Come svelare i misteri della Cabala /2

Studi BibliciNella Cabala Pratica si tenta un’interpretazione mistica dell’Antico Testamento studiando ogni frase, parola e lettera e mentre queste si vanno combinando, creano connessioni tra distinti livelli della creazione senza perdere il filo conduttore che unisce in uno stesso significato ontologico i sostantivi ubicati in distinti versetti del Libro. Questo tipo di Cabala alla quale alludiamo, contiene varie formule che potremmo riassumere in tre parti: Gematría, Notaricon e Temura.

Come svelare i misteri della Cabala /2

di Anonimo – Traduzione da testo spagnolo a cura di Giuseppe Barbone

Configurazione della Bibbia

Nello schema che segue possiamo osservare che la Bibbia ebraica si divide in tre parti: La Legge che contiene il Pentateuco di Mosè, I Profeti e Gli Scritti o Agiografi. A sua volta i Profeti si dividono in Profeti anteriori, i Giudici, e in Profeti posteriori che sono i profeti propriamente detti. L’apparizione dei differenti testi è indicata cronologicamente. È curioso osservare che circa il 40 percento dei libri appaiono vicino alla data della schiavitù in Babilonia. È anche curioso che tra il primo ed il terzo Isaia ci siano circa 250 anni, con questo abbiamo una dimostrazione chiara che la Bibbia si continuava a scrivere sul testo originale.

Rispetto ai libri di Isaia abbiamo la seguente informazione. In Isaia 1.1, dice il profeta: “Visione che Isaia ebbe in tempi di Osías, Joatam, Ajaz ed Ezechiele, re di Juda”. Osías salì al trono nel 780 a.C. ed Ezechiele morì nel 692 a.C., pertanto, il primo versetto situa Isaia nel secolo VIII a.C. D’altra parte, il secondo libro di Isaia continua con un testo allusivo a Senaquerib, figlio di Sargon, assiro, del quale parla alla fine del primo libro. Questo mostra una modificazione molto marcata e repentina. Tutto è distinto, linguaggio, stile ed ambiente. Pertanto, lo scrittore del secondo libro sembra essere un altro. Nel 45.1, non parla più di Ajaz, di Ezechiele e di Senaquerib, di Ciro che regnò un secolo e mezzo dopo Senaquerib. Il secondo libro di Isaia è uniforme per tutti i primi 55 capitoli, ma poi, dal 56° al 67°, sembrano scritti in un’altra epoca, perché non dicono, come gli altri, che presto l’esilio finirà, ma lo dà come un fatto successo. Questi capitoli sembrano scritti verso il 450 a.C., cioè, un secolo dopo il secondo Isaia e quasi tre secoli dopo il primo Isaia. In modo che l’opera di Isaia ricevette la sua forma definitiva circa trecento anni dopo la morte del profeta. In quanto ai messaggi, nel primo introduce l’idea del Messia come un re glorioso guerriero e predice l’esilio. Il secondo parla di un Messia colpito, ferito ed assassinato, che compie la volontà di Dio. Nel secondo dice che l’esilio finirà presto. Nel capitolo 56 l’esilio era già passato. Isaia trasforma Dio in un dio universale, non solo degli ebrei. Il messaggio di Isaia nel 40.3, è ripreso posteriormente da Matteo, l’evangelista, per creare il supporto del ministero di Gesù. Si osserva anche che l’ordine dei versetti di Isaia hanno avuto sistemazioni, perché non sono successivi.

Cronologia dell’antico testamento

Qualunque analisi che si faccia della Bibbia, emerge l’incorporazione di un metodo per estrapolare altre informazioni attraverso i sostantivi ebraici ed il testo del capitolo XIV della settima rivelazione dell’Apocalisse di Esdras e ci danno adito di pensare che il testo biblico è puramente religioso ed elaborato secondo le necessità.

