Il crittogramma di Bourges

Scienza ed EsoterismoNel palazzo Lallemant di Bourges un’edicola del XVI secolo reca scritte su sei righe alterne le lettere misteriose RERE RER. L’esoterismo, come la scienza, se cade in mano ad “analfabeti” dell’uno o dell’altra – eretici o accademici che siano – è inconcludente o pericoloso. La chiave filologica di questo crittogramma l’ abbiamo scoperta anni fa (e comunicata ad una cerchia “esoterica” di amici…) nel Vangelo di Giovanni, ai versetti 3-5 del capitolo III: quello di Nicodemo.

Il crittogramma di Bourges

di Renato Palmieri

Nel palazzo Lallemant di Bourges un’edicola del XVI secolo reca scritte su sei righe alterne le lettere misteriose RERE RER. L’esoterismo, come la scienza, se cade in mano ad “analfabeti” dell’uno o dell’altra – eretici o accademici che siano – è inconcludente o pericoloso. La chiave filologica di questo crittogramma l’ abbiamo scoperta anni fa (e comunicata ad una cerchia “esoterica” di amici…) nel Vangelo di Giovanni, ai versetti 3-5 del capitolo III: quello di Nicodemo. Costui, un maestro fariseo della legge giudaica, in una visita notturna a Gesù, gli esterna la sua ammirazione per i segni divini presenti nella sua opera. Gesù gli risponde con un discorso di altissimo quanto recondito e polivalente significato, che si ritrova identico nella sostanza ma con differente veste simbolica nella versione greca e in quella latina. Esso è quindi tale da non potere essere tradotto immediatamente in una forma unica e onnicomprensiva: il che non è stato colto finora da nessuno, per quanto se ne sappia, fatta eccezione per l’autore dell’edicola (inutile parlare di Fulcanelli).

Una prima traduzione italiana del testo greco di quei versetti suona:

3 – Rispose Gesù e gli disse: “In verità, in verità ti dico, se uno non nasce di nuovo, non può vedere il regno di Dio”. 4 – Dice a lui Nicodemo: “Come può un uomo nascere essendo vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel ventre di sua madre e nascere?” 5 – Rispose Gesù: “In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e spirito, non può entrare nel regno di Dio”.

Tra il discorso di Gesù e la sua immediata ricezione nella mente di Nicodemo c’è un dislivello grandissimo, rappresentato nel testo greco dal senso ambivalente dell’avverbio ànothen, che può significare di nuovo – come lo intende Nicodemo – ma anche dall’alto. Gesù avverte l’incapacità di comprendere che è tipica della scienza umana e che in Nicodemo si caratterizza con l’univocità attribuita al termine che ha sentito. Più oltre, infatti, (vers. 10) Gesù ironizza su di essa, persistendo l’incomprensione di Nicodemo: “Tu sei maestro di Israele e non sai queste cose?” Egli significava insieme che nasce di nuovo solo chi nasce dall’alto, poiché (vers. 6) “ciò che è nato da carne, è carne, e ciò che è nato da spirito, è spirito”, intendendo che da carne si nasce, ma la ri-nascita è dello spirito, che viene dall’alto, come ribadisce ai versetti 7 e 8: “Non meravigliarti, se ti ho detto: bisogna che voi nasciate ànothen. Lo spirito dove vuole spira, e tu ne senti la voce, ma non sai donde viene e dove va: così è ognuno che è nato dallo spirito”.

La traduzione latina di un passo così complesso e denso doveva evidentemente affrontare la difficoltà di corrispondere alla pregnante ambiguità del testo greco, non disponendo di un termine bivalente come ànothen. La soluzione è risultata di straordinaria ingegnosità e bellezza simbolica, come ora vedremo.

Il vocabolo latino significante il “nascere di nuovo” era ovviamente il verbo renasci, col participio renatus. Peraltro bisognava trovare un modo di sottolineare che la sillaba “re” comprendeva un senso più esteso del normale valore di replica (“di nuovo, una seconda volta”). L’effetto doveva essere di livello esoterico, pari cioè all’intendimento di Gesù, che parlava a chi aveva orecchie per udire, come altre volte si era espresso, con un linguaggio sovrastante la scienza profana ma incontrovertibile nel suo vero significato. Il traduttore latino opera, quindi, così:

– Nei versetti 3 e 5 mette in forte risalto, nella proposizione che fa da protasi, il participio “renatus”: “nisi quis renatus fuerit”, cui segue nel vers. 3 l’avverbio “denuo” e, corrispondentemente, nel vers. 5 “ex aqua et spiritu”. Ovvero, il “re” di “re-natus” vale di nuovo solo per chi è nato da acqua e spirito, cioè dall’alto (“ànothen”). Tale dettato si contrappone al semplicistico rinascere carnale di Nicodemo del vers. 4.

– In ciascuno dei tre versetti consecutivi la sillaba “re” costituisce il “lucchetto” che tiene unite le due parole finali: 3 – vide re re gnum; 4 – introi re ( et ) re nasci; 5 – introi re (in) re gnum.

– Il prefisso “re” di “renatus”, così intensamente sottolineato, viene caricato di un sovrasenso spirituale, derivante da una tradizione iniziatica, che conferisce al vocabolo l’ambivalenza esoterica proposta dal testo greco.

Risulta già da ora evidente che l’artista del palazzo Lallemant ha colto la struttura filologica del passo evangelico e il suo riposto significato, esprimendone il nesso sillabico con RERE e il legame fonetico-allitterante – come lo scatto del “lucchetto” – con RER: il tutto ripetuto tre volte in relazione ai tre versetti successivi.

Ma veniamo all’osservazione conclusiva sull’enigmatico valore di questo passo evangelico. Nel testo latino il participio “renatus” dei versetti 3 e 5, col particolare rilievo anche ritmico conferitogli nella traduzione sacra, offre la chiave di una particolare interpretazione iniziatica del valore di quel “re”, che stringe con un simbolico legame le parole finali dei versetti 3, 4, 5. Ricordiamo che “Ra”, “Re” sono trascrizioni fonetiche occidentali del nome del dio-Sole egizio, che compare nei nomi di faraoni, come Khaf-ra (o Khaf-re), detto Cheph-re-n dai Greci, e Dedef-ra (o Re-dedef), figli di Cheope: i faraoni, infatti, erano destinati a rinascere proprio perché nati da Ra, nati dal ka divino, cioè dallo Spirito, e le Piramidi erano il tempio del rito iniziatico della loro rinascita (il discendere e il risalire del ka divino contrassegnava la successione del nuovo faraone al morto, come è mostrato nella Grande Piramide dai cosiddetti “canali psichici”, i condotti che immettono nelle due grandi camere rituali). In particolare, Chephren è trascrizione greca dell’egiziano antico Hawef-rie, che significa “il suo apparire è Rie” (cioè Ra, Re): in altri termini, il “re-natus” latino ne è la precisa traduzione esoterica nel contesto delle dottrine iniziatiche nelle quali si veniva formulando il Vangelo di Giovanni. Il vocabolo assume così, nelle parole di Gesù, un duplice significato, esattamente come ànothen nel testo greco: il primo e immediato è quello che provoca la meraviglia incredula di Nicodemo, ossia “nato una seconda volta”; l’altro, recondito, è “Re (Rie, Ra) natus”, nato come Rie, dallo Spirito di Dio, quindi dall’alto, condizione indispensabile per “nascere una seconda volta” e vedere il regno di Dio.

Napoli, 19 agosto 2004

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