Morte: la grande avventura – Parte I

Letture d'Esoterismo Orientale«Ricorda, o discepolo, che entro le sfere conosciute null’altro esiste che la luce, reattiva alla PAROLA. Sappi che la luce scende e si concentra; che dal punto focale prescelto illumina la sua sfera; sappi che la luce sale e abbandona alle tenebre ciò che – nel tempo e nello spazio – ha rischiarato. Questo scendere e salire è chiamato vita, esistenza, morte dagli uomini; ma Noi, che camminiamo sulla Via illuminata, lo chiamiamo morte, esperienza, vita».

Morte: la grande avventura – Parte I

a cura di Adriano Nardi

Dagli scritti di Alice A. Bailey e del Maestro D. K.

«Ricorda, o discepolo, che entro le sfere conosciute null’altro esiste che la luce, reattiva alla PAROLA. Sappi che la luce scende e si concentra; che dal punto focale prescelto illumina la sua sfera; sappi che la luce sale e abbandona alle tenebre ciò che – nel tempo e nello spazio – ha rischiarato. Questo scendere e salire è chiamato vita, esistenza, morte dagli uomini; ma Noi, che camminiamo sulla Via illuminata, lo chiamiamo morte, esperienza, vita».

Parte I

Il ciclo attuale è appunto la fine dell’era, e nei prossimi duecento anni la morte, come è compresa ora, sarà abolita, e verrà stabilito il fatto dell’esistenza dell’anima.

L’anima sarà conosciuta come un’entità, come l’impulso motivante e il centro spirituale sottostante ad ogni forma manifesta. Nei prossimi decenni alcune grandi credenze verranno convalidate. Opera del Cristo e Sua missione principale di duemila anni or sono, fu di dimostrare le possibilità ed i poteri divini latenti in ogni uomo. La sua proclamazione che siamo tutti figli di Dio ed abbiamo un solo Padre universale, in futuro non sarà più considerata come una bella affermazione mistica e simbolica, ma come una dichiarazione scientifica. La fratellanza universale e l’immortalità essenziale saranno comprovate come fatti di natura.

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Ci vuole coraggio per affrontare l’evento della morte e per formulare con precisione le proprie credenze su tale soggetto. La morte è il solo avvenimento che possiamo predire con certezza assoluta, eppure è l’avvenimento a cui la maggior parte degli esseri umani si rifiuta categoricamente di pensare, fino a quando non debba affrontarlo personalmente. La gente affronta la morte in molti modi; alcuni vi associano un sentimento di autocommiserazione, e sono talmente preoccupati da ciò che debbono lasciare, da ciò che ha fine con loro e dall’abbandono di tutto ciò che hanno ammassato nel corso della loro esistenza, che il vero significato dell’inevitabile futuro che li attende sfugge totalmente alla loro attenzione. Altri l’affrontano con coraggio, comportandosi nel migliore dei modi visto che non vi è mezzo per sfuggirvi e la guardano in faccia con atteggiamento nobile, perché altro non possono fare. Il loro orgoglio li aiuta ad affrontare la circostanza. Altri ancora rifiutano categoricamente di considerarne la possibilità; essi ipnotizzano se stessi ponendo la loro coscienza in uno stato di assoluto rifiuto del pensiero della morte, così che quando essa sopraggiunge, li sorprende all’improvviso; essi sono senza aiuto e non possono fare altro se non morire. L’atteggiamento cristiano, di regola, si traduce più precisamente in un’accettazione della volontà di Dio, con la risoluzione di considerarla come il migliore degli avvenimenti, anche se tale non appaia dal punto di vista dell’ambiente e delle circostanze. Una fede solidamente ancorata in Dio e nei Suoi disegni relativi all’individuo porta i credenti a varcare trionfalmente le soglie della morte, ma se qualcuno dicesse che questa non è altro che una forma diversa del fatalismo orientale ed un fermo credo in un destino inalterabile, essi lo negherebbero decisamente. Costoro si nascondono dietro il nome di Dio.

