I Chakra e il fenomeno sonoro: le loro reciproche relazioni

Scienza del SuonoNella prima parte di questo lavoro, vengono fatte alcune osservazioni di carattere generale sia sui Chakra, sia su cosa si può intendere per fenomeno sonoro. Questo con lo scopo di stabilire delle definizioni, se pur parziali, al fine di chiarire concetti che possono essere considerati un punto di partenza per ulteriori approfondimenti.
Nella seconda parte chiarirò le possibili relazioni che si possono stabilire fra i Chakra ed il suono e alcune fra le tecniche che possono essere usate, tramite il suono, per agire sui Chakra stessi.

I Chakra e il fenomeno sonoro: le loro reciproche relazioni

di Roberto Musto

Sommario: I ChakraLa localizzazione dei ChakraIl fenomeno sonoroIl timbroGli armoniciGli effetti del suonoPer risvegliare i ChakraIl canto armonico

Prima di affrontare in modo specifico l’argomento che mi sono proposto, desidero premettere, nella prima parte di questo mio scritto, alcune osservazioni di carattere generale sia sui Chakra sia su cosa si può intendere per fenomeno sonoro. Questo con lo scopo di stabilire delle definizioni, se pur parziali, al fine di chiarire concetti che possono essere considerati come punto di partenza per ulteriori approfondimenti. Nella seconda parte chiarirò le possibili relazioni che si possono stabilire fra i Chakra ed il suono e alcune fra le tecniche che possono essere usate, tramite il suono, per agire sui Chakra stessi.

I Chakra

Considerazioni generali

I Chakra, termine che in Sanscrito significa “ruote”, sono dei centri di energia presenti nell’essere umano: sono dei punti recettori – emettitori che, per dare un’idea pur approssimativa, possono essere paragonati ai punti che usano gli agopunturisti. Di questi innumerevoli centri di energia presenti nel nostro organismo (antichi testi indù ne calcolano 88.000) solo alcuni possono, in realtà, essere considerati come “ruote” o meglio “come “ruote di vita”. Il termine ruota, “ruota di vita”, ci riporta ad un significato simbolico estremamente complesso e ricco di implicazioni utili all’approfondimento dell’idea dei Chakra. Cercherò di metterne in evidenza solo alcuni. “La ruota è in genere un simbolo del mondo: la circonferenza rappresenta la manifestazione, prodotta dall’irradiazione del centro; questo simbolismo è d’altronde suscettibile di significati più o meno particolarizzati, giacché, invece di applicarsi alla totalità della manifestazione universale, può anche applicarsi soltanto a un certo ambito di essa.” (1) Le parole sulle quali è importante concentrare la nostra attenzione sono il centro e gli assi di irradiazione che da questo centro si espandono. Quando il centro viene sollecitato (in maniera figurata si può dire: quando la ruota incomincia a girare) si instaura un movimento, un flusso di energia che possiamo paragonare, sempre in maniera figurata, ad un sasso lanciato in uno stagno: l’acqua immota incomincia a creare delle onde concentriche che a mano a mano si espandono in misura proporzionale alla massa del sasso, cioè alla forza della sollecitazione. Ricordo che nei testi di fisica acustica si usa proprio l’esempio del sasso lanciato in uno stagno per spiegare, semplicemente, come si formano le onde sonore. Lo stagno può dunque essere paragonato alla sostanza individuale di ogni essere umano: è lì, ferma, pronta ad essere sollecitata per sprigionare la propria energia. “Secondo la dottrina indù, tale sostanza è situata nei Chakra, cioè in quei centri vitali sonori che all’interno del corpo umano costituiscono una sorta di regno intermedio, o anche primordiale.” (2) I Chakra sono poi tradizionalmente assimilati al fiore del loto. “Esso, benché nasca da acque stagnanti e putrescenti, dà origine ad un fiore bellissimo e puro. Proprio per questa sua peculiarità viene definito come un simbolo di purezza: nato dal fango, ma da esso non intaccato. In Oriente le acque stagnanti sono l’immagine dell’indistinzione primordiale, del caos, e il loto che da esse sorge è il simbolo dell’apertura spirituale”. (3) Ecco che ritorna l’immagine dell’elemento acqua come simbolo generatore di vita, che, come ho già accennato, diventa feconda nel momento che viene sollecitata, perché in essa il seme trova linfa vitale.

