La Gioconda è il testamento pittorico, filosofico, esistenziale di Leonardo. La Gioconda va letta su più livelli come la Bibbia. Molti storici dell’arte o esperti di Leonardo hanno commesso l’errore di dare una lettura o unilaterale o parziale di questo Testamento. Il nostro ritrovamento del 72 – numero chiave – e delle lettere L e S, presenti negli occhi della Gioconda, rappresentano un punto di riferimento e di partenza di una nuova interpretazione del quadro e del periodo leonardesco che va dal 1510 fino alla sua morte.
AntefattoVenerdì 04 Febbraio 2011
Oltre al Salaì, che corrisponde alla S trovata, si può forse trovare la presenza di Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo. Vi sono molti riferimenti storici e documentali al riguardo, elementi che tuttavia non ci permettono di sostenere con certezza che la Gioconda sia un fedele ritratto di Lisa Gherardini. Essa potrebbe comunque aver rappresentato un ulteriore elemento di riferimento. Leonardo portò con sé la Gioconda per circa 20 anni. È certo che continuò fino all’ultimo a intervenire su questo quadro-testamento. Nel 1954, a seguito di un esame ai raggi-x realizzato sul quadro, venne accertato che originariamente la Gioconda non aveva quel sorriso che ora vediamo ma, al contrario, la bocca era cupa e malinconica. Si è anche accertato che vi sono vari sovrapposizione nel quadro, segno questo di molte modifiche e mutamenti. La L trovata nell’occhio sinistro per chi guarda corrisponde anche a Leonardo in una forma psicologico-esistenziale, rinvia al suo travaglio, alle sue due madri, quella vera, la Caterina (serva), e quella adottiva, che il padre Piero sposò dopo poco e da cui ebbe vari figli. Non va mai dimenticato che Leonardo era un figlio illegittimo e concepito fuori dal matrimonio, non va dimenticata l’ambigua e forse ambivalente natura sessuale di Leonardo. Nella Gioconda questo contrasto e conflitto sessuale, esistenziale, affettivo e intellettuale trova un suo superamento e armonia. Alcuni sostengono che la Gioconda fosse una donna incinta e forse in lutto e che il ponte presente nello sfondo destro del quadro sia un elemento importante; queste teorie rafforzerebbero l’idea che tale raffigurazione prese le mosse dal reale in quanto anche Lisa Gherardini era incinta quando Leonardo, sulla base di una commissione del marito Francesco del Giocondo o di Giuliano de Medici, che poteva essere stato suo amante, la volle ritrarre. Tuttavia, come scrisse il Vasari, del dipinto vi era solo il viso e se questa asserzione è vera, quel viso ha subito modifiche fra cui quelle ispirate al Salaì. Il ponte presente nel quadro non ha nulla a che vedere con quanto affermato nei giorni scorsi da una studiosa Savonese (C. Glori) la quale piega arbitrariamente la presenza del numero 72, scoperta dal dott. Vinceti, come riferibile ad una data, il 1472, data che coincise con il crollo del ponte medesimo. L’opinione di Silvano Vinceti è che Leonardo non andò mai a Bobbio, in provincia di Piacenza, dove sorgeva il ponte, al contrario durante quel periodo era a Firenze presso il Verrocchio e aveva 20 anni. Il ponte rappresentato si trova invece sul fiume Arno, nelle vicinanze di Arezzo, in località Buriano. Il ponte in questione è oggi ancora eretto, di forma medievale a quattro arcate, conosciuto da Leonardo e rappresentato in vari schizzi presenti nella biblioteca reale di Windsor. A parte questo aspetto visivo, il ponte ebbe comunque vari significati fra cui quello di congiungere gli opposti, di mutamento di condizione, dell’aldilà rispetto alla vita; un significato di vita e della sua fine, inteso anche come ritorno al ventre materno, prima della vita, all’interno del liquido amniotico. Leonardo conosceva molto bene tutti questi simboli e significati. La presenza del ponte nella Gioconda non è casuale ma contribuisce a formare quel testamento del grande Genio e si può abbinare alla donna ritenuta incinta, in lutto o vestita come tale; inoltre, questo elemento viene riprodotto nella Gioconda e similmente nella Madonna dei Fusi. Va comunque sottolineato che Leonardo, per conto di Cesare Borgia detto il Valentino, era nel 1503 presso Arezzo al fine di studiare fortificazione e viabilità. Realizzò una riproduzione della zona e del ponte con particolari caratteristiche idrogeologiche e morfologiche. La parte destra dello sfondo del quadro è altresì riconducibile ad alcune caratteristiche dell’ambiente lombardo che Leonardo conosceva bene e di cui ci sono molti schizzi nel Codice Atlantico e non solo. * * *
