Frammenti di una Realtà iniziatica – 1° Frammento

Letture d'EsoterismoPostulato sul significato di Scienza iniziatica

La scienza misterica delle diverse Scuole mediterranee è tutta riconducibile ad una struttura più complessa di sistema iniziatico. Un vasto complesso d’idee che fungeva da contenitore per numerose regole e canoni che si ergevano, nella loro sintesi, a sistema unitario. In questa unitarietà, l’armonia dei suoi canoni ha sempre ravvisato come elemento della sua centralità la natura dell’uomo e tutte le particelle d’universo che vi si riflettevano. Perciò, per gli iniziati, l’uomo interiore è uno specchio della natura e dell’universo, l’universo più prossimo da penetrare ed affascinante da comprendere.

Frammenti di una Realtà iniziatica – 1° Frammento

di Athos A. Altomonte

Postulato sul significato di Scienza iniziatica

La scienza misterica delle diverse Scuole mediterranee è tutta riconducibile ad una struttura più complessa di sistema iniziatico. Un vasto complesso d’idee che fungeva da contenitore per numerose regole e canoni che si ergevano, nella loro sintesi, a sistema unitario. In questa unitarietà, l’armonia dei suoi canoni ha sempre ravvisato come elemento della sua centralità la natura dell’uomo e tutte le particelle d’universo che vi si riflettevano. Perciò, per gli iniziati, l’uomo interiore è uno specchio della natura e dell’universo, l’universo più prossimo da penetrare ed affascinante da comprendere.

L’armonia con cui l’iniziato può fondere in sé ogni disciplina iniziatica diventa il tratto d’unione tra le tradizioni d’oriente e d’occidente. Questo senso d’unitarietà interiore, posto in atto dalla coscienza di ogni iniziato, è il segno distintivo dell’universalità. A questa armonizzazione tra simili, anche se formalmente diversi, si oppone il senso di unicità esteriore, assoluta e separativa, evocata da ogni cultura totemica e monotematica che, in ogni cenno di sincretismo e d’universalità riconosce il proprio tabù. Il tabù della propria assoluta univocità è causa d’isolamento, persino tra parti di stesse culture. Un isolamento da cui traspare, con forza, l’orgoglioso arroccamento di culture che si muovono in senso centripeto, solo attorno ai propri convincimenti. Ma potremo approfondire questo concetto in seguito, nell’analizzare i cosiddetti: sistemi chiusi.

Come ogn’altro sistema, anche quello iniziatico definisce un fine e tende al compimento d’uno scopo, con un inizio ed una fine. Inizialmente si tende a far comporre all’adepto un ponte volitivo, con cui far dialogare la sua coscienza di superficie con le compulsioni profonde della propria natura inferiore. Guidato nella visitazione del proprio essere subconscio (la discesa interiore) e compensando le diverse origini delle pulsioni profonde attraverso un dialogo visivo (dalla visualizzazione alla moderna indagine fantasmatica), l’adepto riordina i fantasmi interiori (le subpersonalità prigioniere che operano nella vitalità inconscia) sino a liberarli da se stessi ricomponendo, così, un nuovo ordine. A questo scopo le cognizioni misteriche di un tempo, al pari delle attuali psicodinamiche, possono sviluppare un’armonica compensazione tra l’essenza interiore dell’uomo ed il turbinio di impressioni che s’innescano al contatto con il mondo emotivo ch’egli si crea attorno. Con questo tipo d’indagine, libera la vitalità subconscia dalle reazioni incontrollate degli impulsi contraddittori e conflittuali che, seppure formalmente fondati, sono in realtà le idee fisse, gli incubi e le ossessioni che deformano il giusto equilibrio della ragione, che resta, così, asservita alle loro pressioni.

La vita subconscia è la interiora terrae di V.I.T.R.I.O.L. (acronimo di: visita interiora terrae rectificando invenis occultum lapidem) che, rettificata, è ricondotta alla soglia della comune coscienza di veglia. L’affioramento della vitalità subconscia, oramai illuminata dalla volitività intelligente dell’uomo, segna l’inizio del cosiddetto 3° viaggio iniziatico. Un termine simbolico con cui indicare la ricerca del proprio cielo interiore che è la dimensione dell’elemento aria. L’elemento aereo è contraddistinto dall’intuito che, una volta sviluppato e reso una costante della psiche, affranca ulteriormente la mente dai limiti della personalità fisica, attingendo energia dal proprio superconscio. Un elemento inconscio che i mistici chiamano anima.

