi differiscono soltanto perché chi dorme, di solito, si autosuggestiona mentre chi è ipnotizzato è suggestionato da un terzo; chi dorme, proprio a causa dell’autosuggestione, resta isolato e non presenta catalessia».
A proposito della suggestione, centrale nella sua teoria, Liébeault osserva come questa non sia specifica dello stato ipnotico ma piuttosto rappresenti una componente importante anche della vita vigile. «Nell’uomo normale sveglio si sviluppano fenomeni di “tipo passivo” semplicemente richiamando l’attenzione su una idea».
E con una posizione molto vicina a quella recentemente sostenuta da quegli studiosi come Barber e Sarbin, definiti scettici, scrive: «Sono più di venti anni che servendomi semplicemente della parola faccio scomparire sintomi morbosi su malati non addormentati e mai ipnotizzati… con questo metodo si ottengono però risultati inferiori a quelli ottenuti ricorrendo alla suggestione durante il sonno ipnotico: in quest’ultimo caso la suggestione ha a disposizione quantità maggiori di attenzione accumulata» (80).
Riassumendo la propria teoria Liébeault sottolinea ancora l’analogia tra il sonno e l’ipnosi: «il sonno ipnotico si ottiene semplicemente suggerendo i fenomeni del sonno: mediante il sonno ipnotico è possibile produrre nel soggetto addormentato molteplici fenomeni psichici e fisiologici; infine, sempre mediante una suggestione, quella del risveglio, i soggetti escono dallo stato passivo in cui sono stati posti. Si è anche osservato che nel periodo di veglia anche in persone mai ipnotizzate è possibile determinare effetti che sono il risultato di idee suggerite e di cui si impregna la mente. Ho anche avanzato l’ipotesi che anche il sonno normale sia conseguenza dell’allontanamento del pensiero dai sensi; il che porta al riposo degli organi». (81)
Bernheim, professore alla facoltà di medicina di Nancy, in «De la suggestion et ses applications à la thérapeutique» e in «De la suggestion dans l’état hypnotique et dans l’état de veille» (82) propone una puntualizzazione ed una revisione critica delle teorie di Liébeault duramente stroncate dall’ambiente medico ortodosso, che le considerava inaccettabili da un punto di vista fisiologico: «La fisiologia, come l’espone Liébeualt, si allontana sotto ogni profilo da ciò che guida oggi la pratica medica sulla via del progresso… Non potremmo accordare fiducia al metodo di cura che egli raccomanda» (83).
Possiamo identificare nei concetti di «suggestione» e di «ideodinamismo» i cardini su cui poggia la teoria dell’ipnosi di Bernheim.
La suggestioneviene definita come la capacità del soggetto di «lasciarsi penetrare da un’idea, capacità o disposizione che non può essere considerata appannaggio esclusivo della neuropatia o dell’isteria, data la frequenza e l’importanza dei fenomeni suggestivi nella vita normale». (84).
Con ideodinamismo si intende la capacità del cervello di ricevere o evocare idee e la sua tendenza a realizzarle, tendenza in genere repressa dalla facoltà dell’attenzione, dalla critica, dal ragionamento, in una parola dal controllo cerebrale. Il movimento, la sensazione, l’immagine, l’atto organico legati all’idea sono abbozzati ma non vengono mai messi in atto. L’attività automatica cerebrale è frenata dall’attività volontaria» (85).
Secondo Bernheim nel sonno, o in stati ad esso analoghi, ad esempio in alcuni stati emotivi, viene abolito il controllo corticale: «il cervello, dominato dall’automatismo» non può più sottoporre a critica le idee, che tendono a trasformarsi in immagini (sogno) o in azioni (come è evidente negli episodi di sonnambulismo naturale).
L’ipnotista quindi non fa altro che riprodurre «sperimentalmente ciò che il sonno naturale o uno stato analogo naturalmente fa sviluppare in alcuni soggetti» (86).
In base a queste premesse l’ipnosi è definita come uno «stato fisiologico che i soggetti sani possono sviluppare a diversi livelli a seconda del loro grado di suggestionabilità» (87), stato fisiologico che può essere realizzato per scopi terapeutici.
Il sonno indotto è considerato «un utile coadiuvante perché sopprime in una certa misura il controllo ed esagera l’automatismo cerebrale» ma non è essenziale alla conduzione della terapia.
«Il sonno – scrive Bernheim – non è necessario per la manifestazione dei fenomeni ipnotici, catalessia, anestesia, allucinabilità. La suggestionabilità esiste allo stato di veglia. Ho invariabilmente constatato che quanto un buon soggetto, molto suggestionabile, è suscettibile di essere anestetizzato, allucinato in un sonno indotto, è preda delle stesse suggestioni allo stato di veglia, senza che in precedenza sia stato addormentato». (88).