Mi rendo conto che la presenza di un “numero”, in un dipinto di Leonardo, possa stupire, ma se è “originale” (come mi è stato assicurato dal Dott. Vinceti stesso), non farebbe altro che aggiungersi ad una serie di Numeri che Leonardo ha sempre usato, a volte in modo macroscopico, in altre opere pittoriche che ho dettagliatamente trattato nel mio libro: “Il Genio Sonico”. Ma non voglio e non posso anticipare alcuni passaggi conoscitivi, quindi, tornando alla vera motivazione del mio scrivere, inizierò a parlare di Precessione degli Equinozi (Fig. 2). La Precessione UniversaleForse non tutti sanno che il “nostro” pianeta consuma una corsa assiale ellittica, in un arco di tempo millenario, pari a circa 25920 anni. Tale “anno”, definito platonico, esattamente come quello del nostro calendario, da sempre è suddiviso in 12 mesi, di 2160 anni ciascuno. Ufficialmente, la scienza, oggi vede nell’attrazione Luni-Solare la motivazione di questo movimento che, in ogni caso, con precisione inoppugnabile, manifesta la sua “azione” ogni 2160 anni, all’Equinozio di primavera, nel momento in cui, in modo eliaco, il sole sorgendo, pone dietro di sé una nuova costellazione. Oggi, siamo praticamente quasi usciti dalla costellazione processionale dei Pesci e stiamo entrando in quella dell’Acquario, ma ciò che dovrebbe interessare, soprattutto gli esperti del Genio toscano, è il meccanismo temporale posto alla base di questo movimento planetario. È accertato, infatti, che l’asse terrestre consuma la sua opera attraverso spostamenti pari ad un 1 grado, dei 360° celesti, ogni 72 anni. Abbiamo, quindi, il riferimento numerico in questione, “stranamente”, presente, all’interno di un sistema che, oggi posso sostenere senza tema, fisiologicamente non è solo celeste. A mio avviso, questo avrebbe dovuto costituire il primo campanello d’allarme conoscitivo per gli esperti, nei confronti di un riferimento che definirei capace di tutelare non solo un “sapere” completamente chiaro al Vinci, ma un insieme conoscitivo compatto ed inequivocabile, presente attraverso decine di applicazioni falsamente diverse in tutte le civiltà terrestri. Ma, giustamente, devo procedere per gradi, al fine di sostenere la mia tesi. Ho parlato più sopra di fisiologia, poiché è chiaro all’ufficialità scientifica che, in media, i processi cardiaci, polmonari e circolatori umani, siano completamente asserviti a frazioni, o multipli, del numero della Gioconda (Fig.3). Di conseguenza, un minimo di coerenza vorrebbe l’essere umano, completamente asservito ai “tempi” terrestri, tempi facilmente influenzabili, come abbiamo visto, da rapporti celesti certi, nonché da comportamenti umani che, negli ultimi decenni, definirei poco edificanti. Sto, quindi, sostenendo, l’esistenza di un chiaro rapporto fisico e non solo, fra un essere intelligente, come quello umano ed un essere celeste, e non solo, come la Terra, che, in questa occasione, sembra avere un ruolo nei confronti della presenza umana, capace di travalicare i suoi cicli annuali. Mi verrebbe da aggiungere il “dire” di Giordano Bruno, che definiva i corpi celesti: Animali, cioè dotati di anima, ma sto cercando di mantenermi, pur sapendo di non poterci riuscire, in un alveo piuttosto pragmatico. Pragmatismo che vorrebbe l’aggiunta di una miriade di altri esempi fisiologici dedicati al 72, come, ad esempio, la massima angolazione raggiungibile da parte di un’articolazione, l’arco di tempo utile al totale ricambio dei tessuti del sistema intestinale, o il peso medio neo-natale, praticamente processionale. Pragmatismo che si rivelerebbe inutile, se posto di fronte alla massa enorme di riferimenti storico-mitico-religiosi, del resto già individuati dall’accurato studio del Dott. Vinceti, nei quali il 72 ed suoi multipli, appaiono già da millenni, ovunque sulla terra, presso qualsiasi civiltà. Cosa peraltro appurata, con estrema precisione ed in tutte le sue sfaccettature, già nel 1969, grazie allo studio del Prof. Giorgio De Santillana, culminato nel suo famoso: “Il