Nulla è separato nell’universo. Ogni dimensione è l’espressione della precedente come la susseguente contiene l’elemento essenziale della dimensione precedente. La separatività è solo il frutto della relativa percezione dell’uomo. Infatti, la coscienza dell’uomo è sempre in relazione con ogni parte del complesso chiamato macrocosmo. Ma altrettanto non si può dire dell’uomo con la propria coscienza, che percepisce solo in maniera viziata (dagli interessi d’una visione egocentrica) e frammentaria. L’espansione della percettività individuale, quindi, è la via risolutiva per la riunificazione tra simili. La presa di coscienza con cui si possono riconoscere, uno dopo l’altro, tutti i punti d’unione (la similitudine) tra il microcosmo individuale e quello collettivo: del proprio popolo, della propria razza e poi dell’intero complesso umano.

Ma questo, anche se straordinario, è solo il primo passo verso una realtà più vasta. L’evoluzione del microcosmo umano, infatti, deve combaciare con quello planetario: pena la sua estinzione. E l’equilibrio planetario è in stretta relazione con quello del suo sistema d’appartenenza. Queste similitudini sono le sovrapposizioni con cui si ritrovano i punti di contatto con altrettante realtà macrocosmiche. E quando nella coscienza dell’uomo tutto finisce per combaciare, sovrapponendosi nei contorni di un’unica realtà (come allineando dei fogli lucidi trasparenti), si rivela all’iniziato un’immagine unica del Tutto. Un’immagine che la coscienza del mistico chiama: il volto di Dio.

Non a caso la scienza iniziatica tende a far riconoscere all’individuo, i punti d’unione tra il proprio essere fisico (io sono questo e io non sono quello, frutto dell’immedesimazione coi modelli mondani) e la propria essenza trascendente (io sono colui che è). Dall’unione di sostanza ed essenza individuale scaturisce un’empatia profonda e spirituale, che consente d’immedesimarsi non più solo con se stessi ma, con ogni altra forma fisica e metafisica che troviamo attorno e dentro di noi. Ma quest’ultima affermazione merita, forse, un cenno in più.

Lo scopo di questo tratto del percorso iniziatico è quello di far cogliere all’uomo una frazione di realtà comunemente trascurata. Per similitudine, se noi siamo il microcosmo (dimensione fisica del tempo) di un simile maggiore detto macrocosmo (multidimensionalità extratemporale), a nostra volta, noi siamo il macrocosmo di riferimento per un altro cosmo (dimensione) simile, ma ancora più infinitesimale. Una dimensione che, come la nostra, è anch’essa costituita di elementi composti di sostanza fisica (come le cellule) e d’essenza energetica (come i neuroni e le particelle nucleari). Elementi, quindi, che vivono nell’uomo fisicamente e immaterialmente. Ed un esempio di vita immateriale è stato già trattato nelle forme di pensiero vitale che dimorano nelle sfere subconscie (solitamente negative) ed in quelle superconscie (positive). Queste forme di pensieri viventi sono i dèmoni e i demòni citati da Socrate. Queste ed altre forme di vita che ci abitano sono chiamate: le piccole vite che ci sono affidate.*

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* Questa citazione è stata scelta, perché, la sua analisi, offre un notevole esempio di ricerca per similitudine (analogia). Gli esoteristi che un tempo composero le immagini mentali che scaturiscono dalla frase, figurarono il non-iniziato come un Signore che dimentico del proprio regno (la terra interiore) e del proprio popolo, dorme, ignorando i propri doveri. Quando il Signore si risveglia (autoaffermazione dell’Ego e ri-nascita dell’Iniziato) egli siede sul trono: Re della propria terra e governatore di giustizia del proprio popolo.