Nel suo lavoro del 1886 (89) scrive: «Io insisto sul fatto che tutte o parte delle suggestioni possono essere realizzate con e senza sonno» e più avanti continua, «l’ipnotismo non è il necessario preludio alla suggestione; facilita la suggestione quando può essere indotto», ed aggiunge «ma altre suggestioni possono a volte avere successo, quando quella del sonno non è efficace».
Le sue esperienze confermano queste affermazioni e venti anni dopo egli scrive: «Ho definitivamente stabilito che l’indurre il sonno non è necessario per ottenere i così detti fenomeni ipnotici… essi possono essere provocati in alcuni soggetti non ipnotici» (90). Nel fare queste affermazioni, generate dalle sue ricerche sui fenomeni ipnotici, Bernheim precede Barber di circa mezzo secolo.
Associare il sonno con stati indotti di ipersuggestionabilità è frequente in Bernheim. Egli non considera il sonno come un requisito della ipersuggestionabilità, ma sente che, quando il sonno può essere indotto, spesso è associato a gradi più alti di suggestionabilità, ed è questa combinazione di ipersuggestionabilita e di sonno che lui definisce “sonnambulismo”.
Non avendo a disposizione dati elettro-fisiologici obiettivi Bernheim considera il sonno naturale non distinguibile da quello indotto, e la sua concezione dell’ipnosi come stato alterato di coscienza è chiara quando afferma: «…Ripeto che il sonno, sia artificiale che spontaneo, non significa l’abolizione delle facoltà intellettive; è una condizione cerebrale oltre a quella dello stato di veglia… una condizione in cui i fenomeni della vita automatica sono predominanti… Accontentiamoci di sapere che la mente può pensare e lavorare durante il sonno… noi siamo consci di ciò, come il sonnambulo è conscio di ciò che sta facendo, solo che in un altro stato di coscienza» (91).
Rispetto alle caratteristiche del sonno ipnotico, e in particolare all’abolizione della coscienza, Bernheim nota che la suggestione non trasforma l’uomo in automa. Anche un individuo allucinato mediante suggestione, il che non si verifica in un procedimento terapeutico, non è un automa incosciente; sa di esistere, agisce con conoscenza di causa benché dominato, come l’alienato, da sensazioni false. La suggestione terapeutica in stato di veglia lascia sussistere il controllo; rettifica alcune impressioni falsate dalla malattia» (92).
L’elemento caratterizzante il sonno ipnotico non è più l’abolizione della coscienza e la passività del soggetto, quanto l’innalzamento del grado di suggestionabilità.
«Il sonnambulismo provocato mostra i casi estremi, quelli in cui l’atto suggerito si impone con forza irresistibile. Ma nulla avviene allo stato di sonno profondo che non trovi l’analogo, il diminutivo, se così si può dire, nello stato di veglia. Il sonno esagera l’automatismo fisiologico, non lo crea.
Tra la suggestione fatale e la determinazione assolutamente volontaria possono esistere tutti i gradi. E chi è in grado di analizzare tutti gli elementi suggestivi che intervengono a nostra insaputa negli atti che noi crediamo derivino dalla nostra iniziativa! Volontà, libero arbitrio responsabilità morale: gravi e palpitanti questioni!» (93).
Circa la natura dell’ipnosi, Bernheim entra in polemica con Charcot e la sua scuola. L’articolo pubblicato nel 1884 sulla Révue Medicale de l’Est già citato, è particolarmente illuminante sui termini della polemica, in quanto in esso Bernheim si propone di ribaltare punto per punto le obiezioni mossegli dalla scuola di Parigi.
Affronta preliminarmente questioni di metodo: a quello naturale di Charcot (94) oppone l’importanza di fondare sull’osservazione clinica la sistemazione dei fatti, le asserzioni scientifiche.
Richiamandosi paradossalmente a Charcot contesta sulla base delle sue osservazioni personali le teorizzazioni della scuola di Parigi.
Secondo Bernheim «ciò che è possibile evidenziare nei soggetti sottoposti ad ipnosi da un punto di vista clinico è semplicemente il diverso grado di suggestionabilità riconducibile al temperamento individuale (95). I pretesi fenomeni fisiologici o fisici dello stato ipnotico mi sembrano, nella maggior parte dei casi, riconducibili a fenomeni psichici. Non pretendo di spiegare, basandomi sulla suggestione, i fatti osservati da altri ricercatori, voglio soltanto osservare che senza suggestione non è possibile riprodurli. Sono forse venuto meno al metodo scientifico, perché sono limitato a ragionare su ciò che ho visto?» (96).