Mulino di Amleto”. Ma per capire veramente ciò che si nasconde dietro il 72, e, di conseguenza, intuire le vere potenzialità conoscitive vinciane che dettarono il suo utilizzo, vorrei nuovamente porre l’attenzione sul rapporto esistente fra meccanismi celesti e fisiologia umana, perché è esattamente qui che si gioca ciò che ormai, oggi definirei una guerra, che ha visto l’immanentismo ed il panpsichismo perdenti, nell’ultimo secolo, ma assolutamente ancora vincenti ai tempi di Leonardo da Vinci, in pochi eletti come lui, in quanto figli di un sapere, numericamente presente su questo pianeta ….da sempre. Vorrei quindi mostrarvi come, in passato, un presunto fenomeno “locale”, come la Precessione, avesse invero proporzioni numeriche che potrei definire, galattiche. Sono, pertanto, costretto a portarvi in Egitto. La Precessione GalatticaHo premesso che la mia spiegazione sarebbe stata piuttosto articolata, poiché reputo necessari alcuni passaggi per sgombrare ogni dubbio sul vero significato del riferimento in questione, di conseguenza, vorrei prendere in esame un reperto astronomico noto ormai in tutto il mondo, come: “Zodiaco di Dendera”, la cui copia persiste tuttora nel tempio di Dendera. Ritengo importante tale esame, poiché in questo caso specifico, il 72 assume una spiegazione, oltre che numerica anche, oserei dire, cosmica, pregna di un insieme di significati altri, che molta luce potranno portare sul modus vivendi e la forma mentis del Genio.
Sarebbe estremamente sciocco credere che gli egizi non sapessero contare, ma, soprattutto, pensare che, dei grandi osservatori come loro, non si rendessero conto che il numero di corpi celesti presenti durante le loro osservazioni sia di gran lunga superiore alla suddetta rappresentazione. Soprattutto, sarebbe tremendamente superficiale, non pensare che tale osservazione altro non sia che la rappresentazione di un sistema creante, numericamente codificato, nel quale la fisiologia precessionale viene utilizzata per predisporre la nascita di materiale stellare. Sostanzialmente, qualcuno, attraverso un sistema simbolico ben preciso, a distanza di millenni, ancora è in grado di dirci che la creazione posta sulle nostre teste, attraverso le stesse leggi numeriche, non solo si manifesta, ma detta i meccanismi vitali di tutti gli esseri che contiene. Di conseguenza, duemila anni fa, qualcuno diceva che l’uomo è ciò che l’Universo è. E lo faceva attraverso i numeri, come anche Pitagora imparò, sottolineando che, attraverso passaggi dodecafonici ed intervalli musicali ben precisi, si arriva alla… natura, della quale Leonardo era tremendamente innamorato. Così come innamorato fu, fra mille cose, anche di musica, tanto da costruire lui stesso strumenti musicali. Ma Leonardo andava oltre in tale comprensione animico-numerica della natura, la sua vera ispiratrice. Per capirne il limite, Vi chiedo di osservare le direzioni segnate in rosso, dove hanno preso posto i 12 esseri. Sono Otto e, senza nessun timore, mi sento di affermare che questo si rivela essere il cuore del suo sapere “impossibile” che generò le sue scelte, anche numeriche. Di conseguenza, e di nuovo, per capire “Lui”, è necessario, come dire, emigrare. Questa volta in Mesopotamia. La Lista Senza TempoNel 1932, una spedizione inglese condotta dal capitano Weld-Blundell nell’attuale Bassora, in Iraq, riesce, inaspettatamente, a portare a termine una missione che aveva come scopo la riscoperta delle città bibliche. In quell’occasione, venne ritrovato un reperto, oggi custodito ad Oxford, su quale, in caratteri cuneiformi, vengono riportate Due Liste Sumere dei Re. Una di queste, detta degli Otto Re (Fig. 5), così recita:
Ebbene, pur dovendo tralasciare tutti i significati nascosti in tale descrizione, a dir poco millenaria, possiamo osservare che termina con la somma di otto periodi regnanti piuttosto inconsueti, protratti in sole 5 città ed è sufficiente eliminare gli “zeri”, per veder riapparire la struttura numerica degli esseri posti all’esterno dello Zodiaco di Dendera. Questo è estremamente importante per capire alcuni aspetti riguardanti il numero 72. Abbiamo visto più sopra, che esso è figlio binario di una somma, in origine suddivisa in 13 e 23 di 36, ma, sostanzialmente, che cos’è in grado di essere Re in Mesopotamia ed Esseri semi-divini in Egitto, destinati a diventare corpi celesti secondo passaggi numerici ben precisi? Penso che, quel qualcosa, da decenni è ricercato da tutti i laboratori di Fisica Nucleare del mondo, poiché si sta parlando di un’energia, per i grandi del passato numericamente intelligente ed animicamente viva, capace di diventare Tutto ciò che ci circonda, compresi… noi. Quindi, ora possiamo cominciare ad immaginare che, dietro il numero della famosissima Gioconda, si nasconde una somma energetica e soprattutto, un’interpretazione di un atto creativo, che vorrebbe Dio, costituito anche da Otto momenti numerici ben definiti, destinati a diventare non solo materia, ma, in modo frattale, fisiologia umana, nonché stellare. Ora possiamo apprezzare come a Dendera, Dio, se di un Dio stiamo parlando, scelga di suddividersi in Esseri maschili e femminili, secondo un rapporto frazionario e numerico ben preciso, ma è gioco-forza immaginare che questo Essere, in via di suddivisione dodecafonica, sia inizialmente androgino, e questo, secondo me, è il vero contesto conoscitivo, nel quale si è formata la visione androgina di Leonardo da Vinci. Voglio riportare un ulteriore esempio, fra i tanti che potrei citare, per sintetizzare, attraverso un costrutto artistico, tale visione creativa ed il relativo sunto numerico. Per farlo, questa volta è sufficiente rimanere in Italia. Quando il Numero Diventa ArtePrima di passare alle opere numeriche di Leonardo da Vinci, vorrei esaminare l’immagine riguardante il Rosone centrale della Basilica di Collemaggio, all’Aquila (Fig. 6).
Perché insisto su questa ulteriore suddivisione? Per un motivo essenziale, il seguente: chi conosce il sistema numerico creante dell’Ottava, sempre rispetta tale frazionamento, in quanto, come Dendera attraverso i suoi Esseri insegna, 13 di qualsiasi riferimento numerico rappresenta il valore energetico femminile, ed i restanti 23, quello maschile. Praticamente, senza girarci troppo intorno, se ciò che asserisco è vero, nell’opera di Leonardo si dovrebbero rintracciare una miriade di Otto ed un sistema numerico ad esso inerente. Proseguendo quindi, nella mia tesi, questo dovrebbe comportare una sua visione della realtà tale, da dover riporre la presenza divina in ogni aspetto della natura e del cosmo, una presenza che, chiaramente, deve contenere, comunque e sempre, una parte animica dotata di intelligenza. Quindi, il Genio deve vivere i suoi tempi conscio della grande matrice divina presente nell’uomo e nella natura, una matrice chiaramente androgina e, per tutta la vita, deve dissimulare, non solo la sua “vera” genialità, ma la sua grande capacità di percepire il mondo intorno a sé come il frutto infinito dell’Uno. Intuisce, quindi, la reincarnazione; conosce il potere creante del suono; osserva la spiritualità cristiana dei suoi tempi con molto distacco e sopportazione e, conscio del suo sapere, molto deve lavorare sul suo carattere, per sopportare uomini e tempi chiaramente …lontani da Lui. È sicuramente un uomo geniale, ma la sua genialità segue un unico fiume conoscitivo, quello dell’Ottava, e le sue tendenze sessuali mai saranno il vero motivo scatenante la sua immensa opera creativa. Si arriverà quindi fino ad oggi, dove molti percepiranno nel Genio un sapere, o “saperi altri”, mai decifrabili, a differenza di un’ufficialità perfettamente consolidata, che, finora, mai ha accettato, in uno dei padri della scienza e della tecnica, apporti conoscitivi diversi, o al massimo, come il Dott. Vinceti ha ipotizzato, ispirati da una probabile conoscenza cabalistica dei numeri. Il Genio SonicoVorrei quindi, con immenso piacere, partire da un suo capolavoro spesso dimenticato, per documentare come il “numero”, fosse presente nelle sue opere. A Milano, nel Castello Sforzesco, esiste una sala che penso sia sconosciuta alla maggior parte degli italiani (come spesso succede in questo paese incredibile). Si chiama: Sala delle Asse, la cui volta, di svariati metri quadri, conserva ancora oggi un lavoro pittorico che un tempo coinvolgeva anche la parte muraria. La volta, appare come un meraviglioso ed intricato groviglio di alberi, rami, foglie e fiori di gelso, “morus” in latino, come il Moro, che fu il vero committente dell’opera (Fig. 7).