La Bibbia ebraica è divisa in tre parti secondo l’ordine seguente:

a) La Legge. Che a sua volta contiene il Pentateuco. I nomi ebraici dei cinque libri appaiono all’inizio del testo: Berechit (Genesi). “Questi” sono i nomi (Esodo). “IHVH chiamò Mosè” (Levítico). “Nel deserto” (Numeri). “Queste” sono le parole (Deuteronomio).

b) I profeti, che a loro volta hanno una suddivisione: Profeti anteriori (Josué) I giudici, Samuel 1 e 2 (Re 1 e 2) I profeti posteriori, Isaia, Jeremías, Ezechiele, Daniel; ed i dodici profeti minori nell’ordine stabilito dalla Vulgata sono: Ossee, Joel, Amos, Abdías, Jonás, Miqueas, Nahym, Habacuc, Sofonías, Ageo, Zaccaria e Malachia.

c) Gli scritti o agiografi: I Salmi o lodi, Job, Proverbi, Ruth, Il Cantico dei Cantici, L’Ecclesiaste (“Qohelet”), Lamenti, Esther, Esdras (due libri), Nehemías, Cronache. Da Ruth ad Esther ricevono il nome di “I cinque Rotoli”. si leggevano nelle feste ebraiche.

L’Alfabeto ebraico come simbolo della Creazione

Nella Cabala Pratica si tenta un’interpretazione mistica dell’Antico Testamento studiando ogni frase, parola e lettera e mentre queste si vanno combinando, creano connessioni tra distinti livelli della creazione senza perdere il filo conduttore che unisce in uno stesso significato ontologico i sostantivi ubicati in distinti versetti del Libro. Questo tipo di Cabala alla quale alludiamo, contiene varie formule che potremmo riassumere in tre parti: Gematría, Notaricon e Temura.

La Gematría riferisce il valore numerico delle lettere e le parole, sostantivi del testo biblico. I numeri sommati danno un valore e se troviamo un altro sostantivo, che sommato ai suoi lettera-numeri danno lo stesso valore, diremo che ontologicamente è la stessa idea. Per esempio, la parola Messiah, Messia, ed il termine Ib-shil, Shilo verrà, sommando 358, dove 3+5+8 = 16 per ottenere infine 1+6 = 7. Tanto Messia come Shilo si riferiscono simbolicamente alla Semente. Il nome del bastone di Mosè in ebraico è “nachash” le cui lettere danno come somma 358. Così vediamo che tre cose apparentemente distinte: il bastone, il Messia e Shilo, sono la stessa idea. Questa idea che abbiamo denominato Semente, si riferisce ad un piano dentro il divenire della creazione. Bisognerebbe riferire la parola Semente all’effetto che esercita lo Spirito Santo sulla creazione dell’uomo e dell’universo.

Sul Notaricón e la Temura non ci tratterremo molto perché è più importante per noi la Gematría. Va detto solamente che il Notaricón si riferisce ad una chiave determinata che si usa per la creazione di nomi che utilizzano le lettere iniziali o finali delle parole di una frase. La Temura da parte sua, si riferisce alla tecnica di scrivere due abbecedari invertiti e spostare le lettere di posizione.

La Cabala Pratica stabilisce inoltre i seguenti principi:

Yod, la più piccola delle lettere è una delle più studiate. Tutte le lettere hanno forma di cunei e chiodi e la più piccola è la Yod. Qualunque lettera ebraica contiene la lettera Yod? L’aleph ha in essa due Yod, una di esse invertite?

Per strutturare la Cabala Pratica è stata ripresa tutta la numerazione di tutti i nomi e i titoli divini, nonché tutti i nomi propri e la numerazione di tutte le frasi che registrano ordini divini, sono state anche riportate alcune parole con altre attraverso i valori numerici lasciando in questa relazione tutta la spiegazione della creazione.

Lo Shemhamforash o nome sacro è una formula che conserva la relazione col simbolo della Scala di Jacob, quella che sale dalla terra al cielo. Per ciò si iscrivono tre versetti di Esodo uno sotto all’altro ed alla lettura verticale delle tre lettere vengono aggiunti i suffissi “A” o “Ih”, che sono compresi nei nomi di Dio. Con questo metodo sono stati creati i nomi dei 72 angeli.

Origini e contenuto del Sepher Yetzirah

Il Sefer Yetzirah (S.Y.) o Libro della Formazione è la prima opera conosciuta che segna un principio o punto di partenza della tradizione cabalistica scritta. È di autore anonimo e la sua apparizione si presume risalire fra il 600 ed il 300 a.C.