Secondo il simbolismo geometrico la ruota assume poi la forma di un circolo, di un cerchio, che rappresenta la perfezione, una perfezione immota “senza principio e senza fine; nella sua perfezione premondana è anteriore a qualsiasi decorso, eterno, poiché la sua rotondità non conosce alcun prima e alcun dopo, cioè alcun tempo, né alcun sopra e sotto, cioè alcuno spazio. Tutto ciò può subentrare solo con l’avvento della luce, cioè della coscienza, che qui non è ancora presente…” (4)

Utilizzando, dunque, per la raffigurazione visiva dei Chakra, l’immagine del cerchio è importante riaffermare l’idea di un qualcosa che ha un enorme potenziale di trasmissione di vita, di energia che entra in moto “solo con l’avvento della luce”. Sottolineo il termine luce per mettere in evidenza come le parole luce e suono hanno in sanscrito una forte affinità fonetica: svara = suono e svar = luce. L’affinità non può essere casuale e vedremo in seguito come possono essere correlati, sia teoricamente sia praticamente, sempre in riferimento alle tecniche che ci possono aiutare a “risvegliare” i Chakra.

La rappresentazione geometrica dei simboli è uno dei modi in cui essi possono essere rappresentati. Dobbiamo però tenere in forte considerazione come ogni rappresentazione geometrica è il frutto di una determinata evoluzione delle culture, che, a mano a mano, sono passate da una filosofia “primitiva” ad una “razionale”. Vorrei spiegare meglio questo concetto, perché sono convinto che il nostro modo di ragionare debba riappropriarsi di determinate “realtà” che la nostra cultura ci ha fatto smarrire. Voglio riportare un passo di M. Schneider che bene mette in evidenza come il simbolo, nel nostro caso la rappresentazione simbolica dei Chakra, è stato, e, a mio avviso, deve ancora oggi essere considerato come una rappresentazione viva e pulsante, che comunica esperienze vitali e deve stimolare, riunire gli opposti, fondere le tesi e le antitesi in un insieme totale. Il dualismo infatti continuamente presente nella natura e nella vita (l’esistenza dei due sessi, alternanza perpetua della luce e dell’oscurità, ecc.) non costituisce una realtà intera, ma solo la metà di una totalità. “Per un primitivo, un leone seduto è un triangolo ardente, una fiamma la cui forma non ha nessuna rigidezza e solamente disegna un triangolo. Questo triangolo ardente, i cui lati variano ad ogni soffio del vento che li anima, è l’immagine emozionale del leone e della qualità mistica che questo simboleggia. Nelle alte civiltà, questa stessa qualità si incarna dapprima in un triangolo fisso, cioè in una forma geometrica statica. L’aspetto triangolare, vivo e irregolare, formato dal fuoco o dal leone seduto, è solo una variazione accidentale, una funzione del tempo, un’immagine imperfetta dell’idea che il fuoco o il leone tentano di realizzare, cioè un triangolo geometrico fisso, il segno alchimistico del fuoco. La concezione primitiva dell’essenziale è realistica, artistica e intuitiva; il suo carattere dinamico: nelle alte culture la concezione dell’ultima realtà è geometrica, scientifica e astratta. Per essa, l’ultima verità si verifica solo nel riposo (e non nel movimento), nelle forme o idee pure e nei numeri-idee, mentre le forme accidentali o fluttuanti sono solo esteriorizzazioni imperfette delle idee. Come le alte civiltà «pensano» e sistemano coscientemente le loro idee per mezzo di una serie di segni astratti (simboli), i primitivi «ballano» e cantano le loro idee, che nella loro maggioranza vivono negli strati inferiori della coscienza.” (5)

Queste osservazioni ci sollecitano a risalire dall’astrazione razionale, dall’aspetto statico delle forme, al movimento delle forme stesse; ci inducono a pensare sul come abbiamo rese statiche le forme e sul come dobbiamo ridare loro movimento e renderle attive al fine di partecipare al miglioramento sia fisico che spirituale dell’individuo.

“Il simbolo – dice ancora M. Schneider – è la manifestazione ideologica del ritmo mistico della creazione e il grado di veracità attribuito al simbolo è una espressione del rispetto che l’uomo è capace di concedere a questo ritmo mistico” (6)

La localizzazione dei Chakra

Ho messo in evidenza come degli 88.000 Chakra presenti nel nostro organismo solo alcuni sono considerati come reali “ruote di vita”. La tradizione ne elenca soprattutto sette, tra i quali solo i primi sei possono essere considerati come veri e propri Chakra, mentre l’ultimo, il settimo, il “loto dai mille petali” rappresenta “l’universalità contenuta nell’essere umano e diviene attivo solo nel caso in cui l’individuo superi i propri limiti corporei; è il punto di contatto con il Buddhi e, conseguentemente, con il piano divino”. (7) Numerosi sono i testi presentano graficamente la posizione, nel corpo umano, dei diversi Chakra. Rimando alla vasta bibliografia che si può facilmente trovare – anche su Internet – per chi desiderasse avere informazioni più dettagliate: le descrizioni, le analisi, le relazioni tra colori, suoni, profumi ecc. e i Chakra sono infatti oggetto di numerosissimi studiosi, che sovente presentano versioni diverse e punti di vista che non sempre sono omogenei.

