Il Creatore (Deus Otiosus)

Miti e SimboliIl Creatore, una volta creato il mondo naturale e trasmesso le norme comportamentali agli esseri umani, si ritira e non interviene più nelle vicende comunitarie. Dopo la creazione avviene sempre una trasgressione dell’ordine consolidato: il Creatore, anziché intervenire infliggendo la giusta punizione agli empi sul modello delle divinità politeistiche o dell’iroso Dio del Antico Testamento, si ritira senza ascoltare le preghiere degli uomini e diventa un deus otiosus.

Il Creatore (Deus Otiosus)

di Antonio D’Alonzo

Il Creatore, una volta creato il mondo naturale e trasmesso le norme comportamentali agli esseri umani, si ritira e non interviene più nelle vicende comunitarie. Dopo la creazione avviene sempre una trasgressione dell’ordine consolidato: il Creatore, anziché intervenire infliggendo la giusta punizione agli empi sul modello delle divinità politeistiche o dell’iroso Dio del Antico Testamento, si ritira senza ascoltare le preghiere degli uomini e diventa un deus otiosus.

Il Creatore, di solito, è un dio celeste, ma alcuni studiosi come R. Pettazzoni, hanno rilevato come questo carattere appartiene propriamente all’Essere Supremo. In ogni caso, non sempre la distinzione tra Creatore ed Essere Supremo è perfettamente delineata nelle civiltà “primitive”, mentre, in realtà, entrambi possono essere divinità del cielo.
Puluga, dio creatore degli Andamenesi, si ritrae nel cielo dopo avere foggiato il sole e la luna ed aver inventato le arti umane. Ma interviene con potenti uragani, ogni qual volta si produce del rumore all’alba o al tramonto. Puluga, dunque, condivide le caratteristiche del Creatore, ma anche dell’Essere Supremo.

Si deve in ogni caso sottolineare come la connotazione peculiare del Creatore rispetto all’Essere Supremo sia da ricercare nella dimensione ordinatrice, quando non propriamente creatrice, dell’azione iniziale. Temàukel dei Selk’nam della Terra del Fuoco crea gli antenati mitici che danno inizio alla genia umana, ma una volta portata a compimento l’azione si ritira e diventa del tutto indifferente alle vicende umane. Daramulun dei Muring australiani, rimane sulla terra fino al completamento dell’insegnamento iniziatico, poi si ritrae nel cielo ed il suo nome sarà ricordato dai soli iniziati.

Bunjil – altro deus otiosus australiano – crea la terra e gli uomini, prima di lasciare per sempre la terra e nascondersi in cielo. Come conseguenza del suo silenzio, il deus otiosus non compare più nelle cerimonie di culto, ma è anche poco presente nelle cosmogonie. Olurun degli Yoruba affida ad uno dei suoi figli la cosmogonia. Obatala, il figlio maggiore, compie la creazione dopo essersi ubriacato e forgia in malo modo gli uomini dall’argilla. Soltanto con l’intervento di Odudawa, il figlio minore, l’opera è completata. Indispettito, Olurun si ritira dal mondo. Come conseguenza di questo gesto, gli Yoruba invocano Olurun soltanto eccezionalmente ed in caso di gravissime calamità. Molte volte la regalità del Creatore è usurpata da altre divinità.

Nel pantheon ittita, Anu sconfigge Alalu, ma è a sua volta sopraffatto e castrato dal suo servo Kumarbi. La stessa mutilazione è presente nell’evirazione di Urano da parte del figlio Cronos, a sua volta detronizzato da Zeus.

Nel pantheon mesopotamico Marduk spodesta gli dei fondatori An, Enlil ed Ea. Dietro questi cruenti sovvertimenti dell’ordine originario si cela probabilmente il tentativo del pensiero mitico di avallare la progressiva diversificazione ed il consequenziale allontanamento dallo stato edenico, perfetto. Per spiegare il caos ed il disordine del mondo, ci si deve necessariamente riferire ad una perfezione primordiale, simboleggiata dal dominio iniziale del Creatore. Successivamente accade qualcosa e quest’ultimo si ritira o viene ucciso: ha inizio la corruzione e la decadenza. Questa dinamica si ripresenta anche nel caso di dei che non possiedono i caratteri del Creatore, come per esempio nel caso di Urano.

È interessante osservare come lo stesso gesto del ritiro sdegnoso fondi la trascendenza: il dio che si ritrae rende possibile – con il suo retrocedere – la possibilità “ontologica” dell’elevatezza e della dimensione trascendente rispetto al mondo orizzontale della natura.

Il Cielo si manifesta per la prima volta alla coscienza mitica grazie al ripiegamento del Creatore. L’indifferenza e la passività del deus otiosus simboleggiano l’immobilità e dunque la perfezione dell’ordine “metafisico” (inteso, nel senso di regno soprannaturale), perenne ed incorruttibile. In questo caso l’idea di una trascendenza celeste rende possibile fondare le norme comunitarie, i rituali di passaggio ed i tabù. Niente deve essere cambiato nella vita astorica e “cosmica” dell’uomo arcaico, poiché il gesto rituale deve reiterare ed ispirarsi al momento iniziale della fondazione del Mondo, avvenuta ab origine e destinata a ritornare – come ha evidenziato Elide – nella ciclicità periodica delle stagioni.

Anche il simbolismo è reso possibile dall’allontanamento del deus otiosus, la cui perfezione originaria, qualora rimanesse sulla terra, rimarcherebbe impietosamente la distanza siderea della condizione umana. Accade anche che il deus otiosus possa scomparire del tutto, cadendo nell’oblio, come nel caso dell’indoeuropeo Dyaus, per il quale non si sono conservati inni o miti, ma che comunque ha trasmesso la derivazione etimologica del nome a diversi dei del politeismo, quali, ad esempio, Zeus Pater, Juppiter, lo scita Zeus-Papoios. Il tracio-frigio Zeus-Pappus e l’illirico Daipatures.

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