Un meraviglioso esempio vegetale del potere della Natura, è il vero tema di quest’opera che, ripeto, rimane misconosciuta e poco apprezzata, forse anche a causa di un’incomprensibile presenza simbolica, disposta e riposta, in ogni angolo di quell’enorme cielo verde. Ebbene, se ci si dirige verso il centro della sala e si osserva il centro di quel soffitto stupendo, è possibile notare lo stemma araldico degli Sforza (Fig.8), e, con una qualsiasi macchina fotografica dotata di zoom, è possibile osservare, intorno ad esso, una corona perfetta di Otto, ripeto: di Otto (Fig.9 e 10). Per la precisione, ce ne sono ben 32. Continuando ad osservare l’opera con occhi “numerici”, si può notare che essa è costituita da 16 alberi, che contengono Otto lunette, capaci di ospitare gli unici spicchi di cielo liberi da quella vegetazione prorompente. Senza voler esagerare nelle elucubrazioni numeriche, possiamo riassumere uno schema esecutivo caratterizzato da: 16 alberi e 32 otto. Ritroviamo, di conseguenza, un sistema frazionario come quello presente a Dendera, nel quale, 1\3 e 2\3 di 48 unità, rappresentano, molto probabilmente, un concetto ispirante. Ora, è sufficiente osservare di nuovo l’immagine dello Zodiaco di Dendera, per ricordare che 4 Esseri femminili ed 8 Esseri maschili, sono gli ispiratori energetici di un tipo di creazione galattica, ben precisa. In altre parole, l’opera di Leonardo sposa numeri e forma, decretando la nascita di una natura a dir poco, prorompente e… divina. Si tratta, quindi, di uno delle migliaia di modi utilizzati dai grandi del passato, per trasformare la somma della Lista Sumera, in arte creativa. Di conseguenza, non è il 72 della Gioconda l’unico numero utilizzato nelle opere vinciane, potrei addirittura mostrare come lo stesso sistema numerico della Sala delle Asse risulta essere inciso in Bolivia sulla Puerta del Sol, nei pressi di Tihuanacu, da migliaia di anni, ma, preferisco porre l’accento nuovamente su quella corona di Otto, poiché è chiaro che da essa nascono tutta quella serie di intrecci e legacci che, da secoli, rappresentano per gli esperti, un mistero (Fig.11 e 12).
Nessuno ancora vuole ammettere, nonostante le mie sollecitazioni, che, “i nodi” (così vengono chiamati quei falsi ricami), altro non sono, che una simbologia ben precisa, utilizzata da Leonardo da Vinci in centinaia di opere, per sottolineare, comunque e sempre, la sua appartenenza al ristretto ambito di coloro che conoscevano ed interpretavano il sapere dell’Ottava. Lo dico diversamente: i “nodi” di Leonardo, altro non sono che un modo di rappresentare il numero Otto. Quindi, per l’ennesima volta, insisto nell’affermare che di numeri, nella storia artistica di Leonardo, è possibile trovarne a bizzeffe. Seguendo questa logica, quindi, è possibile interpretare alcuni esempi pittorici del Genio in modo diverso. Vogliamo vedere il numero Otto divenire ornamento sulla spalla della Donna con l’Ermellino? (Fig.13 e 14) O nel ritratto di Beatrice d’Este? (Fig. 15) Vogliamo osservarlo ricamato sul decolletè della Gioconda? (Fig.16 e 17).