Per avere una semplice informazione di base possiamo fare riferimento all’allegato 1 in cui indico, nella forma classica, le posizioni, considerate dal basso verso l’alto, e i nomi dei Chakra, o meglio dei principali sette Chakra che sono presi in considerazione, e le corrispondenze che ognuno ha con i suoni musicali tradizionali.

1

Muladhara

Chakra perineale

Plesso lombosacrale

Do

2

Swadhistana

Chakra splenico

Plesso ipogastrico e plancnico

Re

3

Manipura

Chakra solare

Plesso solare

Mi

4

Anahata

Chakra cardiaco

Plesso cardio-polmonare

Fa

5

Vishuddha

Chakra laringeo

Plesso tiroideo

Sol

6

Ajna

Chakra frontale

Plesso ipofisario

La

7

Sahasrara

Chakra coronale

Diencefalo

Si

Nella tabella, che ho riportato, ho messo in evidenza il rapporto che si può stabilire tra la topografia dei Chakra e quella dei principali plessi simpatici. É importante, a mio avviso questa corrispondenza, perché si può avere una conferma tra quanto sostengono i medici della tradizione indiana e i risultati a cui è giunta la medicina occidentale. Entrambi, infatti, sottolineano che c’è una circolarità di “energia” sulla linea mediana del nostro corpo: i primi parlano di correnti di energia, i secondi di circolazione di sostanze chimiche. I primi individuano dei canali di scorrimento delle forze vitali nell’asse cerebro spinale, gli altri di secrezione di sostanze ormonali circolanti nel sistema neuro-endocrino.

A questo punto del discorso bisognerebbe entrare nei campi specialistici di entrambe le discipline. Poiché lo scopo di questo mio scritto è quello, soprattutto, di avviare una riflessione, di creare “curiosità” e domande, preferisco non addentrarmi e rimandarne l’approfondimento ad altra occasione. In ogni caso è importante sottolineare come, in questa fase dello sviluppo delle civiltà, sia sempre più urgente trovare dei punti di raccordo tra le diverse culture, che hanno seguito, nel corso dei secoli, tragitti diversi ma non opposti. Tentarne oggi una sintesi significa ridare vitalità ed energia a campi di ricerca solo in apparenza separati.

Valga a titolo esemplificativo quanto affermano F. Capra e N. Bohr: “I concetti della fisica moderna presentano spesso sorprendenti corrispondenze con le idee espresse nelle filosofie religiose dell’Estremo Oriente”. (8) “Per trovare qualcosa che corrisponda alla lezione offertaci dalla teoria atomica [dobbiamo rivolgerci] a quel tipo di problemi epistemologici che già pensatori come Buddha e Lao-tzu hanno affrontato nel tentativo di armonizzare la nostra posizione di spettatori e attori a un tempo del grande dramma dell’esistenza”. (9)

Il fenomeno sonoro

Nella tabella relativa alla localizzazione dei Chakra è messa in evidenza la corrispondenza tra le note musicali tradizionali e i singoli Chakra. Tale indicazione deve essere considerata come puramente indicativa, perché le frequenze corrispondenti alle note musicali hanno una valenza puramente astratta, non rispondente alla possibile e reale capacità di vibrazione simpatica con le frequenze dei Chakra: io penso che una delle vie migliori, per “risvegliare” i Chakra di ogni singolo individuo, è quella di fare ricorso ai suoni armonici che il nostro organismo può produrre e che sono in relazione con il timbro personale di ognuno di noi.

Per spiegare meglio questa affermazione è necessario chiarire alcuni punti fondamentali.

Il timbro

Prima di tutto è importante avere chiara la nozione di timbro. Il timbro è la caratteristica individuale di ogni strumento o voce umana. Si riconosce una voce maschile da una femminile, o il suono di una tromba da quello di un violino perché il loro “timbro” è diverso. Come esistono tanti strumenti musicali, ognuno con la propria voce, così ogni individuo è uno strumento musicale a se stante: il timbro di ogni essere umano è diverso da quello di tutti gli altri, è un elemento caratteristico e peculiare che lo distingue, è la sua impronta sonora simile, per analogia, all’impronta digitale: come non esistono due impronte digitali uguali così non esistono due timbri umani uguali. La percezione di questo suono individuale si può ottenere tappandosi le orecchie con il pollice. “Chi si tappa l’orecchio con il pollice, ode il rumore dell’etere che si trova nel cuore. Esso rassomiglia a sette cose, cioè alla corrente, ad una campana, ad un vaso di latta, ad una ruota, al gracidare della rana, alla pioggia, al parlare in un ambiente chiuso.” (10)

