Nel Vangelo non risulta una “chiamata” particolare di Giuda, che viene solo indicato nel numero dei dodici. Gesù sembra indicarlo unicamente dicendo: «Ho eletto i miei discepoli, e fra di essi c’è qualcuno che mi tradirà (consegnerà)» .
Questa battuta, interpretata negativamente, finisce per addebitare a Gesù una sorta d’incapacità a scegliere i propri discepoli, oppure, di aver deliberatamente inserito l’ignaro Giuda in un suo personale progetto di passione e di morte.
In positivo si evince che l’obiettivo del Cristo è l’eucarestia alla quale si consegna lo Spirito divino. Ed in vista di quell’evento Gesù prepara un eletto che lo consegni al mondo.
Rapporto tra Gesù e GiudaNel Vangelo non risulta una “chiamata” particolare di Giuda, che viene solo indicato nel numero dei dodici. Gesù sembra indicarlo unicamente dicendo: «Ho eletto i miei discepoli, e fra di essi c’è qualcuno che mi tradirà (consegnerà)» . Questa battuta, interpretata negativamente, finisce per addebitare a Gesù una sorta d’incapacità a scegliere i propri discepoli, oppure, di aver deliberatamente inserito l’ignaro Giuda in un suo personale progetto di passione e di morte. In positivo si evince che l’obiettivo del Cristo è l’eucarestia alla quale si consegna lo Spirito divino. Ed in vista di quell’evento Gesù prepara un eletto che lo consegni al mondo. È certamente singolare che i cronachisti non abbiano voluto approfondire il rapporto particolare tra la vicenda di Gesù e quella di Giuda, soprattutto in vista dell’assoluta rilevanza del personaggio negli eventi narrati. Nei racconti Giuda riveste un ruolo ben più importante dei “figli di Zebedeo”; eppure questi sono “chiamati”, si vedono attribuire il titolo di “Figli del tuono”, e sono più volte ricordati, anche se poi stranamente svaniscono nel nulla. Giacché è improbabile che il silenzio sul rapporto tra Giuda e Gesù possa attribuirsi ad una distrazione, è spontaneo ipotizzare che gli eventi siano stati coperti, proprio per connotare quell’anonimato che costituisce il segno distintivo della funzione sacerdotale. Dunque, anonimato ed ellissi*, non sono occasionali, ma finalizzati, ricalcando un tipico schema della Antica Scrittura, quando l’agiografo fa entrare nel racconto “la coppia”, in cui l’uno individua un significato mentre l’altro rappresenta il suo opposto. __________ * ellissi – dal gr. élleipsis, mancanza, indica la soppressione di una o più parole non indispensabili alla comprensione della frase e che si considerano, perciò, facilmente supplibili. __________ Tutto nella Bibbia è doppio. L’uomo è composto da anima e corpo, mentre all’opposto, con lui viene indicata la dolente frattura che separa l’umanità dal creato, che si dovrebbe riunificare in Cristo. Quando Giovanni narra di Gesù che chiamò i primi due discepoli, si dilunga solo su Andrea. Senza rivelare chi fosse l’anonimo aspirante che fa coppia con Andrea. Ma se il significato simbolico del nome “Andreas” è “uomo della terra” (andr-reas), l’altro potrebbe essere Giuda, l’eletto ed eponimo della maggiore tribù d’Israele. E quando Simone-Pietro viene raccontato in compagnia di un altro (discepolo amato), dalla qualità teologica del suo personaggio è facile ricavare che se lui è il Pastore, l’altro sarà il Servo. Ai vv. 6,70.71 Giovanni racconta: Gesù rispondeva: «… non ho forse scelto io voi dodici? Eppure uno di voi è un diavolo». Questo chiarisce come sia Gesù a volere Giuda tra i Dodici. Gesù chiamò alla cena eucaristica buoni e cattivi, e chi lo “consegnò” dovette imparare a “dare se stesso” al mondo “dov’è pianto e stridore di denti”, allo stesso modo di Gesù legato mani e piedi sulla croce. Dunque, l’esercizio stesso della missione ricevuta sarà la via ascetica del sacerdozio . I personaggi di Andrea, dell’anonimo e di Pietro presentano una Chiesa strutturata in laicato (l’umanità), sacerdozio eucaristico, e comunione universale. Sotto un altro profilo Giovanni ha voluto evidenziare l’inscindibilità delle due figure, quella del sacerdote eucaristico che costruisce una pluralità di Chiese, e quella di Pietro quale segno vivente della loro unità. Anche in questo punto vengono accostati Simone e Giuda, che sono i personaggi fondamentali della gerarchia ecclesiastica. Questo accostamento ha sempre causato scintille, in una Chiesa che trova la propria diarchia nella sintesi di un “terzo elemento” cioè nel Cristo, anche se nella chiesa visibile (terrena) le cose stavano, e continuano a stare, molto diversamente. Infatti, nella Chiesa visibile (terrena) la diarchia spirituale non si è mai compiuta, né ha mai trovato applicazione nella prassi ecclesiastica, troppo impegnata a sostenere modelli di gerarchia e di supremazia fin troppo umani. Quando nella sua dimensione visibile la Chiesa perde il contatto con il suo grande ed unico liturgo che è il Cristo, non riesce a costruire la diarchia spirituale, interpretando come supremazia del più grande quello che il Cristo avrebbe voluto come paritetico e non all’opposto del piano spirituale . E questo esclude l’esaltazione della pastoralità di Pietro (il nominato) rispetto al servizio eucaristico dell’anonimo “discepolo che Gesù amava”. Eppure questo profilo teologico è sempre appartenuto alla coscienza della Chiesa, espresso nella polemica tra Pietro e Paolo. Ma, se sul piano concettuale i due nomi continuano a formare una endiadi, in pratica la figura di Pietro è diventata assorbente ed onnicomprensiva, tanto che per il sacerdozio eucaristico si è ritagliata una collocazione falsamente subordinata. Una soluzione che non giova ad una Chiesa, ancorché terrena, in cui la comunione in Cristo è resa simile all’uniformità disciplinare . La contrapposizione sulle funzioni ecclesiali viene trattata da Giovanni alla fine del suo Vangelo, quando Simone, che s’intende quale unico capo della Chiesa, chiede a Gesù di liberarlo dall’incomoda presenza del “discepolo amato”. Ma la sua risposta è di segno opposto, infatti dice: «…egli non cesserà mai di esistere, perchè è l’eucarestia, e non la funzione pastorale, a costituire la Chiesa di cui Pietro è segno di Unità». |