La morte può, tuttavia, essere assai di più di tutto questo e può essere accolta in modo differente. Le si può assegnare un posto preciso nel nostro pensiero e nella nostra vita, e possiamo prepararci ad essa come ad una cosa inevitabile, ma semplicemente Portatrice di Trasformazione. In tal modo facciamo del processo della morte parte integrante del piano della nostra vita. Noi possiamo vivere con la coscienza dell’immortalità e ciò aggiungerà colore e bellezza alla nostra vita; possiamo alimentare la coscienza del nostro futuro trapasso e vivere nell’attesa del suo prodigio. La morte così prospettata e considerata come il preludio di una nuova esperienza vivente assume un significato diverso. Essa diventa un’esperienza mistica, una forma di iniziazione, che troverà il suo punto culminante nella crocifissione. Tutte le precedenti rinunce minori, tutte le morti anteriori non sono che il preludio di questo stupendo episodio del morire. La morte ci porta la liberazione – forse temporanea sebbene alla fine permanente – dalla natura del corpo, dall’esistenza sul piano fisico e dalla sua esperienza visibile. Essa ci libera dalla limitazione; e sia che si creda (come milioni di persone) che la morte non è che un interludio in una vita di esperienza costantemente acquisita, oppure il termine di ogni esperienza di tal genere (come credono altrettanti milioni di persone) non si può negare che essa segni una precisa transizione da uno stato di coscienza ad un altro.

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Gli studiosi di religione studieranno il lato della manifestazione che chiamiamo «il lato vita», così come gli scienziati studiano quello chiamato «materia»; entrambi giungeranno a capire lo stretto rapporto esistente fra i due, e così la vecchia scissione e l’antica guerra fra scienza e religione saranno temporaneamente sospese. Si useranno dei metodi precisi per dimostrare il fatto che la vita persiste dopo la morte del corpo fisico, e al tessuto eterico sarà riconosciuta la sua effettiva importanza.

Primo passo per convalidare il fatto dell’anima è di stabilire la sopravvivenza, sebbene ciò non comprovi necessariamente l’immortalità. Può tuttavia essere considerato un passo nella giusta direzione. Che qualcosa sopravviva alla morte e persista dopo la disintegrazione del corpo fisico, è dimostrato di continuo. Se così non fosse, saremmo allora vittime di un’allucinazione collettiva, e le menti e i cervelli di migliaia di persone sarebbero falsi ed illusi, malati e deformi. È più difficile prestar fede alla possibilità di una tale gigantesca pazzia collettiva che non all’alternativa di una coscienza in fase di espansione. Comunque, questo sviluppo fisico non dimostra l’esistenza dell’anima, serve unicamente ad abbattere la posizione materialistica.

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Il problema della morte, inutile dirlo, si annida nell’amore per la vita, che è l’istinto più radicato della natura umana. La scienza riconosce che «nulla si perde, nulla si distrugge», per legge divina; e generalmente si tiene per vera la persistenza eterna. Fra le molte teorie, tre sono le principali, ben note a chiunque pensa:

1.

Il materialismo rigido, che postula l’espressione e l’esperienza di una vita cosciente fintanto che esiste e dura la forma tangibile, ma insegna che dopo la morte e la disintegrazione del corpo non resta un ente consapevole, vivente, identificato. Il senso dell’«io», di una personalità distinta dalle altre, scompare con la forma; non è che la coscienza totale delle cellule corporee. È una teoria che pone l’uomo allo stesso livello degli altri regni naturali; basa sull’insensibilità dell’uomo comune alla vita, quando priva di veicolo tangibile; ignora qualsiasi evidenza contraria e afferma che l’«io», cioè l’entità immortale, non esiste perché non lo si può né vedere né toccare. Ma oggi quelli che sostengono questa teoria non sono più così numerosi come in passato, specie nell’epoca vittoriana e materialistica.

2.

L’immortalità condizionata, proposta da alcune scuole teologiche alquanto ristrette e da pochi intellettuali, caratterizzati da un certo egoismo. Essa sostiene che il dono dell’immortalità personale è concesso solo a chi è pervenuto a un certo livello di coscienza spirituale, od osserva una serie di precetti teologici. Alcuni, di notevoli doti intellettuali, dicono talora che il supremo bene dell’uomo è una mente colta e preparata, e chi la possiede vive in eterno. Una scuola condanna tutti quelli che giudica recalcitranti o spiritualmente negati alle sue particolari certezze teologiche a una pena eterna o all’annientamento, proprio come il materialismo, e nello stesso tempo postula una forma d’immortalità. Ma il cuore umano ha una sua bontà innata, e pertanto sono ben pochi coloro, vendicativi e a tal punto privi di giudizio, che accettano questa dottrina: naturalmente fra questi dobbiamo annoverare quegli uomini, incapaci di pensare, che evadono ogni responsabilità mentale e ciecamente si affidano a una teologia. L’ortodossia cristiana non riesce a sostenere le sue tesi di fronte all’indagine chiara e ragionata; fra gli argomenti che ne demoliscono i cardini sta il fatto che essa postula un eterno futuro, ma senza un passato; quel futuro dipende solo dalle azioni della vita episodica presente, e non spiega affatto le differenze che si notano fra gli uomini. È una teoria che può sostenersi solo nell’ipotesi di una divinità antropomorfa che in pratica dà un presente, con un avvenire ma senza passato; che ciò sia ingiusto è largamente ammesso, ma la volontà di quel Dio è inscrutabile e non la si discute. Milioni di uomini aderiscono a questa credenza, ma essa non è più così salda come solo cent’anni fa.