Le diverse culture, nel corso della loro storia, hanno, a mano a mano, razionalizzato le infinite possibilità sonore sia delle voci sia degli strumenti, fornendo e scegliendo dei modelli da imitare. Il nostro orecchio non è più esercitato a cogliere le sottili sfumature che caratterizzano queste differenze: individua con facilità la differenza tra un violino ed un violoncello, ad esempio, ma trova difficoltà a riconoscere la differenza tra due violini che hanno due timbri differenti, cioè uno sviluppo di armonici differenti. Il potere selettivo è latente e viene attivato, in modo sorprendente, in determinate occasioni, quando si vuole, ad esempio, riconoscere la voce di una persona in un vociare confuso.

Gli armonici

Il timbro, da un punto di vista fisico, è caratterizzato dalla quantità e qualità degli armonici che sono selezionati dalla cassa armonica degli strumenti e da quella costituita dal corpo umano per le voci. Per comprendere questa definizione bisogna sapere che ogni timbro è la risultante di una sommatoria algebrica di tanti suoni, detti appunto armonici, che sono prodotti contemporaneamente al suono che quello strumento o quella persona emette: sentiamo in realtà un suono solo che però è composto da tanti suoni che vibrano contemporaneamente creando a causa della loro differenza altezza ed intensità il timbro che ascoltiamo. É molto difficile ascoltare i singoli armonici che compongono il timbro, un po’come è difficile vedere le componenti colorate che caratterizzano la composizione dei diversi colori. Da un punto di vista puramente teorico quando una corda, ad esempio, o qualsiasi altro corpo, entra in vibrazione si producono una serie infinita di altri suoni sempre più acuti, il cui numero di vibrazioni segue una legge fisica ben determinata.

Per chi ha dei ricordi di carattere musicale, penso sia utile fare un esempio degli armonici che può produrre la nota, ad esempio, Do. (Anche chi non ha conoscenze musicali penso possa trovare utile vedere quante sono i suoni che si producono da questo suono Do considerato come base). L’esempio – Allegato 2 – che riporto, prende in considerazione i primi 40 armonici: la loro successione, come accennavo prima, è però teoricamente infinita, si parte da una nota grave e si sale a mano a mano verso l’acuto. (11)

Ora, se si fa vibrare la corda di un violino, ad esempio, sentirò il timbro del violino; ma, se per ipotesi, prendo quella corda e la metto su di una chitarra non sentirò ancora il timbro del violino, ma quello della chitarra: la cassa armonica dello strumento seleziona automaticamente un numero diverso di armonici, determinandone il diverso timbro.

Desidero proporre un altro esempio – Allegato 3 – in cui si possono osservare le differenze degli armonici prodotti dai suoni Mi – La – Re e Sol di due violini differenti: un violino Stradivari ed un violino di un autore contemporaneo. (12)

L’immagine grafica mi sembra sufficientemente esplicativa.

Quest’esempio è la conferma di come anche in ogni individuo, come accade negli strumenti musicali, il timbro assume caratteristiche diverse, proprio in base alla differente cassa armonica del proprio organismo, o meglio delle cavità corporee che fungono da cassa armonica.

Gli effetti del suono

Dobbiamo, dunque, considerare il nostro corpo come un risuonatore, una cassa armonica con sue peculiari e proprie caratteristiche che è stimolata sia dall’ascolto di suoni esterni, cioè da quei suoni che ascoltiamo nell’ambiente che ci circonda (quello naturale, quello lavorativo, ecc.) o nei diversi brani musicali qualsiasi sia la cultura che li ha prodotti, sia da suoni prodotti dal singolo individuo con la voce. La reazione, che il sistema corporeo mette in atto, può essere fondamentalmente di due aspetti: uno a livello di risposta vegetativa ed uno di risposta emozionale. “Sappiamo già da molti anni che le esperienze musicali percettive ed emozionali provocano delle variazioni della pressione sanguigna, della frequenza cardiaca, della respirazione, del riflesso psico-galvanico e di altre funzioni vegetative. Queste variazioni rappresentano il riflesso dei processi psicologici sul sistema vegetativo messi in moto dalla musica”. (13) È interessante poi notare – Allegato 4 – come “notevoli variazioni vegetative (Figura a) si verificano quando il soggetto si lascia coinvolgere emotivamente dal brano musicale che gli viene presentato. Quando lo stesso brano musicale viene analizzato dal soggetto in modo critico, ossia senza partecipazione emotiva, le variazioni vegetative non sono evidenziabili (Figura b)”. (14)

Un’altra osservazione deve essere fatta in relazione al campo delle frequenze udibili da parte dell’orecchio umano che è compresa fra i 16 Hz e i 16.000 Hz: questo spettro non esclude però che il nostro organismo possa rispondere a frequenze più alte. Valga a titolo esplicativo l’importanza degli ultrasuoni nella stimolazione del tessuto osseo o nella distruzione delle macromolecole.