La suggestione sembra quindi a Bernheim il fenomeno a cui devono esser ricondotti i diversi comportamenti dei soggetti in ipnosi. Ma invocare uno stato psicologico come esplicativo di stati fisiologici, di norma considerati «stati semplici, elementari» significava in ultima analisi mettere in discussione tutto il metodo di Charcot.
«E d’altronde ammetto che questi fatti di ordine puramente fisico e fisiologico sono esatti e costanti! Ma è vero dire che sono più semplici, più elementari, più facili da interpretare dei fatti psicologici che abbiamo osservato? È vero che ci si può innalzare dai fatti più semplici ad altri più complessi e delicati? Affatto, perché questi fatti sono di ordine differente» (97).
La validità delle osservazioni di Charcot viene così inficiata proprio a partire dalla impostazione teorica scelta: se si parte dall’assunto che l’ipnosi è un fenomeno analogo allo stato di sonno, riconducibile in ultima analisi alla suggestione, allora non ha più senso dedicarsi alla classificazione degli stati di ipnosi, alla descrizione dei sintomi fisici che li caratterizzano (98).
Secondo Bernheim il grande ipnotismo descritto da Charcot non esiste, «è creato, scrive nel 1907, da una sorta di educazione suggestiva dei soggetti… In una parola si tratta di una ipnosi di cultura in cui l’operatore suggerisce a sua insaputa le manifestazioni e le fasi che i soggetti possono imitare l’un l’altro» (99).
Bernheim ammette che il verificarsi del fenomeno ipnotico ha bisogno di una certa disponibilità nel soggetto, disponibilità che non dipende però da una degenerazione del sistema nervoso ma che, nei suoi diversi gradi, costituisce una caratteristica normale dei diversi soggetti.
«Senza dubbio tutti abbiamo un sistema nervoso, una certa impressionabilità nervosa. La suggestione ipnotica, per agire sull’essere psichico ha bisogno di una certa disposizione, di una certa recettività cerebrale: è necessario che il soggetto sappia concentrarsi e per così dire lasciarsi penetrare dall’idea del sonno. Ma questa disposizione speciale, che molti hanno ad un certo livello, non è affatto appannaggio esclusivo della neuropatia e dell’isteria» .(100).
E nel 1903 scrive addirittura : «È mia opinione che la miglior cosa da fare sarebbe di cancellare la parola ipnotismo e sostituirla con “stato suggestivo”». E aggiunge: «L’ipnotismo non esiste; con ciò io voglio dire che non c’è uno stato speciale, anormale, antifìsiologico che merita questo nome; ci sono solo soggetti più o meno suggestionabili, a cui si possono suggerire idee, emozioni, azioni, allucinazioni (101)».
Per concludere possiamo dire che la polemica tra la scuola di Nancy e la scuola di Parigi ruota attorno ad alcuni punti che possiamo così schematizzare:
1) Metodologia scientifica. Secondo Charcot e la sua scuola la Dietologia di Bernheim non è affatto corretta, o quanto meno si allontana da un metodo di deduzione naturale, che si muove dal fenomeno più semplice al più complesso. Bernheim ribalta l’obiezione sostenendo che: a) ciò che Charcot definiva un fenomeno semplice in realtà richiedeva una complessa analisi in termini psicofisiologici, al limite riportava in vigore una spiegazione di tipo fluidistico; b) che i fenomeni fisiologici e psicologici si riferiscono a due ordini di fattori irriducibili l’uno all’altro: non è così possibile stabilire una graduatoria che porti dal semplice al complesso.
Notiamo inoltre che mentre le ricerche condotte da Charcot e dai suoi allievi, tendendo ad evidenziare fenomeni obiettivi, consideravano i fenomeni suggestivi come elementi di disturbo, e quindi da eliminare, le ricerche della scuola di Bernheim ritenevano la suggestione l’essenza del fenomeno; non veniva presa quindi alcuna precauzione per evitare il verificarsi di situazioni suggestive.
2) Natura del fenomeno. Secondo Charcot isteria e ipnosi sono strettamente apparentate, secondo Bernheim i due fenomeni non hanno nulla a che spartire, sono nettamente differenti: lo stato ipnotico trova invece un suo analogo nello stato di sonno naturale.
Per Charcot è possibile passare da stati di sonnambulismo ipnotico a stati di sonnambulismo isterico il che, come del resto l’analogia tra zone isterogene ed ipnogene, la cui esistenza viene negata dalla scuola di Bernheim, prova l’identità tra i due fenomeni.
Argomenti analoghi, quali la facilità del passaggio dal sonno all’ipnosi vengono usati da Bernheim per dimostrare l’identità tra i due stati.
3) Ipnotizzabilità dei soggetti. Per Charcot solo gli isterici o i temperamenti nervosi possono essere ipnotizzati: la tecnica usata determina inoltre lo stato ipnotico ottenuto. Agendo sulle zone ipnogene è possibile ottenere l’approfondimento della trance.