3.

La dottrina della reincarnazione, familiare ai miei lettori e sempre più popolare in Occidente; sempre ritenuta vera (nonostante molte aggiunte e interpretazioni puerili) in Oriente. È un insegnamento che ha subìto gravi distorsioni, come accadde a quello del Cristo, del Buddha o di Sri Krishna, da parte dei seguaci e dei teologi di limitata visione mentale. Le grandi verità di un’origine spirituale, di una discesa nella materia, da cui si risale mediante ripetute incarnazioni nella forma, sino a che questa esprima a perfezione la coscienza spirituale che l’abita, e di una serie di iniziazioni a compimento di tale ciclo, sono oggi accettate e ammesse con prontezza senza precedenti.

Tali sono le soluzioni principali date al problema dell’immortalità e persistenza dell’anima umana; esse rispondono alle eterne domande del cuore: donde veniamo? perché? dove andiamo?

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Fra non molti anni il fatto della persistenza e dell’eternità dell’esistenza sarà uscito, dalla zona di dubbio, per entrare nel regno della certezza… Nessuno dubiterà che l’abbandono del corpo fisico impedisca all’uomo di continuare ad essere un’entità vivente e cosciente. Si saprà che perpetua la propria esistenza in un mondo retrostante quello fisico. Si saprà che è ancora vivo, desto e consapevole. Questo fatto sarà dimostrato in modi diversi.

a.

Nell’occhio fisico umano si svilupperà una capacità… che svelerà il corpo eterico… e gli uomini saranno visti occuparlo.

b.

…l’accrescersi in numero di coloro che sanno usare l’«occhio singolo», talvolta chiamato il «terzo occhio riaperto», contribuirà a dimostrare l’immortalità, poiché essi vedranno facilmente anche l’uomo che si è liberato del corpo eterico, come di quello fisico.

c.

L’immortalità sarà comprovata anche da una scoperta nel campo della fotografia…

d.

Mediante la radio… usata da coloro che sono defunti, si potrà alfine stabilire una via di comunicazione, su vere basi scientifiche.

e.

L’uomo si aprirà ad una percezione e ad un contatto che gli consentiranno di vedere attraverso, il che svelerà la natura della quarta dimensione, e fonderà i mondi oggettivo e soggettivo in un nuovo mondo. La morte perderà i suoi poteri, e questa paura sarà finita.

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È chiaro che quando l’umanità perverrà a questo intendimento sulla morte e sull’arte di morire subirà grandi e benefici mutamenti. Col trascorrere del tempo, infatti, gli uomini saranno fra loro in rapporto telepatico; cresceranno di intelligenza, saranno sempre meglio focalizzati nella mente. La telepatia sarà allora un fenomeno comune ed ordinario, la cui premessa sta nell’attuale spiritismo, che però è distorto (e gravemente), basa sul desiderio umano, e la telepatia vi ha parte molto modesta. Infatti, la telepatia oggi esistente fra il medium (sia questi o no in «trance») e il parente o l’amico defunto non collega quest’ultimo con chi ancora vive nella forma. Ricordatelo. In questo periodo di transizione, la mente non è di norma telepatica, ma può verificarsi (seppure molto di rado) un’azione mediatrice basata sulla chiaroveggenza e sulla chiaroudienza, ma non sullo stato di «trance». Perché il contatto avvenga si richiede un terzo elemento, di natura astrale, e pertanto molti errori e illusioni si fanno possibili. Sarà però sempre un progresso rispetto alle attuali sedute medianiche, ove si ignora del tutto il defunto e all’interrogante viene risposto solo ciò che il medium legge nella sua aura: il ricordo delle sembianze personali, varie rimembranze presenti nella sua coscienza, nonché il desiderio di ricevere consiglio, poiché generalmente si crede che chi è trapassato, per questo solo fatto sia più saggio di prima. Il medium riesce a stabilire un vero rapporto quando sia il defunto che l’interrogante sono di natura mentale, e quindi egli non fa che intercettare una vera e propria comunicazione telepatica in atto tra loro.