Dalle osservazioni fatte, o meglio a cui ho accennato – il campo di studio è estremamente vasto ed esula dallo scopo che mi sono proposto – desidero sottolineare il fattore cosiddetto emotivo. Si tratta non di un’emozione di carattere, per così dire, “sentimentale”, ma della possibilità che abbiamo di fare un “vuoto” mentale e lasciarci “prendere” solo da ciò che ascoltiamo, tesi al desiderio di sintonizzarci il più possibile con i suoni, o meglio il suono, che udiamo e farlo risuonare dentro di noi.

Senza addentrarmi oltre nel merito di questi problemi da carattere fisiologico e psicologico nell’ascolto dei suoni, mi preme aggiungere, e mettere in evidenza, che un’altra reazione, messa in atto dal nostro sistema corporeo, è quella agli armonici che compongono l’insieme sonoro che ascoltiamo o che emettiamo. Nella complessità della mescolanza degli armonici prodotti, ad esempio, da un’orchestra il nostro sistema percettivo mette in moto meccanismi che tendono a semplificare la complessità delle frequenze che percepisce e a riconoscere solo quelle che rientrano nell’ambito delle informazioni che possiede in base all’abitudine all’ascolto di un determinato repertorio musicale, alla formazione culturale dell’individuo, ecc.

Per avere una verifica di quanto affermo devo entrare in un campo più tecnico del discorso musicale: tenterò di esemplificarne le caratteristiche in modo più semplice possibile per permettere a tutti di coglierne il significato. Ognuno di noi può ricordare come suonando contemporaneamente sul pianoforte le note Do – Mi e Sol si ottiene un risultato sonoro piacevole e calmo. Se analizziamo il contenuto armonico delle frequenze che ogni nota emette, rileviamo una grande dissonanza. Trascrivo i primi otto armonici di ogni singola nota, mettendo in evidenza le frequenze – cioè quelle che corrispondono alle note Sib, Sol#, Si, Re e Fa – che creano dissonanza:

Do

Do

Sol

Do

Mi

Sol

Sib

Do

Mi

Mi

Si

Mi

Sol#

Si

Re

Mi

Sol

Sol

Re

Sol

Si

Re

Fa

Sol

“Possiamo trovare delle costanti assolute nella reazione audio-mentale a certi rapporti sonori. Queste reazioni sono legate al meccanismo cerebrale per mezzo del quale classifichiamo i suoni e attribuiamo loro un significato. I più recenti lavori sul pensiero elementare, e i meccanismi del cervello, indicano che non possiamo isolare la percezione dei rapporti sonori dal loro significato. Il nostro meccanismo mentale è essenzialmente uno strumento di comunicazione e di difesa orientato verso la soluzione di problemi d’interesse biologicamente vitale”. (15)

Come si può intuire gli effetti del suono hanno caratteristiche estremamente complesse ed articolate la cui trattazione esula dallo scopo con il quale è impostato questo mio scritto. Per chi è interessato ad approfondire alcuni aspetti di quanto ho appena accennato, o volutamente tralasciato, rimando alla numerosa bibliografia che si può trovare su questi argomenti e alla possibilità di instaurare un dialogo per poter rispondere ad eventuali domande.

Per risvegliare i Chakra

Per chi desidera in cominciare a fare degli esercizi per attivare i Chakra è importante mettere in evidenza come ci sia una differenza fondamentale tra ciò che consideriamo come evento musicale – la musica nelle sue più disparate manifestazioni – e il fenomeno sonoro considerato come ascolto di un “suono solo”, semplice o complesso; come altra differenza ci sia tra un ascolto passivo, cioè l’ascolto di un suono prodotto dall’esterno, e un ascolto attivo, cioè l’emissione attraverso la voce del suono desiderato. Queste differenze non sono ovviamente comprensive di tante altre differenze che meriterebbero ulteriori approfondimenti, come l’ascolto, passivo o attivo, in relazione allo stato psico-fisico dell’individuo, all’ambiente, ecc.