Per Bernheim invece tutti i soggetti sono ipnotizzatali, così come tutti, a livelli maggiori o minori sono suggestionabili.
4) Sintomatologia ipnotica. Charcot identifica tre diversi stati ipnotici, ognuno caratterizzato da indici fissi oggettivi. Per Bernheim i fenomeni osservati da Charcot sono un artefatto: la suggestionabilità e non la profondità del sonno costituisce l’elemento centrale del fenomeno. L’amnesia post-ipnotica, per Charcot indice della profondità raggiunta dallo stato ipnotico, è per Bernheim non essenziale, come del resto non lo è la perdita della «consapevolezza o della coscienza» durante lo stato ipnotico.
5) Tecniche per indurre l’ipnosi. Stimolazione delle zone ipnogene, per Charcot, o comunque ricorso a manovre fisiche: fissazione, occlusione dei globi oculari, ecc. Suggestione verbale per Bernheim.
6) Funzione dell’induzione. Per Bernheim, contrariamente a Charcot, i fenomeni che l’ipnosi suscita, come anestesie e allucinazioni, possono essere provocati anche senza che sia stata provocata nel rapporto una condizione di sonno, è sufficiente la sola attività suggestiva.
7) Uso dell’ipnosi. Per Charcot prevalentemente, anche se non esclusivamente, diagnostico: l’ipnotizzabilità è un rivelatore dell’isteria. Terapeutico per Bernheim.
8) Collaborazione del soggetto. Per Charcot inoltre è possibile porre un soggetto in ipnosi contro la sua volontà, stimolando le zone ipnogene, per Bernheim nessuno può essere ipnotizzato contro la propria volontà. Per Charcot quindi non è necessaria la collaborazione del soggetto, per Bernheim è fondamentale.
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(77) LIÉBEAULT A., Su Sommeil et des États Analogues Considérés Surtout au Point de Vue de l’Action du Moral sur le Physique, Masson et Cie., Paris- Nancy, 1866. (torna al testo)
(78) LIÉBEAULT A., Confession d’un Médicin Hypnotiseur, Revue de l’Hypnotisme Expérimental et Thérapeutique, 1866, 144. (torna al testo)
(79) È da notare che, in un contesto completamente differente, anche Pavlov avanza una simile interpretazione del sonno e dell’ipnosi. L’interpretazione di questi fenomeni proposta dal ricercatore sovietico trova la sua base teorica nei concetti di riflesso condizionato e di Attività Nervosa Superiore. A differenza della teoria di Liébeault la teoria pavloviana nasce in un contesto sperimentale: lo studio dei riflessi nel cane.
Pavlov sostiene l’analogia tra sonno e ipnosi, entrambi attribuiti ad uno stato di inibizione corticale. La differenza tra i due stati sta semplicemente nel fatto che mentre nel sonno si constata una inibizione corticale diffusa, nell’ipnosi persistono delle zone corticali in stato di eccitazione, dei «punti vigili» ; l’ipnosi viene così definita una sorta di sonno parziale, la presenza dei «punti vigili» spiega la possibilità di mantenere il rapporto tra ipnotizzatore e ipnotizzato. (torna al testo)
(80) LIÉBEAULT A., op. cit., 144. (torna al testo)
(81) Ibidem. (torna al testo)
(82) BERNHEIM H., De la Suggestion et des Applications à la Thérapeutique, Octave Doin, Paris, 1886; De la Suggestion dans l’État Hypnotique et Dans l’État de Veille, in Revue Medicai de l’Est, 1884, 3. (torna al testo)
(83) DE LA TOURETTE, op. cit. (torna al testo)
(84) BERNHEIM H., De la Suggestion dans l’État Hypnotique, cit. (torna al testo)
(85) BERNHEIM H., Le Docteur Liébeault et la Doctrine de la Suggestion, in Rev. Méd. de l’Est, 1907, 47. (torna al testo)
(86) BERNHEIM H., Le Docteur Liébeault et la Doctrine de la Suggestion, ci/., 49. (torna al testo)
(87) BERNHEIM H., ibid, 72. (torna al testo)
(88) BERNHEIM H., ibid, 73. (torna al testo)
(89) BERNHEIM H., De la Suggestion et ses Applications à la Thérapeutique, ci/., 15. (torna al testo)
(90) BERNHEIM H., Hypnotisme, Suggestion, Psychothempie, Octave Doin, Paris, 1903, 78. (torna al testo)
(91) BERNHEIM H., De la Suggestion et ses Applications à la Thérapeutique, cit., 153. (torna al testo)
(92) BERNHEIM H., Le Docteur Liébeault et la Suggestion, cit., 76. (torna al testo)
(93) BERNHEIM H., De la Suggestion dans l’État Hypnotique, cit., 14. (torna al testo)
(94) Gilles de la Tourette definisce il metodo naturale di Charcot «come quel metodo consistente nel determinare i segni diagnostici fisici e facilmente apprezzabili dei diversi stati ipnotici limitandosi dapprima alla rigorosa interpretazione dei fatti più semplici procedendo lento ma sicuro, non abbandonando lo studio di un fenomeno senza aver trovato il legame che lo univa a quelli che aveva precedentemente interpretati» DE LA TOURETTE G., op. cit., 49. (torna al testo)
(95) Già Liébeault parlava di temperamento individuale rispetto alla suggestione «La disposizione a mettersi in passività di spirito mi è sembrata ereditaria. Io ho veduto più volte che tutti i membri di una stessa famiglia cadevano spesso in uno stato simile di sonno, mentre fra i membri di certe altre io non potei trovare un solo domatore… I bambini ed i vecchi sono i meno disposti ad essere influenzati… questo tiene all’inerzia abituale della loro attenzione cosciente, cosi vicina a quella che presentano gli imbecilli. Come si fa ad addormentare costoro che, per natura, sono in uno stato presso a poco analogo al sonno?»