L’umanità progredisce, si eleva e si fa sempre più mentale. Il rapporto tra il vivo e il morto deve già preesistere a questo livello, prima dei processi di integrazione; la comunicazione si interrompe veramente solo quando l’anima umana è riassorbita nella super-anima, prima della successiva incarnazione. Ma la verità dell’esistenza di un consimile rapporto basterà a distruggere ogni timore della morte. Per i discepoli attivi nell’Ashram di un Maestro, anche il processo di integrazione non costituisce ostacolo.

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In questo modo, nel mondo vedremo sorgere progressivamente un grande corpo di psichici preparati, i cui poteri saranno compresi e che opereranno sul piano astrale con la stessa intelligenza con cui operano sul piano fisico, e che si prepareranno ad esprimere i poteri psichici superiori: la percezione spirituale e la telepatia. Queste persone costituiranno infine un corpo di anime di collegamento, mediatrici tra coloro che non possono vedere e udire sul piano astrale perché prigionieri del corpo fisico e coloro che sono ugualmente prigionieri del piano astrale, mancando dell’apparato fisico di risposta.

Ciò che realmente occorre, non è quindi il cessare di consultare e formare i nostri psichici e medium, ma l’istruirli in modo corretto e proteggerli con intelligenza, collegando così, per mezzo loro, il mondo fisico e quello astrale.

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Prima che si concluda il prossimo secolo, la morte, finalmente, sarà intesa come non esistente, almeno nel senso attuale. La continuità di coscienza sarà allora così diffusa e sviluppata, e tanti saranno gli uomini di notevole levatura capaci di vivere simultaneamente nei due mondi, che l’antica paura della morte sparirà, e i rapporti fra piano fisico e astrale saranno cosi accertati e controllati scientificamente che le attività medianiche, grazie al cielo, cesseranno del tutto.

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Qui vorrei anche far notare che lo stato di trance medianica, come è chiamato, dovrà inevitabilmente essere sostituito dalla medianità offerta dall’uomo o dalla donna chiaroveggente o chiaroudente sul piano astrale, e che perciò può offrirsi, in piena coscienza di veglia e col cervello fisico attento ed attivo, come intermediario tra gli uomini nel corpo fisico (e perciò ciechi e sordi sui livelli più sottili) e quelli che, avendo abbandonato il corpo, sono esclusi dalla comunicazione fisica. Questo tipo di psichico può comunicare con entrambi i gruppi e il suo valore e la sua utilità come medium sono incalcolabili, se è devoto ad una sola causa, se è altruista, puro e dedicato al servizio. Ma durante la formazione cui si sottomette deve evitare gli attuali metodi negativi e, invece di «sedere per svilupparsi» in un vuoto silenzio d’attesa, deve tentare di operare attivamente come anima, rimanendo in possesso cosciente e intelligente del meccanismo inferiore del suo corpo; deve sapere quale centro del corpo usa mentre opera psichicamente e deve imparare ad osservare, come anima, il mondo dell’illusione in cui si accinge ad operare; dalla sua posizione elevata e pura veda con chiarezza, oda veramente e riferisca accuratamente, e così serva la sua epoca e la sua generazione e faccia del piano astrale un luogo abituale e ben conosciuto d’attività, abituando il genere umano ad uno stato di esistenza in cui si trovano i suoi simili, sperimentando, vivendo e seguendo il Sentiero.

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Nella prossima era dell’Acquario vedremo l’umanità creare una cultura sensibile ai valori spirituali più sottili ed elevati, una civiltà libera dall’annebbiamento astrale e da gran parte dell’illusione che oggi caratterizza i popoli ariani, e una vita razziale incarnata in queste forme che colmeranno la lacuna oggi esistente; sarà liberata dalle peggiori malattie conosciute oggi, sebbene la morte e certe forme di collasso corporeo che possono infine portare alla morte saranno naturalmente ancora prevalenti. La vittoria sulla morte non dipende dall’eliminazione dei mali del corpo, ma dallo stabilire la continuità di coscienza che porta dal piano fisico della vita all’esistenza soggettiva interiore. I gruppi di questo terzo tipo possono essere custodi di questo stato d’essere, e perciò il loro problema è di sviluppare la continuità di coscienza che “aprirà le porte della vita e scaccerà la paura di ciò che è conosciuto e di ciò che scompare”.

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