Per quanto riguarda la differenza tra la musica ed il suono riporto un pensiero di Athos Altomonte: “ è mio parere che la musica sia, più che altro, uno dei tanti artifizi della mente umana, come le religioni, i credo, gli aforismi e le filosofie delle correnti iniziatiche minori, usati per creare un mondo di fantasia quale è il mondo dell’uomo. Il suono, invece, è il sintomo del moto della vita: è la maggiore espressione della Vita, ed attraverso esso si può raggiungere la fessura silenziosa d’uscita (come l’intervallo dell’ottava) da una dimensione di bassa frequenza come la nostra fisicità materiale (ed emotiva). La decisione è come un bivio, o si va da una parte (e si scende) o si va dall’altra (e si sale), e le due vie non sono né comparabili tra loro né i loro elementi sono intercambiabili se non superficialmente. L’una porta sempre fuori dell’uomo, l’altra porta a navigargli dentro. La musica imprigiona la mente facendola sognare imprigionandone le emozioni, l’altra libera l’energia addormentata dell’uomo e va rivivere la sua coscienza superiore. Le scuole orientali delle piccole iniziazioni sanno interpretare l’elemento più fisico e perciò minore del suono: il potere del suono-respiro (pranajama). Ma, noi sappiamo che si può arrivare più in alto, molto più in alto di questo. Agire con il suono come agente che prima distrugge e libera e poi plasma una nuova forma (dissolve et coagula). Questa è la ricerca d’una sintesi armonica nella costituzione d’una serie di forme armoniche dell’uomo, nell’uomo”.

Le parole di Athos Altomonte mettono bene in evidenza come l’energia del suono “libera l’energia addormentata dell’uomo e va rivivere la sua coscienza superiore”. Meglio se questo suono, all’inizio delle esperienze, è preso nella sua espressione singola, non legata ad elementi di melodia, di armonia o di ritmo, così come, comunemente, sono intese queste caratteristiche di un evento sonoro (per quanto anche in un suono solo si possono ritrovare gli stessi elementi, in un primo momento, non sono avvertibili per una mancanza di abitudine all’ascolto di un fenomeno che non fa parte della nostra tradizione di ascolto o di emissione).

La ragione per cui è preferibile utilizzare un suono consiste prima di tutto in fattori di carattere fisico-acustico. Ho già messo in evidenza, nel paragrafo relativo agli effetti del suono, la complessità di relazioni armoniche che si creano quando si ascolta una semplice sovrapposizione di tre suoni. Questo fatto, che si accentua evidentemente molto di più quando ascoltiamo anche una semplice composizione (la mescolanza di più suoni, realizzati con i timbri diversi degli strumenti, il ritmo, ecc.) sposta l’attenzione, verso ciò che si ascolta, principalmente su di un piano affettivo o culturale e non su ciò che quei suoni producono sul nostro organismo, cioè le risonanze di una serie e successione così complessa possono creare, soprattutto in individui poco esercitati, dei blocchi di carattere fisiologico che alterano una risonanza precisa e tale da poter essere controllata e recepita con coscienza e non facilitano sicuramente una buona concentrazione e meditazione.

L’importanza di far risuonare un suono solo come vero portatore di precise risonanze sul nostro organismo è, a mio avviso, comunque presente anche nella musica tradizionale. Il concetto di tonalità (16), cioè di un suono che è un punto di riferimento generale di tutta una composizione, è una trasposizione dell’importanza che, in ogni caso, è affidata all’ascolto e al potere energetico proprio di quel suono. Non a caso, nei principi della composizione musicale, si mette in evidenza l’importanza, non solo, della tonica (17), corrispondente al primo Chakra, ma anche della dominante (18) che, vedremo, sarà considerata come il suono che deve essere collegato al secondo Chakra. Quando ascoltiamo (19), o meglio ci concentriamo, su di un suono che proviene dall’esterno, o siamo noi stessi a produrre con la nostra voce, questo può entrare meglio in risonanza quando la frequenza, che ascoltiamo, è in rapporto armonico con la cassa armonica del nostro organismo. Ora, quando ho sottolineato come ogni individuo è un timbro, il suono che ascoltiamo o emettiamo dovrebbe essere il più possibile in rapporto simpatico (20) con la frequenza di base di ogni singolo individuo.

Un altro fattore importante da tenere in considerazione è quello che il suono, che normalmente ascoltiamo, è costituito da un numero di vibrazioni prestabilite, e da un timbro determinato dallo strumento che emette quel suono, mentre il suono che noi produciamo può essere estraneo ai diversi sistemi musicali che le culture musicali hanno elaborato, e il timbro è assolutamente personalizzato.