LIÉBEAULT A., Du Sommeil et des États Analogues Considerés Sourtout au Point de vue de l’Action du Moral sur le Physìque, cit. (torna al testo)
(96) BERNHEIM H., De la Suggestion de l’État Hypnotique…, cit., 1. (torna al testo)
(97) BERNHEIM H., ibidem. (torna al testo)
(98) I fenomeni suggestivi hanno il loro analogo nella vita normale e patologica, la natura li produce spontaneamente. Le paralisi, le contratture, l’anestesia le illusioni sensoriali… si realizzano in tutti noi nel sonno normale. Quando dormiamo siamo tutti suggestionabili e soggetti ad allucinazioni, a partire dalle nostre impressioni o impressioni esterne… Invece di considerare questi fatti meravigliosi ho cercato di accostarli a fatti analoghi che è possibile osservare nello stato fisiologico; ho fatto riferimento all’automatismo della vita normale, agli atti riflessi, istintivi… Mi sono mosso dalla suggestione allo stato normale alla suggestione allo stato ipnotico… BERNHEIM H., op. cit., 1884, 7 e 8. (torna al testo)
(99) Mi è facile dimostrare che il grande ipnotismo, quale è stato descritto da Charcot non esiste: è creato da una sorta di educazione suggestiva dei soggetti… BERNHEIM H., op. cit., 1907, 72. (torna al testo)
(100) BERNHEIM H., De la Suggestion dans l’état Hypnotique…, cit., 10. (torna al testo)
(101) BERNHEIM H., Hypnotisme, Suggestion, Psychotherapie, cit., 80. (torna al testo)
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15 – Freud e l’ipnosi nel periodo prepsicoanalitico
Come è noto Freud, sensibile come era a ciò che potesse servire a studiare l’elemento psichico, fu attratto agli inizi della sua carriera di medico e di studioso, dall’ipnosi.
È interessante vedere in che modo Freud elaborò le diverse esperienze di Parigi e di Nancy e superò le posizioni espresse dalle sue scuole e, in definitiva, quale immagine dell’ipnosi emerga dagli scritti contemporanei o di poco precedenti gli «Studi sull’isteria», lo scritto a cui si è soliti far risalire l’origine della psicanalisi (102).
Il primo scritto di Freud in cui si fa riferimento all’ipnosi è «La relazione sui miei viaggi di studio a Parigi e a Berlino», del 1886. Il resoconto si apre con un riferimento alle «scoperte in parte sorprendenti (ipnotismo) in parte assai importanti da un punto di vista pratico (isteria) dalla scuola francese» (103).
Lo studio scientifico dell’ipnotismo viene presentato come uno strumento che necessariamente doveva entrare a far parte del bagaglio del medico chi volesse occuparsi di nevrosi.
I fenomeni dell’ipnotismo, scientificamente descritti da Charcot, proprio come anni prima la sclerosi a placche o la distrofia muscolare (104), gli appaiono assolutamente inoppugnabili eppure talmente strani da non poter essere creduti, se non da chi vi abbia assistito personalmente (105).
Il resoconto di Freud appare orientato a vincere lo scetticismo che la medicina tedesca nutriva nei confronti di questi fenomeni. Il problema centrale di questo scritto infatti sembra quello di far accettare l’esistenza dei fenomeni ipnotici e la validità scientifica della ricerca clinica della scuola della Salpètrière (106).