È la simbologia delle lettere quello che dà un senso al passaggio allusivo di Abramo e Sarah nella Genesi, essi non avevano discendenza fino a che Dio incorpora un’acca nei suoi nomi. Dicono i cabalisti, a questo proposito, che il nome di Dio IHV si completi col nome umano di Abramo e passa a chiamarsi IHVH. Pertanto, è possibile risalire alla data delle incorporazioni sacerdotali come origine del Sefer Yetzirah. La data di dette incorporazioni, coincidono con quelle dell’apparizione del libro.

Non sappiamo se Esdras è l’autore del Sefer Yetzirah, nella letteratura ebraica consultata, non c’è nessun riferimento in merito, ci sono tuttavia molte coincidenze nelle date e negli stili che ci riportano certamente a questo sacerdote che conosceva molto bene le opere di Mosè e dei profeti.

È possibile che il Sefer Yetzirah provenga da scritti anteriori all’anno 600 a.C., al suo interno è possibile che ci siano stati altri inserti operati da altri sacerdoti. Il capitolo V per esempio, non sembra avere nessuna relazione col resto dell’opera. È in questo capitolo che il S.Y. nomina il solo Abramo, magari per collegarlo con la Genesi ed incorporarne la simbologia delle lettere e l’aspetto occulto del suo nome.

Il caso vuole che proprio il Sefer Yetzirah sia un libro misterioso. Riporto le parole del rabbino e cabalista Aryeh Kaplan: “Se l’autore desiderava che fosse occulto nel suo reale significato, il suo successo fu completo”. Solo con una analisi approfondita ed intelligente e con lo studio approfondito di ogni parola in relazione coi suoi parallelismi della letteratura biblica e “talmudica” si può iniziare a penetrare il suo alone occulto.

Il Sefer Yetzirah è un libro di meditazione, di profondo contenuto e di una saggezza incredibile, nonostante sia un libro molto piccolo, è composto di sole mille trecento parole nella sua versione breve, e non più di duemilacinquecento nella sua versione lunga. In totale esistono quattro versioni, come nella Torah, fra queste esiste una in versione Saadia che possiamo definire molto strana. Quest’ultima è la più utilizzata e contiene milleottocento parole. La versione Saadia è qualcosa di strano, poiché presenta una disposizione del libro diversa dalle altre tre. La versione breve usa i verbi in imperativo, le altre al passato. Gli imperativi si adattano meglio al senso del tempo e della mentalità ebraica.

Il contenuto del Sefer Yetzirah è dogmatico, nel senso stretto, “trasmette quello che riceve senza aggiungere né togliere niente”, perché le interpretazioni e le speculazioni sono soggettive e sono quelle che promuovono la controversia, ma se così non fosse, sia chiaro, si eliminerebbe il metodo meditativo. Pertanto, l’essere conciso e senza spiegazioni, permette il lavoro di meditazione sul testo che dopo una prima lettura, ci porterà ad una riflessione o interpretazione con le quali si completa il metodo di immaginazione e ragione o rivelazione profetica e riflessione, oppure meditazione e riflessione.

Eccetto la versione Saadia, il Sefer Yetzirah consta di sei capitoli. Nel sesto come già detto, c’è un piccolo riferimento ad Abramo, questo permette ad alcuni cabalisti di attribuirne la paternità a questo patriarca. Seppure altri cabalisti indicano Mosè come ricettore di questa tradizione, tuttavia, il S.Y. non nomina Mosè, né altri personaggi ad eccezione di Abramo.

Il primo capitolo introduce le sephirot, ma non presenta nessun disegno né nomi di ogni sephirah. Esso dice solo che sono dieci e non nove, dieci e non undici. Menziona anche che la visione delle sephirot è come quella di un raggio. Le rappresentazioni dell’albero ed i nomi delle sephirot, sono stati sviluppati posteriormente dai cabalisti. In una Bibbia cristiana scritta in siriaco, appare Cristo crocifisso e la relazione delle sephirot con distinte parti del suo corpo. Questa, come altre rappresentazioni, è un prodotto della mente umana partendo da coloro che conobbero il contenuto del Sefer Yetzirah, ma questo non vuole dire che questa opera contenga il prodotto dell’immaginazione di tutti i lettori.