L’analisi del testo fa subito balenare alla mente del ricercatore una linea di correlazioni. La prima è quella tra l’allegoria del Signore interiore e l’Ars Regia: arte reale in cui è racchiuso il potere di una mente, fattasi re degli elementi irrazionali della propria natura inferiore. La correlazione prosegue nel simbolismo del trono reale dov’è assiso il Signore. Il trono, secondo l’iconografia orientale, è posto tra le sopracciglia dell’Iniziato, mentre il re che vi è assiso è l’immagine exoterica della saggezza che perviene dalla visione spirituale. La visione interiore è raffigurata, altrimenti, come un terzo occhio. Quest’occhio aggiuntivo amplia e approfondisce la visione di una mente che, sino ad allora, si era sostenuta solo sulle sensazioni dei due occhi fisici.

Altrettanto interessante appare la correlazione tra il re di saggezza orientale, il Raja, ed il Raja Yoga che è l’unione (yoga) con il potere del Serpente Reale, il Naga simbolo di saggezza che anche i Faraoni ponevano sulla fronte tra gli occhi. Non può sfuggire l’analogia tra il Naga orientale (il serpente reale), i serpenti di sacerdoti dell’antichità e di antichi profeti come Mosè ed il Caduceo ermetico. Tutti questi simboli esprimono il medesimo concetto di percezione iperfisica. Ancora oggi l’incantatore di serpenti resta il simbolo exoterico del manipolatore di pensieri. Di colui che possiede il potere della parola (il suono sull’alito) e la saggezza del serpente (i 7 chakra risvegliati da Kundalini il Fuoco serpentino: la forza generatrice della natura fisica. In altri termini, la sublimazione totale e creativa della forza della Libido.)

Possiamo porre in correlazione il Raja, re di saggezza assiso sul suo trono, ed il re Salomone della Massoneria. Re Salomone è un’immagine che, estrapolata dal contesto storico che lo dipinge come un personaggio dalla condotta non certo esemplare, viene usata dai massoni come l’analoga allegoria di una saggezza superlativa.

Queste allegorie, costruite per adepti bisognosi d’immagini semplici da comprendere e facili da ricordare, si riconducono tutte al medesimo tema: quello della metamorfosi mentale dell’adepto. Illustrano tutte il passaggio che si dovrebbe compiere dalla visione soggettiva e personale a quella oggettiva ed impersonale. Scambiando un sapere superficiale, basato su interpretazioni preconcettuali spesso quanto mai risibili, con la profondità di una conoscenza reale ed oggettiva. Ma approfondiremo più avanti anche questo tema.
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La scienza iniziatica insegna a raggiungere una visione oggettiva di una realtà relativa, ma che si rende sempre più percettibile contestualmente al livello, capacità, raggiunto ad ogni grado d’iniziazione. Un ponte in continua espansione, quindi, con cui vengono ad unirsi le diverse rappresentazione del creato, dalla più grande alla più piccola. Con lo scopo di far riconoscere all’adepto l’esistenza di un denominatore comune, sottaciuto nel profondo di ogni forma e fenomeno. Un denominatore che è il punto d’unione d’ogni frammento apparentemente separato dal tutto universale. Il punto d’unione più prossimo alla realtà fisica è quell’onda di Vita creativa che taluni chiamano Coscienza Divina.*

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* Ricordiamo ancora, che è più importante raggiungere il senso del concetto che soffermarsi sulla forma di linguaggio o sul termine usato per esprimerlo.
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Ritrovare in sé stesso la frazione di coscienza divina che ci vivifica, ci anima ed a cui si appartiene è il fine ultimo dell’Iniziazione maggiore. L’Iniziato maggiore è, nel microcosmo della propria natura, la realizzazione vivente di una realtà microcosmica che rende immortali.

Questa è l’Opera sacra dell’adepto. La Grande Opera che, nelle sua grande sintesi, accomuna le numerose identità degli iniziati minori. Perché poi, per giungerne a capo, dovranno tutti piegarsi alle stesse regole, imposte dagli strumenti che dovranno imparare ad usare correttamente per trarne i necessari vantaggi.

L’adepto dà inizio alla sua opera entrando in un cammino dove egli deve perdere i propri passi, come avviene simbolicamente nella sala antistante il Tempio. L’adepto per prima cosa deve dimenticare sé stesso come profano. Svestirsi della passionalità, delle pulsioni e degli istinti che lo hanno accompagnato sino ad allora. Si abbandonano, così, i veli del proprio io fittizio per indossare la veste dell’iniziato. Perché, nelle profondità del blocco delle proprie passioni (la pietra) giace, ri-velata (velata due volte), una realtà che con un operoso processo di trasmutazione interiore può essere svelata e tratta in superficie.