In Isteria (1888) la questione dell’ipnosi viene ripresentata in modo esplicito ed è collegata direttamente al problema clinico posto dall’isteria «la bestia nera della medicina», il cui studio scientifico ha inizio con «Charcot e la scuola della Salpètrière che a lui si ispira» (107). All’ipnosi si fa riferimento a proposito della terapia dell’isteria: l’ipnosi costituisce uno dei mezzi più adatti per ottenere la scomparsa dei sintomi in quanto «punta direttamente sul meccanismo del disturbo isterico» (108).
Se si identifica nell’attività non cosciente la causa dell’isteria è allora possibile «imporre al paziente, mediante l’ipnosi, una suggestione che lo induca a liberarsi dal disturbo» (109).
Al metodo ipnotico viene accostato il metodo di Breuer, «il più appropriato per l’isteria in quanto imita proprio il meccanismo di insorgenza e di scomparsa dei sintomi» (110), il «cui trattamento sarà migliore quando un giorno, nei circoli medici, sarà compresa a fondo la natura della suggestione» (111).
Cogliamo in questo scritto, quasi totalmente dominato dalla figura di Charcot, un accenno di sfuggita a Bernheim. Pur non entrando direttamente nella polemica tra le due scuole, Freud comincia ad accennare all’importanza di fenomeni suggestivi nell’ipnosi.
Un certo distacco di Charcot si può cogliere in alcune affermazioni relative all’isteria: se cioè, tutto l’articolo è costruito sulla base dell’insegnamento di Charcot (112) e tende a fornire elementi per una diagnosi differenziale tra le affezioni isteriche e somatiche (in particolare le paralisi), è pur vero che Freud trova modo di sostenere che «proprio il fatto che le affezioni isteriche non rispecchiano per nulla le condizioni anatomiche del sistema nervoso… ci fa abbandonare l’idea che alla radice dell’isteria ci sia una qualche possibile affezione organica» (113).
La prefazione che Freud premette alla traduzione di «Della Suggestione» di Bernheim, contiene elementi di grande importanza per il problema che stiamo esaminando. Interessante è il modo in cui egli si inserisce nella polemica tra le due scuole: se l’ipnosi è unicamente una manifestazione psichica, un effetto della suggestione, allora «tutte le osservazioni della scuola della Salpétrière perdono di valore, anzi si trasformano in errori di osservazione».
Inoltre, se si ammette che «la suggestione del medico ha falsato i fenomeni dell’ipnosi isterica, è anche probabile che sia intervenuta nella osservazione della restante sintomatologia isterica, il che non sarebbe sostenibile in base alla esistenza di una obiettiva sintomatologia isterica» (114).
Se è vero che i fenomeni ipnotici e i meccanismi suggestivi sono fondamentali, è pur vero che i fenomeni che da essi si vogliono far derivare sono caratterizzati anche da indici fisiologici indubitabili, quali l’aumento dell’eccitabilità neuro-muscolare.
Se allora si ammette che «nell’ipnosi vi sono fenomeni fisiologici e psichici e che l’ipnosi può essere indotta in un modo o nell’altro» i problemi che costituiscono il fulcro della polemica tra le due scuole francesi perdono di senso, o meglio si rivelano come problemi non correttamente posti.
Secondo Freud il problema sollevato dall’ipnosi può essere affrontato solo se si cambia di livello e si cerca un anello di collegamento tra i fenomeni fisiologici e psicologici. «L’ipnosi, comunque provocata, è sempre la stessa e presenta sempre gli stessi fenomeni».
Se si accetta che la suggestione sia l’anello che lega le due serie di fenomeni (fisiologici e psicologici) il problema si trasforma in quello di definire che cosa si intenda per suggestione. «Io ritengo, osserva Freud, che l’uso ambiguo ed incerto del termine “suggestione” suggerisce una contrapposizione molto netta che in realtà non esiste; vale la pena di chiedersi che cosa si debba veramente intendere per suggestione».
La discussione sul significato di «suggestione» lo porta a sottolineare che nonostante la differenza esistente tra «suggestione psichica diretta e suggestione indiretta, fisiologica», si ha a che fare «con fenomeni tanto fisiologici che psicologici» (115).
La suggestione indiretta fisiologica che rimanda più all’autosuggestione o che alla suggestione, permette a Freud di identificare nella tendenza all’autosuggestione una caratteristica dell’isteria e di ricondurre il dilemma ipnosi/suggestione, allo studio della serie di anelli intermedi della catena che lega suggestione e autosuggestione. «Chiudere gli occhi induce sonno perché è connesso con l’idea del sonno quale uno dei suoi fenomeni concomitanti più costanti; una porzione del fenomeno del sonno suggerisce le altre parti del fenomeno complesso» (116).