Testo, numero e comunicazione, sefer, sefar e sipur, sono chiavi del Sefer Yetzirah. Tanto le dieci sephirot del primo capitolo, come le ventidue lettere del secondo rimangono registrate nello spazio intangibile. Qui deve intervenire la meditazione sul testo, nel numero primordiale e nella comunicazione. Detto diversamente, bisognerebbe immaginare o visualizzare lo spazio fisico e di quello “non apparente” continuare a formare i trentadue sentieri, le dieci sephirot e le ventidue lettere, fino a che detto spazio perda il vuoto o nulla apparente e rimanga completamente pieno con le lettere. Il Sefer Yetzirah dice che Dio, Yah, registrò le lettere in quello spazio, le intagliò, cioè, tolse schegge dallo spazio, fino a lasciare solo le lettere. Notate che non si tenta di riempire lo spazio, bensì di toglierlo dalla realtà materiale affinché appaia la parte occulta. A partire da questa formazione-creazione, si medita.

È possibile che durante la visualizzazione e/o meditazione delle sephirot, esse corrano o si muovano; può essere che passino davanti alla nostra immaginazione in quel momento. Sempre con la nostra immaginazione dobbiamo seguirle ed agganciarci ad esse, e da esse, meditare.

I tre capitoli seguenti del S.Y., si riferiscono alla divisione delle lettere collocandole in relazione con l’universo, l’uomo ed il tempo. Dicendo universo, anima ed anno, si può intendere come distanza, coscienza e tempo. Qui viene mostrata un’altra volta l’idea triplice che spesso emerge nel S.Y. . Questi capitoli del libro, sono più speculativi che meditativi, ed i primi due capitoli sono una combinazione di scritti anteriori, mentre il resto aggiunto a posteriori è ben più recente del testo del capitolo sesto.

Il capitolo I della versione breve del S.Y. contiene quattordici sezioni, mentre il capitolo II, ne contiene solo sei. Dato che il contenuto di questi due capitoli è considerato come meditativo, trascriviamo di seguito il testo seguendo l’ordine ma senza indicarlo, prescindiamo dal resto dei capitoli in quanto di carattere speculativo o interpretativo. Utilizziamo la versione breve perché è quella che usa i verbi in forma imperativa:

“Con 32 sentieri mistici di Saggezza registra Yah, Il Sig. degli Eserciti, Dio d’Israele, il Dio Vivente, Re dell’universo, Dio onnipotente, clemente e misericordioso, Altissimo ed Onnipotente, che abita nell’eternità ed il cui nome è Sacro. Egli crea il Suo universo con tre libri, con testo (sefer), con numero (sefar) e con comunicazione (sipur).

Dieci Sephirot del Nulla, ventidue lettere di fondamento: Tre Madri, Sette Doppie e Dodici Elementari.

Dieci Sephirot del Nulla: il numero delle dieci dita, cinque opposti a cinque; con un’unica alleanza precisamente nel mezzo, come la circoncisione della lingua e la circoncisione del membro.

Dieci Sephirot del Niente: dieci e non nove; dieci e non undici. Considera nella tua Saggezza e saprai nell’ Intelligenza. Esamina con esse e scruta da esse. Fa’ che una cosa si erga sulla sua essenza e faccia che il Creatore si senta nella Sua base.

Dieci Sephirot del Niente: la sua misura è dieci e non ha fine. Una profondità del principio, una profondità del fine, una profondità del bene, una profondità del male, una profondità del sopra, una profondità del sotto, una profondità dell’est, un profondità dell’ovest, una profondità del nord, una profondità del sud. Il Maestro unico, Dio Re fedele, domina su tutte dal suo santo monte fino all’eternità delle eternità.

Dieci Sephirot del Nulla: la sua visione è come l'”apparizione del raggio”, il suo limite non ha fine. La sua Parola in essi “và e ritorna”. Si precipitano al suo dire come un uragano e si affanano davanti al suo trono.

Dieci Sephirot del Nulla: la sua fine è contenuta nel suo principio ed il suo principio nella sua fine, come la fiamma unita alla brace. Perché il Maestro è unico, non c’è un secondo; e prima dell’Uno, che cosa si può contare?