«Quando la mente investiga incessantemente sulla propria natura, si scopre che la mente non esiste. Questo è il sentiero diretto. La mente non è altro che la summa dei pensieri. Di tutti i pensieri la radice è il pensiero dell’io. Da dove sorge questo pensiero dell’io? Cercatelo dentro e allora svanirà. Questa è la ricerca della Saggezza. Dove svanisce l’io, là appare da sé un io dell’io. Questo è l’infinito». Ramana Maharsi

Le vesti rituali sono le allegorie di abiti mentali che, a loro volta rappresentano i piani attraverso cui si sviluppa la forma mentis dell’adepto. Abiti e forma mentis che, durante la crescita, passo dopo passo diventano sempre più raffinati. I diversi gradi dell’evoluzione iniziatica, sono dapprima raffigurati solo nei simboli dei paramenti. Poi, ci si augura che ogni adepto possa mostrare d’aver raggiunto il suo compimento attraverso sé stesso. La realtà iniziatica sarà sostenuta dallo sviluppo di mente e coscienza, che continueranno ad essere rappresentati simbolicamente dai paramenti.

A questo punto, i paramenti e gli arredi del Tempio saranno i migliori libri d’immagini e simboli in cui l’adepto potrà vedere i segni del proprio futuro di iniziato. Perciò, questi non vanno solo indossati ma devono essere interpretati nei loro più profondi significati. Perché, come è stato detto, i significati velati nei paramenti (come di ogni paramento) sono gli insegnamenti più prossimi all’adepto.

Questi devono diventare per lui i propri modelli di riferimento. Da usare per ricoprire il corpo, quanto per impressionare la mente. E tanto più forte sarà la loro impressione sulla coscienza, tanto più facilmente l’adepto potrà svestirsi dei modelli (gli abiti mentali) assunti nel mondo profano.

Svestire e rivestire sono altrettanti simboli di un mutamento che si produce sul cammino iniziatico, dove l’aspirante parte dalla consuetudine d’apparire per giungere alla consapevolezza d’essere. Ciò avviene con la realizzazione di sé stesso. Con la consapevolezza di poter essere agente, messaggero e tramite di quella Luce, la cui prima ed ultima fonte è chiamata il Grande Architetto dell’Universo.

«Tutti quelli che iniziano ad intuire i fondamenti del proprio Ego superiore, poiché ognuno ha l’identica intuizione di questa stessa qualità dell’io che trascende il corpo, capiscono che esiste un solo Sé, che assume diverse forme esteriori. Questo unico Sé che trascende nettamente la mente ed il corpo è, dunque, essenzialmente lo stesso in tutti gli esseri consapevoli». Wilber

La Luce interiore inizia ad emanarsi prima con l’intelligenza sino a formare la Ragion Pura. Questa è la “vera Luce” a cui si riferiscono i catechismi massonici. Che si diffonde nell’oscurità dell’incoscienza materiale ad illuminare l’animo umano e la sua mente, liberandola dalla cecità delle sue sensazioni.

Ma succede comunemente di frammischiare il significato di cultura con quello d’intelligenza, mentre a molti è estraneo il principio di Ragion Pura. La cultura exoterica com’è noto non è filantropica, perciò, non comporta lo sviluppo di una particolare sensibilità o nobiltà d’animo in chi la persegue. I cultori del vero e del bello hanno sempre osservato con prudenza ogni rivolo di cultura exoterica, perché, anche quella tecnica e scientifica è stata usata per oltraggiare la natura dell’uomo oltre che del pianeta. Allora, occorre discernere tra il sapere che si propone di alleviare la fatica ed il dolore da quello che si pone al servizio dei poteri dell’ignoranza.