Questa argomentazione viene però anche usata per ribadire, in opposizione a Bernheim, la validità delle tesi di Charcot: «Questa connessione dipende dalla natura del sistema nervoso… non dalla volontà del medico, e non potrebbe sussistere se non si fondasse su alterazioni nell’eccitabilità delle zone cerebrali interessate» (117).
Se si ammette che la suggestione non fa che provocare fenomeni fondati su caratteristiche funzionali del sistema nervoso dell’ipnotizzato e che nell’ipnosi si manifestano anche altre caratteristiche del sistema nervoso oltre alla suggestionabilità (118), allora la tradizionale contrapposizione tra fenomeni fisiologici e psicologici perde di senso.
Anche in un altro scritto Freud accenna nuovamente alle difficoltà, poste dall’uso che del termine «suggestione» fa la scuola di Nancy. Dire, come fa Bernheim, che «tout est suggestion» non fa altro che spostare il problema: anziché chiedersi che cos’è l’ipnosi ci si chiederà che cosa è la suggestione.
Bernheim cioè non si azzarda mai a sollevare il problema della suggestione, cioè non tenta mai di dare una definizione di questo concetto, caso mai suggestione diventa un termine per designare «ogni tentativo di esercitare un’influenza psichica su una altra persona» (119).
Ne «Trattamento psichico» (120) la questione viene ripresa collocandola all’interno della problematica più ampia del rapporto «corpo-psiche e psiche-corpo».
È proprio a questo livello che Freud ricolloca in termini originali il problema della natura dell’ipnosi. In questo scritto la realtà dell’ipnosi, l’esistenza in essa di fenomeni fisiologici e psicologici, non costituisce più oggetto di discussione. Il problema diventa piuttosto quello di come sia possibile studiare scientificamente l’ipnosi, quale ottica adottare per evitare una visione unilaterale del fenomeno.
Freud non si chiede più che cos’è l’ipnosi ma piuttosto in quali condizioni si verifica, o meglio quali sono gli elementi psicologici che caratterizzano il rapporto tra ipnotizzatore e ipnotizzato, in cosa differisce un simile rapporto dall’abituale rapporto medico-paziente.
«Questo fenomeno che si chiama rapporto, nel caso dell’ipnosi trova un corrispettivo nel modo in cui dormono alcune persone, per esempio la madre che nutre il bambino. Il fenomeno è così evidente che dovrebbe consentirci di comprendere la relazione tra ipnotizzatore e ipnotizzato».
È evidente lo spostamento di piano che così si opera. Da una definizione tautologica del problema si passa all’esame delle condizioni che rendono possibile il verificarsi del fenomeno da analizzare: chiedendosi quali sono gli indici psicologici che caratterizzano l’ipnosi ed identificandoli nell’atteggiamento di docilità e di ubbidienza, ad esempio, diventa possibile spostare i termini del discorso e ricercare anche altre situazioni in cui il rapporto è caratterizzato da queste valenze psicologiche: «l’ipnotizzato diventa arrendevole (verso l’ipnotizzatore), ubbidiente e credulo… L’attuazione di questa ubbidienza e credulità rivela allora come caratteristica dello stadio ipnotico il fatto che l’influsso della vita emotiva sul corpo è straordinariamente intensificato» (121).
Troviamo qui l’origine di quella che sarà la teoria psicoanalitica dell’ipnosi di Freud.
La suggestione non è più un termine generico per indicare un qualsiasi tentativo di influenzare psichicamente un altro ma un tipo di rapporto ben preciso, caratterizzato da ubbidienza e docilità, il cui prototipo «nella vita reale, fuori dell’ipnosi» viene identificato nel rapporto «del bambino rispetto agli amati genitori» (122) e ancora «una impostazione analoga della propria vita psichica verso quella di un’altra persona, con una sottomissione simile che ha un corrispettivo unico… in alcuni rapporti amorosi contraddistinti da completa dedizione» (123).
Rispetto alla polemica tra le due scuole francesi possiamo comunque notare che ancora nel 1896, nella introduzione alla seconda edizione di «Della suggestione», Freud criticava dal punto di vista della scuola di Charcot la teoria della suggestione di Bernheim.
Il limite della ricerca di Bernheim viene identificato proprio nel fatto che «mentre spiega tutti i fenomeni dell’ipnotismo con la suggestione, la suggestione stessa rimane assolutamente inspiegata, valendosi dell’apparenza di non aver bisogno di alcuna spiegazione» (124).
Concludendo, appare utile identificare nella posizione di Freud nei confronti dell’ipnosi tre diversi momenti:
1) Coincidenza con le posizioni di Charcot.
La prova della realtà dei fenomeni ipnotici, che Freud si preoccupa di far accettare all’ambiente medico, è basata su argomentazioni «scientifiche» desunte dalle opere di Charcot, e cioè su dati obiettivi, fisiologici: tono muscolare, restrizione del campo visivo, anestesia, sintomi di stintivi, diagnosi differenziale, ereditarietà, degenerazione, ecc.