Dieci Sephirot del Nulla: frena la parola della tua bocca e al tuo cuore di pensare. Se il tuo cuore corre, ritorna da dove è venuto, come sta scritto: “Le Chayot correvano e ritornavano” (Ezechiele 1:14). rispetto a questo si fece l’alleanza.

Dieci Sephirot del Nulla: Uno è l’Alito del Dio Vivente, benedetto sia il Nome della Vita dei mondi. Voce, Alito e Parola. Questo è l’Alito Sacro (Ruach HaKodesh).

Due: Insufflo dell’Alito. Con lui registra ed intaglia ventidue lettere fondamento – tre Madri, sette Doppie e dodici Elementari – ed un solo Alito proviene da esse.

Tre: L’Alito dell’Acqua. Con l’acqua registra ed intarsia il caos ed il vuoto, la terra ed il fango. Comprendili ed intagliali come un muro, poi coprili con un coperchio.

Quattro: Fuoco di Acqua. Con lei comprendi ed intaglia il Trono di Gloria, Seraphim, Ophanim, il Sacro Chayot ed angeli Ministri. Con le tre stabilisce la sua dimora, come è scritto: “Fa i suoi angeli di aliti, i suoi ministri di fuoco fiammeggiante.” (Salmi 104:4).

Cinque: Con tre delle lettere semplici “sigilla le cose alte”. Ne sceglie tre e le pone nel suo grande Nome: YHV. Con esse crea le sei estremità. Le pone verso l’alto e le sigilla con YHV.

Sei: Indica le cose di sotto”. Le pone verso il basso e le sigilla con YHV.

Sette: Indica “l’est”. Lo pone di fronte e lo sigilla con YHV.

Otto: Indica “l’ovest”. Lo pone di dietro e lo sigilla con YHV.

Nove: Indica “il sud”. Lo pone a destra e lo sigilla con YHV.

Dieci: Indica “il nord”. Lo pone a sinistra e lo sigilla con YHV.

Queste sono i Dieci Sephirot del Nulla. Uno è l’Alito del Dio Vivente, Soffio dell’Alito, Acqua dell’Alito, Fuoco dell’Alito, Fuoco dell’acqua e delle estremità, sopra, sotto, est, ovest, nord e sud.

Ventidue lettere di fondamento: tre Madri, sette Doppie e dodici Elementari. Le tre Madri, A M Sh, il loro fondamento è la base del merito, la base della responsabilità e la lingua del decreto che decide tra essi.

Ventidue lettere: registrale, intagliale, pesale, permutale e trasformale, con esse disegna l’anima di tutto quello che fu formato e tutto quello che sarà formato nel futuro.

Ventidue lettere fondamento: sono registrate con la voce, intagliate con l’alito e poste nella bocca in cinque punti: AChHO, BVMP, GYKQ, DTLNTh, ZSShRTz.

Ventidue lettere fondamento: sono posizionate in un cerchio come 231 porte. Il cerchio gira in avanti ed indietro. Questo è un segno: Non c’è bene superiore al diletto (ONG) e non male peggiore della piaga (NGO).

Come? Permutale e trasponile, Aleph con ognuna ed ognuna con Aleph; Bet con ognuna ed ognuna con Bet. Si ripetono in un ciclo. Pertanto, tutto quello che è formato e tutto quello che è parlato deriva da un nome. Forma la sostanza a partire dal caos e falla esistere con la non esistenza. Taglia grandi pilastri d’aria che non possono essere afferrati. Questo è il segno: Uno previene prevede, traspone e crea tutta la creazione e tutte le parole con un nome. Ed ecco un segno di questo: ventidue oggetti in un corpo unico.”

Di seguito presenteremo un riassunto delle sezioni da 4-8 a 4-14. Questo riassunto si può usare per un lavoro pratico di meditazione. Si riferisce alle sette lettere doppie che rappresentano aspetti da tenere in conto nella vita giornaliera. Il non applicarli fa che uno si districhi nella vita attraverso i suoi opposti inconvenienti, per esempio, cadere nella stupidità invece di applicare saggezza.