Essendoci una grande varietà di possibilità di intonazione di un suono ed essendo ognuno di noi caratterizzato da una propria frequenza di risonanza personale, tra le due possibilità di esperienza è preferibile esercitarsi ad emettere il proprio suono.

Ognuno di noi ha, di fatto, una sua frequenza di vibrazione personale. Se invitiamo una persona a cantare un suono liberamente, senza pensare ad emetterlo imitando un suono della tradizione, ma concentrandosi su di una vibrazione che gli è il più spontanea possibile e ripetiamo l’esperimento più volte, si può osservare che il suono che emette è sempre lo stesso e che le differenze di intonazione, sovente trascurabili, dipendono da fattori emozionali, stato di salute, ecc.

Questo suono, e il timbro che lo caratterizza, si può considerare come il suono base di quella persona. Per quanto riguarda l’intonazione di un suono penso sia importante ricordare come la frequenza di vibrazione delle note tradizionali sia il frutto di un compromesso avvenuto nel corso della storia della teoria musicale.

Non è questa la sede per addentrarci in un campo estremamente complesso, per cui penso sia sufficiente mettere in evidenza il fatto che, per convenzione, fissiamo per la nota Do, ad esempio, una frequenza che è di 261,6 Hz (21) e che per la nota Sol di 392 Hz. In realtà tra un Do, supponiamo di 261,6 Hz e la nota più vicina al Do nel nostro sistema musicale, cioè il Do # che è di 277,2 Hz si possono eseguire circa altri sedici suoni che non sono considerati nel nostro sistema musicale. Questa grande variabilità nell’intonazione dei suoni ci permette di sottolineare come non sia importante in questa fase di ricerca tentare di imitare la giusta intonazione, ma di cercare una propria e personale intonazione. Quando ascolto, o meglio, emetto un suono i suoi armonici sollecitano i diversi Chakra secondo un ordine che procede dal basso verso l’alto. La tabella delle corrispondenze, rispetto a quella precedentemente presentata, sarà la seguente, supponendo che la nota che ascoltiamo o emettiamo sia un Do:

1

Muladhara

Chakra perineale

Do

1° Armonico

2

Swadhistana

Chakra splenico

Sol

2° Armonico

3

Manipura

Chakra solare

Do

3° Armonico

4

Anahata

Chakra cardiaco

Mi

4° Armonico

5

Vishuddha

Chakra laringeo

Sol

5° Armonico

6

Ajna

Chakra frontale

Sib

6° Armonico

7

Sahasrara

Chakra coronale

Do

7° Armonico

Queste notevoli differenze sono a mio avviso estremamente importanti poichè, quando produciamo fisicamente un suono, gli armonici, che da esso hanno origine, non sono prodotti fisicamente, ma si autogenerano secondo modalità che dipendono dalla cassa armonica dell’organismo: essi sono i migliori conduttori di quell’energia necessaria a far risuonare i centri dei Chakra.

Il canto armonico

Per ottenere maggiori risultati sarebbe importante impadronirsi della tecnica del canto armonico, cioè di quel modo di intonare una nota e contemporaneamente far risuonare a mano a mano gli armonici superiori. In pratica si tratta d’apprendere ad emettere contemporaneamente due o più suoni, cioè sentire, e far sentire, contemporaneamente al suono emesso anche i suoni armonici, estrarli da contesto sonoro e dar loro vita propria, non più mescolati con il suono di base. Questi armonici così esaltati danno più forza al loro potere di agire sui diversi Chakra.

Il canto armonico ha la sua tradizione più antica nel modo di cantare dei maestri degli armonici vocali Tibetani, Mongoli e Tuvani. Questa tecnica così a lungo sconosciuta nel mondo occidentale è tutt’ora largamente utilizzata nei monasteri tibetani e, solo ultimamente, ha incominciato a diffondersi nel mondo occidentale, trovando subito una schiera di musicisti e di studiosi che ne hanno convalidato la validità e l’efficacia. Io stesso ho avuto modo di esercitarmi a produrre con la voce due o tre suoni contemporaneamente, dando testimonianza della possibilità pratica di ottenere il risultato voluto. “Gli armonici possono insegnarci cose eccezionali sull’universo e sulla nostra relazione con esso. Stiamo ancora imparando nuovi segreti su noi stessi e sul mondo in cui viviamo, sia a livello scientifico che spirituale. Stiamo cominciando a vedere il riemergere della consapevolezza degli armonici nell’arte e nella scienza. Se tutto questo andrà avanti, potremo osservare cambiamenti radicali nel modo in cui utilizziamo il suono e nel concetto di come percepiamo il suono in qualità di energia. Vi sono frontiere nei campi della musica e della medicina che non abbiamo ancora attraversato”. (22)