Il pensiero dei poteri profani va considerato con altrettanta accortezza, perché, sin dai suoi albori è stato un potente strumento di affabulazione per le masse. Uno strumento sempre nelle mani di pochi, che se lo trasmettono per soggiogare i più deboli, facendo leva sulle paure, le passioni, l’ignoranza e le superstizioni. I membri di questa elite propugnano la dignità di sé stessi e dei propri interessi con ideologie, dottrine e dogmi, che mantengano le masse in stato di soggezione e di plagio (v. «Il Contratto Sociale» J. J. Rosseau, 1762). La cultura profana, anche nel suo aspetto meno strumentale, è solo nozionismo spesso fine a se stesso e quindi sterile. Alcuni definirono la cultura prosaica: lettera morta. Gesù il Nazareno definì i Dotti farisei del Sinedrio: sepolcri imbiancati. Solo nel significato degli antichi Iniziati la cultura appare come un concetto sacrale. Per loro, cultUra, ovvero culto di Ur significa culto del sole invisibile e spirituale posto all’interno dell’uomo. Per sviare il popolo dai propri intenti dissero loro che questi era il sole fisico e allora quelli lo adorarono. Ma gli Iniziati amano il sole interiore: lo spirito divino che ognuno racchiude nella profondità della propria coscienza. Aprirsi alla Luce del proprio spirito significa essere – illuminati – e addivenire alla Ragion Pura. Ma tutto questo non è ancora concepito fuori dal cerchio della Fratellanza iniziatica. L’uomo comune, al contempo vittima e carnefice, è ancora alla ricerca della propria rivelazione al di fuori di sé stesso, nei fenomeni e nelle forme del mondo materiale.

La cultura ha perso il significato d’illuminazione interiore (v. il significato di gnosi) per ritenere solo quello di memorizzazione d’informazioni. Ma tale interpretazione non può più essere accostata al significato d’intelligenza. Questa, infatti, non è memoria ma indica la capacità di intelligere. Questa è la capacità di penetrare, sino a raggiungerlo, il senso velato in ogni forma concettuale.

L’intelligenza può percepire anche ciò che ancora non conosce, la cultura no. E mentre il nozionismo non sviluppa nessuna qualità particolare se non la memoria, l’intelligenza sviluppa l’empatia.

L’empatia è un processo coscienziale che consiste nell’interazione diretta con ogni stato emozionale estraneo a sé stessi. L’empatia è la sensibilità di comunicare con le emozioni, i sentimenti ed i pensieri di ogni essere in natura. La Ragion Pura, invece, è il suo sviluppo esponenziale. E avviene con la fusione tra l’intelligenza individuale (il pensiero fisico) e il pensiero volitivo dell’Ego (il pensiero dell’anima). Questo legame avviene prima con l’intuizione e poi con l’avvento dell’empatia interiore che, scientificamente, viene definito un fenomeno di telepatia verticale.

La Ragion Pura è la fusione consapevole tra la coscienza formale dell’uomo ed il proprio vuoto interiore. Il vuoto interiore contiene e manifesta la sonorità della forma spirituale.

Il sistema Zen, ove fosse appreso al di fuori dei suoi adattamenti commerciali, è un metodo che porta l’adepto a creare il vuoto interiore. Ma il ricercatore non cada nel tranello di voler fermare la propria mente dal modulare onde e vibrazioni, infatti, con la mente non si ferma la mente. Il vuoto è piuttosto un silenzio emotivo che permette di trascendere il moto della coscienza materiale, annichilendola con il concentrarsi altrove.

Con l’attenzione fissa su un punto concettuale pulsante, perché sarà ciò che è osservato a muoversi e non la mente che l’osserva, immobile e concentrata si riesce a percepire la presenza della parte di sé rimasta immateriale. Entrando in contatto, la mente fisica e la coscienza astratta si toccano e come per osmosi, si congiungono, formando un unico anello di percettività cosciente. Questa unione coinvolge nel suo impulso, ogni pensiero e sentimento intensificandone potenza e qualità. Sino a sfociare in quel fenomeno detto sapere per contatto. Cioè, il ricevere conoscenza dalla Ragion Pura, attraverso il contatto con la propria controparte superiore.

«L’erudizione è un altro grande idolo che ha molti adoratori e fedeli. L’erudito pensa d’essere ma non è; e gli è difficile capirlo perché in genere è orgoglioso di sé, critico, con la mente sovrastimolata. Egli ha in mano un potere psichico a cui non vuole rinunciare (la memoria). La saggezza e l’erudizione sono cose diverse, e chi si avvicina alla Filosofia dell’essere deve ricordarselo. Un vero Filosofo è amico e ricercatore della Saggezza eterna e universale. La conoscenza tradizionale mira alla saggezza, non all’erudizione, ed alla quantificazione di nozioni sul mondo dei nomi e delle forme». Raphael

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