Riassumendo le sezioni 4.8 – 4.14, S.Y (Gra)

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Rappresentazione dell’Albero della Vita o Spephirotico

Il primo triangolo è il mondo superiore o Prima Trinità dalla quale sorge tutto il resto. È formato da: Corona (Kether), Saggezza (Chokmah) e per Volontà (Binah). Il secondo triangolo è formato da: Povertà (Chesed), Forza (Geburah) e Bellezza o Equilibrio (Tiphereth). Il terzo triangolo lo formano: Vittoria (Nezach), Gloria (Hod), e Fondamento (Yesod).La decima sephira non rappresentata in questo diagramma è Il Regno (Malkut). Le dieci Sephirot possiamo dividerle in quattro piani. Il primo triangolo sarebbe il mondo dell’Emanazione. Il secondo è il mondo della Creazione. Il terzo è quello della Formazione e Malkut o il Regno si trova nel mondo dell’azione. Possono rappresentarsi anche quattro alberi dove il Malkut del primo è il Kether del secondo e così via. Questo rosario di quattro alberi rappresenta i quattro livelli della creazione. In modo che c’è uno in Atziluth, un altro in Briah, un terzo in Yetzirah ed un’altro in Assiah.

Le 7 lettere doppie nello schema tradizionale dell’albero

Nota: Le tre lettere madri si iscrivono sui tre sentieri orizzontali dell’albero, le sette doppie sui verticali e le dodici semplici sugli obliqui.

La caduta dell’uomo: mito di Adamo

Ogni cultura ci parla di un primo uomo. Ogni narrazione si adatta alla mentalità, lingua ed abitudine nelle quali è nata. La Genesi narra la creazione dell’uomo secondo la mentalità ebraica seguendo il metodo descritto sopra. Il nostro problema, pertanto, è culturale. Vuol dire che abbiamo assunto per via religiosa una spiegazione del primo uomo raccontata alla maniera della mentalità ebraica ma non secondo la nostra, né la nostra lingua. La distanza tra le due culture è grande e tale è il rischio interpretativo che affrontiamo con cautela. Inoltre, dobbiamo riconoscere, che ci è sempre stata somministrata ed alimentata la cultura del mistero, invece di quella dello studio e della conoscenza. La costruzione grammaticale che gira attorno alla creazione del primo uomo può darci la chiave per cercare di capire alcuni misteri ed eliminare alcuni concetti errati.

Oltre alla Genesi, esiste un’altra fonte ebraica che ci parla della creazione. Si tratta del Sepher Yetzirah (libro della formazione), il quale è anonimo e si ubica tra il 600 ed il 300 a.C. insieme allo Zohar, lo Yetzirah, forma il nucleo dell’istruzione cabalistica e si estende per tutta la Torah. Per capire il mistero della creazione, ricorreremo ad alcune spiegazioni dello Yetzirah.

In ebraico, la parola creazione ha quattro significati o livelli. Quello che per noi significa creazione, in ebraico si dice “beriyah”, questo è dunque il primo tema che dobbiamo risolvere, tutti gli atti creativi non corrispondono a questo livello di creazione: Il primo o più alto livello è il designato “Atziluth” (emanazioni). Questo è un livello difficile da comprendere, dunque non abbiamo nella nostra mente o coscienza nessun riferimento che ce lo renda reale. Un rabbino lo chiama “creare” il nulla dal nulla. Il secondo è chiamato “Briah”, che è anche difficile da capire, benché a differenza del primo, possiamo cominciare già a verbalizzare. Il rabbino a cui facciamo riferimento, Kaplan, lo chiama “creare qualcosa del niente”. Il terzo livello è chiamato “Yetzirah”, come il libro, e vuol dire formazione o livello di formazione, al quale Kaplan gli assegna l’idea di “creare” qualcosa da qualcosa. Il quarto livello corrisponde ad “Assiah” ed indica il livello dei fatti accaduti o la funzione delle cose create, o se si preferisce, il livello della realizzazione. Quando il racconto della Genesi parla di Adamo, si riferisce all’uomo archetipico. Questo passo si trova nell’Atziluth, pertanto, non possiamo conferirgli l’idea di carne, né sesso, né altre attribuzioni che la nostra mente normalmente attribuisce ad un uomo.