Queste tecniche di far risuonare un suono nelle sue componenti più nascoste e vitali non è stata estranea alla civiltà occidentale. Si sono perse, sono state dimenticate e sostituite da altre forme ed esperienze a causa, forse, di quell’atteggiamento di trasformazione culturale a cui accennavo all’inizio di questo mio scritto. Sicuramente le grandi costruzioni delle cattedrali gotiche avevano anche la funzione di esaltare gli armonici dei canti, come l’antica costruzione delle prime melodie polifoniche degli organa e dei discanti, che procedevano solo con intervalli di ottava, quinta e quarta, cioè dei primi armonici fondamentali, era un ricordo di una tecnica d’esecuzione che a mano a mano veniva abbandonata, ma che era stata ben conosciuta.

Il discorso, a mano a mano che procede, diventa sempre più complesso e apre tutta una serie di considerazioni che richiederebbero uno spazio ben più ampio di quello che mi sono proposto. Spero che questo mio modesto contributo possa essere utile a chi si affaccia per la prima volta a questi argomenti. Per chi è già esperto spero di avere toccato alcuni argomenti che ugualmente lo abbiamo interessato o incuriosito. É evidente che rimango a disposizione per chiunque voglia chiedermi dei chiarimenti, anzi il dialogare su questi temi che fanno parte del mio lavoro di ricerca e poter condividere con altri le mie riflessioni costituisce un grande piacere e, spero, un arricchimento reciproco.

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Note

1. R. Guénon, Symboles fondamentaux de la Science sacrée, Paris 1962, trad. it. Simboli della Scienza sacra, Milano, Adelphi Edizioni, 1975, p. 226. (torna al testo)

2. M. Schneider, Il significato della musica, Milano, Rusconi Editore, 1970, p. 105. (torna al testo)

3. L. Colli, Chakra, Gemme di Energia Vitale, Bussolengo (Vr), Demetra, 1996, p. 50. (torna al testo)

4. E. Neumann, Ursprungsgeschischite des Bewussstseins, Zurich 1949, trad. it. Storia delle origini della coscienza, Roma, Astrolabio-Ubaldini, 1978, pp. 29-30. (torna al testo)

5. M. Schneider, Gli animali simbolici, Milano, Rusconi Editore, 1986, pp. 8-9. (torna al testo)

6. M. Schneider, Gli animali simbolici, cit., p. 3. (torna al testo)

7. L. Colli, Chakra, Gemme di Energia Vitale, op. cit., p. 14. (torna al testo)

8. F. Capra, Il Tao della fisica, Milano, Adelphi Edizioni, 1990, p. 18. (torna al testo)

9. N.Bohr, Teoria dell’atomo e conoscenza umana, Torino, Boringhieri, 1961, p. 395. (torna al testo)

10. Maitrâyana Brahm., VI, 22. (torna al testo)

11. P. Righini, G.U. Righini, Il suono, Milano, Tamburini Editore, 1974, p. 332. (torna al testo)

12. P. Righini, G.U. Righini, Il suono, op. cit., p. 146. (torna al testo)

13. G. Harrer e h. harrer, Musica, emozione e funzioni vegetative, in La musica e il cervello, Padova, Piccin Nuova Libraria, 1987, p. 210. (torna al testo)

14. G. Harrer e h. harrer, Musica, emozione e funzioni vegetative, op. cit., p. 210. (torna al testo)

15. A. Daniélou, Sémantique musicale, Paris, Hermann, 1967, p. 14. (torna al testo)

16. Per tonalità s’intende quella serie di relazioni fra i sette suoni della nostra scala musicale, basate su di un suono di base chiamato tonica. Si dice tonalità di Do, ad esempio, per indicare una scala che incomincia dalla nota Do, tonalità di Re per indicare la scala che incomincia dalla nota Re, e così via.. (torna al testo)

17. La tonica è il primo grado della scala. (torna al testo)

18. La dominante è il quinto grado di una scala. (torna al testo)

19. È importante mettere in evidenza la differenza tra ascoltare e sentire: il sentire viene considerata come una fase passiva dell’attenzione, mentre l’ascoltare viene considerata una fase attiva dell’attenzione. (torna al testo)

20.Per rapporto simpatico si intende la facoltà che un corpo vibrante ha di entrare in vibrazione quando viene sollecitato da una frequenza (torna al testo)

21. L’Herzt (Hz) è l’unità di misura delle vibrazioni: indica il numero di vibrazioni che un corpo elastico compie al minuto secondo. (torna al testo)

22. J. Goldman, Il potere di guarigione dei suoni, Vicenza, Il punto d’incontro, 1998, pp. 150-151. (torna al testo)

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