Analisi della «febbre creativa»

Arte ed EsoterismoLa cosiddetta “febbre creativa” è un fenomeno del tutto simile alla dissociazione mentale.Per entrare a fondo nel significato di “febbre creativa” bisognerebbe trascendere la visione personale, per aprirsi, piuttosto, a quella del postulato scientifico.

Analisi della «febbre creativa»

di Athos A. Altomonte

La cosiddetta “febbre creativa” è un fenomeno del tutto simile alla dissociazione mentale. La differenza con la patologia sta nel frutto. Ovvero, in una conclusione creativa positiva e gratificante, per se e per gli altri.

L’ispirazione, come fenomeno complessivo, è un fenomeno che dirige la volontà dell’uomo (scienziato, artista, religioso, condottiero, ecc). Ed avendo un “obiettivo” su cui scaricare le proprie forze, il fenomeno, che vive di vita propria, non si rivolta contro il proprio strumento (l’uomo), che può mantenere il controllo dell’azione. Anzi, con la propria intelligenza, può renderla più efficace.

Dunque, quando si vuole sottolineare l’aspetto patologico (malattia) dell’evento, credo sia giusto ricordarne anche l’aspetto sottile.

Per entrare a fondo nel significato di “febbre creativa” bisognerebbe trascendere la visione personale, per aprirsi, piuttosto, a quella del postulato scientifico.

La “febbre creativa” è un fenomeno psichico. E siccome la mente costituisce l’unico “strumento nobile” dell’uomo, non le sue mani, è l’unico medio degno di tutto il rispetto. L’unico in cui vale la pena profondere continui studi, per appropriarsi dei suoi aspetti profondi e delle infinite colleganze possibili con i diversi “stati, piani o livelli di coscienza”. In altre parole, la mente può essere il ponte con il macrocosmo ch’è in noi.

Se il connubio di mente e coscienza sono il fulcro tanto dell’“essere” che dell’“essenza umana”, i suoi “frutti” sono da riconoscere solo come fenomeni susseguenti, e non primari. Aspetti collaterali dell’entità centrale chiamata personalità (p.), sia essa comune, o p. scientifica, o p. artistica, o p. religiosa o com’altro la “si sia fatta diventare” coi propri indirizzi.

Il termine “febbre creativa” è una metafora che contrassegna un fenomeno reale. Antico quanto straordinario, che solo persone straordinarie possono manifestare. Questa “straordinarietà” lo rende un aspetto poco visibile, mitizzato, e perciò mal compreso. Che può essere chiarito attraverso un attento esame intellettuale che tende ad un riscontro globale, non opinabile come può esserlo una sensazione personale.

La “febbre creativa” è la descrizione di uno stato mentale caratterizzato da un surplus energetico.

Una spinta interiore che costringe all’azione chi ne è posseduto. Diventando per lui un vero e proprio “imperativo categorico”.

L’energia prodotta dalla “febbre creativa” (spinta creativa), non è rapportabile alla blanda ispirazione della fantasia o dell’immaginazione.

La sua “influenza” infatti distingue la creatività dalla comune inventiva. Termini che, purtroppo, vengono confusi dall’improprietà linguistica.

L’inventiva e l’immaginazione sono le doti del pensatore che manipola le idee. La spinta (febbre) creativa, invece, è la dote del genio che concepisce l’assolutamente originale.

Ecco che, in campo scientifico, distinguiamo lo scienziato che produce l’idea, da quelli che ne propongono i perfezionamenti. In campo religioso distinguiamo la Guida spirituale che sacralizza un tracciato, dal credente anche di rango che ne salmodia i dettami. In campo artistico distinguiamo l’artista, che crea il nuovo, dall’artigiano, che manipolando gli aspetti esteriori ripete un modello usuale.

L’uomo influenzato dalla spinta creativa ne diventa il medio. Questo significa che nel momento creativo, è il genio ad essere lo “strumento” della (propria) genialità creativa.

L’esperienza creativa di qualità è quella legata all’ispirazione sottile. E questa, a seconda della forza mentale (la volontà) dell’uomo, può risultare “esaltante” o “deprimente”.

Nel primo caso, nell’uomo si esaltano (illuminano) anche gli aspetti inferiori della personalità. Di contro, nel secondo caso, il dolore della sovrappressione energetica può risultare insopportabile. Tanto da squilibrare la coscienza emotiva che si spinge verso l’auto-distruzione (annichilimento).

Se ne deduce che l’esaltazione o la depressione dipendono dalla “resistenza psichica” dell’uomo «… che deve mediare tra se stesso e la spinta discendente dell’Idea che, attraverso lui, vuole manifestarsi …».

Di norma, una mente evoluta sottoposta a sforzo è in grado di modificarsi ed assimilare la spinta, così da renderla propria (!) e realizzare un proprio arricchimento.

Modificare le proprie reazioni significa passare dal dolore (depressione) della “crisi creativa” all’arricchimento assimilando il surplus energetico (esaltazione). Evidenziando la formula dell’illuminazione, che si realizza attraverso una prassi e non coi miracoli.

La spinta discendente dell’Idea genera crisi-dolore (la causa); attraverso volontà-consapevolezza il medio può trasformarla, assimilazione-arricchimento-esaltazione ; che si risolve nella sublimazione di sé stessi.

Resta da specificare il significato di dissociazione che alcuni, chissà come, interpretano al negativo. Eppure, come si dice, andare “verso l’alto” significa negare (dissociarsi) il basso. Integrarsi con i modelli materialistici (i metalli pesanti o volgari) è considerata una prassi profana, mentre liberarsene (dis-integrarsi) è l’auspicio di ogni apprendista-iniziato.

Questo dovrebbe chiarire il punto.

Il “genio creativo” si dissocia dalla coscienza comune per “dare spazio” alla nuova idea che in-sorge. L’Idea nuova è l’immagine mentale (riflesso) più prossima all’archetipo di quel modello. Accessibile a chi si è dissociato dalla concettualità comune, quella legata alle sensazioni fisiche. Questo significa che solo dimenticando se stessi, cioè, i propri pre-giudizi (idee antecedenti), si può accogliere o raccogliere il riflesso di una Idea archetipa.

Ma trattando argomenti sottili bisogna imporsi una grande attenzione. Ad esempio non si può più giocare con il significato delle parole. Dalla correttezza del termine, infatti, dipende il valore del concetto.

Ora, per ultimo ma non ultimo, un invito. Se non bisogna confondere un “utilizzatore” di modelli, di consuetudini e d’idee preesistenti con il vero “genio creativo”, è altrettanto importante non confonderlo con l’ossesso, che in ogni campo propone i propri “piccoli deliri” con la certezza di verità rivelate.

Ma ci fermiamo. Perché, altrimenti apriremmo il “vaso di Pandora” dell’umanità. E l’analisi ci condurrebbe sul capitolo della credulità e dell’ignoranza. Tarando i vezzi dei Solo ni che, pur sapendo di non sapere, credono di poter capire e giudicare, nascondendosi dietro parole che nemmeno intendono.

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