I quattro mondi in relazione all’uomo

Abbiamo detto come tutti i processi della creazione si intendono contenuti nella formula AT, ma, ognuno di essi si può riferire ad un determinato livello. Allo stesso modo, quando si tratta della creazione del primo uomo, troviamo lo stesso senso nella sua costruzione narrativa. Pertanto, con questa chiave interpretativa è possibile, analizzare la storia di Adamo, la sua creazione ed espulsione dal paradiso, il peccato originale o la rottura del patto e la promessa di restaurazione.

Seguendo lo stesso procedimento quadruplo, quando si allude all’uomo, dobbiamo capire di che livello si parla. Perciò, bisognerebbe vedere nel testo originale che parola si usa per designare la creazione: Adam o Adam Kadmon, si riferisce, come abbiamo detto, all’uomo archetipico, senza differenziazione di sesso, androgino e senza idea di molteplicità. È l’anima dell’uomo, una sola anima, l’anima universale dalla quale tutti gli esseri umani dipendono. Tutti gli uomini e tutte le donne senza differenziazione e possibilmente tutte le specie, se qualcuno accetta la presenza di anima in tutte le creature, benché nell’ordine della narrazione, queste sono state create prima dell’uomo. Anche Geber significa uomo. A volte è chiamato Adam oillat, uomo dei cieli. E se ci riferiamo all’uomo in senso di umanità, moltiplicato, la parola che si usa è Enoch, benché ancora non si possa parlare di un uomo in carne ed ossa. Il quarto livello che descrive all’uomo è ISh, e parla dell’uomo con coscienza di ritorno, possessore della tradizione o cosciente del Signore. Questa radice è parte del nome Ishrael (Israele) che include tutta l’umanità. Per quanto detto prima, abbiamo un uomo in Atziluth che dopo continua a scendere di livello e continua a cambiare il suo nome. Adam Kadmon è il primo livello, quello dell’Atziluth. Geber è lo stesso uomo nel piano Briah. Enoch continua ad essere lo stesso uomo nel piano Yetzirah. Ish è lo stesso uomo nel piano di Assiah. Quando si dice nella Genesi che l’uomo è fatto ad immagine e somiglianza di Dio, si riferisce all’Adam Kadmon.

Mito e prima discendenza

“E Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, ad immagine di Dio lo creò; uomo e femmina li creò” (Génesis I) 27. Creare o beriyah , come abbiamo visto, è creare qualcosa dal niente. In questo livello ci si sta riferendo alla creazione dell’Adam-anima che sebbene rappresenta la totalità dell’umanità, non ci dà ancora l’idea di molteplicità. Neanche esiste carne, nel senso di corpo fisico per la quale si usa la parola ebraica “poggiare”. Ma si può dire senza volere “corpo” dell’umanità per intendere un corpo fisico. Ancora oggi quando qualcuno si riferisce al corpo dell’umanità, indica a coloro che furono, sono e saranno. Pertanto, il riferimento creativo in questo caso fa allusione al mondo di sopra. Somiglianza in ebraico è “selem” e si riferisce alla parte interna. In modo che quando dice la Genesi che Dio fece l’uomo a sua immagine e somiglianza si sta riferendo all’anima, alla parte interna.

“Formò dunque IHVH, Dio, l’uomo dalla polvere della terra ed insufflò nel suo naso il soffio di vita (Ruach); e fu l’uomo in anima vivente” (Genesi II) 7. In questo passaggio si usa la parola formare invece di creare e si sostituisce anche il nome di Dio Elohim con IHVH. Nonostante ciò, non siamo discesi ancora al mondo di sotto. In alcuni mezzi, questo livello al quale facciamo allusione, è chiamato “teli”, voce ebraica che deriva dal verbo “talah” e che si traduce con appendere. Elohim è il creatore, mentre IHVH è l’interlocutore con l’uomo. È lo stesso Dio con nomi distinti.

Lo Zohar riferisce che ad Adam era stato dotato di corona. Questo è un simbolo che si usa, per salire o scendere da un livello di creazione ad un altro. Per esempio, qualcosa di formato in Yetzirah, se incoronato, vuole dire che ci porta al livello più alto di Briah. Della stessa forma, quando gli si toglie la corona indica una discesa di livello, dallo Yetzirah all’Assiah: “Quando peccarono, furono spogliati da esse, dalle corone, ed allora seppero che la morte li chiamava. Che erano stati privati della vita eterna, acquisendo lo stato di “mortalità per loro e per tutto il mondo” (Zohar I). Vuole dire che l’uomo diventò mortale, pertanto con corpo carnale.