In ogni caso, quando si parla di Leonardo da Vinci, ho imparato a mie spese, come e quanto, la sua bravura nel dissimulare i numeri precessionali, sia terribilmente raffinata. Basterebbe esaminare il Cenacolo, per rendersi conto di ciò. Nell’affresco, infatti, i 12 apostoli sono raffigurati in una stanza ai lati della quale si possono osservare 4 + 4 aperture, culminanti con 3 finestre finali (delle quali potrei dire tantissimo), mentre la sacra rappresentazione, viene sormontata da un soffitto a cassettoni composto da 36 spazi. Il tutto, dominato da tre immagini araldiche che sovrastano la scena attraverso la loro Ottuplice suddivisione (Fig. 18). Fig. 18 – Il Cenacolo Cosa dire poi di intere pagine del Codice Atlantico, passate nel completo e più assoluto silenzio, dove miriadi di Otto vengono tracciati, per i più svariati motivi, dal Maestro (Figure 19, 20, 21), ai quali si potranno aggiungere schizzi e disegni di ogni tipo, tutti contraddistinti da “nodi” o dalla simbologia dell’Ottava, nel modo più inatteso e chiaro, come, ad esempio, nello studio sui grilletti di un fucile (Figure 22, 23, 24).
Fig. 21 – Gli 8 di Leonardo nel Codice Atlantico
Fig. 26 Sarebbe quindi giusto aggiungere, in tale contesto, come Lui stesso commentò un suo studio riguardante la realizzazione di una macchina per filare. Forse tutto ciò potrebbe essere utile a chiarire ulteriormente quali erano i Numeri di Leonardo, ma se ci fossero ancora dubbi, potrei utilizzare il suo cuscinetto a sfera (Fig. 25) oppure il suo carro-armato a 36 cannoni (Fig. 26). Carro armato che vedeva così condotto: «questo è buono per rompere le schiere, ma vuol seguito. modo come sta dentro il carro, “otto” uomini trarranno e questi medesimi volteranno il carro e seguiranno». E potrei continuare con centinaia di altri esempi, come il solido a 72 facce disegnato per il Pacioli (Fig.27), o le 6 incisioni regalate alla sua scuola di Pittura milanese, ancora oggi teatro di indagini e ricerche senza fine, per poter definire il perché della presenza esclusiva di …nodi (Fig.28). Infine, vorrei concludere con l’Uomo Vitruviano, disegnato dal Vinci in una griglia geometrica costituita da 8×8 quadrati (Fig.29), poiché in tale occasione, penso abbia superato sé stesso, riportando alcune frasi, tratte dal sapere Vitruviano dell’edificare: «Vetruvio mette nella sua opera di architettura chelle misure dell’OMO sono distribuite in questo modo: cioè che 4 diti fa un palmo e 4 palmi fa un piè, 6 piè fa un cubito, 4 cubiti fa un passo e ”24“ palmi fa un omo e queste misure son né sua edifizi».
Fig. 29 – Uomo di Vitruvio Insomma, il numero non mancò mai nell’opera Vinciana ed è proprio il numero, il vero filo conduttore attraverso il quale mi è stato possibile capire quale sia stato il vero sapere ispiratore del grande Genio. Non è, quindi, plausibile, poter rimettere in un unico riscontro numerico, un significato prettamente cabalistico implicante una scelta umana completamente asservita a determinati impulsi sessuali. Pur riconoscendo un ruolo, nella vita di Leonardo, del servo Salaì, pur ammettendo determinate scelte sessuali del Genio toscano, mi vedo costretto a dire che, ridurre il suo operato, a causa della presenza di un numero come il 72, in un’opera certamente importante, al mero riconoscimento di un sentimento affettivo, è assai riduttivo, quasi offensivo. Qui si sta parlando di Leonardo da Vinci e, come sopra dimostrato, per Lui, il numero, o meglio, certi numeri, avevano un significato molto più sublime ed alto, come è giusto aspettarsi da chi utilizzò un sapere unico e senza tempo, come quello dell’Ottava. Vorrei concludere utilizzando una definizione del grande Giordano Bruno, per il quale il Numero era: “limpido principio fisico metafisico e razionale“ e mi concederei un’ultima parola, per il grande esperto vinciano, il Prof. Carlo Pedretti, una parola sola, che un giorno mi renderà finalmente… libero: “Otto”. |