2) Si nota l’influsso delle posizioni di Bernheim.
Il problema che Freud si pone non è quello dell’esistenza della ipnosi, ma di come sia possibile spiegare alcuni fenomeni psicologici ad essa connessi. Dare una spiegazione a livello psicologico non significa negare l’esistenza di una specificità del livello fisiologico: viene negato il riduzionismo di un piano all’altro, ed è sostenuta la necessità, per una spiegazione esauriente, di partire dall’analisi degli anelli intermedi.
3) Posizione intermedia tra Charcot e Bernheim.
Accertata l’esistenza del fenomeno e delle manifestazioni fisiologiche e psicologiche, accantonato il problema di stabilire se l’ipnosi sia «un fenomeno normale o un fenomeno indice di…» Freud si chiede quando e come scattino i fenomeni suggestivi.
In tal modo la sua analisi, pur lasciando aperti i problemi di ordine fisiologico posti dall’ipnosi, è volta a fornire strumenti che permettano di affrontare i fenomeni suggestivi.
Lo studio delle condizioni in cui questi possano prodursi si legherà allo studio delle condizioni di insorgenza dell’isteria, alla questione della natura del trauma e delle ragioni per cui gli affetti connessi all’evento traumatico rimangano incapsulati e possano divenire causa dei disturbi. Si tratterà poi di vedere come l’intervento suggestivo possa agire sul nucleo patogeno e di come quindi la natura delle suggestioni possa essere chiarita mediante lo studio della etiologia «ideogena» dell’isteria e della nevrosi in generale.
È negli Studi sull’Isteriache le ricerche di Freud sull’ipnosi cessano, quando come metodo di indagine sono usate le libere associazioni e quando alla isteria da stato ipnoide viene contrapposta l’isteria da difesa (125). Freud affronterà il problema molti anni dopo quando i fenomeni ipnotici interpretati in base alla teoria metapsicologica verranno posti in un sistema concettuale che supera i termini dell’antico dibattito (126).
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(102) FREUD S., Studi sull’isteria (in collaborazione con Breuer J.), in FREUD S., Opere, I, Boringhieri, Torino, 1967. (torna al testo)
(103) FREUD S., Relazione sui miei viaggi di studio a Parigi e a Berlino, in FREUD S., Opere, voi. I, cit., 5. (torna al testo)
(104) FREUD S., Relazione sui miei viaggi di studio…, cit., 11. (torna al testo)
(105) FREUD S., Relazione sui miei viaggi di studio…, cit., 12. (torna al testo)
(106) Più volte infatti si fa riferimento alla scientificità delle ricerche del la scuola di Charcot. (torna al testo)
(107) FREUD S., Isteria, in FREUD S., Opere, voi. I, cit, 43. (torna al testo)
(108) FREUD S., Studi sull’Isteria, cit., 51. (torna al testo)
(109) FREUD S., Ibid., 59. (torna al testo)
(110) Ibid., 59. (torna al testo)
(111) Ibid., 60. (torna al testo)
(112) Si vedano ad esempio gli accenni alla ereditarietà e alla degenerazione: «L’isteria non è che il sintomo di una profonda degenerazione del sistema nervoso che si manifesta in una perversione morale permanente» (p. 55) e ancora «l’etiologia dello status istericus va ricercata esclusivamente nella ereditarietà: gli isterici sono sempre predisposti a disturbi dell’attività nervosa» (p. 52). (torna al testo)
(113) Ibid., 51. (torna al testo)
(114) FREUD S., Prefazione alla traduzione di «Della suggestione» di BERNHEIM H., in Opere, voi. I, cit., 73. (torna al testo)
(115) Ibid., 76. (torna al testo)
(116) Ibid., 77. (torna al testo)
(117) Ibid., 77. (torna al testo)
(118) Ibid., 78. (torna al testo)
(119) FREUD S., Recensione a «L’ipnotismo» di A. FOREL, in Opere, voi. I, 91. (torna al testo)
(120) FREUD S., Il trattamento psichico, in Opere, voi. I, cit., 104. (torna al testo)
(121) Ibid., 105. (torna al testo)
(122) Ibid., 105. (torna al testo)
(123) Ibid., 106. (torna al testo)
(124) FREUD S., Prefazione alla seconda edizione della traduzione di «Del la Suggestione» di H. BERNHEIM, cit., 80. (torna al testo)
(125) FREUD S., Studi sull’isteria, cit. (torna al testo)
(126) FREUD S., Psicologia delle masse e analisi dell’Io, in FREUD S., Opere, Boringhieri, Torino, 1977, 257. (torna al testo)