Quale fu il peccato di Adam?

Abbiamo visto che in tutto il racconto esiste la formula AT e che ogni atto creativo è rinchiuso in questa formula: quando Abramo genera Isaac, questi Jacob e lui i suoi figli, etc. Quando Dio crea l’albero, quando un fiume si divide in due o quando si rovina qualcosa di anteriormente creato. Niente può esulare da AT. Perché, Adam staccandosi da AT “montò” una realtà per suo conto. Questo è il peccato. Visto in un’altra forma è la perdita di coscienza di Unità e la presa di coscienza della molteplicità. Da allora, Adam, l’immortale, prende corpo in senso fisico, diventa mortale, pertanto, perituro. Questo racconta la Genesi verso la fine del libro, quando facendo allusione a José, nell’ultimo versetto, dice che viene messo in una scatola o che carica la sua bara in terra d’Egitto. L’uomo a partire da questo momento carica la sua bara in terra dell’Egitto. Questo si interpreta come il passaggio dal mondo di sopra al mondo di sotto. Persero le loro corone e scoprirono i loro corpi e si vergognarono della loro nudità e si coprirono con delle foglie, oppure “peccarono” e furono spogli delle loro corone e seppero che la morte li chiamava” (Zohar I).

La descrizione anteriore si riferisce a come l’Adam universale che era solo Ruach, anima, o soffio di Dio nel naso, ha appena preso un corpo fisico che è mortale e perituro. Lo Zohar riferisce anche che in questo passaggio, Adam deve imparare le cose dal mondo fisico, racconta anche di come impararono ogni tipo di magie ed incantesimi. Questo è un momento drammatico per un mistico che cerca l’unione con Dio, perché quello che descrive è completamente contrario, dalla sua separazione. Oggigiorno l’uomo continua a mantenere questa coscienza di esilio, si sente fuori dal Paradiso, scomunicato o separato dal Padre. Adam passa dalla coscienza totale, cosmica, alla coscienza mondana, moltiplicatrice. La parola uomo “ish”, è all’inverso, cerca la reintegrazione, la restaurazione o la salvazione, denominazioni sinonimiche nonostante la confusione che può darci il termine “salvazione”. Nel giudaismo, quello della separazione dell’uomo da Dio è solo un peccato primario. Quella perdita di coscienza unitaria che lo Zohar racconta come il divorzio tra Adam e l’alfabeto, la aleph-tau. Dai tempi di Aronne si prendeva un caprone per gettargli la colpa di questa separazione affinché il peccato non ricadesse su Israele. Di lì viene l’espressione di capro espiatorio.

Adam piange amaramente e si pente di questa separazione. Questo si riflette nel seguente testo: “E Dio lo fece uscire dal Giardino dell’Eden”, fatto che nasce con il divorzio di Adam dalla formula AT. Il peccato consiste, pertanto, nella perdita di coscienza di unità, o quello che è la stessa cosa, fare uscire la creazione dalla sfera chiusa nella quale si trovava all’inizio e creare un altro mondo.

Dice anche lo Zohar che espulse l’uomo (nella frase biblica, Lui. Si deve supporre che “egli” è l’individuo e che “l’uomo” è l’oggetto. Ma la verità è che l’uomo è l’individuo e l’oggetto è la particella aleph-tau); lo Zohar conferma che la separazione dell’unità è rappresentato dal divorzio dalla formula aleph-tau (Zohar I).

Così, fu Adam che fissò i Cherubini, i motori della creazione, le sacri hayot, fu sempre lui che chiuse il sentiero al paradiso, o quello che sottomise il mondo al divorzio o separazione dei mondi superiori dall’inferno. Ora la strada verso l’albero della vita è sorvegliata. Dobbiamo aspettare allora il Salvatore o restauratore, il Messia, l’uomo autorealizzato, colui che unirà la cosa separata. Nel frattempo succede che, Dio crea una serie di alleanze e promesse affinché, nonostante sia stato rotto il patto, l’unione, l’umanità “ish”, Israele, trovi una via ascendente. Al che aggiunge, gli sarà cinta una corona.